Dal 2008 in poi la volatilità dello spread Btp-Bund è molto simile a quella della fase pre-euro. Ma prima di parlare di irrazionalità dei mercati sarebbe forse utile riflettere su quale sarebbe il costo di finanziamento del debito pubblico e privato se l’Italia uscisse dalla moneta unica.
COME VA LO SPREAD
I differenziali di rendimento tra i titoli di Stato rischiosi e quelli considerati privi di rischio nell’area dell’euro sono soggetti a grande volatilità. La figura qui sotto illustra l’andamento dello spread tra rendimenti decennali tra Btp e Bund osservato nel periodo pre-euro, nella prima fase dell’euro e nella fase della crisi subprime e di quella recente dell’euro.
La volatilità dello spread dal 2008 in poi è molto più simile a quella osservata nella fase pre-euro che a quella registrata dall’esordio della moneta unica fino alla crisi subprime.
Il fatto ha assunto un ruolo di rilievo nel dibattito di politica economica perché viene considerato un segno dell’incapacità di mercati di generare prezzi che riflettano i fondamentali economici dei vari paesi. Se i mercati sono irrazionali e gli spread dipendono dal sentimento e da fenomeni di contagio, è molto pericoloso utilizzarli come strumenti di disciplina per indurre percorsi virtuosi nei fondamentali di finanza pubblica dei paesi rischiosi. In questo contesto, paesi che sono strutturalmente solventi potrebbero essere costretti a “fare default” a causa dell’irrazionalità dei mercati.
IL RISCHIO CAMBIO
Tuttavia, la volatilità dello spread si può spiegare in un ambito di assoluta razionalità dei mercati.
L’eccesso di rendimento di titoli di Stato ritenuti rischiosi rispetto a titoli privi di rischio denominati nella stessa valuta dipende dal rischio di default, che riflette la probabilità che un titolo possa essere rimborsata solo parzialmente a scadenza, e dal rischio di liquidità, che riflette il costo di dover vendere un titolo quando è difficile trovare compratori. I due fattori non sono molto volatili per loro natura, ma determinano completamente il rischio solo nel caso in cui la valuta di denominazione di titoli rischiosi e quelli privi di rischio sia la stessa. Nel momento in cui viene percepito un rischio che “l’euro salti” emerge immediatamente un terzo fattore di rischio che riflette le aspettative di deprezzamento del cambio.
Questo nuovo fattore è invece per sua natura molto volatile: nel caso di titoli decennali, dipende infatti dalle aspettative di deprezzamento del cambio a dieci anni ed è difficile dire quale sarà il tasso di cambio tra la valuta italiana e quella tedesca nel 2023. La volatilità è inoltre funzione dei fondamentali di tutti i paesi dell’area dell’euro e non solo di quelli delle due nazioni che emettono rispettivamente titoli rischiosi (ad esempio l’Italia) e titoli percepiti come privi di rischio (ad esempio la Germania). È questa la fondamentale ragione per cui lo spread Btp-Bund reagisce a tutte le notizie sulla politica monetaria e fiscale in Europa (dalle dichiarazioni del governatore della Bce, Mario Draghi, alla modalità di gestione della crisi bancaria in Cipro) e non solo a quelle italiane e tedesche.
Una piccola variazione della probabilità di uscita dell’Italia dall’euro può generare, attraverso le aspettative di deprezzamento del cambio, fluttuazioni di notevoli dimensioni dello spread.
Prima di dire che la volatilità è lo specchio della irrazionalità sarebbe forse utile riflettere su quale sarebbe il costo di finanziamento del debito pubblico e privato se l’Italia uscisse dall’euro.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
503
Mi pare che il grafico allegato parli chiaro. Nel Settembre 92 la Lira si lanciò dallo SME, lo “spread” rimase stabile per qualche mese, salì al 6% e poi scese di nuovo. Non vedo tracce di cavallette né di peste nera..
