Sui media è definito il disegno di legge “svuota province”, ma la proposta del ministro Delrio non prevede né l’abolizione né il loro riordino. Anzi, crea una situazione molto più confusa di quella attuale. Processo di attuazione decisamente lungo e complesso, con risparmi solo illusori
UNA LISTA DI ILLUSIONI
Al di là delle dichiarazioni da propaganda, il disegno di legge “svuota province” promosso dal ministro Graziano Delrio, e approdato ai passi finali in Parlamento, è una finta riforma, molto più caotica e dannosa della situazione attuale.
Il dibattito nella stampa ha molto enfatizzato alcuni veri e propri slogan, per smentire i quali basta semplicemente leggere il testo del disegno di legge e i suoi allegati.
Le province non sono abolite. È la prima illusione della propaganda: la legge non elimina affatto le province, che restano operanti, non proprio “vive e vegete”, ma restano.
Si estinguono solo dove si prevede subentrino le città metropolitane. Ma, di fatto, finiranno sostanzialmente per cambiare nome, poiché le città metropolitane acquisiranno tutte le funzioni oggi di competenza delle province, aggiungendone poche altre. Cambierà solo la leadership, in quanto il sindaco metropolitano coinciderà con quello del capoluogo. Con evidente espropriazione per i cittadini della provincia della rappresentatività elettorale, perché gli elettori che hanno eletto il sindaco per risolvere i problemi di una città, finiscono per incidere direttamente anche sulle questioni amministrative di altri centri abitati.
Lo svuotamento è solo parziale: anche l’affermazione che la legge svuoti le province è solo parzialmente vera. Si tratta, infatti, di un effetto del tutto eventuale e, comunque, di lunga e complessa attuazione.
La legge distingue tra funzioni “fondamentali” e funzioni “non fondamentali”. Le prime restano necessariamente alle province (finché non vengono abolite) e comprendono pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza; pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, costruzione e gestione delle strade provinciali con regolazione della circolazione stradale inerente; programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale ed eventuale gestione dell’edilizia, in accordo con i comuni; raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
Per quanto riguarda tutte le decine di altre funzioni “non fondamentali”, l’articolo 15 della legge ripropone, con gli stessi problemi, la medesima idea della manovra a suo tempo avviata da Mario Monti e fallita. Si demanda a un accordo in Conferenza unificata tra Stato e Regioni l’individuazione di quali siano le funzioni provinciali (il Dpcm previsto da Monti nell’agosto del 2011, che aveva lo stesso scopo, non è mai venuto alla luce). Dopo di che, con specifiche leggi, Stato e Regioni, secondo le materie di rispettiva competenza, dovrebbero riassegnare le funzioni provinciali non fondamentali ad altri enti.
I NUOVI SOGGETTI COMPETENTI
Quali saranno poi i nuovi soggetti competenti? La “vulgata”, diffusa anche dal ministro Delrio, è che alle province subentreranno i comuni. Si tratterebbe certamente di una scelta scellerata, in quanto i comuni non sono ovviamente idonei a gestire funzioni per loro natura sovra-comunali.
Ma, in ogni caso, sempre l’articolo 15 della legge dispone in modo molto diverso e complesso. Infatti, richiama l’articolo 118 della Costituzione, che impone di attribuire le funzioni amministrative in applicazione del principio della “sussidiarietà verticale”, cioè in base all’adeguatezza e alla dimensione degli enti chiamati a svolgere le funzioni stesse.Si intuisce perfettamente, dunque, che funzioni sovra-comunali non possano considerarsi adeguate al livello comunale. Per l’appunto, l’articolo 15 subordina il ridisegno delle funzioni provinciali a una serie di criteri ai quali si dovranno attenere le leggi statali e regionali: l’individuazione per ogni funzione dell’ambito territoriale ottimale di esercizio; l’efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni; la sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; l’adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio mediante intesa o convenzione.
