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L’equità delle pensioni vista dalla Corte Costituzionale

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il contributo di solidarietà sulle pensioni più alte. Perché ha natura tributaria e non può essere applicato solo ai pensionati. Ma il prelievo tentava di rimediare a vantaggi ingiustificati. Giudizio di legittimità e disegno dell’intervento.

LA “SOLIDARIETÀ” BOCCIATA DALLA CORTE
Non è la prima volta che Corte costituzionale rischia di fare il gioco della conservazione fine a se stessa. È accaduto su tematiche di mercato e concorrenza: emblematico il caso delle farmacie. Sta accadendo adesso in materia pensionistica.
Il 5 giugno 2013 la sentenza n. 116 ha dichiarato illegittimo il contributo di solidarietà sulle pensioni più elevate. Per la Corte il prelievo ha natura tributaria e non può essere applicato solo ai pensionati senza violare gli articoli 3 e 53 della Costituzione, sull’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e sul carattere progressivo del sistema tributario. Eppure è proprio sul piano della difesa dei diritti soggettivi che la sentenza appare contraddittoria e miope.
Le riforme del 1992 e del 1995, che più di tutte hanno modificato il volto del nostro sistema pensionistico, hanno salvaguardato i lavoratori che avevano già maturato anni di contribuzione, non coinvolti o coinvolti solo in parte (a seconda dell’anzianità) dai cambiamenti. Per i neoassunti dopo il 1995 è entrato in vigore il criterio di calcolo neutrale in termini finanziari, con i contributi accumulati nel tempo al tasso di crescita del Pil e trasformati in rendita tenendo conto della vita residua del percettore. Per tutti gli altri i trattamenti hanno mantenuto in toto o in parte il generoso calcolo retributivo, che restituisce in pensioni più del valore accumulato dei contributi.
Per offrire un’idea di quanto ampia possa essere la sproporzione, si consideri il caso di lavoratori andati in pensione nel 1990 all’età di 55 anni e con 30 anni di contributi. Si tratta di pensioni retributive calcolate con le regole pre-riforme ’92 e ’95. Nel 1990 la vita attesa a 55 anni era pari a circa 22,5 anni, e alcuni di questi pensionati sono ancora in vita. Se si parte da una soglia anagrafica di pensionamento pari a 65 anni oggi, e si procede all’indietro riducendola allo steso ritmo con cui in futuro essa seguirà l’allungamento della vita attesa per effetto delle riforme del 2011 e del 2012 (3 mesi ogni 3 anni), nel 1990 il pensionamento sarebbe dovuto avvenire a 62,7 anni, con una vita residua di poco meno di 17 anni. La pensione avrebbe dovuto esser erogata per meno di 17 anni e non per 22,5. Oppure, per ripristinare l’equità tra le due rendite, la pensione avrebbe dovuto essere inferiore di circa il 24 per cento (per i dettagli: “Pensionamento Flessibile e (Ri)Equilibrio tra Generazioni”).
Il criterio appena descritto può esser applicato per misurare la generosità anche delle pensioni retributive con decorrenza successiva al 1992 e delle pensioni miste (con una quota retributiva e una contributiva) di coloro che al 1995 avevano maturato meno di 18 anni di anzianità. A seconda della precocità con cui ci si è pensionati e delle regole di computo, la percentuale di correzione cambia. Solo le pensioni calcolate interamente con le regole contributive, quelle dei neoassunti dopo il 1995, quelle dei giovani, non possono contenere “regali” rispetto ai contributi versati.
Applicare un contributo di solidarietà alle pensioni più alte significa tentare di riassorbire i vantaggi ingiustificati che sono stati concessi, al di fuori di qualunque logica equitativa e redistributiva, a causa della lentezza del legislatore ordinario nel capire le criticità (demografia, nuovi bisogni, mercato del lavoro, bassa crescita, eccetera) e nel riformare pensioni e welfare.
I TRE PUNTI DELLA SENTENZA
Se il problema principale ravvisato dalla Corte è nell’obiettivo di riassesto delle finanze pubbliche, di portata generale e non addossabile su una sola categoria di cittadini/redditi, non si può ignorare che l’intervento mirava a sanare uno squilibrio tutto interno al sistema pensionistico e poi trasferitosi, nel tempo, sui saldi di finanza pubblica.
Se, come si legge ancora nella sentenza, la Corte vuole scongiurare che i pensionati siano discriminati rispetto ai lavoratori nel dovere tributario, non si può non sottolineare come la generosità dei trattamenti pensionistici si traduca in maggiore sforzo che i lavoratori delle generazioni successive devono compiere per finanziare quella generosità. In una prospettiva intergenerazionale, stiamo già assistendo a una discriminazione, ma opposta a quella paventata dalla Corte, come testimonia l’alto cuneo fiscale-contributivo sui rediti da lavoro che deprime la produttività e ostacola la nuova occupazione, a discapito soprattutto dei giovani. L’intervento mirava a rimuovere o quantomeno ad attenuare tale discriminazione, che invece la Corte ignora del tutto. La nostra Costituzione fonda la Repubblica sul lavoro, e questo principio non può valere per una sola generazione e mancare di continuità nel tempo attraverso le generazioni.
Se, infine, la terza preoccupazione della Corte è la salvaguardia della progressività tributaria, restringere l’intervento alle pensioni elevate e supportarlo con quantificazioni come quella qui proposta, offrirebbe garanzie di rispetto dell’equità sia orizzontale che verticale. La Corte, invece di un rigetto assoluto, avrebbe potuto subordinare il giudizio di legittimità a un miglior disegno dell’intervento. Le simulazioni di Tito Boeri e Tommaso Nannicini su lavoce.info mostrano che anche correzioni contenute (2-3 per cento), applicate tenendo conto dei redditi pensionistici complessivi (pensioni multiple) e della generosità di calcolo, sarebbero sufficienti a liberare risorse importanti per il contrasto della disoccupazione giovanile.
Se il tema fosse stato presentato in questi termini, la sentenza della Corte avrebbe potuto essere diversa. Bisogna cominciare ad assistere la Corte nei giudizi su questioni complesse di diritto e economia, mantenendo pieno rispetto della separazione dei poteri e dell’istituzione. Di sentenze della Corte costituzionale che colgano a fondo forma e sostanza dei problemi ci sarà tanto bisogno in futuro, e non solo per questioni pensionistiche. A partire dalla prossima legge di stabilità che ci si augura riproponga, meglio strutturato e corredato di dati, l’intervento che la Corte ha bocciato a giugno.
 

