Lavoce.info

Paesi in via di sviluppo più stabili grazie alle rimesse

Il denaro che i lavoratori emigrati inviano ai familiari rimasti in patria contribuisce a dare maggiore stabilità finanziaria ai paesi in via di sviluppo. Perché le rimesse sono meno volatili rispetto ad altri flussi internazionali di capitale. Le destinazioni delle somme in uscita dall’Italia.

IL TREND GLOBALE DELLE RIMESSE

Il denaro che i lavoratori emigrati inviano ai familiari rimasti in patria rappresenta oggi uno dei flussi finanziari più importanti di cui beneficiano i paesi in via di sviluppo. Spesso le rimesse sono viste come un mancato contributo degli immigrati alla domanda interna delle economie che li ospitano, tuttavia queste risorse finanziarie contribuiscono a migliorare lo standard di vita di milioni di famiglie che vivono ancora in condizioni di povertà. È dunque importante individuare i principali fattori che incidono sul loro andamento e la relazione tra i flussi di rimesse e le condizioni macroeconomiche nei paesi di provenienza e di destinazione degli immigrati, specialmente durante la recente crisi globale.
Secondo i dati più recenti della Banca Mondiale, le rimesse ricevute dai paesi in via di sviluppo nel 2013 sono aumentate del 6,3 per cento rispetto al 2012 e ammontano a oltre 410 miliardi di dollari, circa tre volte il valore complessivo di aiuti destinati ai paesi in via di sviluppo dagli Stati occidentali. Rispetto ai flussi internazionali di capitale (prestiti bancari, investimenti di portafoglio, Ide) le rimesse si sono mostrate molto meno volatili durante la recente crisi finanziaria globale. Se in valore assoluto i flussi maggiori a livello mondiale sono destinati a paesi grandi— India, Cina e Filippine — alcune economie minori mostrano un rapporto rimesse/Pil molto più elevato, in diversi casi superiore al 25 per cento.

LE RIMESSE DALL’ITALIA

I flussi di rimesse dall’Italia mostrano un andamento simile a quello globale: i flussi in uscita sono raddoppiati tra il 2005 e il 2011 raggiungendo quasi i 7 miliardi di euro (figura 1), nonostante il rallentamento dovuto alla crisi nel triennio 2008-2010. L’andamento riflette l’aumento della popolazione straniera residente registratosi nello stesso periodo: a fine 2011 aveva raggiunto i 4 milioni ed era pari a 4,4 milioni a inizio 2013. (1)

Figura 1 – Rimesse dall’Italia e stock di stranieri residenti, 2005–2011
Cattura
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia.

I dati pubblicati dalla Banca d’Italia forniscono informazioni disaggregate per provincia italiana di origine e stato estero di destinazione e consentono così di analizzare nel dettaglio la dimensione geografica del fenomeno. (2)
Nel 2011, oltre il 40 per cento delle rimesse dall’Italia, pari a circa 3 miliardi di euro, proveniva dalle sole province di Roma e Milano (tabella 1). Le dieci principali province di origine coprivano complessivamente i due terzi dei flussi di denaro in uscita dal nostro paese.
La Cina risulta di gran lunga la destinazione principale, avendo ricevuto, sempre nel 2011, circa 2,5 miliardi di euro. Al secondo e terzo posto, sebbene molto distanziate, si trovano Romania e Filippine, entrambi paesi di origine di grandi comunità di immigrati, rispettivamente con circa 900 e 600 milioni di euro. I primi dieci paesi di destinazione riportati in tabella 1 ricevono una quota pari all’80 per cento del denaro inviato dagli immigrati residenti in Italia.

Leggi anche:  Se gli anziani sono anti-immigrati il motivo è politico

Tabella 1 – Principali province di origine e paesi di destinazione delle rimesse dall’Italia, 2011
Cattura
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia.

ANDAMENTO PRO-CICLICO O ANTICICLICO?

La possibilità che le rimesse possano esercitare un ruolo attivo nel promuovere lo sviluppo economico dei paesi poveri è un tema molto attuale, anche alla luce degli shock macroeconomici che negli ultimi anni hanno contribuito a riacutizzare la loro vulnerabilità.
In un recente lavoro, abbiamo utilizzato i dati sui flussi bilaterali di rimesse pubblicati dalla Banca d’Italia per analizzarne la reattività all’andamento del ciclo economico nelle province italiane di origine e nei paesi di destinazione. (3) Il risultato principale della nostra analisi è che le rimesse agiscono come uno stabilizzatore macroeconomico rispetto al paese di destinazione (figura 2).
I flussi di rimesse sono infatti anticiclici rispetto all’andamento del prodotto interno lordo nei paesi di destinazione, e in particolare aumentano in risposta a shock esogeni negativi – disastri naturali, conflitti, peggioramento delle ragioni di scambio – ai quali i paesi in via di sviluppo sono particolarmente esposti.

Figura 2 – Fattori determinanti delle rimesse (4)
Cattura
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia.

La nostra analisi evidenzia inoltre che le rimesse mostrano un andamento pro-ciclico rispetto alla congiuntura macroeconomica nelle province italiane. Tuttavia, ipotizzando che le aree italiane di destinazione dei migranti e i paesi di origine siano esposti a shock negativi di simile entità, come può essere successo durante la crisi globale, l’effetto che prevale è quello anti-ciclico derivante dalla contrazione del Pil nei paesi in via di sviluppo.