Dunque, non è affatto scontato che le funzioni provinciali vadano ai comuni. Laddove l’ambito ottimale ed esigenze unitarie emergano (e sarebbe la stragrande maggioranza dei casi), applicando l’articolo 118 della Costituzione, le leggi non potrebbero che lasciare le funzioni non fondamentali alle province, oppure assegnarle alle Regioni stesse; o, nello specifico caso delle politiche per il lavoro, costituire un nuovo sistema di gestione (resta sempre in piedi l’ipotesi della creazione di un’Agenzia nazionale o di agenzie regionali federate, quali nuovi titolari delle competenze in tema di lavoro).
TEMPI LUNGHI E BEN POCHI RISPARMI
Occorrono dunque accordi tra Stato e Regioni, leggi attuative e, ancora, specifici decreti che determineranno le risorse finanziarie, strumentali e di personale da trasferire di volta in volta.
Il processo, per altro solo abbozzato dalla legge, senza affrontare in profondità le conseguenze sul patto di stabilità e sull’assetto della normativa sulla finanza locale, si annuncia estremamente lungo, anche più lungo dell’iter di modifica della Costituzione, finalizzato ad abolire le province.
Infine, la questione dei risparmi. Né la legge, né le relazioni illustrativa e tecnica quantificano anche un solo centesimo di risparmio.
All’inizio, il ministro Delrio aveva dichiarato che non erano i risparmi a interessare, ma il riordino e la semplificazione, che, invece, non ci sono affatto.
Poi, si è lasciato affascinare da studi dell’Istituto Bruno Leoni, che quantificano i risparmi possibili in 2 miliardi e da ultimo afferma che il risparmio certo, discendente dall’abolizione degli organi di governo, sarebbe di 160 milioni.
Tutte cifre ipotetiche e casuali. In realtà, l’unica rilevazione realmente ufficiale è quella della Corte dei conti (inspiegabilmente ignorata da Delrio), secondo la quale i risparmi sono molto dubbi, mentre certi sono, anche se non quantificati, i costi di un simile stravolgimento.
Il risparmio sugli organi di governo, per altro, sarebbe di soli 35 milioni: a tanto, infatti, ammonterebbe l’onere per consiglieri, assessori e presidenti provinciali, per effetto delle riforme dell’estate del 2011, che avevano previsto la drastica riduzione del numero degli amministratori provinciali.
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Enrico
Che tristezza, una volta di più questa classe politica si dimostra incapace e non adeguata al compito che deve svolgere.
Questa vicenda (insieme ad altre) non fa altro che rafforzare il comun sentire che nulla può cambiare in Italia.
Almeno si vada ad elezioni cosi possiamo essere direttamente origine dei nostri mali.
AM
Ormai cadono tutte le speranze di tagliare significativamente la spesa pubblica e di eliminare o ridurre abusi, privilegi e sprechi
rob
Posso capire il politico che difende ormai sfacciatamente interessi personali (soprattutto a livello locale) ma non comprendo i cosiddetti intellettuali o le associazioni di categoria. Poi pensandoci bene capisco invece la mia infantile ingenuità. L’ Italia ha un solo obiettivo vitale: ridiventare sistema-Paese! Quindi programmazione a medio e lungo termine del Governo centrale, eliminazione dei livelli di potere, Regioni solo con funzioni amministrative. Potrei andare avanti ma capisco che se almeno non facciamo questo, il resto sono panniceli caldi o gioco delle tre carte.
Corrado
Si tolgono le competenze alle province affidandole a chi è più adeguato a gestirle, comuni o regioni. Si decide nel complesso della conferenza stato-regioni, sede più che mai adeguata. Tutto propedeutico alla abolizione costituzionale.
Anche sui risparmi di sicuro abolire un livello di governo politico, che funzionava più da parcheggio di politicanti che altro, porta bei ritorni. Basti pensare ai soli costi delle elezioni per eleggerli. Ben poca sostanza in questo articolo; per dirla alla Ratzinger “non degno del rango scientifico di questa redazione”
Giorgio
Che Comuni e Regioni siano in grado di gestire le funzioni attribuite alle Province è un’affermazione di principio che andrebbe dimostrata. La realtà dei piccoli comuni italiani che sono la maggioranza e l’esperienza delle Regioni propenderebbero per far ritenere esattamente il contrario.
