Non si può negare che Mario Draghi abbia mantenuto il suo impegno di proteggere l’euro utilizzando per intero gli strumenti a disposizione della Bce. Ma le Outright monetary transactions suscitano qualche perplessità. Il problema nasce in particolare dal fatto che la Bce non dispone di tutti gli strumenti per contribuire efficacemente a risolvere la crisi dei debiti pubblici e quindi dell’euro. Soprattutto perché, per statuto, non le è consentito di finanziare direttamente gli Stati membri in difficoltà. Come invece fanno tutte le altre banche centrali.

Nel mese di agosto il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, aveva promesso: “Faremo tutto quanto necessario per salvaguardare l’euro”, precisando che l’intervento della Bce sarebbe avvenuto nel rispetto delle norme statutarie. Le Outright monetary transactions, annunciate nella conferenza stampa del 6 agosto e confermate in quella del 9 ottobre, rappresentano il risultato di questo impegno. Il sistema prevede che la Bce acquisti sul mercato secondario obbligazioni emesse da Stati dell’area euro attenendosi a un preciso quadro di termini e di condizioni. È bene peraltro premettere che il nostro Governo ha assicurato che l’Italia non intende richiedere l’intervento della Bce. Per contro, nella sua conferenza del 6 settembre Draghi ha affermato che lo spread che affligge le emissioni di debito pubblico italiano e spagnolo non sono solo un riflesso dei timori riguardanti il futuro dell’euro, ma anche della scarsa affidabilità mostrata dai due paesi.

ESM ILLEGITTIMO?

Ciò detto, le Omt suscitano varie perplessità. Innanzitutto, visto che l’acquisto di debito pubblico sul mercato primario da parte dell’Esm è solo facoltativo, non è chiaro se il suo intervento è ritenuto una conditio sine qua non alla quale resta subordinata l’operatività delle Omt.
Inoltre, la loro operatività è condizionata all’adempimento da parte dello Stato membro interessato di determinatiobblighi (nel caso dell’Italia le cosiddette Enhanced conditions credit line). Ciò causa incertezza sia riguardo all’autore di tali obblighi sia per le eventuali conseguenze di un loro mancato adempimento. Infatti, in questo settore la Bce non ha la competenza per imporre condizioni agli Stati membri. Si può, pertanto, solo supporre che le suddette regole di comportamento saranno dettate dall’Esm, in collaborazione con l’Fmi e, forse, della Commissione europea.
Tuttavia, l’operatività dell’Esm è subordinata a una decisione della Corte di giustizia UE: la Corte suprema dell’Irlanda ha chiesto ai giudici di Lussemburgo di pronunciarsi in particolare sulla legittimità dal punto di vista dei Trattati UE degli accordi che hanno istituito l’Esm. Ora, la Corte europea può ritenere che il rinvio pregiudiziale non è ricevibile, facendo valere una sua incompetenza interpretativa sul punto, nell’assunto che gli accordi che hanno previsto di istituire l’Esm sono estranei ai Trattati UE. Per contro, la stessa Corte potrebbe decidere sul merito. Ed è opportuno ricordare che nel collegio della Corte suprema irlandese che ha predisposto i termini del rinvio pregiudiziale figuravano anche due precedenti membri della Corte di giustizia, nella rispettiva qualità di giudice (John Murray) e di avvocato generale (Nial Fennelly). Questa loro autorevole partecipazione alla predisposizione del rinvio lascia quanto meno temere che l’ipotesi di illegittimità all’esame della Corte europea potrebbe non essere del tutto priva di fondamento.

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IL CONTRASTO CON LA BUNDESBANK

Se l’Italia o la Spagna non fossero più in grado di rispettare i rispettivi obblighi di “buon governo”, la Bce avrebbe la facoltà di sospendere l’acquisto di obbligazioni emesse dallo Stato inadempiente. Tuttavia, un’iniziativa del genere scatenerebbe proprio quel panico dei mercati che si sarebbe voluto evitare nell’attuare gli acquisti. Con la conseguenza per lo Stato di perdere la sua credibilità di debitore affidabile e per la Bce di subire una rovinosa perdita di valore dei titoli già acquistati.
Gli acquisti della Bce riguardano poi emissioni con durata residua non superiore a tre anni, che oggi non presentano maggiori problemi di domanda e di tasso di interesse per l’Italia. Non sono invece considerate le emissioni di durata decennale, per le quali si deve temere un aumento graduale del famigerato spread. La provvista di durata decennale serve per realizzare gli investimenti di lungo termine necessari per promuovere l’auspicata ripresa. La loro realizzazione avrebbe perciò un costo sproporzionato rispetto a quello goduto dai promotori nei cosiddetti “paesi virtuosi”.
Infine, la cosiddetta “sterilizzazione” vuole evitare che gli acquisti possano comportare un aumento della liquidità attualmente esistente nel sistema euro per effetto della stampa di nuova moneta. Ne consegue che dovranno essere contenuti nei limiti di ammontare delle disponibilità liquide esistenti presso la Bce.
Un ultima considerazione. L’iniziativa della Bce è stata osteggiata dal presidente della Bundesbank, Jeins Weidmann Si tratta però di un contrasto di opinioni il cui significato non è chiaro. Ciò in quanto è evidente che le Omt non possono mettere a rischio la stabilità dei prezzi, in particolare perché non aumentano la liquidità del sistema euro, mentre racchiudono i “beneficiari” in una gabbia di ferro composta da rigide condizioni. Per cui le critiche di Weidmann potrebbero avere un effetto non voluto, rafforzando la posizione del presidente Draghi nei confronti dei mercati dei capitali. Con la forza di un messaggio subliminale, il contrasto delle due tesi rischia cioè di mostrare che la Bce ha attuato una coraggiosa e valida iniziativa diretta a proteggere l’euro anche a costo di superare gli interessi egoistici di alcuni rappresentanti dell’economia e dell’opinione pubblica tedesche.
In conclusione, non si può negare che Mario Draghi ha mantenuto il suo impegno di proteggere l’euro utilizzando per intero gli strumenti a disposizione della Bce. Tutto lascia però supporre che la sua medicina abbia alleviato i sintomi della malattia, ma non sia in grado di eliminarla. Il problema nasce in particolare dal fatto che l’istituzione allo stato non dispone di tutti gli strumenti per contribuire efficacemente a risolvere la crisi dei debiti pubblici e quindi dell’euro. Questo soprattutto perché, per statuto, non le è consentito di finanziare direttamente gli Stati membri in difficoltà, come invece avviene per qualsiasi altra banca centrale degna di questo nome.

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