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Il taglio alla bolletta elettrica spegne gli aiuti al fotovoltaico

Per tener fede all’impegno di alleggerire la bolletta elettrica delle Pmi, il Governo Renzi vara un taglio retroattivo agli aiuti concessi ai grandi impianti fotovoltaici. Peccato che la misura aumenti il carico burocratico, sollevi dubbi giuridici e abbia contraccolpi reputazionali certi.

DUE DECRETI PER LA COMPETITIVITÀ

Il 22 giugno Romano Prodi dalle colonne del Messaggero elencava otto proposte per far ripartire l’industria italiana. (1) L’ex presidente del Consiglio dei ministri, oltre che dell’Iri, constatava che “la generale diffidenza delle imprese estere a investire in Italia deriva anzitutto da problemi di burocrazia, criminalità e sicurezza”. Cosa significa burocrazia? I problemi più seri, così come riportati anche nel “Competitiveness Report” del World Economic Forum, sono la scarsa trasparenza del processo decisionale (la classifica del report ci vede al 140esimo posto su 148) e il peso eccessivo della regolazione (146esimo posto).
Elementi tutti racchiusi nei decreti legge 90 e 91, che peraltro hanno impiegato undici giorni per percorrere gli ottocento metri che separano Palazzo Chigi dal Quirinale. In particolare, il Governo fa molto affidamento sulle disposizioni contenute nell’articolo 26 del secondo decreto per tener fede all’impegno scolpito nella venticinquesima delle trentadue slide presentate a valle del Consiglio dei ministri del 12 marzo, che prevedeva uno sconto del 10 per cento sul costo dell’energia per le piccole e medie imprese.
Per la verità vi era una data precisa per l’entrata in vigore del provvedimento: il primo maggio; ma visto il tempo trascorso per la pubblicazione di quello che il Consiglio dei ministri aveva approvato con un unico – mega – decreto, non è il caso di fare i pignoli. (2) Ricordiamo però che l’impegno di Matteo Renzi sulla questione risale ai primi di gennaio scorso, in occasione della presentazione o meglio dell’annuncio del (mitico) Jobs Act, quando del Governo era solo il principale azionista.
Tuttavia, il Governo intende raggiungere l’obiettivo della riduzione della spesa elettrica a regime nel 2015. E per far ciò i ministri dello Sviluppo economico e dell’Economia e finanze, Federica Guidi e Pier Carlo Padoan (che il 4 aprile avevano istituito un’apposita task force) hanno previsto diverse misure, presentate in una conferenza stampa (con venti slide) il 18 giugno. (3) Alcune saranno realizzate nei prossimi mesi: dalla riduzione della interrompibilità, all’introduzione di prezzi negativi nella borsa elettrica, dalla riduzione degli impianti essenziali all’eliminazione dei sussidi alle centrali a olio, o ancora alle regole più stringenti sulla remunerazione delle reti elettriche e del gas naturale.
Immediati, invece, altri interventi mirati  e al contempo coraggiosi: come l’eliminazione del corrispettivo tariffario per sconto ai dipendenti elettrici, la riduzione dei costi per l’interconnessione delle isole e la rimodulazione del sistema tariffario elettrico per le Ferrovie dello Stato, i cui vantaggi resistevano dal 1963.

DUE MISURE TAGLIA-INCENTIVI

Ma il grosso dell’intervento è proprio quello più contestato. L’articolo 26, infatti, colpisce in particolare e retroattivamente i beneficiari degli incentivi al fotovoltaico proprietari di impianti con più di 200 kW di potenza. (4) Si tratta di grandi impianti che nulla hanno a che fare con i tetti delle abitazioni e i soggetti non del mestiere. E difatti gli impianti interessati dal decreto sono 12.211 sui 550.404 totali, con una potenza istallata di circa 11 GW sui 17,6 totali. Le misure sono due.

