I sussidi alle energie rinnovabili pesano oggi sulle bollette elettriche per circa 12 miliardi l’anno. Si possono ridurre prendendo decisioni impopolari, ma inevitabili viste le difficoltà economiche e finanziarie del paese.
DOVE NASCONO I SUSSIDI
I sussidi alle energie rinnovabili, e al fotovoltaico in particolare, sono forse una delle peggiori vicende di malgoverno, di cui nessuno vuole parlare probabilmente perché la responsabilità è condivisa da destra e sinistra.
Il fotovoltaico è partito col decreto Bersani-Pecoraro Scanio che prevedeva come obiettivo il raggiungimento di una potenza istallata di 3 GW nel 2016: oggi si è già arrivati a 17 GW. Non si è trattato dunque di una politica voluta: semplicemente, i Governi di sinistra, prima, e di destra, poi, non hanno ridotto gli incentivi mentre crollava il costo dell’investimento e si è quindi offerta una magnifica opportunità di lauti e sicuri profitti a tanti, senza nemmeno il tempo per sviluppare un’industria nazionale.
Nel complesso, i sussidi alle energie rinnovabili pesano oggi sulle bollette elettriche (per più di due terzi a carico delle imprese) per circa 12 miliardi l’anno, cui bisognerà aggiungere un altro paio di miliardi l’anno per indennizzare (“capacity payments”) le centrali termiche che devono stare in stand by per coprire i fabbisogni quando la produzione da rinnovabili (che ha priorità di ritiro) cala. Un’operazione colossale, equivalente a tre punti di Iva, determinata solo da decreti ministeriali e gestita “fuori bilancio” in quanto i sussidi vengono addebitati alle bollette come “oneri generali di sistema” tramite la componente A3.
Se per la copertura di questi oneri fosse stata introdotta una “imposta ecologica”, assoggettata ad approvazione parlamentare, credo proprio che il Parlamento avrebbe esitato a innalzare di tanto la pressione fiscale nel giro di soli due-tre anni; magari avrebbe preferito usare 12 miliardi per ridurre il cuneo fiscale e migliorare così la competitività delle imprese che invece è stata pesantemente danneggiata dall’incremento del costo dell’energia.
Il ministro per lo Sviluppo economico Zanonato pensa a uno schema per ridurre gli oneri sulle bollette di 3 miliardi l’anno mediante emissione di obbligazioni, con l’intento di diluire gli oneri su un periodo più lungo degli attuali diciotto anni residui (media per impianti fotovoltaici). Non conosco le modalità previste per lo schema, ma collocare ogni anno sul mercato 3 miliardi di obbligazioni a scadenze lunghissime sarebbe difficile, oltre che assai oneroso in termini di tasso d’interesse. Il mercato poi le percepirebbe certo come un’ulteriore componente del debito pubblico, siano o meno registrate nella contabilità ufficiale del debito, e non pare proprio opportuno aggravare ulteriormente un debito che continua a salire in modo allarmante.
INTERVENTI SENZA AUMENTARE IL DEBITO
L’obiettivo di diluire gli oneri nel tempo potrebbe essere ottenuto, senza emissione di nuovi debiti, riducendo del 25-30 per cento quanto dovuto ogni anno ai produttori di energia fotovoltaica (con potenze superiori a certi minimi, per esempio 100Kw, esclusi gli scambi sul posto), con l’impegno del Gse di pagare poi queste somme, in modo dilazionato e senza interessi, a partire dall’anno in cui scade il diritto al sussidio o tariffa agevolata (cioè tra 17-18 anni).
Ci sono altri modi per ridurre direttamente il costo dei sussidi, come quello seguito dalla Spagna. Anche lì, i sussidi al fotovoltaico sono esplosi per il repentino calo del costo degli investimenti, ma, a differenza nostra, buona parte dell’onere era stato finora coperto dalla fiscalità generale per contenere l’aggravio di costo dell’energia. La necessità di ridurre il disavanzo pubblico ha però costretto il Governo spagnolo a tagliare a più riprese i sussidi promessi. L’ultimo taglio, di circa 2,7 miliardi, è stato deciso a metà luglio, ma il Governo ha annunciato di voler proseguire con una riduzione selettiva, in modo da limitare il profitto pre-tasse del fotovoltaico al rendimento dei titoli di Stato più 3 per cento. Una misura retroattiva che ovviamente ha fatto infuriare gli operatori del settore.