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25 commenti

  1. Paolo Tonegutti

    La censura della Corte Costituzionale si può superare semplicemente estendendo
    la tassa si solidarietà sulle pensioni d’oro, anche agli stipendi d’oro, sanando così
    lo squilibrio fra impiegati e dirigenti.
    Quanto alle pensioni minime ,occorre tener presente che molti professionisti, commercianti, artigiani ecc,, hanno evaso nel tempo il versamento regolare dei contributi.
    Il dibattito poi dovrebbe essere esteso anche alla valutazione dei bilanci dell’INPS,
    che hanno assorbito casse in forte deficit (dirigenti industria, statali ecc.) e che,
    fra l’altro, presentano una redditività negativa su immobili acquistati con i contributi anticipati da lavoratori,enti ed aziende.

  2. Mario

    se poi vogliamo essere maliziosi, sarebbe interessante conoscere gli importi delle pensioni dei giudici della corte costituzionale

    • robyv

      Sarebbe interessante anche sapere quanto manca per andare in pensione ai giudici della corte costituzionale.

  3. Jeriko

    In effetti è preoccupante constatare il livello di conservazione che questa sentenza incornicia. L’incapacità di slancio verso l’equità delle stesse istituzioni contribuisce a far crescere uno scontro generazionale, al quale non si dà visibilità, ma che esiste.
    Anche la consapevolezza di chi percepisce una pensione “ritributiva”: ne ho una prova diretta, in cui alle discussioni relative alla regalia fatta con il retributivo segue immancabile la risposta “io me la sono pagata, non mi stanno regalando nulla, ho lavorato 40 anni per averla”; ecco forse servirebbe anche uno sforzo per spiegare perchè stanno prendendo di più del dovuto e dove sta la regalia (anche in uno scenario semplificato)

  4. Luigi Proia

    Condivido pienamente su quanto stabilito dalla Corte Costituzionale.
    Sono venti anni che con la “scusa” dell’equità e della giustizia si sta distruggendo il paese e la democrazia.

