Nel 2013 il turismo italiano ha vissuto una profonda crisi di domanda interna. Ora i timidi segnali di ripresa trovano un quadro mutato. I turisti arrivano dall’Europa e dal mondo intero. E le imprese hanno nuove forme. Spesso innovative, talvolta hanno atteggiamenti disinvolti sulle regole.
MENO VACANZE PER GLI ITALIANI
L’anno che sta per concludersi verrà ricordato come il punto più difficile della crisi; nel turismo, tuttavia, fa registrare anche veri e propri cambiamenti strutturali.
C’è stato un forte indebolimento della domanda interna dovuto anche all’incertezza generale, che molto spesso ha indotto comportamenti più prudenti nei percettori di redditi fissi e “sicuri”.
Così, i consumi turistici nel 2012-2013 si sono attestati sui livelli minimi, con un pronunciato calo del numero delle vacanze e degli italiani che le hanno fatte: meno persone e famiglie in villeggiatura e soggiorni fuori casa “più leggeri” – ovvero più brevi, più vicini, più economici.
La contrazione ha riguardato un po’ tutte le tipologie: da un lato, si conferma il logoramento delle vacanze lunghe, ma dall’altro si registra la compressione anche delle microvacanze secondarie, fino al loro “ritorno indietro” verso un tempo libero senza turismo né spesa, visto che per la prima volta da diversi anni sono diminuiti pure i consumi culturali.
Tuttavia, il calo degli italiani in vacanza è solo una faccia della medaglia e segnala alle imprese il rischio di ogni eccessiva specializzazione. Gli europei del Nord non hanno affatto risentito di una crisi dei consumi turistici e da altre parti del mondo si sono registrati incrementi “a doppia cifra” tra il 2012 e il 2013. E infatti gli stranieri in vacanza in Italia sono cresciuti.
CAMBIAMENTO DI SCENARIO
La novità è spiazzante rispetto alle certezze dell’ultimo decennio: vuol dire meno turismo di “prossimità”, cui fa da contraltare una forte domanda continentale e un crescente afflusso da paesi lontani. Nel 2013 le aziende turistiche hanno perciò vissuto uno stravolgimento del loro scenario di mercato consolidato (i “repeaters”), trovandosi di fronte alla necessità di affrontare nuove sfide, spesso senza avere né il tempo né gli strumenti, primi tra tutti quelli linguistici, per farlo.
Non solo. Le imprese del turismo hanno anche subito un attacco sul fronte dei prezzi, a causa della riduzione del potere d’acquisto, certo, ma soprattutto per il diffondersi della filosofia “low cost”, che ha iniziato a governare il mercato, stabilendo nuovi e più bassi livelli di remunerazione. Il consumatore ha percepito la possibilità di pagare di meno e l’ha incorporata nel proprio profilo di domanda: nel turismo non sarà tanto facile ritornare ai livelli di prezzo precedenti la crisi.
A una domanda di qualità che inevitabilmente cresce, si è quindi andata a legare una attitudine nuova nei confronti del costo: in una parola, la ricerca costante di un maggior valore.
Benché siano stati così rilevanti, i cambiamenti nella domanda non sono gli unici responsabili di tante difficoltà aziendali, hanno solo messo in evidenza problemi altrimenti rimossi, sottolineando la difficoltà di molte imprese turistiche a rimanere sul mercato.
Inevitabilmente, la situazione di difficoltà delle imprese ha generato gravi ripercussioni sul lavoro nel turismo, determinando l’apertura di tavoli di trattativa che mirano essenzialmente alla riduzione di personale. Ma le tante vertenze aziendali e di comparto in corso sembrano sottendere una ulteriore e ancor più pressante domanda di flessibilità del lavoro in questo settore.
È una deriva molto pericolosa per il turismo italiano, perché può minare la qualità del prodotto turistico e l’immagine delle aziende, dei territori e in definitiva del paese. Lavoratori scarsamente formati, mobili anche tra le nazioni, stagionali o “a chiamata”, non personificano infatti quel “tocco umano” che gli ospiti pretendono da una destinazione turistica come l’Italia.
QUALCHE OMBRA SULLA NUOVA IMPRENDITORIA
Se le imprese “tradizionali” sembrano vivere dunque un momento di grande incertezza, all’orizzonte si intravede la forte corsa alla nuova impresa e all’autoimpiego, enfatizzata anche dalla spinta alle nuove start-up.