  • dal 1° luglio 2014: l’erogazione dell’incentivo avverrà sulla base di rate costanti calcolate sul 90 per cento della producibilità media annua dell’impianto e un conguaglio entro il 30 giugno dell’anno successivo. In pratica, se sulla base della sua producibilità media un impianto ha diritto a 120 euro di incentivo, gli verranno corrisposte dodici rate da 9 euro. In linea di principio questa misura ha un impatto nullo sul totale dell’incentivo corrisposto annualmente, cambiano però i tempi di regolamento.
  • dal 1  gennaio 2015: taglio dei premi sulla produzione (feed in premium) tra il 25 e il 17 per cento a seconda della data di entrata in funzione dell’impianto e prolungamento da 20 a 24 anni del periodo di incentivazione, o in alternativa taglio dell’8 per cento dei premi e mantenimento dei 20 anni di incentivi.
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Guardando le due date si capisce come la prima misura sia quella che contribuirà maggiormente al taglio del 10 per cento. Il conguaglio arriverà solo a giugno 2015 e poi sempre nell’anno successivo. La rimodulazione e spalmatura degli incentivi su un periodo più lungo avverrà solo dall’anno prossimo. Perché la seconda misura non parte da subito? Si dirà: meglio lasciare il tempo ai soggetti responsabili degli impianti (questo il termine tecnico) di rifare il business plan e valutare cosa sia meglio fare (allungare a 24 anni o mantenere 20 anni e accettare il taglio dell’8 per cento), rinegoziare con le banche i termini del prestito, farsi eventualmente cambiare i titoli autorizzativi tenendo conto del diverso periodo di incentivazione, rinegoziare con i proprietari dei terreni i termini degli accordi e (molto) altro ancora.
Tutte decisioni che magari resteranno in sospeso in attesa che una qualche corte, probabilmente alla fine quella costituzionale, sentenzi sulla legittimità o meno di una norma retroattiva. E va sottolineato che non è affatto scontato che l’intervento sulle tariffe incentivanti esca indenne dal contenzioso che si preannuncia da record e ad ampia scala. (5)
Di cui la grande battaglia che sta per scatenarsi in Parlamento, centinaia e centinaia gli emendamenti presentati con prevedibile ricorso al voto di fiducia, rappresenta solo la prima avvisaglia. (6)
In ogni caso, la misura, a valle della riduzione del prezzo minimo garantito riconosciuto per la cessione dell’energia, della nuova fiscalità degli impianti delle imprese agricole e dei nuovi criteri di ammortamento, porterà a redditività negative per molti impianti.
Il Governo ha sicuramente fatto bene ad accendere il riflettore sul costo dell’energia (elettrica) e sul suo impatto sulla competitività delle imprese. (7) Ma ancora una volta ha scelto una strada pasticciata che colpisce i punti dove il nostro paese appare all’estero come più debole: certezza del diritto, stabilità del quadro regolatorio, aggravio della burocrazia (tutti i titoli autorizzativi sono da rifare se si sceglie la spalmatura). Il tutto in uno dei pochi settori che in anni recenti ha conosciuto uno sviluppo forte e che ha visto la nascita di nuove imprese e l’arrivo di investitori esteri nel nostro paese. Non era più facile e ragionevole potenziare i controlli sugli impianti che beneficiano degli incentivi e revocarli selettivamente a chi abbia le carte fuori regola (e sono molti), invece di sparare sul mucchio?
Si parla di colpire i privilegi, ma come spesso accade si parte da quelli degli ultimi arrivati. Una politica stabile per le fonti rinnovabili destabilizza equilibri consolidati molto forti, concentrati in poche imprese con grande potere di pressione. Bisogna esserne consapevoli, avendo in mente un nuovo modello di sviluppo del settore, libero dai condizionamenti di chi sta vedendo il proprio business svanire.

