Le risorse per la sanità pubblica sono aumentate negli ultimi anni. Continua però a mancare un progetto complessivo per il rilancio del Ssn. Non fa eccezione il disegno di legge di bilancio per il 2026, che si articola in molti interventi frammentati.

La sanità nella legge di bilancio

Con il disegno di legge di bilancio per il 2026, il governo destina altri 2,4 miliardi di euro al finanziamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Le nuove risorse si sommano ai 4,2 miliardi già previsti nella manovra precedente e portano il Fabbisogno sanitario nazionale standard (cioè il totale dei fondi destinati alla sanità pubblica) a 143,1 miliardi di euro nel 2026 (figura 1). In linea con la pratica degli ultimi anni, il disegno di legge prevede ulteriori incrementi anche per il biennio successivo, con un fabbisogno proiettato a 144,1 miliardi nel 2027 e 145 miliardi nel 2028.

Per avere un termine di paragone, nel 2019, ultimo anno prima della pandemia, il fabbisogno era di circa 114 miliardi, saliti a 120 miliardi nel 2020. In sei anni, quindi, la crescita complessiva delle risorse per il Ssn è stata di oltre il 25 per cento, con un’inflazione cumulata di poco inferiore al 20 per cento, numeri che segnalano un aumento in termini reali delle risorse destinate alla sanità pubblica. Il valore pro capite cresce da circa 1.900 euro per abitante nel 2019 a 2.430 euro nel 2026. Tuttavia, senza una strategia chiara su come utilizzare queste risorse, è difficile che il solo aumento dei fondi si traduca in servizi migliori per i cittadini. Le misure previste dal Titolo V del disegno di legge di bilancio restano infatti frammentate e orientate alla conservazione dell’esistente, più che a un progetto complessivo di rilancio del Ssn. Tante le questioni aperte, concentriamoci su alcune.

Figura 1 – Stanziamenti al Fabbisogno sanitario nazionale standard (in milioni di euro)

Fonte: elaborazione degli autori su dati di Corte dei conti e Ufficio parlamentare di bilancio.
 

Le misure per il personale

Una parte importante dei nuovi fondi e dell’azione di governo è destinata al personale sanitario, sia in termini di nuove assunzioni sia di aumenti retributivi (articoli 69-71), con l’obiettivo di contrastare la carenza di medici e infermieri (e di ridurre le liste d’attesa – sulle quali, al momento, si sa ancora poco).

La manovra autorizza l’assunzione di personale a tempo indeterminato per un valore massimo di 450 milioni di euro l’anno, in deroga al tetto di spesa vigente. Nel triennio 2026-2028, l’investimento complessivo ammonterà a 1,35 miliardi di euro, di cui 875 milioni previsti nella manovra 2026 e 475 milioni già stanziati con la precedente legge di bilancio. L’obiettivo è quello di rafforzare gli organici, con circa mille assunzioni di medici dirigenti e oltre 6mila di professionisti sanitari, in gran parte infermieri. Si tratta di un aumento di appena lo 0,9 per cento rispetto ai medici in servizio (109.024 nel 2023, secondo l’ultimo Annuario statistico del Ssn) e di circa il 2,2 per cento degli infermieri (277.138). La direzione sembra essere quella corretta: in Italia, infatti, non è la disponibilità di medici a essere preoccupante – il loro numero risulta persino superiore alla media europea – bensì la marcata carenza di personale infermieristico. Rafforzare questa componente è dunque essenziale, perché senza un numero adeguato di infermieri gli ospedali faticano a funzionare e le strutture territoriali (dove il rapporto richiesto tra infermieri e medici è inevitabilmente ancora più elevato) rimarranno una chimera.

La manovra interviene anche sulle retribuzioni del personale sanitario, introducendo un riconoscimento economico aggiuntivo rispetto allo stipendio base, per un valore complessivo di 280 milioni di euro annui dal 2026. Sembra si punti a usare la leva salariale per risolvere la carenza di alcune tipologie di specialisti: in via sperimentale fino al 2029, le regioni potrannoaumentare fino all’1 per cento i fondi destinati a premi e indennità per il personale dei pronto soccorso (medici, infermieri e operatori). Restano però ampie aree scoperte, a partire dalla medicina generale, per la quale si spera si riesca davvero a realizzare almeno la riforma dei percorsi di formazione, con una nuova scuola di specializzazione in medicina territoriale. E soprattutto, va chiarita quale sarà la quota delle nuove assunzioni destinata alle case e agli ospedali della comunità (le principali strutture della sanità territoriale in base al dm 77), dal momento che  il Pnrr ne ha finanziato la costruzione, ma non la dotazione di personale.