Che la conferenza stato-regioni sia una sede adeguata ed efficiente è anch’essa un’affermazione difficilmente condivisibile se si considerano i tempi lunghi e le difficoltà di ogni tipo che si manifestano in quella sede prima di giungere a decisioni. Non a caso si pensa di sostituire questo organismo con il Senato delle autonomie.
Trovo poi abbastanza curioso che si assuma come criterio per stabilire se un Ente vada mantenuto o meno quello del costo delle elezioni per scegliere chi lo gestisce. Direi che la questione è un po’ più complessa.
massimo
Comuni e Regioni sono perfettamente in grado di svolgere le funzioni delle Province. Per quanto riguarda le Regioni, ognuna già svolge funzioni diverse e combinandole abbiamo tutti gli esempi necessari (ad es. la difesa del suolo in Liguria è provinciale, mentre in Piemonte è totalmente regionale) ed i Comuni dovrebbero per forza unirsi (finalmente).
Luigi Oliveri
La Regione Piemonte ha, ovviamente, per la difesa del suolo strutture decentrate in ogni provinciahttp://www.regione.piemonte.it/governo/org/14.htm. Anche passando le competenze provinciali alle regioni, scelta certamente più corretta per le aree di vaste dimensioni, comunque i presidi territoriali non potrebbero che essere di livello sub-regionale. Logica e geografia lo impongono, al di là di qualsiasi riforma di qualsiasi genere.
Francesco Stolfa
Mi meraviglio de lavoce. Questo commento non proviene da un autore imparziale ma da uno che probabilmente rischia il posto con la nuova legge o comunque subirà problemi e disguidi. La questione è molto delicata anche politicamente e sarebbe opportuno un esame più oggettivo.
Luigi Oliveri
L’imparzialità va valutata sui contenuti. Un’analisi va considerata e criticata in relazione alle argomentazioni: se speciose, immotivate, o caratterizzate da dati artefatti, volti a dimostrare una tesi preconcetta non è imparziale. Soffermarsi sulla provenienza dell’analisi è un esercizio retorico interessante, che però non evidenzia argomenti di critica o confutazione. Per altro, il Governo, supportato dai sindacati, ha evidenziato piu’ volte che nessuno dei dipendenti provinciali rischia il posto, nè dal disegno di legge emergono elementi per sostenere il contrario.
rob
I dati i numeri e le statistiche in un dibattito politico non possono essere fini a se stessi. Non possiamo sostenere come Lei sostiene che si tratti di una “grande illusione” e poi soffermarci solo su numeri e regolamenti esistenti, bisogna andare oltre e valutare perché si è arrivati al punto di abolire le Provincie. Io non voglio neanche soffermarmi sulla provenienza dell’analisi (è un esercizio retorico, populista, demagogo) ma non possiamo nascondere che il problema esista e non possa essere risolto con dibattiti di politica locale, ma è un problema che riguarda il Paese. Io non so se abolire le Provincie o le Regioni o i Comuni o le Comunità Montane o le città metropolitane o le circoscrizioni o gli enti territoriali vari. Ma come tutte le persone di buonsenso mi rendo conto che un Paese soprattutto oggi non può essere governato con questa babele di poteri. Allora Lei vede che possiamo sciorinare tutti i numeri e le regole che vogliamo ma esiste un problema a monte in cui qualsiasi modifica si proponga fallisce. Un problema talmente grande che clan con il 4 per cento dei voti hanno avuto 3 ministeri. Nessuno in questo sito affronta l’argomento della babele italiana, con tutto il rispetto per Lei e le Sue idee. Tutto ciò mi fa venire qualche dubbio.
