L’esigenza di accelerare la diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili può scontrarsi con la tutela di paesaggio e terreni agricoli. Ma a chi spetta la decisione? Le dichiarazioni del governatore della Sicilia ripropongono l’interrogativo.
Botta e risposta tra governatore e ministro
Nei giorni scorsi il governatore della Regione Sicilia, Renato Schifani, ha affermato: “Ho deciso a breve di sospendere il rilascio delle autorizzazioni per il fotovoltaico. Dobbiamo valutare l’utile d’impresa con l’utile sociale e col danno ambientale”. Ha poi aggiunto che “I nostri terreni agricoli vengono devastati dai pannelli e quindi noi paghiamo un prezzo ma questo tipo di attività non dà lavoro perché l’impianto una volta collocato viene gestito telematicamente. E l’energia va allo stato”.
Il blocco che potrebbe riguardare oltre 600 impianti fotovoltaici e agrivoltaici (pari a 36,05 GW) provocherebbe un rallentamento degli obiettivi europei che prevedono 70 GW di nuovi impianti al 2030. A stretto giro di posta è arrivata la risposta del ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso a tenore del quale “A Schifani dico che i pannelli solari sono una grande scommessa per la Sicilia. Stiamo realizzando il più grande stabilimento di pannelli solari d’Europa realizzato da una grande azienda come Enel”.
Se questo è il dialogo tra due autorevoli esponenti appartenenti alla medesima maggioranza politica, è utile sapere fino a che punto il governatore di una regione a statuto speciale come la Sicilia può limitare lo sviluppo di energie rinnovabili nel territorio di sua competenza.
La normativa europea
Il regolamento (Ue) 2022/2577 del Consiglio del 22/12/2022, che istituisce il quadro per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili, stabilisce che la pianificazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la loro connessione alla rete, la rete stessa, gli impianti di stoccaggio sono considerati d’interesse pubblico prevalente e d’interesse per la sanità e la sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi. E afferma, tra i considerando, che l’energia solare è una fonte rinnovabile determinante per porre fine alla dipendenza dell’Unione dai combustibili fossili russi e perseguire, nel contempo, la transizione verso un’economia climaticamente neutrale.
La normativa statale
In coerenza con le indicazioni del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima e tenendo conto dell’evoluzione e dell’aggiornamento dei consumi statisticamente rilevanti, l’Italia intende conseguire un obiettivo minimo del 30 per cento come quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo (articolo 3 Dlgs n. 199/2021). Con uno o più decreti del ministro della Transizione ecologica di concerto con il ministro della Cultura e il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del Dlgs n. 281/1997, sono stabiliti principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle “aree idonee e non idonee” all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal Pniec per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili. In attuazione di tale disciplina, le Linee guida, approvate con Dm 10 settembre 2010, ai sensi dell’art. 12, c. 10, del Dlgs n. 387 del 2003, da leggersi oggi alla luce dell’art. 20 del Dlgs n. 199/2021 così come per ultimo modificato dall’art. 6 del Dl n. 50/2022, stabiliscono che le regioni e le province autonome possono procedere alla indicazione di “aree e siti non idonei” all’installazione di specifiche tipologie di impianti.
I comuni
I comuni in generale, e anche quelli delle regioni a statuto speciale, non possono precludere l’installazione di impianti fotovoltaici in verde agricolo in ragione della mera destinazione del sito e non possono farlo, comunque, avvalendosi dell’ordinaria potestà regolamentare locale. I comuni possono infatti adottare regolamenti soltanto nelle materie di propria competenza (art. 117 Cost. e art. 7 Dlgs n. 267/2000); il relativo potere è attribuito alle regioni che lo esercitano mediante appositi atti di pianificazione i quali, in tale ambito, scontano però specifici limiti stabiliti dalle citate Linee guida statali. I comuni sono quindi del tutto estranei all’attività di pianificazione sia sulla base delle Linee guida, sia sulla base del sopravvenuto Dlgs n. 199/2021.
Le regioni a statuto speciale
La competenza primaria in materia di tutela del paesaggio attribuita a una regione a statuto speciale o a una provincia autonoma, da un lato, rende inapplicabili le Linee guida nella loro interezza, ma dall’altro lato non esonera le medesime autonomie dall’osservanza delle disposizioni a carattere generale contenute sempre nelle Linee guida (Corte cost. n. 224 del 2012, cit., e n. 168 del 2010). Nella generale utilizzabilità di tutti i terreni per il loro insediamento, il principio di derivazione comunitaria della massima diffusione degli impianti di energia da fonte rinnovabile può trovare eccezione per esigenze di tutela della salute, paesaggistico-ambientale e dell’assetto urbanistico del territorio (Corte cost., n. 13 del 2014 e n. 224 del 2012), ma la compresenza dei diversi interessi coinvolti, tutti costituzionalmente rilevanti ha, come luogo elettivo di composizione, il procedimento amministrativo richiesto dalle Linee guida. Invero, è nella sede pianificatoria che può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse degli operatori economici, sia ancora con ulteriori interessi di cui sono titolari i singoli cittadini e le comunità di riferimento. Le “aree non idonee” individuate confluiscono, pertanto, nell’atto di pianificazione con cui le regioni e le province autonome conciliano le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili, tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dalla pianificazione paesaggistica e del necessario rispetto della quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing).