giulioPolemico
Nel settembre del ’92 l’apparato produttivo italiano era in buone condizioni; oggigiorno l’Italia è ampiamente de-industrializzata e si limita a produzioni a basso valore aggiunto, quasi in concorrenza con le economie orientali. Nei settori avanzati (scienza e tecnologia), che sono quelli che contano, l’Italia semplicemente non esiste (esistono i ricercatori di origine italiana, che però hanno dovuto scappare dalla madrepatria, se non volevano passare la vita a lavorare a progetto come commessi nei supermercati). In sostanza, noi non produciamo quasi nulla e possiamo anche ritornare ad una moneta sovrana, ma anche svalutando non saremo mai competitivi rispetto a cinesi, tahilandesi (perché questi ultimi vivono in 14 in una stanza di 16 mq). Inoltre, senza la protezione dell’euro, i carburanti raggiungerebbero prezzi folli, e con essi tutte le merci che vengono trasportate. La nostra moneta sovrana, basata su un’industria quasi inesistente, su un sistema fiscale oppressivo, su una PA elefantiaca e parassitaria (e non parliamo della mafia) diventerebbe carta straccia. Teniamo poi presente che noi italiani siamo incapaci di governarci e la supevisione di qualcuno (la BCE in questo caso), ci è assolutamente indispensabile (come agli altri paesi del sud: grecia, portogallo, cipro, ecc.). Se invece mi si dice che il sistema dell’euro debba essere migliorato, allora concordo. Essere parte dell’euro significa essere parte di qualcosa in grado di competere con i grandi blocchi: USA, Cina, ecc. Se l’Europa non si unisce, i nostri piccoli staterelli meridionali, malmessi e divorati dalla corruzione, dalla mafia, ecc., verranno cancellati dallo strapotere dei giganti (Cina, USA, ecc.) che scientificamente e tecnologicamente sono avanti alcuni secoli rispetto a noi.
raf
Sono sostanzialmente d’accordo, dare la colpa all’euro per ciò che sta avvenendo senza minimamente considerare le mancate riforme, la burocrazia assurda, una legge elettorale che non concede il minimo spazio alla competitività tra i candidati, le sanatorie fiscali che diventano la normalità, il cuneo fiscale, il costo di una classe politica autoreferenziata, improduttiva, parassita, incompetente, è come dare la colpa al bicchiere che si fa bere quando si è ubriachi.
giannozzo
Ma questo presuppone quindi che in caso di uscita dell’Italia dall’euro i titoli di stato già venduti verrebbero ripagati nelle nuova valuta italiana (la lira o quant’altro)?
Ovvero il debito pubblico in mano agli investitori verrebbe riconvertito automaticamente?
Stefano Stambazzi
Volevo inoltre sapere, nel qual caso ci si separasse dall’euro e il nostro debito pubblico venisse ripagato in lire perché il rendimento dei BTP deve avere una premium sul deprezzamento del tasso di cambio: un BTP di un certo valore non vorrebbe riconvertito ad un ammontare maggiore in lire, dal momento che la nostra moneta sarebbe più debole?
Francesco
Si chiama Lex Monetae. E non ci sono motivi per non vederla applicata nel caso di una, oramai probabile, uscita dalla moneta unica.
Piero
Il problema dell’uscita dall’euro non crea particolari problemi per la convertibilità, sarà tuttalpiù un problema di costi per la conversione; il vantaggio sarà quello per lo stato italiano di riappropriarsi della politica monetaria, cesserà così lo strangolamento dell’economia, riprenderanno le banche a concedere i crediti alle imprese; sicuramente vi sarà una svalutazione della nuova moneta rispetto all’euro di circa il 30/40%, sarà un effetto positivo così come e’ stato nell’agosto del 1992 quando la lira abbandonò lo SME.
gigi
La volatilità dello spread non ci sarebbe più se si introducessero gli Eurobonds cosi’ da eliminare la segmentazione del mercato e aumentare la liquidità di tutto il mercato dei titoli di stato denominati in Euro. Diminuirebbe anche probabilmente la stessa volatilità dei tassi di interesse. Si ritorna al punto di partenza: quando é stato introdotto l’Euro ci siamo “dimenticati” di introdurre i titoli di stato che gli facessero da collaterale. Se l’Italia poi uscisse dall’Euro ci possiamo aspettare tassi di interesse mediamente più elevati e sicuramente più volatili. Senza contare gli effetti come l’autore descrive sui titoli a più lunga scadenza che a quel punto devono inglobare un rischio cambio e minore liquidità.
