Il numero di studenti con redditi particolarmente bassi che accedono alle agevolazioni economiche per lo studio universitario è soddisfacente. Ma resta alta la percentuale di chi non ne beneficia pur avendo i requisiti. I motivi e le possibili soluzioni.
Le agevolazioni per gli studenti universitari
La rilevanza per la crescita economica di un innalzamento del livello di istruzione della popolazione in età lavorativa è unanimemente riconosciuta, ma in Italia la percentuale di giovani tra i 25 e i 34 anni con istruzione universitaria è solo del 29,2 per cento (nel 2022) e continua a rimanere la seconda più bassa dell’Unione europea. Si tratta di una debolezza di non poco conto dal momento che il conseguimento della laurea riduce i divari di genere nel mercato del lavoro e consente ai giovani migliori prospettive di occupazione e di retribuzione.
Un particolare rilievo assumono allora le politiche volte a favorire l’accesso e la partecipazione all’università degli studenti provenienti da contesti familiari meno avvantaggiati: non solo per far salire la percentuale di laureati, ma anche per migliorare l’efficacia delle risorse pubbliche investite nell’istruzione terziaria con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze di opportunità e favorire una maggiore mobilità sociale.
Generalmente, l’accesso a queste politiche è vincolato al rispetto di requisiti di reddito e di merito.
Insieme ai posti alloggio per gli studenti fuori sede, per lungo tempo le borse per il diritto allo studio (Dsu) sono state la principale misura adottata in questo campo nel nostro paese.
L’accesso al Dsu prevede erogazioni in danaro e l’esonero totale dal versamento delle tasse universitarie, anche per i soli idonei. Le borse sono riservate agli studenti il cui nucleo familiare presenti una situazione Isee e Ispe inferiore a determinate soglie, annualmente adeguate all’inflazione. Il mantenimento del diritto alla borsa è legato al rispetto di requisiti di merito: di norma, 25 crediti entro il secondo anno, 80 crediti nel terzo, 135 crediti entro l’ultimo semestre (la regione Lombardia prevede 35 crediti per il secondo anno e 90 per il terzo).
A partire dall’anno accademico 2017-2018, la legge n. 232 del 2016 ha introdotto un’ulteriore misura: l’esonero totale dalle tasse universitarie a favore degli studenti con una situazione Isee inferiore a 13 mila euro (no tax area) e che, dopo l’immatricolazione, conseguano almeno 10 crediti al secondo anno e 25 crediti nei seguenti. Con l’emergenza Covid, nel 2020-2021 la no tax area è stata innalzata a 20 mila euro, per essere poi portata a 22 mila euro a decorrere dal 2021-2022.
Nella tabella 1 sono riportati i numeri degli studenti in possesso dei requisiti Isee per l’accesso all’esonero totale, dei beneficiari e idonei alla borsa di studio, nonché degli studenti che effettivamente hanno usufruito dell’esonero totale, avendo rispettato anche i requisiti di merito. Non sono stati presi in considerazione, invece, coloro che hanno beneficiato dell’esonero totale per altre motivazioni (disabilità, esenzioni Covid e così via).
Tabella 1 – Studenti dei corsi di laurea negli Atenei statali idonei per la borsa di studio e/o con esonero totale dalle tasse universitarie per Isee inferiore alla no tax area. Anni accademici dal 2016/2017 al 2021/2022
I beneficiari delle borse di studio
Dalla tabella è possibile trarre due prime evidenze. La prima riguarda l’accesso alle borse di studio da parte degli studenti appartenenti alle fasce più basse di reddito (C).
Nel triennio 2017-2019 oltre la metà dei beneficiari delle borse rientrava negli scaglioni Isee inferiori a 13 mila euro. Nell’anno 2019-2020, ad esempio, su un totale di circa 196 mila studenti idonei (B+C), oltre 100 mila avevano un Isee sotto i 13 mila euro.
I dati relativi al biennio 2020-2021 mostrano come la capacità di accesso alle borse di studio tenda ad affievolirsi all’aumentare della situazione Isee: nel passaggio della no tax area da 13 mila e 22 mila euro, per un aumento della popolazione Isee universitaria dell’87 per cento (A), i beneficiari delle borse che presentavano i requisiti Isee per la nuova no tax area sono aumentati del 65 per cento (B).
La ridotta elasticità delle agevolazioni legate al Dsu rispetto al migliorare della situazione economica degli studenti sembra esprimere una maggiore efficacia della misura, ai fini dell’impegno allo studio, per gli studenti meno abbienti, presumibilmente perché per molti di loro gli aiuti rappresentano lo spartiacque per il proseguimento del percorso universitario. Si tratta pertanto di una policy da rafforzare, se si vuole aumentarne l’accesso e raggiungere una percentuale di beneficiari in linea con gli altri paesi europei.
La più elevata adesione al Dsu da parte degli studenti più svantaggiati suggerisce che un incremento del valore delle borse di studio potrebbe avere effetti redistributivi positivi e migliorare il percorso accademico, consentendo una situazione economica compatibile con l’impegno esclusivo allo studio.
