Anche costruire case popolari dà profitto

Le inchieste della magistratura sul “caso Milano” hanno riacceso la discussione sulla necessità di costruire più abitazioni a prezzi accessibili. Circola la tesi che l’edilizia sociale comporti il sacrificio del profitto delle imprese. Ma è un’idea fuorviante.

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Perché sono poche le abitazioni a prezzo calmierato?

La vicenda dello sviluppo urbanistico ed edilizio della città di Milano si presta a più chiavi di lettura. L’interesse della stampa e dell’opinione pubblica è concentrato sul ricorso a procedure e autorizzazioni amministrative ritenute inadeguate rispetto alle dimensioni, tipologie e complessità degli interventi realizzati; così come sul faro puntato dalla magistratura su amministratori, professionisti e imprenditori che, si ritiene, abbiamo fatto prevalere illegittimi tornaconti personali sull’interesse generale che avrebbero dovuto perseguire con le decisioni alla cui assunzione hanno partecipato. Non si dà altrettanta attenzione alle conseguenze di operazioni per la realizzazione di immobili di grande pregio e altissimo valore economico, mentre si trascura l’offerta abitativa a prezzi accessibili, anche per le fasce poco abbienti della popolazione.

Alla domanda sul perché a Milano si costruiscono nel complesso pochi appartamenti, qualche giorno fa è arrivata una risposta che si presta a considerazioni che valicano i confini del caso specifico. Si sostiene che a Milano molti bandi del comune per lo sviluppo edilizio sarebbero andati deserti perché “prevedevano una quota troppo elevata di abitazioni da vendere o affittare a prezzi calmierati (appartamenti Ers). Se tale quota è troppo alta (non deve essere zero, ma arrivare, come si è fatto al 50 o al 70 per cento è troppo), il progetto non è abbastanza remunerativo e le imprese private (ebbene sì, guidate da finalità di profitto, come tutte le imprese di un’economia di mercato) se ne tengono lontano. Risultato: non si costruiscono né appartenenti a prezzi di mercato né a prezzi calmierati. Paradossalmente, aumentare la quota di Ers per produrre abitazioni più “sociali” porta al risultato opposto: non se ne costruiscono abbastanza». [Per fare] ripartire la costruzione di abitazioni per la classe media e medio bassa [non ha senso] demonizzare la produzione case per fini di profitto”.

L’argomentazione offre l’opportunità di alcuni rilievi. In primo luogo, la realizzazione di alloggi da vendere o affittare a prezzi e canoni più bassi di quelli di mercato non implica affatto la demonizzazione del profitto, né che le imprese vi debbano rinunciare. L’assegnazione di una quota elevata di edilizia sociale nell’urbanizzazione di un’area non necessariamente deve indurre le imprese private a rifiutare di realizzare la quota di edilizia libera. Infine, l’Ers è un segmento del mercato dell’edilizia abitativa sul quale realizzano abitazioni sia le imprese cooperative sia le imprese private: le prime costruiscono anche abitazioni per il libero mercato e le seconde anche le abitazioni sociali.

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L’edilizia sociale frena la rendita o il profitto?

Con l’edilizia residenziale sociale – una nuova dizione della ben sperimentata, e preferibile, edilizia residenziale pubblica – si realizzano tre tipi di interventi: edilizia sovvenzionata; edilizia convenzionata; edilizia agevolata. 

La costruzione di alloggi di edilizia sovvenzionata è su suoli edificabili dei comuni, o da essi acquisiti, ed è interamente finanziata con fondi pubblici. È il modo in cui sono realizzate le case popolari, la cui assegnazione dovrebbe risolvere il problema dell’abitazione delle fasce economicamente e socialmente più deboli della popolazione, se ce ne fossero a sufficienza. L’edilizia convenzionata può essere agevolata o non agevolata. Per le imprese, che si tratti di edilizia agevolata o no è indifferente, a parità di caratteristiche. Anche quando transita attraverso l’operatore economico che realizza l’intervento costruttivo, è sempre chi acquista o affitta l’abitazione che si avvantaggia dell’agevolazione, che può consistere in un contributo monetario o al pagamento degli interessi sui mutui. Con l’edilizia convenzionata, anche se agevolata, i prezzi di vendita e gli affitti delle abitazioni sono stabiliti da un accordo (la convenzione) tra il comune e l’operatore economico sempre al di sotto dei livelli di mercato. È possibile principalmente perché alle aree edificabili per l’edilizia sociale – di proprietà del comune oppure a essa destinate dalla pianificazione urbanistica comunale – è attribuito un valore inferiore rispetto a quello delle aree per l’edilizia libera. A parità di tipologia, localizzazione e altre caratteristiche costruttive, la differenza di valore tra un’abitazione di edilizia sociale e una di edilizia libera riflette principalmente il diverso valore delle aree. È la minore rendita insita nel valore delle aree, non il profitto derivante dalla realizzazione edilizia degli interventi, che rende l’abitazione sociale meno costosa di quella offerta alle condizioni mercato. Anche l’impresa che si aggiudica la gara per la costruzione delle case popolari trae un profitto dalla loro realizzazione. 