Se consideriamo le difficoltà incontrate dal nostro Governo per trovare le risorse anche solo per posticipare di qualche mese il paventato aumento dell’1 per cento dell’Iva e, più in generale, le ristrettezze della finanza pubblica, la disoccupazione diffusa, la crisi delle imprese, sembrerebbe giustificato che lo Stato cerchi di recuperare almeno parte dei grandi profitti che molti hanno ottenuto dagli investimenti nel fotovoltaico (e altre energie rinnovabili). In tempi eccezionali si possono giustificare anche misure retroattive, per quanto sgradevoli e a rischio di ricorsi legali.
Non sarebbe difficile individuare i progetti che, nell’arco di un paio d’anni, hanno beneficiato di tariffe eccessivamente elevate rispetto ai costi d’investimento e si potrebbe applicare a questi una nuova “Robin Hood tax”, dedicando il ricavo a una riduzione degli oneri generali di sistema. L’Agenzia per l’Energia potrebbe essere poi autorizzata ad addossare ai produttori di energie rinnovabili quanto meno tutti gli oneri per i capacity payments.
Si tratta di un ventaglio di possibili interventi, ognuno dei quali potrebbe mettere in difficoltà i produttori che si sono finanziati con elevata leva finanziaria, ma le difficoltà dello Stato non sono minori e imprenditori che hanno realizzato lauti profitti potrebbero anche usarli ora per ricapitalizzare le loro imprese.
Visto poi che abbiamo già raggiunto gli obiettivi di quota prodotta dalle rinnovabili sarebbe opportuno tagliare con decisione tutti i sussidi per nuovi investimenti in questo settore e tornare ad aver rispetto per il ruolo del mercato anche nel settore elettrico. Sono decisioni difficili e impopolari, che però non possono essere eluse pensando di ricorrere ancora una volta a “ingegnerie finanziarie”.
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ing
i conti, che non citano le fonti, non tengono in considerazione il calo della energia nelle fasce di picco determinato dal fotovoltaico, che ha portato un deciso riparmio per lo stato; inoltre i capacity payments non sono necessarimanete una strada da seguire per il futuro, meglio che il “mercato” faccia dismettere gli impianti tradizionali non più produttivi; infine come al solito non si considerano le esternalità evitate passando al fotovoltaico e altre rinnovabili; si cita il caso della spagna, che non è sattamente un esempio di corretta gestione (il mercato del fotovoltaico è crollato, questo è un danno, non un riequilibrio) e non si citano i paralleli incentivi alle fonti fossili: a quando la loro completa eliminazione?
emanuele
Porto in contributo un’analisi approfondita sul progetto del ministro Zanonato – http://www.leoniblog.it/2013/09/18/mr-zanonato-tear-down-this-bond/ – penso che la strada sia poco percorribile. Penso inoltre che chi ha impostato il progetto “politico-economico del fotovoltaico” ha messo poca visione economica ma un’ottima visione della politica degli “amici degli amici” (Alitalia, Telecom… e il loro antenato SME). Mancano 6 giorni all’aumento dell’iva.
paolo mario citarella
Condivisibile. Il segmemnto “retail” va tutelato, ma vanno tagliati i profitti ingiustificati o insostenibili o frutti di “errori” nelle scelte di governo. Anche se al semplice inserimento in agenda governativa del tema, si leverebbero alte le grida di chi ha lucrato lauti profitti e di chi, politico senza senso civico e morale, si slancerebbe in difesa della categoria.
FR
Be’, il fotovoltaico è un aspetto. Ma degli inceneritori vogliamo parlare? Perché una bella fetta di incentivi va a loro; anzi, a livello cumulativo storico la loro quota è assolutamente preponderante. Mi sembra giusto che la retroattività valga anche per loro.
Dispiace assai vedere come per due decenni ben pochi si siano lamentati di questa situazione abusiva (i termovalorizzatori non sono fonti rinnovabili).
Alessandro Zanarini UNIBO
Nel testo leggo chiaramente che non si è riuscita a sviluppare un’adeguata industria nazionale del settore, infatti in buona parte compriamo dall’estero i pannelli, ma anche le turbine eoliche. In particolare per queste ultime, ma anche per i pannelli e tecnologie ausiliarie, sarebbe bene utilizzare gli incentivi non per fra guadagnare chi investe negli impianti (con la logica di privatizzare i guadagni e socializzare le perdite!), ma per far recuperare il gap tecnologico alle nostre imprese manifatturiere e renderle competitive in termini di contenuti e prodotti, da vendere su tutti i mercati, con ovvia ricaduta occupazionale e ritorno per il bilancio dello Stato. Si parte dagli investimenti in educazione, ricerca e sviluppo, con cordate di imprese che assieme alle Università pubbliche allevano i futuri ingegneri elettrici e meccanici per costruire questo percorso; progetti mirati, in cui far confluire le competenze della meccanica avanzata e dell’energia elettrica, al fine di essere noi in grado di costruire le grandi macchine di trasformazione per l’energia da fonti rinnovabili. Abbiamo le competenze, sfruttiamo un nuovo tipo di incentivi per fare squadra e riappropriarci dei percorsi tecnologici che possono essere l’ossatura per il recupero di competitività industriale nel mondo.