RIMESSE E SVILUPPO FINANZIARIO

Un secondo aspetto del nostro lavoro è l’analisi del nesso tra i flussi di rimesse e il grado di sviluppo finanziario. In primo luogo, i risultati mostrano una correlazione negativa tra le rimesse e il grado di sviluppo finanziario nei paesi di destinazione (figura 2). Le rimesse, rappresentando un’importante fonte alternativa di capitali, possono essere un elemento chiave per ridurre i vincoli finanziari cui sono esposti milioni di individui nei paesi in via di sviluppo. In secondo luogo, si osserva una correlazione positiva tra il volume di rimesse in uscita dalle province italiane e il grado di sviluppo del sistema bancario locale. La riduzione dei costi di transazione e un migliore accesso ai servizi finanziari da parte degli immigrati rappresentano quindi aspetti fondamentali per lo sviluppo di politiche che mirino a stimolare maggiori flussi di rimesse verso i paesi in via di sviluppo. Questi risultati sono in linea con l’obiettivo delle istituzioni internazionali e dei governi dei paesi aderenti al G-20 di arrivare a ridurre il costo medio delle rimesse al 5 per cento nel quinquennio 2009–2014. (5)
In sintesi, grazie a una ridotta volatilità rispetto ad altri flussi internazionali di capitale e al contributo significativo alla stabilità macroeconomica nei paesi di destinazione, le rimesse rappresentano un canale di importanza strategica per la riduzione della vulnerabilità delle economie più povere del pianeta a shock esterni.

Leggi anche:  Dalla naturalizzazione all'integrazione il passo è breve

 

(1) Istat (2013), “La popolazione straniera residente in Italia – Bilancio demografico”, www.istat.it/it/archivio/96694.
(2) Nell’interpretare i dati e i risultati dell’analisi va tenuto in considerazione che i numeri pubblicati dalla Banca d’Italia rilevano i flussi di rimesse che sono convogliati attraverso canali ufficiali (money transfer, banche e Poste italiane). Non sono quindi incluse le rimesse inviate attraverso canali informali.
(3) Bettin G., Presbitero A., Spatafora N. (2014), Remittances and vulnerability in developing countries, IMF Working Paper n. 14/13.
(4) La figura mostra la variazione percentuale delle rimesse in seguito a una variazione pari a un punto percentuale in alcuni dei fattori che le influenzano. Il ciclo economico è espresso come logaritmo del rapporto tra Pil reale e potenziale. Lo sviluppo finanziario delle province italiane è espresso come logaritmo del numero di sportelli bancari provinciali ogni mille abitanti. Lo sviluppo finanziario dei paesi di destinazione è espresso come logaritmo del credito concesso al settore privato in percentuale sul Pil.
(5) L’obiettivo quinquennale di riduzione dei costi delle rimesse è stato inserito per la prima volta nel documento finale del summit dei capi di Stato dei G-8 tenutosi a L’Aquila nel giugno 2009.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Lavoratori immigrati, una risorsa per demografia e finanze

Precedente

Camera con vista sull’evasione fiscale per studenti fuori sede

Successivo

Se Obama s’incarta sulla riforma sanitaria

  1. Paolo

    Non mi sembra giusto, ma non è un’idea nuova, considerare la Cina come un Paese in via di sviluppo.
    In particolare poi, la stabilità finanziaria di quel Paese dipende dalle sue e altre politiche globali di ben altra dimensione che le rimesse.

  2. AM

    Gli immigrati usano per le rimesse anche canali informali (trasporto banconote) che sfuggono alla rilevazione. Se le rimesse riguardano Paesi vicini hanno importanza anche le rimesse in natura, es. automobili e elettrodomestici usati da rivendere nel Paese d’origine. Fra le rimesse in natura figurano anche metalli di provenienza furtiva (oro, rame, ecc) che possono essere stati acquistati nei mercatini dei ricettatori.

  3. Franco

    Manca, a mio parere, la parte relativa ai benefici, tutti dovuti al lavoro degli immigrati, riversati sul sistema Italia. Tralasciando l’economia sporca, dovuta cioè al lavoro in nero e allo sfruttamento dell’immigrato clandestino e quindi doppiamente ricattabile, mancano sia i dati relativi all’apporto di reddito specifico alle imprese sia quelli relativi ai versamenti previdenziali che, al di là di un farraginoso accordo con i paesi di provenienza, consente al sistema previdenziale italiano un continuo flusso di denaro fresco per il pagamento delle pensioni ai residenti, essendo irrilevante se non inesistente il numero di immigrati che possa aver raggiunto il diritto alla pensione. Se ci fossero questi dati le cose apparirebbero sotto tutt’altra luce e forse si capirebbero meglio certe spinte delle politiche previdenziali europee a imporre più alti livelli all’età pensionabile dei lavoratori e si capirebbe che certe lamentele di casa nostra sono nulla di fronte alle ingiustizie riversate sul lavoro precario e giovanile in genere, solo parzialmente ammortizzate dalla previdenza “familiare” intergenerazionale per i cittadini italiani, ma assolutamente aleatorie e ingiuste per gli immigrati.

    • AM

      I benefici ottenuti dall’Italia dagli immigrati regolari che pagano i contributi forse non riescono a compensare i costi della PA imputabili agli stranieri irregolari. Basti pensare al welfare, in particolare all’assistenza sanitaria offerta a tutti, a coloro che arrivano sulle carrette del mare, ai rimpatriati ai detenuti, un terzo circa della popolazione carceraria totale.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén