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Fondi pensione tra crisi e nuove sfide*

Bassi tassi di interesse, pandemia, crisi economiche e geopolitiche hanno messo a dura prova i fondi pensione. Se i modelli di gestione tradizionali appaiono inadeguati, non è semplice trovare nuove strade. Le risposte degli esperti a un questionario.

I problemi dei fondi pensione

Negli ultimi anni i fondi pensione si sono dovuti misurare con alcune difficoltà nuove. Tra queste, c’è sicuramente la prolungata fase di bassi tassi di interesse, che hanno ridotto i redditi ottenibili dalla gestione patrimoniale di tutto il comparto obbligazionario. Si sono però aggiunti anche altri eventi catastrofici che hanno colpito tutti i paesi – come la pandemia da Covid-19 – e shock, come la recessione double-dip del 2008-2012, l’inflazione degli energetici e le guerre in Ucraina e in Palestina, che hanno effetti diretti sugli asset in portafoglio.

In un recente lavoro, discusso come tesi di laurea magistrale in Università Bocconi a fine 2023 (Edmond Doci, The UK’s pension fund crisis: A one-time occurrence or a global threat?), sono analizzate le risposte di sessantuno esperti a un questionario riguardante i punti critici che sono emersi negli ultimi quindici anni. Il campione ha dimensioni contenute ma, da un lato, corrisponde all’interezza di tutti gli effettivi rispondenti su un numero molto maggiore di contattati e, dall’altro, comprende solo specialisti che, come operatori del settore, istituzionali o accademici, hanno potuto maturare un punto di vista informato sui fondi pensione nel Regno Unito.

I rispondenti sono di varia nazionalità e con base in Italia, Francia, Germania, Usa, Regno Unito. La specificità sia oggettiva (i fondi in UK) sia soggettiva (professioni che lavorano sul tema) aiuta a controbilanciare la dimensione del campione. Il questionario è predisposto per ricevere non solo risposte puntuali (sì, no, abbastanza), ma anche argomentazioni e considerazioni senza limite di lunghezza di battute. Si riassumono di seguito due delle più importanti evidenze empiriche, che sono estendibili, con le dovute differenze istituzionali, all’Italia e più in generale ai paesi occidentali.

Figura 1

Fonte: elaborazione degli autori su questionario agli stakeholder

Il 93 per cento dei rispondenti cita la prolungata fase di bassi tassi di interesse come fattore critico che obbliga a reimpostare la gestione di portafoglio per tentare di bilanciare la caduta di redditività del comparto obbligazionario, tanto più ampia quanto maggiore la quota sul patrimonio. Secondo i più recenti dati Ocse, riportati dalla Relazione Covip 2023, la quota patrimoniale detenuta in obbligazioni è mediamente pari a poco meno del 45 per cento nei fondi pensione del Regno Unito, contro circa il 25 per cento di azioni. Proporzioni simili si registrano in Italia, con il 24 per cento in azioni e il 43 per cento in obbligazioni.

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I danni di Liz Truss

Il 63 per cento rileva un aspetto, specifico del Regno Unito, che non era stato preso in considerazione nel preparare l’indagine: il cosiddetto “Growth plan” o “Mini Budget”, ossia il pacchetto di misure anticrisi annunciato dalla premier Liz Truss a fine 2022 e di durata pluriennale, basato soprattutto su ampli tagli di imposte o contributi e aiuti alle famiglie per contrastare il carovita, con copertura in deficit. Nonostante sia poi stato decisamente ridimensionato dal successore di Truss, Rishi Sunak, il solo annuncio del piano ha fatto schizzare verso l’alto il tasso di rendimento all’emissione di gilt (titoli di stato del Regno Unito), causando il deprezzamento dei titoli similari già in portafoglio, la caduta della sterlina con perdita di valore delle giacenze liquide e il pagamento di margini su derivati acquistati per proteggere da riduzioni dei tassi. Sia il primo effetto (prolungati tassi bassi) che il secondo (caduta del valore dei titoli di debito) mettono in difficoltà soprattutto i fondi a prestazioni definite che sono ancora ampiamente presenti nel Regno Unito. Restano comunque un fattore critico anche per quelli a contribuzioni definite, come per esempio quelli italiani, che hanno come obiettivo la massimizzazione del patrimonio degli iscritti. Il secondo effetto riguarda, nel caso specifico, soprattutto i fondi Regno Unito, che storicamente mantengono un significativo home bias (nel complesso dei comparti, circa il 77 per cento del patrimonio, secondo i dati di “Beyond their borders”, PWC Report, 2022), ma può colpire anche altri fondi se detengono titoli UK o se il deprezzamento si propaga in qualche misura a titoli di emittenti al di fuori del paese. In Italia il problema dell’home bias è molto più circoscritto (44 per cento), ma l’ampiezza e la velocità della catena di trasmissione degli effetti finanziari, cui gli ultimi shock ci hanno abituato, fa capire che tenere sotto controllo questo elementoè soltanto uno dei tasselli della gestione di portafoglio, probabilmente meno rilevante rispetto a qualche anno fa.