Ma nel settore del turismo ciò che è materiale e tradizionale ha dimostrato di saper creare valore, mentre non c’è la garanzia che innovazione e tecnologia siano in grado di fare altrettanto: spesso si limitano a giocare ruoli di cerniera, informativa o connettiva, senza creare prodotti o servizi; semmai riescono a scavare per sé una nicchia di valore nel mettere in contatto i diversi attori del mercato o della filiera.
Cresce quindi il ruolo dei nuovi attori che sanno identificare spazi operativi tra le pieghe del mercato, fuori dagli schemi tradizionali, ma alle volte ai limiti di leggi e normative: non mancano infatti gli intermediari poco controllabili, fisicamente irreperibili, fiscalmente evanescenti, anche se molto ben indicizzati sulla rete.
In tutto questo, sbaglierebbe chi parlasse di crisi generalizzata del turismo italiano: anche in questo gelido finale dell’anno vi sono infatti aziende, località, segmenti e nicchie che continuano a crescere, basandosi sulla qualità (value for money), sull’innovazione non solo tecnologica, sulla diversificazione dei mercati.
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Emanuele
Da italiano che risiede da molti anni in centro Europa, quest’anno ho sentito forte il desiderio di fare una lunga (due settimane…) vacanza proprio in Italia, rendendomi quindi parte integrante di quel flusso turistico che proviene da oltre le Alpi.
Nonostante le mie preoccupazioni iniziali, basate su ricordi concreti di disavventure passate dieci-quindici anni orsono, sono rimasto molto soddisfatto e sorpreso dalla vitalità del settore turistico delle zone (Toscana e Marche) in cui sono stato.
Ho scelto di evitare le solite mete banali, e di puntare su destinazioni che pensavo meno gettonate: ho invece scoperto come queste destinazioni siano meta quasi più di stranieri che di italiani. Dovunque ho trovato strutture nuove, e personale molto accogliente e gentile (una situazione lontanissima dallo stereotipo che vede l’accoglienza degli stranieri molti rude e fredda).
Ho davvero speso volentieri ogni singolo euro.
rob
Emanuele
questo paese oltre che di ladri, spie, denigratori , delatori e voltagabbana per 4 soldi è fatto da persone capaci, peccato che a “urlare” siano i primi, gli altri non hanno tempo presi con cuore e anima dalle lore iniziative faticose e veramente utili
AM
Il settore turistico in complesso si è adattato abbastanza bene alla forte concorrenza straniera lavorando sui prezzi e sulla qualità. Gli operatori turistici si sono mossi in genere bene, attendiamo che faccia qualcosa di più lo Stato. Suggeriamo ad es. semplificazioni burocratiche e fiscali, soprattutto per i piccoli operatori come agriturismo, bed & breakfast, ecc; tutela dei turisti, soprattutto stranieri, contro truffe, inganni, rapine, borseggi, stupri e fastidioso accattonaggio. Evitiamo inoltre gli scioperi dei trasporti, manifestazioni politiche e sindacali e i blocchi stradali almeno nei periodi di massimo afflusso turistico e nelle località di grande attrazione turistica. Rendiamo più accessibili i musei allungando i gli orari e i periodi di apertura.
Licatanto
Non dimentichiamo che gli italiani che ancora possono permettersi una vacanza spesso scelgono mete all’estero, da sempre questa tradizione che denota provincialismo e ignoranza colpisce l’economia interna. Gli italiani sono i clienti piú pretenziosi e sgradevoli, ora poi hanno scoperto TriAdvisor e si divertono cosí… Noi sul Garda abbiamo una percentuale di italiani del 5%, in compenso il turismo straniero aumenta ogni anno, tanto meglio, come dice il proverbio? “Chi non mi vuole, non mi merita”.
Ivano Zatarra Terzo
E di grazia mi saprebbe spiegare perché se scelgo di andare in vacanza fuori dai confini nazionali sono tacciabile di provincialismo e ignoranza? Solo perché è molto – ma infinitamente molto – facile trovare un alloggio per dormire a 18 euro e mangiare con 8 o è possibile aggiungere altro (retoricamente parlando)?