Gli altri tasselli della manovra

Sul fronte della sanità territoriale, le proposte del governo si concentrano, paradossalmente, su questioni relativamente marginali legate alla realizzazione del Pnrr. Da un lato, la manovra consolida il ruolo delle farmacie dei servizi (articolo 68), a cui vengono destinati 50 milioni di euro l’anno. Le farmacie, pubbliche e private convenzionate, diventano così presidi sanitari di prossimità a pieno titolo, integrati nel Ssn e complementari alle case di comunità nell’erogazione delle prestazioni di base. Resta tuttavia la necessità di allineare gli standard di qualità delle prestazioni tra le diverse strutture di offerta. Dall’altro lato, si finanzia il nuovo “Piano nazionale di azioni per la salute mentale 2025-2030” (articolo 65) con 80 milioni nel 2026, 85 milioni nel 2027 e 90 milioni nel 2028, necessari al finanziamento dei servizi territoriali di salute mentale e all’assunzione stabile di personale specializzato. Si assegnano poi 100 milioni al finanziamento delle spese per Alzheimer e altre patologie di demenza senile senza alcuna ulteriore indicazione sul rafforzamento di eventuali strutture territoriali (articolo 63). E crescono anche le risorse per le cure palliative, con 20 milioni di euro aggiuntivi l’anno (articolo 72).

Sul fronte della sanità digitale (articolo 85), invece, 20 milioni di euro vengono assegnati all’Agenas, che assume formalmente il ruolo di Agenzia nazionale per la sanità digitale (Asd). I fondi serviranno a potenziare i servizi di telemedicina e a definire standard uniformi per la gestione dei percorsi di cura a distanza.

La prevenzione

Dopo il personale, l’altra questione sulla quale il governo si concentra per garantire la sostenibilità del sistema è quella della prevenzione (articolo 64). Dal 2026 verranno stanziati 238 milioni di euro l’anno per potenziare gli screening oncologici e ampliare la copertura vaccinale, mentre per il solo 2026 si aggiungono oltre 240 milioni straordinari (di cui circa la metà già previsti dalla precedente legge di bilancio) destinati alle campagne di sensibilizzazione e ai nuovi programmi di diagnosi precoce.

L’aggiornamento delle tariffe e la spesa farmaceutica

La manovra conferma 1 miliardo per l’aggiornamento delle tariffe Drg con cui il SSN rimborsa le strutture per le prestazioni erogate per il 2026, aggiungendo 350 milioni di euro annui in più per i ricoveri ospedalieri per acuti a partire dal 2027, oltre a 100 milioni nel 2026 e 183 milioni dal 2027 per la specialistica ambulatoriale e l’assistenza protesica (articolo 67). Vedremo come i fondi verranno utilizzati. Il tema non è solo l’aggiornamento delle tariffe ma anche la revisione (che dovrebbe essere periodica) dell’elenco delle prestazioni per allinearle rispetto ai mutamenti intervenuti nella tecnologia. Questo elenco dovrebbe essere coerente con i livelli essenziali di assistenza, i famosi Lea che rappresentano le “coperture” garantite dall’assicuratore pubblico.

Ci sono anche disposizioni che riguardano la governance della spesa per acquisti di farmaci e dispositivi medici (articolo 78): si ritoccano i tetti per la farmaceutica per acquisti diretti (più 0,20 per cento) e per la farmaceutica convenzionata (più 0,05 per cento), mentre resta invariato il tetto per acquisti diretti di gas medicinali; si modifica inoltre il tetto per la spesa per dispositivi, innalzato fino al 4,6 per cento. Resta aperta la questione più spinosa, il payback, il meccanismo di controllo della spesa che scatta quando si sforano i tetti.

È previsto, infine, il rafforzamento del monitoraggio delle performance regionali, con l’integrazione tra gli indicatori dei livelli di servizio erogati e gli indicatori dei livelli di finanziamento ricevuti da ciascuna regione (articolo 93). Ma gli indicatori dei livelli di servizio dovrebbero essere agganciati ad una visione coerente di cosa il Ssn si propone di offrire ai suoi assicurati e di come lo vuole offrire. Due domande alle quali continua a essere difficile associare una risposta chiara e univoca.

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