I limiti degli attuali modelli di gestione

Tornando al nostro questionario, il 28 per cento dei rispondenti indica che i modelli di gestione sono inadeguati a fronteggiare le nuove sfide, citando espressamente la forbice che si è aperta tra redditività degli investimenti e allungamento del periodo di vita da coprire con la rendita pensionistica. La risposta va letta in combinazione con quella che, nel 23 per cento dei casi, sottolinea una sempre minore efficacia della Ldi (“Liability driven investment”), proprio una delle strategie cui i fondi pensione si sono più affidati sinora, sia quelli a prestazioni che a contribuzioni definite. Infatti, il matching tra flussi di cassa in uscita (pagamenti) e flussi in entrata (redditi e smobilizzi) diviene meno programmabile in un contesto in cui i rendimenti fissi sono ridotti rispetto al passato e il valore degli asset è influenzato da shock acuti e simmetrici tra paesi e mercati e, nel contempo, anche dalle politiche di bilancio anticrisi. Nelle loro risposte, alcuni esperti intravedono anche la propensione dei fondi a spostarsi su prodotti ad alto rendimento, ma anche ad alto rischio, nel tentativo di compensare il calo dei flussi di cassa, con possibili sbilanciamenti di portafoglio che andrebbero tenuti sotto controllo dalle autorità nazionali.

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Figura 2

Fonte: elaborazione degli autori su questionario agli stakeholder

La regolamentazione

Difficile capire come intervenire per (ri)dare basi robuste al funzionamento dei fondi. Alla domanda se auspicherebbero o meno l’adozione di cornici regolatorie più stringenti sotto la supervisione della Banca d’Inghilterra, il 78 per cento degli intervistati ha risposto positivamente. Ma la grande maggioranza aggiunge un caveat fondamentale. Si devono selezionare gli aspetti regolatori più importanti, senza irrigidire troppo il sistema, sia per evitare oneri che poi vengono traslati sugli iscritti, sia perché, nella fase di entropia mondiale che sembra prepararsi a più livelli, anche flessibilità e differenziazione delle scelte sono dimensioni strategiche.

Per tener assieme regole e flessibilità, diventano strumenti fondamentali, sia di regolazione sia direttamente di indirizzo della gestione di portafoglio, gli stress-test periodici, coordinati a livello sovranazionale, disegnati per configurare, oltre che i possibili eventi avversi, anche le scelte di politica economica cui banche centrali e governi ricorrono per contrastarli. In questa prospettiva, l’attività dell’Eiopa (European insurance and occupational pensions authority) è cruciale e va rafforzata. L’Italia partecipa a pieno nei working-group dell’Eiopa; il Regno Unito va tenuto il più possibile all’interno di questi gruppi, anche se l’improvvida scelta referendaria di qualche anno fa lo ha fatto uscire dall’Unione.

* Una versione estesa di questo articolo, dal titolo “I fondi pensione tra crisi e nuove sfide: evidenze da una indagine sugli stakeholder”, è di prossima pubblicazione su www.reforming.it

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  1. Savino

    E avviare un modello nuovo di previdenza e di welfare no? Chi è andato in pensione con le vacche grasse del sistema retributivo e delle baby pensioni è più cittadino degli altri, che debbono integrare per avere una vecchiaia dignitosa? Qui non si tratta di dar luogo a scelte individuali, ma c’è alla base un problema di democrazia, di uguaglianza e di diritti.

    • BUON GIORNO.
      Savino lei ha una bella fantasia sperare che si tenga conto della dignità delle persone.
      io amo la politica perché é fatta di idee che possono essere messe a confronto ma purtroppo i partiti sono un’altra cosa, pertanto sperare che gli stessi non facciano solo i loro interessi é una pia illusione
      ( un caso emblematico in una certa regione qualche tempo fa venne messo a disposizione di chi decideva di spostare la sua postazione di lavoro da un posto all’altro riceveva un contributo di qualche migliaia di Euro , cosa per se nobilissima se la cosa fosse servita a migliorare l’efficenza
      del servizio peccato che ci fù solamente un cambio di numero di ufficio che a noi non é servito a niente ma ad ogni funzionario gli é stato versato sul conto 21000 euro.)

  2. B&B

    In un paese dove la politica e il giornalismo sono diventati il luogo dell’arricchimento piu’ facile e appetibile, tutto il resto diventa superfluo. Perchè impegnarsi a produrre? Sono sufficienti le chiacchiere, le migliori quelle degli imbroglioni che ci vorrebbero convincere ch loro operano per il bene degli ultimi.
    Alcuni giornalisti, apripista dei comunisti, credo siano di sinistra o forse anche di centro-destra, vorrebbero riesumare il finaziamento pubblico. Con tutto quello che ci rubano ed espropriano con le tasse, proposte del genere non sembrano logiche ma frutto di corruttele interessate.

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