Mauro Trusso
meno male che qualcuno comincia ad accorgersi dell’ovvio. Chi propaganda l’uscita dall’euro (per una nazione che NON HA alcuna fonte energetica) sono quelli che hanno i soldi in valuta … diversa. La convertibilita’ euro/nuova lira sarebbe all’inizio 1:1 per poi scendere in pochi mesi del 30% minimo. Non sono stime mie, e del resto la svalutazione competitva e’ la spiegazione base per spiegare i vantaggi dell’uscita dall’euro. Il che vuol dire che se abbiamo una bilancia dei pagamenti negativa, diventera’ ancora piu’ negativa. Ma ammettiamo di essere un paese virtuoso senza debiti (incredibile, no?!). I crediti ora vantati dai privati con obbligazioni/bot/.. (ma anche le azioni) pagati in euro verranno ovviamente rimborsati in Nuove Lire. Il che vuol dire un “hair-cut” mica da ridere. Un vero affarone. Un ultimo commento a chi obietta “se ho pagato in euro voglio la stessa valuta”: poche settimane fa sul Sole24 comparve la notizia (sottaciuta dai vari pasdaran) che una grande azienda auto tedesca aveva dichiarato in modo esplicito riguardo le obbligazioni da loro emesse, che il rimborso sarebbe avvenuto nella eventuale nuova valuta italiana.
Ancora una volta, questo non e’ un problema per chi vi vende la soluzione e poi ha gli agganci giusti per sapere prima quando convertire, se non lo ha gia’ fatto, tutte le sue riserve in valuta forte (non a caso sia nel caso argentino che in Cipro furono registrati ingenti movimenti di capitale all’estero … il week end prima del blocco dei depositi (per conversione o per tassazione).
Auguri
Tommaso Pellegrini
Il rischio di cambio sarebbe da tenere in considerazione se i titoli italiani fossero detenuti in buona parte da investitori esteri, ma per la maggior parte sono banche e familie italiane, e da pochi anni anche da banche tedesche e francesi. Servirebbe piuttosto un prestatore di ultima istanza per la stabilizzazione dei rendimenti, come avviene in giappone che nonostante il rapporto B/Y= 230% offrono dei rendimenti minori di quelli dell’Eurozona. La caduta del rapporto di cambio è poi tutta da dimostrare, non è automatica; una flessione iniziale permetterebbe di aumentare le exp stabilizzando la domanda di moneta.
Maurizio Cocucci
Ne è sicuro? Per quanto riguarda la prima parte del suo intervento le ricordo che nel 1990 quasi tutto il debito pubblico era in mani italiane e la maggior parte dei titoli del debito (559.196mld di Lire su 749.751mld) era composto da BOT a 3, 6 e 12 mesi e nonostante avessimo Bankitalia, che fungeva da garante di ultima istanza, il tasso medio di interesse ponderato (dei BOT) era del 12,73%. Pensi che oggi con il tanto vituperato euro e la BCE, che non è prestatore di ultima istanza, il rendimento medio ponderato dei BOT è inferiore al 2%.
raf
Ne sei sicuro? Esiste un fenomeno conosciuto in economia come ‘curva j’ che spiega proprio l’esatto contrario, ed è ciò che è successo nel Regno Unito tra il ’92 ed il ’93: a fronte di una svalutazione della sterlina è avvenuto un calo delle esportazioni a causa della vischiosità di queste dinamiche.
Tommaso Pellegrini
I mercati comunque non sono irrazionali, ma bensì non perfettamente razionali; che è diverso.
Al
Rivolgendomi a coloro che ritengono l’uscita dell’Italia dall’euro un’ipotesi ordinaria, positiva per riappropriarci della politica monetaria, e altre considerazioni ottimistiche.