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(1) Matteo Renzi all’indomani giudicava queste proposte come “una cassetta degli attrezzi preziosa per il Governo”.
(2) Tantissimo lo spazio dedicato dai media quando il testo è stato annunciato, molto meno l’interesse per il decreto effettivamente pubblicato, l’unico che conta.
(3) Le slide, tuttora disponibili sul sito del ministero dello Sviluppo economico, sono stata poi ridotte a diciotto.
(4) Un’idea non nuova, e non facile, già avanzata su lavoce.info da Giorgio Ragazzi.
(5) Contrasto con i limiti costituzionali alla retroattività delle leggi nonché con il principio – connaturato allo Stato di diritto e riconducibile agli articoli 3 e 41 della Costituzione – di tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti, nonché con l’esigenza di certezza dell’ordinamento giuridico. Sono stati i primi rilievi formulati, per esempio, dal presidente emerito della Corte costituzionale, Valerio Onida.
(6) Staffetta Quotidiana del 11 luglio 2014.
(7) Con lungimiranza è stato previsto l’aumento delle accise su benzina e diesel a partire da gennaio 2019, per un gettito atteso di 140,7 milioni di euro nel 2019, di 146,4 milioni nel 2020 e di 148,3 milioni dal 2021. Questa volta le maggiori entrate servirebbero a incentivare la quotazione in borsa delle società.

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  1. Maurizio

    Ma non si possono tagliare i contributi Cip6 che costano un occhio della testa ed avvantaggiano tecnologie obsolete e con alti tassi di inquinamento? Perché non parla mai nessuno di questo scandalo?

  2. Alessandro

    Ma se paghiamo la capacity senza regole di mercato? Il mercato energetico italiano è in mano semplicemente a incompetenti oppure a troppo competenti per lasciarlo gestire in maniera corretta.

  3. Massimo Matteoli

    Ci raccontano che la bolletta elettrica è cara per colpa degli incentivi alle energie rinnovabili.
    Tempo fa un ricercatore del CNR pubblicò una ricerca riportata dal Sole 24 Ore in cui sosteneva che, al contrario, l’energie rinnovabile ha avuto un effetto di calmiere sulle bollette e che, oltre ai benefici per l’ambiente e la bilancia ei pagamenti per i minori consumi (ed acquisti) di combustibili fossili, ne ha guadagnato anche il singolo consumatore.
    http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2011-05-02/costi-rinnovabile-155044.shtml?uuid=Aa2sYlTD
    Non mi pare di avere visto risposte a questa tesi.
    Forse perché era fondata e si è preferito non contestarla?
    Come insegna il proverbio “A pensare male si fa peccato, ma di solito s’indovina”.

  4. federico schiavi

    Un impianto fotovoltaico domestico da 3 kWp costa meno di un orologio Rolex di infimo livello. Per questo, basta entrare in un negozio e, se debitamente forniti, la questione si conclude in una trentina di minuti. Per fare un impianto fotovoltaico, a parte il montaggio, tre giorni a essere prudenti, occorrono almeno tre mesi di pratiche, scartoffie, e interrelazioni con minimo quattro soggetti: GSE, TERNA; Distributore, Municipio. Tutto ciò non non bastava ai tre o quattro player nazionali del mercato energetico (cfr. Enel, Eni, Sorgenia ecc.). Cosicché ogni tre o quattro mesi, qualsiasi governo vi sia (con buona pace del (l’ex?) rottamatore Renzi, aggiunge qualche “novità” legislativa sule rinnovabili. Assorinnovabili (http://www.assorinnovabili.it/) indica come 8 gli interventi normativi che hanno danneggiato il mercato del fotovoltaico nel giro di pochi anni: 1) gli oneri di sistema nello scambio sul posto; 2) i prezzi minimi garantiti in regime di ritiro dedicato, 3) l’ aliquota di ammortamento fiscale dal 9% al 4%, 4) IMU per gli impianti, 5) Robin Hood Tax sulle imprese di grande fatturato, 6) Mancato aggiornamento tariffe per il I Conto Energia, 7) oneri per le spese di gestione GSE su tutti i responsabili degli impianti, 8) azzeramento della componente tariffaria CTR, per le perdite di trasmissione. Germania, Regno Unito, Australia, sono le destinazioni dei progettisti che lavoravano nel nostro studio nel 2010 e che oramai hanno scelto di vivere all’estero.

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