  5. Perfettamente d’ accordo sulla sostanza dell’ intervento e anche sul commento relativo alle pensione dei giudici costituzionali (non c’ era un conflitto di interessi?). Però se consideriamo l’ equità intergenerazionale occorrerebbe considerare non solo i diritti pensionistici, ma il diverso livello di benessere e di reddito lungo tutto l’ arco di vita delle generazioni. Chi è nato negli anni della guerra o dell’ immediato dopoguerra ha goduto, per così dire, di un livello di vita senza paragoni inferiore a quello delle generazioni presenti, se non altro nei primi decenni della propria esistenza.

  6. Saltut

    Se si vogliono “recuperare” i regali pensionistici elargiti in passato, occorrerebbe fare riferimento ad una casistica e ad una platea molto vaste. Più che a qualche migliaio di pensionati d’oro, mi viene da pensare ai milioni di trattamenti integrati al minimo, alle pensioni “baby” e alle pensioni erogate senza alcuna base di contribuzione: sono queste le realta’ che pesano ( per decine di miliardi) come un macigno sugli equilibri della previdenza e che rendono il sistema ingiusto nei confronti dei giovani. Vogliamo ridiscutere tutto? Vogliamo intervenire sulla produzione legislativa che ha determinato tali fenomeni (pensioni d’oro e tutto il resto)? E dopo le pensioni, perché non rivedere – sempre ora per allora – le regole del fisco, magari recuperando a tassazione imponibili che in passato hanno fruito di generosi trattamenti forfettari? È che dire della sanità? Vogliamo confrontare quello che “passavano” le vecchie mutue (finanche lo shampoo medicale) con i ticket odierni e, magari, pretendere un supplemento di contribuzione dai più anziani? Lasciamo agli esercizi economici tali suggestioni e decidiamo quale obiettivi vogliamo perseguire. Occorrono maggiori risorse e vogliamo attingerle dai ricchi? Si abbia il coraggio di innalzare la più alta aliquota IRPEF o, rinnovando l’ipocrisia del passato, si introduca una maggiorazione a titolo di contributo di solidarietà. Senza irridere al ruolo della corte Costituzionale!

  7. ilario marchi

    Quando gli altri devono pagare siamo sempre favorevoli ma mi chiedo è corretto rivalutare i contributi versati in funzione del PIL? A me sembra un’altra truffa per i giovani ( o per le prnsioni d’oro?) versano contributi e si svalutano ogni giorno in questi ultimi anni. Perchè non legarli ad un rendimeto di un BTP a 30 anni o perchè non si usa il vecchio metodo utilizzato per il TFR?

  8. Ryoga007

    Come detto altrove, un conto e’ applicare una tassa alle pensioni elevate senza distinzione, un conto e’ applicare una correzione basata sulla differenza tra reddito e contributi. Il secondo credo che sarebbe piu’ semplice da far passare e sarebbe il primo punto di partenza per far saltare tutti i “privilegi acquisiti” che incrostano l’Italia.

  9. Rita

    Non concordo con questo approccio a mio parere non si può imputare ad una categoria di cittadini che ha agito legalmente la mancata lungimiranza del legislatore. Cambiano i tempi, è vero, ma non si possono cambiare oggi per allora le regole del gioco, dovremmo chiedere la restituzione delle pensioni dei baby pensionati? E che dire dei conti previdenziali mandati in dissesto dalle pensioni degli artigiani che ancora oggi pagano contributi più bassi dei lavoratori dipendenti, e delle pensioni degli agricoltori?No, io non credo che i problemi vadano risolti sommando ingiustizie,ma riformando e recuperando l’evasione fiscale che è evasione di imposte,ma anche aumento della spesa per sanità , assistenza e istruzione indebitamente scaricato sulle spalle di chi paga le tasse e a questo proposito forse dovreste calcolare anche quanto hanno contribuito alla fiscalità generale questi dipendenti che percepiscono alte pensioni.