Marco
Ma le misure retroattive devono essere applicate sempre e solo sulle persone oneste?
Perché andare a ritoccare il fotovoltaico e non altro?
Solo un esempio, i contributi sugli inceneritori.
Altro fattore. 12 miliardi l’anno spesi. Quanti di questi ritornano allo stato tramite l’iva pagata per costruire l’impianto? Tramite irpef, irap, ires, …? Quanti disoccupati in meno? Quante aziende vivono per questo?
Quanto sono le multe per chi non raggiunge i parametri 20 20 20? Con che cosa sarebbe stato sostituito quell’energia prodotta dal fotovoltaico?
Non è forse giusto considerare tutto, pro e contro, piuttosto che continuare a ledere i diritti dei normali cittadini con le solite scuse?
Perché prima non si pensa a mettere un freno agli sprechi che invece continuano di giorno in giorno a farci buttare via soldi?
max
Perchè non togliere l’incentivo a quelli che hanno messo i pannelli nei campi coltivabili?
Massimo Matteoli
Mi stupisce che un sito serio come La Voce possa valutare con tanta noncuranza il venir meno degli impegni presi dallo Stato italiano con chi ha investito nel fotovoltaico e nelle energie rinnovabili.
Entrando poi nel merito non voglio utilizzare i normali argomenti ambientali (che pure sarebbero di per sè decisivi) per domandare all’autore: è così sicuro che il taglio degli incentivi produrrà una diminuzione delle bollette?
Nel 2011 Il Sole 24 Ora riferiva di uno studio di Franceco Meneguzzo, ricercatore del CNR http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2011-05-02/costi-rinnovabile-155044.shtml?uuid=Aa2sYlTD secondo cui l’uso del fotovoltaico, colpendo i picchi di consumo, produce alla fine una diminuzione nel costo in bolletta per gli utenti.
Non mi sembra di aver letto repliche e siccome a pensar male si fa peccato, ma di solito s’indovina, tutto fa pensare che il Dott. Meneguzzo abbia ragione.
Paolo Rossi
Che probabilmente la situazione sia sfuggita di mano al governo direi che è innegabile… fosse solo questo l’aspetto che i recenti governi hanno perso di vista….
Sta di fatto che ora è difficilissimo intervenire una volta che lo stato ope legis ha stabilito regole del gioco che poi si è scoperto non essere state poi forse le migliori… ma a gioco iniziato cambiare le regole è sempre una pessima figura.
Ad esempio vanno salvaguardati i piccoli impianti, ma questo l’autore già lo prevede escludendo esplicitamente i contratti di scambio sul posto. Per gli altri si possono forse prevedere altri trattamenti quali un aumento ” ad hoc” dell’IMU (di male in peggio qualcuno dirà…)
Comunque sempre meglio spendere soldi che restino nel territorio nazionale piuttosto che regalarli ai fornitori (esteri) di combustibili fossili… che dire al riguardo dei pessimi contratti take or pay con Putin e suoi accoliti? Non sono forse questi altri terribili errori strategici dei nostri governi, con regalini a cotali stinchi di santo?
Voglio dire che questi sono i frutti dell’albero che gli Italiani si sono coltivato in casa… e se ora ne pagano le conseguenze,… chi è cagion del suo mal pianga sé stesso!
Rita
Non sono specialista del settore e quindi non so quale sia la soluzione migliore da adottare per correggere “da ora in poi ” le storture create dal legislatore.È sul metodo che ho molto da ridire: vogliamo smetterla di addossare ai cittadini gli errori del legislatore? Chi ha fatto profitti ha colto una opportunitå che le norme offrivano, Si chiama capitalismo, mercato, Se il legislatore non è in grado di capire che sta decidendo di regalare soldi ai Paesi produttori di pannelli ecc, è a lui che dovremmo chiedere conto .Trovo veramente stucchevole questa nuova moda di cercare risorse con provvedimenti retroattivi, pensiamo piuttosto a cambiare ciò che é sbagliato da oggi stesso, fuori dalla logica dei rinvii: vale per gli incentivi alle rinnovabili, ma vale anche per la spesa pubblica e per l’evasione fiscale.