Dal quadro normativo, dunque, si ricava che se l’atto di pianificazione della regione, nell’individuare le “aree non idonee”, non può comportare un divieto assoluto, bensì può essere utile a segnalare una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni in sede di autorizzazione, a maggior ragione il divieto è precluso quando, come per la Regione Sicilia, l’atto non risulta ancora adottato. L’impossibilità di valorizzare tutti gli interessi pubblici implicati finirebbe per violare il principio, conforme alla normativa dell’Unione europea, della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (Corte cost., sentenza n. 286 del 2019).
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Giuseppe
Salve,nella regione Sicilia c’è un procedimento per il montaggio di pannelli a terra su terreni agricoli?
Mario Panunzi
Vorrei evidenziare che la valutazione dei terreni agricoli va fatto caso per caso: spesso si indicano genericamente aree che pur qualificate agricole non vengono utilizzate perché non danno reddito. Nel caso specifico siciliano esistono migliaia di ettari in aree marginali e addirittura ” predesertiche” dove si potrebbero attivare o impianti fotovoltaici ( lotta alla desertificazione) o coltivazioni di essenze oleaginose,come il ricino il cui olio è utile per la produzione di biocarburanti ( specialmente dopo il blocco alla importazione dell’olio di palma).La chiarificazione delle utilizzazioni delle aree agricole riveste ulteriore urgenza per la grande opportunità di coltivare in regime agro-solare: con effetti positivi per i settori primario e,energetico e occupazionale, e per lo sviluppo di produzioni innovative compatibili e particolarmente richieste dal mercato : banane,ananas, papaya, manco,zenzero e essenze medicali.
Paolo
Molto interessante l’idea dell’olio di ricino, che immagino potrebbe trovare numerosi estimatori in sedi di VIA al consiglio dei ministri
Giovanna
I terreni sottoposti a vincoli idrogeologici con leggi risalenti al re e dove in superficie non c’e’ traccia di acqua possono essere considerati idonei per un impianto di fotovoltaico a terra? per la produzione di energia da vendere .
B&B
Quando l’europa in accordo con la Cina Comunista (paese inquinante per circa il 70% con l’India mentre l’Italia si ferma allo 0,9%) ci avrà ben spremuto il conto in banca, allora ci renderemo conto quanto inutile o aleatoria, dal punto di vista della riduzione di CO2, siano state le direttive della stessa eu.
Corsa all’installazione di pannelli sui terreni agricoli e distruzione del paesaggio;
Imporre l’acquisto di auto elettriche inquinanti quanto le altre, considerato il loro completo ciclo di vita;
Obbligare ristrutturazioni edilizie costosissime, con cambio di impianti, per una marginale riduzione di co2;
Non sarebbe conveniente puntare sul nucleare in particolare Hidrogeno con prooduzione italiana?
idem
Ancora migliore, come oluzione, sarebbe uscire dall’europa.
Felice
Sante parole
gio
Belle considerazioni, peccato che:
– per il nucleare (che nessuno vuole vicino a casa…) ci vogliano decine di anni per la costruzione di impianti;
– per produrre idrogeno servono enormi quantità di energia che prendiamo da…?
Paolo
Non la farei troppo tecnica. E’ palese che l’intento del governatore non sia bloccare il fotovoltaico, tantomeno difendere un territorio dove il suo partito ha lasciato proliferare (per non dire cavalcato) un abusivismo edilizio ubiquitario.
L’intento è solo battere cassa per ottenere, in cambio del via libera, ulteriori trasferimenti dal governo centrale nel pozzo senza fondo della regione siciliana.
Bisognerebbe semmai ribattere spiegando al governatore il meccanismo del PUN (prezzo unico nazionale), grazie al quale tutt’Italia sostiene un sovracosto del 15% sul prezzo dell’energia elettrica, per evitare che l’isola con il suo parco generazione obsoleto paghi l’elettricità il doppio del resto del paese (come sarebbe se vi si applicasse il prezzo zonale medio, cioè quello di vendita in borsa degli impianti ivi ubicati) e sprofondi definitivamente nel medioevo con il conseguente spopolamento industriale di massa.