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Promesse da campagna elettorale nei due programmi*

L’economia delle opportunità di Harris o il Maga di Trump? I programmi economici delineano visioni molto diverse della società americana e del mondo. In comune hanno la sottovalutazione delle conseguenze dell’aumento di deficit e debito pubblico.

Verso il 5 novembre

Nel primo articolo dedicato all’analisi dei programmi economici di Kamala Harris e di Donald Trump in vista delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti del 5 novembre, ci siamo soffermati sulle proposte in tema di tasse, dazi e politiche anti-inflazione. Concludiamo qui l’esame con i capitoli relativi alla politica industriale, regolamentazioni e ruolo delle agenzie federali, welfare, sanità e immigrazione.

Politica industriale

Kamala Harris: la politica industriale è stata uno degli elementi più caratterizzanti dei quattro anni di governo di Joe Biden. Harris non ha particolarmente insistito nel rivendicare i risultati dell’amministrazione di cui è stata vicepresidente, ma si propone di continuare sulla stessa linea. Ha proposto un piano di investimento di 100 miliardi di dollari nella manifattura per rafforzare ulteriormente il settore, con una particolare attenzione alle “industrie del futuro”, come la produzione di acciaio a bassa emissione di carbonio e i data center per l’intelligenza artificiale. Sono provvedimenti che mirano a stimolare la crescita nel settore manifatturiero e allo stesso tempo combattere le pratiche fiscali internazionali che permettono alle aziende di evitare le tasse negli Stati Uniti.

Donald Trump: ha un approccio molto diverso per rilanciare il settore manifatturiero americano. Intende imporre dazi come strumento principale per proteggere i produttori domestici e ridurre la concorrenza estera, sostenendo che questo incentiverà la produzione e l’occupazione negli Stati Uniti. Le sue politiche si basano sull’idea che i competitori stranieri offrano i loro prodotti a prezzi troppo bassi e che sia necessario erigere un “muro di barriere tariffarie” intorno agli Stati Uniti per rinvigorire la manifattura nazionale. La strategia vuole sviluppare le aree della manifattura statunitense vulnerabili alla concorrenza estera, e così aumentare potenzialmente l’occupazione in questi settori.

Sanità e welfare

Kamala Harris: in campagna elettorale, ha rivendicato alcuni risultati dell’amministrazione Biden nel settore sanitario, tra cui la riduzione dei costi dei farmaci, per esempio per il tetto al prezzo dell’insulina e per aver consentito a Medicare (il programma federale di assicurazione sanitaria per anziani e persone con disabilità) di negoziare i prezzi dei medicinali. Kamala Harris promette di ampliare ulteriormente l’Affordable Care Act (Obamacare) e rendere permanenti i crediti d’imposta che hanno ridotto i premi assicurativi per gli americani meno abbienti. Propone anche di estendere a tutti gli americani i limiti sui costi per insulina e spese farmaceutiche attualmente applicati solo a Medicare. Intende proteggere la previdenza sociale e Medicare da possibili tagli. Inoltre, vuole espandere l’accesso ai servizi di assistenza all’infanzia e all’educazione prescolare (pre-K). La sua agenda prevede anche il miglioramento dell’accesso all’istruzione, con investimenti in università pubbliche, borse di studio e programmi di formazione per offrire percorsi di carriera ai giovani e ai lavoratori senza laurea. Infine, Harris intende allargare l’assistenza a lungo termine per anziani e persone con disabilità e garantire salari più alti ai lavoratori del settore assistenza.

Donald Trump: Durante la sua prima amministrazione, aveva cercato di ridurre significativamente i programmi di assistenza sociale e sanitaria, con proposte volte a tagliare i fondi per Medicaid (il programma federale che garantisce assistenza sanitaria a persone a basso reddito), Snap (Supplemental Nutrition Assistance Program) e altre forme di sostegno per le famiglie a basso reddito. Ha tentato senza successo di abrogare l’Affordable Care Act (Aca) e ha proposto di limitare l’espansione di Medicaid, riducendo il finanziamento federale per i programmi di base. Oggi, tuttavia, Trump non sembra più voler abolire Obamacare, ma afferma di volerlo far funzionare molto meglio, anche se durante il dibattito con Harris ha rivelato di non avere un piano concreto, ma solo “il concetto di un piano”.

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Regolamentazione e ruolo delle agenzie federali

Donald Trump: ha annunciato che, se eletto, creerà una “commissione per l’efficienza del governo” guidata da Elon Musk, con l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica e cancellare numerose regolamentazioni federali. La stretta collaborazione tra Trump e Musk, che si è consolidata negli ultimi mesi, solleva preoccupazioni per i potenziali conflitti di interesse, poiché molte delle attività del proprietario di X-Twitter, come SpaceX e Neuralink, sono sia regolamentate sia in affari con diverse agenzie governative. L’alleanza tra i due suggerisce anche un potenziale cambio di rotta nella regolamentazione delle Big Tech. Trump ha avviato cause antitrust contro Google e Facebook durante il suo mandato, ora una sua nuova amministrazione potrebbe invece favorire una riduzione delle attuali regolamentazioni. Musk ha già sostenuto l’idea di un approccio più leggero per le normative antitrust e la sua influenza potrebbe portare Trump a nominare una nuova dirigenza alla Federal Trade Commission e ammorbidire le regole, creando un ambiente più favorevole alle grandi aziende tecnologiche.