Giorgio
“Visto poi che abbiamo già raggiunto gli obiettivi di quota prodotta dalle rinnovabili sarebbe opportuno tagliare con decisione tutti i sussidi per nuovi investimenti in questo settore e tornare ad aver rispetto per il ruolo del mercato anche nel settore elettrico.”
Idea davvero curiosa, perché mai bisognerebbe non porsi l’obiettivo di incrementare ulteriormente la quota di energia prodotta dalle rinnovabili (spero che l’autore non consideri anche le famigerate assimilate)?
Si può affrontare questo argomento senza neppure menzionare le lamentele dei produttori che impiegano combustibili fossili, che si sono visti sottrarre una quota rilevante del mercato?
Come non menzionare neppure la diminuzione delle importazioni di combustibile che gli investimenti nelle rinnovabili consentono?
Davide
A mio parere si tratta di una decisione totalmente sbagliata, non solo per la difficoltà nell’applicarla ma anche per il principio da cui si fonda. Ritenere che i 12 miliardi di sussidi alle rinnovabili in bolletta siano eccessivi non tiene conto (1) dei benefici che ha apportato in termini di competitività del mercato elettrico e nella conseguente riduzione del costo della componente prezzo energia in bolletta, (2) dell’aumento del prezzo energia stesso negli anni a causa dell’aumento del costo dei combustibili fossili che alimentano le centrali termoelettriche. Ci sono altri modi per ridurre la bolletta elettrica, migliorando le inefficienze del mercato stesso e limitando le speculazioni, ad esempio per quanto riguarda gli oneri di dispacciamento (vedi http://qualenergia.it/articoli/20130728-bolletta-il-mistero-costi-di-dispacciamento-tra-speculazioni-regali-e-rinnovabili). Con la manovra di Zanonato non si fa altro che fare il gioco di Assoelettrica e delle centrali termoelettriche. Anche quando si parla di capacity payment, è importante stabilire come ripartire questi sussidi alle centrali termoelettriche che non ce la fanno più a competere nel mercato a causa delle rinnovabili. Tra le altre cose non si dice che le imprese termoelettriche sono anche proprietarie di buona parte degli impianti idroelettrici italiani, che potrebbero essere impiegati come accumulo di energia nei momenti di maggiore fabbisogno, ripompando l’acqua nei bacini di stoccaggio per poi riutilizzarla per produrre energia nei momenti di maggiore fabbisogno abbassando così i prezzi, cosa che ovviamente non rientra nei loro interessi economici (vedi ad esempio qui http://qualenergia.it/articoli/20130506-rinnovabili-e-sistemi-di-accumulo-tra-necessit%C3%A0-ed-ostacoli). Per quanto riguarda la scelta di adottare soluzioni meno popolari e retroattive come dilazionare direttamente gli incentivi di cui stanno beneficiando gli investitori in energie rinnovabili, trovo che si potrebbe anche fare, cercando però di limitare al minimo i danni che questo comporterebbe in termini di investimenti (vedi riferimento al fatto che molti imprenditori stanno reinvestendo tali introiti o il rischio che investitori stranieri se ne vadano via) e tenendo conto che gli investitori in questo settore non sono gli unici con lauti guadagni, basti pensare a quanto hanno guadagnato finora gli imprenditori affiliati alla lobby del petrolio (con implicazioni ambientali che le rinnovabili generalmente non hanno) che ora non vogliono cedere il passo ad un’economia più pulita.
Raffaele
E se i produttori “tagliati” decidessero legittimamente di scollegarsi dalla rete elettrica a quanto dovrebbero ammontare gli investimenti pubblici (a fondo perduto) per fabbricare 17 centrali da 1000 Mw ?
gmn
il mini idroelettrico sta esplodendo sulle alpi, ma credo anche altrove, con conseguenze ecologiche pesanti
la sole considerazioni economiche senza alcuna considerazione ecologica sono, al solito, piccole, ristrette ed opache finestre sul mondo
così come l’eccessivo incentivo ha fatto danni ecologici
così il taglio degli incentivi può fare altrettanto
sarà mai possibile considerare che abitiamo in un mondo complesso e che dipendiamo dallo stesso in modo complesso e ragionare in modo conseguente?
capisco che è difficile, ma nessuno ci ha promesso un mondo semplice
(salvo la scuola di chicago e alcune sette religiose)
mamo
Ma chi l’ha detto che i sussidi alle energie rinnovabili costano 12 miliardi l’anno? Secondo le associazioni ambientaliste, il vero impatto del fotovoltaico sulle bollette è molto inferiore!