Il ruolo dell’impresa cooperativa

I prezzi di vendita e i canoni di affitto più bassi delle abitazioni di Ers hanno permesso a molte migliaia di famiglie non collocate nei gradini alti della scala dei redditi di trovare una soluzione accessibile e accettabile al loro problema della casa. In alcune città e cittadine, le scelte urbanistiche delle amministrazioni comunali sono state indirizzate a reperire aree destinate a piani di edilizia economica popolare (Peep), che hanno permesso di realizzare anche interi nuovi quartieri, ben disegnati con ampi spazi verdi, con diverse decine di palazzi, centinaia di appartamenti in cui abitano migliaia di persone, appartenenti alle famiglie del ceto medio e delle fasce più professionalizzate – e perciò meglio pagate – della classe operaia, in possesso dei requisiti, anche di reddito, richiesti. 

Diversamente da ciò che si può essere indotti ritenere, la costruzione di abitazioni di edilizia sociale non è un campo di intervento riservato alle cooperative, in quanto organismi economici che non dovrebbero perseguire fini di lucro. Ai bandi per le assegnazioni delle aree hanno sempre concorso anche le imprese private, in concorrenza con le cooperative e tra di loro. Il palazzo in cui si trova l’appartamento acquistato da chi scrive è stato costruito da un’impresa privata in regime di edilizia convenzionata agevolata; naturalmente e giustamente l’impresa ne ha tratto un profitto. Le stesse cooperative di costruzione che realizzano interventi di Ers perseguono un profitto, anche se, forse, denominato diversamente. A Milano, sono state raccolte ventiquattro manifestazioni di interesse per la realizzazione di otto interventi di Ers per alloggi a canone calmierato, segno di una buona disponibilità da parte delle imprese; anche considerando che per gli operatori economici gli interventi per la locazione sono meno attraenti rispetto a quelli per la vendita.

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Rischia, perciò, di essere fuorviante azzardare che il costo della socialità dell’edilizia per le fasce più deboli della popolazione sia pagato dal sacrificio del profitto delle imprese, cooperative o private che siano, che costruiscono le abitazioni. Semmai si potrebbe ritenere che a farne le spese sia la rendita; che però, nel caso specifico, non è una concessione divina, ma è esclusivamente frutto di una decisione politico-amministrativa, che fa lievitare il valore dei terreni agricoli che rende edificabili.

L’ancora dei prezzi

Eventuali scelte delle amministrazioni che destinano una quota nettamente prevalente dei nuovi diritti edificatori all’edilizia libera possono avere anche una conseguenza negativa indiretta sull’accessibilità all’abitazione delle persone meno abbienti. Se l’offerta di Ers è residuale, si rischia che i prezzi di mercato delle abitazioni facciano da àncora per la determinazione dei prezzi di edilizia convenzionata. È probabile che un aumento dei primi trascini anche quello dei secondi, magari lasciando immutato lo scarto in valore assoluto tra i due prezzi. Di conseguenza, si restringe la platea dei soggetti che possono risolvere il loro problema della casa con l’edilizia sociale; quanto meno, il disagio abitativo non si riduce. Per contro, con un’offerta consistente di alloggi sociali, sono i prezzi di mercato ad ancorarsi ai prezzi di convenzione, la qual cosa può allargare l’area delle famiglie che possono soddisfare la loro domanda abitativa sul mercato libero, con un positivo effetto di restringimento dell’area del disagio abitativo.

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  1. Savino

    Governare un territorio non è una cosa da architetti e ingegneri. Il fatto che architetti ed ingegneri si siano messi a fare politica e non a progettare da liberi professionisti è preoccupante per il sistema democratico del Paese. Sono le politiche pubbliche e per il sociale che debbono indirizzare come guida il governo di un territorio. Per avere lo sviluppo di una città bisogna toglierla dalla condizione di degrado sociale, dare opportunità professionali ai cittadini, offrire reddito con potere d’acquisto dignitoso, come dice l’art. 36 della Costituzione, offrire beni e servizi accessibili a tutti. Milano è, oggi, diventata la capitale delle disuguaglianze, una città accessibile a pochissimi e degradata e soltanto Sala, la sua maggioranza e i suoi amici non si sono accorti di questo. Idem in tante altre aree metropolitane del Paese. Inoltre, si faccia finire questa storia delle consulenze e degli incentivi alle professioni, scatenanti conflitti di interessi abnormi. Il consulente mostri con onere della prova di aver apportato qualcosa di rilevante per la gestione della res pubblica, altrimenti trattasi di una mazzetta legalizzata.

  2. Sarebbe utile ricordare che il denaro è unità di misura di svariate “merci” (nel senso marxiano più ampio del termine) e non già ricchezza sottostante d’ogni cosa, ovvero che ogni attività utile in società porta profitto almeno ad alcuni.

    Molti si preoccupano di non sprecare risorse in attività poco utili, ma è ben più preoccupante quando il denaro, unità di misura appunto, da misura diventa obiettivo, per cui dall’utilità per qualcuno si cerca di costruire solo per far altro denaro col denaro. È li che l’economia si rompe. L’edilizia popolare di suo porta benefici, ma farla in grandi città che non han più uno scopo serve solo a peggiorare le cose.

  3. Savino

    Un pubblico ministero è un’autorità dello Stato. Chi viene indagato ha il dovere di rispettare i servitori dello Stato, spiegare tutto e difendersi nella fase d’indagine e nel processo, anzichè compiere atti di bullismo verso la magistratura, evocando, da Masaniello, insurrezioni popolari o richiamandosi al fatto di essere “unto dal popolo”.

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