    • qui non si sta chiedendo a nessuno di restituire la pensione, ma di un contributi di solidarietà, dovrebbe essere chiaro il suo scopo già dal nome visto che toglierebbe il 5% dalle pensioni sopra i 90 mila euro (e solo per la parte eccedente). Questo per contrastare la deriva di diseguaglianza che ha colpita la nostra società ma che ai ricchi (vedi sopra) importa poco o nulla.

      • Paolo

        Il contributo di solidarietà è stato dichiarato incostituzionale dalla
        Corte Costituzionale, perchè limitato ai soli pensionati.
        La soluzione sarebbe semplice, ma coraggiosa:
        estendere il contributo di solidarietà anche agli stipendi d’oro.

  10. gaetano proto

    “Bisogna cominciare ad assistere la Corte nei giudizi su questioni complesse di diritto e economia”, dice l’autore (!). Ma forse l’assistenza dovrebbe andare in senso contrario, se veramente il contributo di solidarietà dal 5% al 15% sulle pensioni di importo superiore ai 90.000 euro annui (bocciato dalla Corte, come ampiamente previsto) avesse avuto la motivazione descritta nel suo articolo.
    Se si volesse “riassorbire i vantaggi ingiustificati che sono stati concessi” dal sistema retributivo, non si potrebbe prescindere dal quantificare caso per caso questo vantaggio, e commisurare ad esso il contributo da pagare (cfr. proposta Amato-Marè). La proporzione lineare tra entità del vantaggio e importo della pensione non è garantita, com’è evidente, né ha senso una soglia così elevata da escludere la stragrande maggioranza di chi è stato avvantaggiato dalla lentezza della transizione dal contributivo al retributivo.
    Per superare le obiezioni della Corte, che vanno considerate nel merito per evitare
    ulteriori bocciature, il prelievo sulle pensioni si dovrebbe inoltre configurare come contributo di solidarietà all’interno del sistema pensionistico (p.es per finanziare le
    integrazioni alle pensioni minime o a favore degli esodati, come proposto da
    Boeri-Nannicini), invece di confluire nel calderone del bilancio dello Stato.

  11. Nicola Scalzini

    I regali del retributivo sono stati fatti a tutti e in maggior misura a favore di coloro che andavano in pensione in anticipo. Com’è noto il pensionamento di anzianità era scelto dalla quasi totalità dei lavoratori tanto era conveniente lasciare il lavoro in anticipo. Tuttavia sono generalmente le pensioni più elevate ad essere in proporzione le meno avvantaggiate dal sistema di calcolo retributivo per due ragioni: per i coefficienti di conversione salario – pensione giustamente meno favorevoli e per l’età media di uscita dal lavoro quasi sempre molto elevata. In un ipotetico ricalcolo con metodo contributivo, dalle cosiddette pensioni d’oro si otterrebbero somme irrisorie rispetto a quanto emergerebbe dalla grande massa dei pensionati. Con tutti i regali e prebende che le amministrazioni hanno dato e continuano a dare non si capisce perchè solo alcuni anziani ex lavoratori con pensioni in qualche modo commisurate a retribuzioni più elevate percepite nello svolgimento di funzioni di più alta professionaliti siano chiamati a “rispondere” di un antico modo, considerato oggi generoso, di calcolare le prestazioni pensionistiche. N. Scalzini

  12. Lucio Tamagno

    Luctam
    Forse sarebbe il caso di ricordare anche le numerose maxi pensioni, in genere di alti funzionari statali. Molte sono generate dal cumulo di generose pensioni retributive, per periodi limitati di attività e quindi di contribuzione. Senza entrare nel merito dell’efficacia professionale di chi ha svolto spesso, contemporaneamente, determinati incarichi, sarebbe corretto che i soggetti mantenessero una delle pensioni (a loro scelta) e le altre venissero pagate sulla base dei reali contributi versati. Il loro costo è di 13 miliardi di euro/anno (è giusto, non ho confuso milioni con miliardi ed euro con lire).