Luigi Barberio
Questa vicenda è un chiaro esempio di una politica incapace di gestire l’interesse collettivo. Il sistema energetico di una nazione priva di fonti tradizionali non può essere gestito in un ottica di “mercato”, è evidente, per come testimoniato dalla vicenda, che sono stati fatti solo enormi danni alla collettività a tutto vantaggio di una minoranza di imprenditori/speculatori. Il rimedio è ricondurre un asset (le energie rinnovabili) nelle mani di una pubblic company formata da tutti i titolari di un contratto di fornitura elettrica.
D. Coiante
La valutazione economica dovrebbe essere fatta sulla base del bilancio costi/benefici. Essa dovrebbe tenere conto della situazione strategica di dipendenza energetica dall’estero e dei relativi costi non solo economici, ma soprattutto politici.
I benefici ambientali dovrebbero comparire in questo bilancio, opportunamente contabilizzati e non ignorati come gli economisti tendono a fare sistematicamente. O la crisi climatica globale esiste, o non esiste. E’ chiaro che se esiste essa va contrastata e il fotovoltaico, come altre rinnovabili, a questo deve servire, a meno che non si pensi ancora che il nucleare possa assolvere questo compito.
Le incentivazioni pubbliche sono necessarie in questa fase d’apprendimento economico della tecnologia ed i risultati sull’abbattimento dei costo di generazione del kWh avvenuto negli anni recenti sta a testimoniarlo. In molti impianti si è raggiunta la parità economica con il kWh termoelettrico, anche se è ancora necessario migliorare il fattore di capacità con l’introduzione dei sistemi d’accumulo.
Abbiamo a disposizione un potenziale energetico solare che è sovrabbondante rispetto alle esigenze energetiche nazionali e siamo vicini alla possibilità di sfruttare questo potenziale tanto da svincolarci almeno in buona parte dalla dipendenza dei combustibili fossili. E’ chiaro che ciò ha un costo, ma a mio avviso il gioco vale la candela.
A. Adb
Pienamente d’accordo con la sua osservazione é inutile mettere sul piatto della bilancia i costi senza valutare il risparmio/beneficio che questi apportano. Voglio inoltre ricordare che ogni impianto fotovoltaico realizzato ha fatto lavorare le aziende, le quali hanno pagato le tasse, hanno assunto persone (anch’esse che pagano le tasse) e hanno creato un indotto in molti settori che erano in forte crisi. Anche questo ha un valore economico che dovrebbe essere preso in considerazione.
Fulco Ruffo
L’errore di Ragazzi non sta solo nella approssimazione di quanto effettivamente può considerarsi a carico delle rinnovabili, ma soprattutto nel ritenere soluzione percorribile quella che è una “tafazzata” pazzesca.
La spinta al fotovoltaico ha nomi e cognomi nella nascita, ed un colpevole e/o interessato disinteresse nel suo tumultuoso sviluppo. Ed è anche vero che in un paese che ha delle eccellenze nel settore della meccanica e della caldaieria non era certo nè l’eolico nè il fotovoltaico a generare le maggiori ricadute di quello che è a tutti gli effetti un incentivo pubblico. Buona e doverosa è quindi la riflessione sulla genesi, per evitare di ripetere erroracci di tale portata in futuro.
Ciò detto, intervenire con dei meccanismi a ritroso è un errore fatale, perchè contribuisce in modo concreto al nostro discredito internazionale in modo assai più efficace rispetto alla tanto paventata caduta del governo.
I proprietari degli impianti non sono più gli imprenditori, ma fondi internazionali. Anche Terna ha ceduto in una maxi-operazione da circa 900 Milioni di Euro complessivi i suoi impianti fotovoltaici ad un fondo (dopo aver ovviamente beneficiato di una posizione di privilegio potendo gestire in casa connessioni dei propri impianti).
Se andiamo oggi a mettere le mani nelle tasche di questi fondi, andiamo a toccare equilibri finanziari di investitori analoghi a quelli di coloro che hanno in mano i nostri titoli di stato. E’ quindi una non-soluzione.
E’ ovvio che oggi va chiuso il rubinetto, non solo per i costi di sistema, ma soprattutto perchè ormai il crollo dei consumi ha destabilizzato il mercato elettrico e non ci sono spazi per nuova generazione.
Se il paese non riparte, se non si riaccendono i consumi industriali, pensare ad un ulteriore sviluppo del settore è totalmente velleitario. Ed è questa la vera emergenza: dare credibilità ad un paese che troppo spesso cambia le regole, e non tutela in sede di giustizia ordinaria ed amministrativa chi ha la disgrazia di investire.
L'energia dalla rete
Tutte le cose che dice sono vere ad esclusione dell’ammontare degli incentivi che sono, per il fotovoltaico tecnologia “colpevole”, poco oltre i 6,7 miliardi.
Tuttavia mancano di alcuni importanti elementi di giudizio della questione rinnovabili non citate già in altri commenti, che secondo me devono far spostare l’attenzione sulla gestione politica ed amministrativa del suo sviluppo e di gni iniziativa, vero male italiano. per ogni iniziativa economica presente e anche futura se non si cambia la mentalità.
Per completare quanto detto occorre sapere inoltre che:
– l’Italia era obbligata da trattati europei di raggiungere il 20% di produzione di energia da fonti rinnovabili entro il 2020 e pertanto per raggiungere una tale obiettivo occorreva mettere in campo le capacità di ogni singolo cittadino di buona volontà e non solo le grandi utility. La tecnologia che meglio poteva dare risposta a tale problema era quella fotovoltaico ove chiunque poteva e può produrre l’energia di cui ha bisogno
– nel raggiungimento di questo obiettivo è stata grande e quasi immediata la risposta di molte aziende formate da giovani (tra le quali quella del sottoscritto) che ha visto lo sviluppo delle rinnovabili come una brughiera ove poter pascolare e crescere in un quadro generale aridità economica del paese
– che tale spirito di iniziativa è naufragato quando ci si è accorti che l’impegno profuso operato cozzava con l’assenza dei un quadro finanziario ad appoggio della filiera italiana che sostenesse tutti gli attori dall’industria all’aspirante produttore. Di fatto ora gran parte degli incentivi pagati vanno nelle fondi pensionistici di tutto il mondo perché avevano soldi pronti per realizzare ciò che poteva essere realizzato da ogni italiano di buona volontà. Se fosse stato predisposto questo molte aziende italiane sarebbero cresciute, sarebbero state all’avanguardia per operare all’estero portando ricchezza spillata da circuiti economici stranieri ecc .. e invece ci troviamo a pagare le pensioni dei ricchi americani, tedeschi, coreani israeliani.
– il prezzo dell’energia (del kWh e non della bolletta) è calato da quando è iniziato il boom delle rinnovabili. Per controllare quanto detto basta leggere i dati statistici del GME e verificare che i prezzo nell’ora di punto è crollato grazie al sole. http://www.mercatoelettrico.org/En/Default.aspx
– ci si lamenta del costo dell’energia ma siete mai andati a controllare che l’onere sulle rinnovabili costa a una famiglia media 89 euro l’anno mentre altre ben più alte voci stabilite dall’autorità per l’energia vanno a rimpinguare i dividendi degli azionisti di Terna e altre grandi imprese di distribuzione? Andate nel sito dell’Autorità per l’Energia : vedrete che le componenti delle voci in bolletta presentano un solo lato chiaro (il costo degli incentivi alle rinnovabili seppur mescolato con le assimilate) è molti lati oscuri (quota servizi di vendita e quota restante dei servizi di rete oltre componente A3) la cui valorizzazione è stabilita dall’autorità per l’energia e costituiscono di fatto gli attivi, i fatturati corazzati di Terna e delle Aziende di Distribuzione (Enel Distribuzione ecc..).
http://www.autorita.energia.it/it/consumatori/bollettatrasp_ele.htm
– per concludere, chiunque con le rinnovabili può prodursi l’energia. Poche industrie italiane l’hanno fatto e pochi italiano ci hanno creduto, Perché gettare fango sulle rinnovabili quando dovrebbero lamentarsi della loro pigrizia
Massimo Matteoli
Ottimo commento sulla questione degli incentivi alle enegie rinnovabili
Federico Antognazza
Trovo molto strano che parlando di energia e di sussidi alle forme energetiche si tralasci praticamente SEMPRE di parlare delle forme di sussidio che vengono adottate nei confronti dei combustibili fossili. In primo luogo è sbagliato perché sembra che le uniche forme di energia che ricevono incentivi e/o sovvenzioni sono
quelle rinnovabili, secondo perché si da un quadro di riferimento frammentario.
Il tema invece, a livello internazionale, è ben approfondito e affrontato e non solo da organizzazioni ambientaliste o del settore rinnovabili, ma da autorevoli agenzie quali la IEA, OECD e il Fondo Monetario Internazionale. Sarebbe interessante capire quali analisi complete sul sistema energetico pone l’autore tenendo in considerazione anche questi documenti:
http://www.oecd.org/site/tadffss/ITALY_IT.pdf
http://www.iea.org/media/weowebsite/energysubsidies/ff_subsidies_slides.pdf
Trovo strano infatti che il FMI, dove per altro il dott. Ragazzi ha lavorato, esorta i paesi ad eliminare gradualmente le forme di sussidio ai combustibili
fossili (si veda una piccola nota qui, con gli approfondimenti)
http://www.italiaclima.org/index.php/using-joomla/extensions/components/content-component/article-categories/263-fondo-monetario-internazionale-i-governi-dovrebbero-tagliare-i-sussidi-ai-combustibili-fossili) mentre nel contesto nazionali concentriamo solo l’attenzione sugli incentivi alle rinnovabili.