Si potrebbe pertanto sperimentare una maggiorazione delle borse di studio superiore a quanto attualmente previsto (15 per cento) per gli studenti con Isee inferiore ai due terzi del limite massimo, avvicinandole ai valori vigenti in Germania. L’intervento potrebbe essere finanziato attraverso i due programmi nazionali “Inclusione” e “Giovani” del Fondo sociale europeo, in complementarietà con le misure previste nel Pnrr (ulteriormente rifinanziate per 308 milioni di euro con la recente revisione del Piano) che hanno consentito a quasi tutti gli idonei di beneficiare delle borse.
Quanti usufruiscono dell’esenzione dalle tasse universitarie
La seconda evidenza riguarda il numero di studenti che ha usufruito dell’esenzione totale dalle tasse universitarie. La platea è costituita da tutti gli idonei alla borsa di studio, a cui si sommano gli studenti con Isee inferiore alla no tax area che soddisfano i requisiti di merito previsti dalla legge 232/2016.
Di particolare interesse è il confronto tra il totale degli studenti con Isee inferiore alla no tax area che ha effettivamente beneficiato dell’esenzione (E) e il numero potenziale di studenti che avrebbe potuto usufruirne, rappresentato dalla popolazione studentesca con Isee inferiore alla soglia (A).
In tutti gli anni accademici considerati, meno del 60 per cento degli studenti con Isee rientrante nella no tax area (E/A) è riuscito a usufruire dell’esonero totale dalle tasse universitarie, nonostante i blandi requisiti di merito richiesti per l’accesso. Pur tenendo conto che una parte possa aver beneficiato dell’esonero presso università private o per motivazioni diverse dal merito (disabilità, Covid e altro) rimane comunque un numero molto elevato di studenti, appartenenti a nuclei familiari con basso reddito, con un percorso universitario lento e a rischio di insuccesso.
Per queste situazioni, la soluzione va probabilmente ricercata prima dell’inizio dell’istruzione terziaria, considerata la stretta relazione che intercorre fra le conoscenze e i risultati Invalsi conseguiti nel percorso scolastico e i tassi di abbandono e di successo degli studenti universitari.
I risultati Invalsi evidenziano significative situazioni di sfavore nella dispersione implicita e nell’eccellenza scolastica per gli allievi provenienti da famiglie e territori meno avvantaggiati o diplomatisi presso istituti tecnici e professionali (dove è maggiore la componente di studenti appartenenti a famiglie con più bassi livelli di reddito).
Per queste categorie di studenti, gli svantaggi iniziali legati alle conoscenze accumulate a scuola si traducono in più alti tassi di abbandono già alla fine del primo anno di università e in un percorso accademico particolarmente tortuoso, con più basse percentuali di laureati nei termini e anche dopo sei anni dall’immatricolazione (vedi qui e qui).
In questi casi, le agevolazioni economiche da sole non possono rappresentare una condizione sufficiente ad assicurare maggiori iscrizioni e, soprattutto, un soddisfacente tasso di successo nel percorso di studi per gli studenti con background socio-economico più debole. Occorre che a esse si accompagnino politiche strutturali per la riduzione delle disparità nelle opportunità educative e il miglioramento della qualità dell’istruzione a cui devono poter accedere gli studenti meno agiati nel corso dei cicli primario e secondario.
Una maggiore equità nella composizione delle classi e delle opportunità di accesso a scuole e indirizzi, unita, a livello territoriale a un miglioramento della disponibilità di adeguate infrastrutture scolastiche e di accesso al tempo pieno, potrebbero sortire effetti non indifferenti sui livelli di apprendimento (vedi, qui, qui e qui).
* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.
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Savino
Occorre saper scovare il talento anche nelle persone, soprattutto giovani, che hanno meno possibilità nella vita e laddove nemmeno le famiglie aiutano all’elevazione sociale. Per quale motivo? Perchè sono quelle le persone che ci faranno uscire dalle fasi di crisi e non i soliti figli di papà. Per esperienza, vedo solo chiacchiere, ma poi ognuno pensa a sè stesso, a sistemare i propri parenti e amici. Così è in tante realtà pubbliche, così è nel mondo accademico, così è nel tanto decantato privato. E’ diventata ormai una questione di ipocrisia sociale e socio-economica.
Mahmoud Abdel
In Italia i giovani frequentano meno che in altri Paesi sviluppati l’università poiché farlo garantisce mediamente un minor aumento degli stipendi. I laureati in Italia vengono pagati ceteris paribus molto poco più rispetto a chi si ferma prima negli studi ed occorrono molti anni per arrivare al break even.
Fausto Tagliabue
Tanti che dichiarano redditi bassi ed hanno agevolazioni sulle rette universitarie sono degli evasori
Loredano Milani
concordo pienamente
gli evasori non solo non pagano le tasse ma anche ricevono l’aiuto dalla collettività
tutto questo a scapito dei veri svantaggiati