  13. bellavita

    Il ragionamento fila, ma non tiene conto dell’eventualità che il passaggio dal sistema retributivo al contributivo abbia comportato un aumento delle retribuzioni per permettere di mantenere il livello atteso delle pensioni. Sappiamo benissimo che non è stato così per la gran massa dei lavoratori, ma per i manager, che hanno-forse-l’alternativa della libera professione l’aumento c’è stato. Ed è proprio il settore delle “pensioni d’oro”

  14. nicola

    Salve. Quello che ho scritto è esattamente quanto Lei vede mancare. I ‘vantaggi indebiti’ sono da calcolarsi caso per caso, utilizzando dati Inps sulle carriere. L’esempio che ho proposto lo dovrebbe far capire. Non un intervento sulle pensioni alte in quanto tali, ma un intervento correttivo delle sproporzioni tra quanto si è contribuito e quanto si sta ricevendo. “La Corte,
    invece di un rigetto assoluto, avrebbe potuto subordinare il giudizio di
    legittimità a un miglior disegno dell’intervento”. E, dall’altra parte, un miglior disegno dell’intervento avrebbe aiutato la Corte e giudicare. Siccome queste “incomprensioni” si stanno ripetendo nel tempo con danno per le riforme, bisognerebbe impegnarsi da ambo i fronti, senza con ciò snaturare i ruoli e le funzioni. Sbagliato, invece, quello che Lei sostiene alla fine. Vincolare i risparmi a rimanere nel sistema pensionistico non è condizione né sufficiente né necessaria per dare all’intervento crisma di legalità costituzionale.

    • gaetano proto

      Riguardo all’ultimo punto, un passaggio cruciale della pronuncia della Corte è questo: “La norma impugnata, infatti, integra una decurtazione patrimoniale
      definitiva del trattamento pensionistico, con acquisizione al bilancio
      statale del relativo ammontare, che presenta tutti i requisiti richiesti
      dalla giurisprudenza di questa Corte per caratterizzare il prelievo
      come tributario”. Se il contributo di solidarietà non avesse avuto natura tributaria, la sua bocciatura non sarebbe stata così scontata.

  15. Fabio Faretra

    Propongo di modifcare la visuale da cui si osserva il problema.
    Si dice: il sistema retributivo sta pagando pensioni eccessivamente generose, tali da obbligare le generazioni attuali a sobbarcarsi un onere improprio, che limita peraltro le risorse cho dovrebbero essere più utilmente destinate all’occupazione. La Corte dovrebbe comprendere ciò e consentire l’adozione di provvedimenti che attenuano tale fenomeno.
    Ciò è ineccepibile. ma c’è la possibilità di ottenere un risultato certo, altrettanto efficace e senza pericolo di censura costituzionale.
    Il sistema, infatti, continua a generare sperequazioni: in questi giorni e nei prossimi anni, centinaia di migliaia di pensioni, di nuove pensioni, saranno liquidate con metodo misto, retributivo (sino al 1995 o sino al 2012) e contributivo.
    Queste pensioni non genereranno altrettanti ‘buchi’ da colmare?
    La differenza con quelle già in corso è che il calcolo della quota retributiva di queste è disponibile al legislatore: sarebbe infatti sufficiente rivedere l’aliquota del 2% annuo di rendimento delle retribuzioni, portandola ad un valore attuarialmente neutro.
    È ozioso occuparci di ciò che la Corte Costituzionale avrebbe dovuto decidere quando, nei fatti, nulla si produce per eradicare il germe dell’iniquità.
    In ultimo: anche il metodo contributivo è iniquo.
    Solo che, al contrario del retributivo che ‘ingrassa’ la generazione in pensione, il contributivo arricchisce le coorti future.
    Nessuno evidenzia, infatti, che la rivalutazione dei montanti si ferma al momento dell’erogazione del primo rateo di pensione, sebbene tale montante, seppur via via eroso, resta lì per l’intera esistenza del pensionato (giusta l’aggiornamento dei coefficienti di traformazione).
    Eppure, il montante continua a produrre una certa redditività, per anni, che finisce nel ‘sistema’, a vantaggio delle generazini future.