Le due cose non vanno separate in quanto parti del sistema energetico. La soluzione non è ovviamente semplice ed indolore, ma si dovrebbe affrontare il tema energetico nel suo insieme, valutando inoltre costi e benefici (economici ed ambientali). Altrimenti si fanno valutazioni solo parziali e di facciata.
Alessandro Pagliara
Io sono da sempre stato un fautore assiduo del rinnovabile, ma giustamente l’articolo fa riflettere. Mi domando però se oggi fossimo (per assurdo) indipendenti dalle importazioni di energia (petrolio e carbone in primis) non sarebbe un problema fare uno scambio di denaro tra Italiani, e su questo sarebbe interessante valutare qual è la ricaduta sul Paese Italia quando si paga 1 kWh di rinnovabile e quando 1 kWh da fonti fossi d’importazione.
Rimane ovviamente il fatto indiscutibile che le rendite da qualsiasi parte arrivino sono dannose: i grossi impianti fotovoltaici (non in scambio) sono sicuramente una rendita.
Adesso semplifico, ma la soluzione è banalmente in due strategie:
1. Finanziare con una tassa di scopo gli utili dei sussidi una rete energetica più efficiente quindi un piano industriale energetico che prevede l’installazione di una serie di grossi bacini di pompaggio per stabilizzare la richiesta da fossile (e non dare semplicemente un’altro incentivo!) in regioni come la Calabria, la Basilicata, l’Abruzzo, il Molise e la Sicilia, adattissime al caso.
2. Passare ad un sussidio di aiuto per la garanzia di rientro dal capitale investito (e solo di quello).
Detto questo mi consentirete però un paio di domande:
1. Quanta occupazione produce un impianto rinnovabile rispetto ad uno non rinnovabile in rapporto occupazione/potenza prodotta?
2. Andare con il gas e pagare oltre la produzione tutta la corruzione che c’e’ dietro è veramente “più efficiente”?
Stefano
Qualcuno ha calcolato quanto sarebbe l’onere in bolletta se al posto dei 12 Mld volessimo far pagare 1€ per ogni Kg di anidride-carbonica immessa nell’aria dalle centrali a combustibile fossile?
Salvo quanto già indicato per la dipendenza dall’estero per le forniture di tali combustibili fossili e le correlate implicazioni strategiche e politiche.
Invertendo la logica corrente, non sarebbe meglio iniziare a pensare a diventare completamente autosufficienti con fotovoltaico, eolico, geotermico e idroelettrico?
Se proprio dobbiamo bruciare qualcosa, bruciamo i rifiuti, senza dover mandarli all’estero e pagare perchè li brucino in Olanda o in Germania.
Fulco Ruffo
Attenzione al tema dei sussidi in relazione alle fonti fossili.
In Italia tutte le fonti fossili importate o auto-prodotte che siano contribuiscono attraverso la fiscalità (accise ed IVA) in modo significativo agli introiti nelle casse dello stato. Questi contributi sono pagati dagli utenti nei diversi settori in modo differenziato, come pure da coloro che le estraggono sul territorio nazionale.
Alcune categorie di utenti beneficiano di riduzioni di questa fiscalità, ma non si tratta di un sussidio nel senso di un prelievo dalle casse dello stato: globalmente è vero il contrario.
Per questo motivo, nel nostro paese la Carbon Tax o meccanismi simili vanno considerati con grande cautela. In realtà, si trasformano in un ulteriore prelievo sulle fonti fossili, che va ad aumentare un prezzo complessivo già abbastanza elevato soprattutto a causa della componente fiscale, che si somma a prezzi delle commodities stabiliti su mercati internazionali.
Inoltre, per quanto riguarda il sistema elettrico andare dritti a riprendere meccanismi che in altri paesi funzionano potrebbe non essere una buona idea. L’Italia ha una struttura di generazione atipica rispetto al resto d’Europa (niente nucleare e poco carbone), e sconta un gap strutturale su una rete che fa fatica a magliarsi in una penisola lunga, stretta e con le montagne in mezzo e a separarla dal resto del continente.