Kamala Harris: sostiene una riforma delle agenzie federali, concentrandosi sull’efficienza, senza sacrificare le tutele essenziali per salute, lavoro e ambiente. Punta a modernizzare i processi governativi mantenendo la supervisione necessaria, in contrasto con la visione di Trump, più focalizzata su una drastica riduzione delle regolamentazioni e del ruolo statale. Per quanto riguarda la disciplina antitrust, Harris potrebbe proseguire sulla linea dell’amministrazione Biden, che ha adottato un approccio molto aggressivo sotto la guida di Lina Khan alla Ftc. È anche possibile che scelga una posizione più moderata, bilanciando le pressioni interne al partito con le sue relazioni nel settore tecnologico della California.

Immigrazione

Donald Trump: è uno dei problemi prioritari per gli elettori repubblicani e rappresenta una delle questioni più caratterizzanti della campagna elettorale di Trump. La proposta principale è una misura radicale: la deportazione di massa di milioni di immigrati irregolari. Il piano include anche il ripristino delle politiche della sua prima amministrazione, come la costruzione del muro al confine meridionale e il programma “Remain in Mexico,” che impone ai richiedenti asilo di rimanere in Messico durante l’esame della loro richiesta. Attualmente, invece, i richiedenti asilo possono stare negli Stati Uniti mentre le domande vengono esaminate. Trump si è inoltre impegnato ad assumere altri 10mila agenti per il controllo della frontiera (Border Patrol) e ad aumentare i loro stipendi del 10 per cento.

Kamala Harris: ha adottato una posizione più restrittiva sull’immigrazione rispetto al passato, sostenendo misure volte a limitare il diritto d’asilo e a rafforzare la sicurezza delle frontiere, in linea con l’amministrazione Biden. Uno dei punti centrali della sua campagna è l’impegno a ripresentare una proposta di legge bipartisan sulla sicurezza delle frontiere, inizialmente voluta dal presidente Biden. Il provvedimento mirava a creare percorsi legali per la cittadinanza e allo stesso tempo a rafforzare il controllo al confine e le strutture di detenzione. Il disegno di legge conteneva anche una riforma del diritto d’asilo, che avrebbe innalzato gli standard di prova richiesti per dimostrare il rischio di persecuzione nel paese d’origine, restringendo così l’accesso. La legge fu respinta dal Senato, quando i repubblicani ritirarono il loro sostegno in seguito all’opposizione manifestata da Trump. Harris ha anche espresso la volontà di proteggere il programma Daca (Deferred Action for Childhood Arrivals), istituito nel 2012 da Obama che offre protezione temporanea dai rimpatri e permessi di lavoro a persone entrate negli Stati Uniti senza autorizzazione legale quando erano ancora bambini. Pur non garantendo la cittadinanza, il programma ha consentito a oltre 500mila giovani di vivere, studiare e lavorare legalmente negli Stati Uniti. Il futuro del Daca dipenderà dalle decisioni della Corte Suprema, il che lo rende un tema cruciale per la prossima amministrazione.

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E il debito pubblico?

Nessuno dei due candidati sembra dare peso alle conseguenze dei crescenti deficit e del debito pubblico. Secondo il Committee for a Responsible Federal Budget, entrambe le piattaforme politiche aumenterebbero significativamente il deficit federale. Le proposte di Harris potrebbero aggiungere circa 3,5mila miliardi di dollari al deficit da oggi al 2035, con un intervallo di impatto che va da zero fino a 8,1 mila miliardi di dollari. Le politiche di Trump, invece, potrebbero far crescere il deficit di circa 7,5mila miliardi di dollari, con proiezioni che variano tra 1,5 e 15,2mila miliardi.

La vicinanza nei sondaggi spinge entrambi i candidati a concentrarsi sulla conquista di consensi, promettendo più di quanto possano raccogliere in entrate aggiuntive. Ne è un esempio l’idea di Trump di esentare dalla tassazione poliziotti, vigili del fuoco, militari in servizio attivo e veterani. Alcune di queste promesse sono senz’altro estemporanee e difficili da attuare, perché richiedono comunque l’approvazione del Congresso, ma riflettono una leggerezza irresponsabile. In parole povere, negli Usa non c’è più un partito della “responsabilità fiscale”. Eppure, l’approccio volto a ottenere benefici elettorali nel breve termine rischia di compromettere seriamente la sostenibilità fiscale nel lungo periodo.

*L’articolo è stato pubblicato originariamente il 28 ottobre 2024.

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Harris-Trump: l’economia Usa nei prossimi quattro anni*

  1. Giuliano

    Complimenti prof.Macis per la chiarezza e l’oggettività delle sue considerazioni.

  2. L22

    Ahhh non c’è un partito della “responsabilità fiscale”, adesso mi spiego perchè da loro c’è la crescita economica e da noi invece no.

    Purtroppo in europa siamo afflitti da questo morbo della “responsabilità fiscale”.

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