  16. Flavio Favilli

    Sono molto d’accordo perchè qualificare indistintamente come pensioni d’argento , come fatto dal ministro Giovannini, le 513.000 pensioni superiori a 3.000€ mensili senza specificare che trattasi di importo al lordo delle imposte non è una buona informazione. Non sarebbe poi di secondaria importanza ricordare che in sede di calcolo delle pensioni con il metodo retributivo il
    coefficiente del 2% per anno di contribuzione si riduce per scaglioni
    di retribuzione pensionabile sino allo 0,90% quando tale retribuzione
    supera (nel 2011) gli 81.779€ e ciò alfine di un doveroso contributo di
    solidarietà che diventa più consistente se si considera che su tali retribuzioni i contributi sono stati versati senza un massimale come invece avviene con il sistema contributivo( 98.000€ ca.)
    Stranamente i calcoli della Prof.a Elsa Fornero e del Cerp per quantificare i
    premi del sistema retributivo su quello contributivo si incentrano su retribuzioni
    pensionabili di 30.000€ e cioè liquidate con il coefficiente del 2%.
    Rimane ferma la necessità di conoscere i contributi realmente versati, ma ciò non si deve limitare ai casi delle pensioni d’oro dei generali, ma deve coinvolgere anche le pensioni erogate negli anni ’80 dopo 14 anni , sei mesi e 1 giorno a soggetti che solo dopo il 2000 hanno raggiunto l’età della pensione di vecchiaia: 500.000 soggetti secondo i calcoli del centro studi della Confartigianato!
    Flavio Favilli

  17. nicola

    La Corte non dice che, mantenendo le risorse all’interno del sistema pensionistico, verrebbe meno la natura tributaria. Questo non c’è scritto nella sentenza. “Vincolare i risparmi a rimanere nel sistema pensionistico non è
    condizione né sufficiente né necessaria per dare all’intervento crisma
    di legalità costituzionale” (mi ripeto), proprio perchè non è questa la caratteritica che fa venir meno la connotazione “tributaria”. Scrivo alcune considerazioni più argomentate nei prossimi giorni, ma il punto è questo.

  18. marno

    Mi stupisce il fatto che un eventuale ricalcolo metodo retributivo/metodo contributivo di questo tipo di pensioni non comporterebbe modifiche. mi pare incredibile che chi percepisce emolumenti pensionistici così alti – spesso anche per periodi molto lunghi (i.e. eventuali reversibilità non esistono?) abbia nel passato versato l’equivalente monetario di quanto percepisca. Ci sono però studi che lo dimostrano, quindi bene.
    Non sapevo però che anche per chi percepisca il minimo lo faccia SENZA aver versato una lira di contributi? Mi pare davvero impossibile: vorrebbe dire che tutti i poveri anziani che si lamentano della pensione minima potrebbero essere ex “zeroversanti” ovvero ex evasori di contributi?
    Su questa Corte e sulle scelte conservative che compie (e sulla dubbia discriminazione che questa legge avrebbe operato) nutro invece numerose riserve.

  19. marno

    E poi mi domando: ma chi ha avuto tanto durante la vita lavorativa deve per forza continuare ad avere tanto anche dopo? non può esservi perequazione e redistribuzione tra pensionati invece che tra attuali contribuenti e pensionati? i criteri per stabilire cosa è discriminatorio e cosa non lo sia sono assai labili.

  20. Ludmitti

    Addossare alle pensioni la causa dei problemi attuali dell’Italia, peraltro quantificate nel rispetto delle leggi, è paradossale in un Paese dove apertamente le segretarie di medici illustri a cui chiedi un appuntamento per una visita, ti premettono (al telefono) che la condizione per fissarla è che si accetti di pagare 300 euro “in contanti”. La criminalizzazione di chi ha rispettato e rispetta le leggi da parte degli evasori fiscali (non certamente chi scrive in questo sito) è insopportabile ed è l’autentica causa della crisi italiana. Credo che la Corte Costituzionale abbia voluto dire questo. Non esiste un problema all’interno del sistema pensionistico. Esiste un problema all’interno dell’Italia, dove imprenditori, professionisti e commercianti che hanno evaso alla grande il fisco hanno oggi pensioni molto basse perchè evidentemente non potevano versare che contributi previdenziali in proporzione al dichiarato. In compenso compravano ville a Porto Rotondo. Oggi questi signori ricevono l’aggiornamento Istat perchè la loro pensione è sotto i 1450 euro. Devo andare avanti?

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