L’unico esempio comparabile è quello della momentanea uscita della Lira dallo SME nel ’92. Tutto vero quello che dite. Ebbene, nei successivi 20 anni, l’Italia ha fatto quello che serve affinché situazioni del genere si ripetano?
Purtroppo alla prova dei fatti negli ultimi decenni il nostro amato Paese, quando può scegliere tra affrontare un problema e scaricarlo sulla generazione successiva, sceglie la seconda via. Bene allora che l’euro non ci lasci alternative a fare quanto necessario per intraprendere un percorso virtuoso.
Tra queste cose naturalmente c’è anche un ruolo attivo in Europa, per non subire bensì gestire le regole con intelligenza. Vedi non calcolare i pagamenti dei debiti della PA derivanti da precedenti esercizi nel disavanzo corrente: è una norma di buon senso che l’Italia propone e deve restare per tutti per sempre, non dobbiamo permettere che venga considerata una concessione.
Alessandro
Si…ma mancano i conti sul prezzo di uscita….
Dove sta scritto che sarebbe peggio???
Es benzina…. 0,5€. di costo industriali…di cui 30% dovuto alla materia prima… ipotizziamo una svalutazione del 30% quindi costo industriale aumenta a £ 0.65 ma con un avanzo primario come il nostro la tassazione può ridursi di un 15%…quindi (€. 1.7) -> £. 1,02 totale £ 1,67….quindi alla fine il costo non cambierebbe ma avremmo una moneta più debole è di colpo il debito entro il 100% del PIL….
Ancora faccio fatica a vedere un’aspetto negativo dell’uscita da un sistema monetario completamente in mano a 4 privati (un tedesco, un olandese, un francese che dicono ad un italiano cosa deve fare!)
Raf
Vuoi degli aspetti negativi?
1) Un’uscita dall’euro presuppone un blocco sui movimenti di capitale (a meno che non si ritenga desiderabile che il primo oligarca russo si compri mezza Italia) da e verso l’Italia. Bisogna vedere che effetti avrebbe questo fenomeno.
2) Hai notato qual era lo spread nel ’90? Ci siamo indebitati per oltre un decennio ad un costo bassissimo.
3) I costi di transazione con l’estero sicuramente aumenterebbero
4) L’euro ci ha messo al riparo da speculazioni ancora più dolorose in termini di ‘profezie che si autorealizzano’ (se si pensa che uno stato fallirà, il costo del suo debito aumenterà e questo accadrà senz’altro). E quindi
5) Siamo così sicuri che l’eventuale svalutazione sia solo del 30%?
C’è una corrente di pensiero che vede la svalutazione come unica soluzione, che siamo in mano ai tedeschi, olandesi, ecc. Sarebbe meglio pensare invece che, se ti indebiti, questo non sarà gratuitamente e che i debiti, o prima o dopo, si devono pagare.
Alessandro
1. Il costo dell’indebitamento di oggi è molto più alto di quello del ’90….perchè nel ’90 avevamo una crescita economica ed un’inflazione maggiore di quella di oggi, con un livello di disoccupazione inferiore….
2. siamo da 2 mesi senza governo, 2 mesi con limiti sui movimenti di capitale non mi sembra grave
3. Gli stati non possono fallire….e se i debiti non li ripaghi tutti ma garantisci al tuo paese pace e prosperità…non mi sembra la fine del mondo, molto più grave mi sembra regalare i soldi alle banche con un’operazione LTRO come della di Draghi, dove i privati si “rubano” la ricchezza del paese..
4. Riparo da speculazioni???…mi sono perso qualcosa in Italia, Spagna, Grecia, Irlanda, Cipro e tra poco anche Francia….(mi pare manchi solo la Germania….sarà un caso???)
5. Anche fosse del 50% la svalutazione, non cambierebbero gli effetti…in Italia abbiamo un avanzo primario, ma se continuiamo così l’unica cosa che avanzeranno solo i capannoni abbandonati!
Umberto Cherubini
Caro Carlo,
ma non è proprio l’idea di uscita dall’Euro l’esempio principe di irrazionalità del mercato?