Il nostro equilibrio energetico va cercato in modo differente dal resto del continente, e così pure i meccanismi fiscali e di incentivo non possono essere semplicemente copiati dagli altri paesi.
Presumibilmente, la soluzione più efficiente sta in uno sviluppo strategico e limitato degli storage idroelettrici, al fine di stabilizzare la rete e migliorare la compatibilità tra rinnovabili non programmabili e termico. Questi impianti hanno una vita utile molto lunga, e quindi potrebbero essere finanziati con linee di credito pubbliche meno costose rispetto a quelle richieste da altre infrastrutture, e migliorerebbero l’utilizzo degli asset esistenti con una riduzione dei costi di sistema che farebbe bene a tutti, soprattutto all’utenza.
Maurizio Grassi
Pur apprezzando il tono pacato ed equilibrato credo che l’articolo riporti alcune inesattezze ed abbia almeno un paio di omissioni.
1) Il Conto Energia (lo schema incentivante) é stato modificato almeno 4 volte in 3 anni. Questo non tanto perché il costo dell’investimento si é ridotto drasticamente, quanto per la solita approssimazione che caratterizza i nostri governanti. Tempi e modi per ridurre gli incentivi c’erano, così come hanno fatto in Germania (dove ancora gli incentivi ci sono);
2) Abbiamo superato i 16Gwp di installato, ma 6GWp (37%) sono stati costruiti in fretta e furia (4 mesi) grazie al Decreto Salva Alcoa che ha permesso a molti furbi di godere di tariffe senza aver “completato” (connesso) gli impianti alla rete, questo ha creato un forte “scatto in avanti” degli impianti, soprattutto a terra. Il Decreto Salva Alcoa ha nome e cognome, basta volerlo scoprire;
3) Gli incentivi gravano si su alcune bollette, ma a vantaggio di altre. Alcuni privati ed aziende hanno costruito gli impianti e godono degli incentivi, altri/e non lo hanno fatto. Si tratta di una redistribuzione. Togliere gli incentivi alleggerisce alcune aziende, ma impoverisce chi invece ha costruito l’impianto;
4) Ci sono anche gli investitori (meno di quanto si creda, le statistiche GSE sono pubbliche), coloro che hanno investito nelle “centrali” e che adesso vorrebbero godere dell’investimento. Si possono anche chiamare speculatori, ma il settore ha fatto e sta ancora facendo “godere” molti: società (installatori, impiantisti, produttori di pannelli – molti stranieri, produttori di inverter – molti italiani), comuni (IMU, compensazioni), progettisti, affittuari (ma possibile che nessuno vada a controllare il reddito e la tassazione dei terreni “agricoli”?), stato (tasse sul reddito, IRAP, IVA – o forse ci dimentichiamo gli anni che ci vogliono per farsela restituire), banche, consulenti, ecc.;
5) gli imprenditori, che chiedono di vedersi riconosciuto un ricavo per il cosi detto “capacity payment” dei loro impianti tradizionali, sono quantomeno birichini, si dimenticano infatti di aver costruito impianti a partire dal 2007, aumentato la capacità produttiva del paese, e scoperto poi nel 2012 che al paese servono 40GWp in meno. Il fotovoltaico da solo ne copre 16GW (sono numeri sul retro della bustina dello zucchero, ma rendono l’idea). Domanda: ma il rischio di impresa se lo deve accollare il cittadino/stato?
6) le linee di trasmissione con Austria, Francia e Svizzera hanno un utilizzo superiore al 90% (nella settimana 34 era superiore al 96% – anche qui i dati sono pubblici, GME), IMPORTIAMO! Non é solo colpa/merito del nucleare, forse qualche impianto ormai obsoleto e poco efficiente in Italia va chiuso veramente.
Infine bisogna riflettere su una cosa: la curva del costo orario giornaliero di un kWh si é invertita, quella che prima assomigliava ad un panettone (picco costo del kWh intorno alle 13.00) ora assomiglia a una doppia onda: il costo maggiore dell’energia é di primo mattino e alla sera! Ma ai cittadini, a parte la componente A3, la riduzione del costo dell’energia é stato ribaltato sulla bolletta?
Interventi sugli abusi si possono fare e si stanno facendo, azioni terroristiche non servono a nessuno.
Ing. Paolo Milani
Finché la tariffa A3 delle accise sull’energia se la sono spartita i soliti noti (CIP6), è sempre andato tutto bene. Ora che (giustamente) il fondo per le rinnovabili è stato utilizzato per le vere rinnovabili (e non per quelle assimilate – RSU…) è con sorprendente dispiacere che leggo questi articoli.