Luigi Oliveri
Le riforme, perché siano efficaci, devono essere effettuate a partire dalla conoscenza degli obiettivi da raggiungere e degli strumenti necessari per ottenerli. Un difetto evidente del tentativo di riforma in atto è che chi si è messo a studiarla non ha sciorinato alcun numero, non ha fatto alcun rapporto costi-benefici, non ha chiarito insomma i punti tecnici e finanziari per il trasferimento delle funzioni da un ente all’altro. E questo lo ha rilevato il massimo organo contabile costituzionalmente previsto la Corte dei conti, le cui indicazioni sono disinvoltamente ignorate. Non si mette in discussione l’idea di abolire le province (che per altro con l’attuale ddl non si aboliscono): potrebbe anche essere un’ottima decisione. Il problema è semplicemente il modo con il quale tale intento viene perseguito che, alla luce del testo della norma e delle conseguenze che produce, appare piuttosto poco efficace. Sembra opportuno che determinati rilievi si facciano mentre il dibattito in corso, perché accorgersi dieci anni dopo (come nel caso della riforma del Titolo V) che determinati interventi normativi sono controproducenti è a un tempo facile e poco utile.
rob
“perché accorgersi dieci anni dopo (come nel caso della riforma del Titolo V) che determinati interventi normativi sono controproducenti è a un tempo facile e poco utile”. Grazie. Lei è un marziano coraggioso perché prende il “toro per le corna” con grande onestà intellettuale. Ma, se in giro non ci sono politici che vogliono ripartire dalle macerie che qualcuno ha procurato, l’equazione è semplice: non è di moda l’argomento cioè se parli all’elettorato con la logica perdi! Siamo sicuri che il marcio sia solo alla testa o ha delle belle e diffuse metastasi per tutto il Paese? Troppa gente vive e sopravvive di politica, quando cantieri e campi da coltivare sono per gli italiani ormai sconosciuti.
Giorgio
Dei dati, dei numeri e delle statistiche non si può fare a meno in un dibattito politico che voglia essere agganciato alla situazione reale e non astratto. I dati dicono che in Italia abbiamo 8071 comuni, di cui il 70% sotto i 5000 abitanti, che non è pensabile possano svolgere le funzioni oggi attribuite alle Province e questo è un dato. Un altro dato è che molte funzioni che l’ente locale deve svolgere vanno al di là delle sue dimensioni territoriali come ad esempio la collocazione di una scuola superiore e quindi devono essere svolte da un ente di governo di livello superiore a quello comunale. Altro dato è che le Regioni hanno dimostrato in questi 40 anni una difficoltà crescente a svolgere i compiti sempre maggiori che sono stati loro attribuiti al di là dello stesso disegno costituzionale originario e anche di questo occorre tenere conto nell’affrontare una riorganizzazione dei livelli locali di governo.
Giorgio
Mi meraviglio della sua meraviglia. Caratteristica de lavoce è quella di raccogliere su vari argomenti posizioni diverse senza appiattirsi sul “politicamente corretto” del momento. Le considerazioni svolte in un’analisi poi vanno condivise o confutate sulla base di quello che esse dicono o non dicono, non in relazione a quale sia l’attività professionale di chi le espone. Tra l’altro, dall’abolizione delle Province i suoi dirigenti rischiano ben poco perché male che vada saranno trasferiti ad un altro ente e se, come probabile, passeranno alle dipendenze delle Regioni ci guadagneranno pure perché lì gli stipendi sono migliori.
Massimo Matteoli
Vedo, anche dai commenti, che nessuno si pone il problema della gestione dei servizi di area vasta, sovracomunali.
Invece di essere al centro dell’attenzione si pensa che questi andranno a posto da soli.
Aboliamo pure i consigli provinciali, penso che ben pochi ne sentiranno la mancanza. Ma invece di eliminare il poco di razionalizzazione che siamo riusciti a fare negli enti locali dovevamo chiedere molto di più, superando i localismi ed i municipalismi.
Una semplice domanda, tanto per intendersi: oggi le scuole secondarie le decidono le comunità locali tramite le Province, domani chi deciderà dove e quali scuole secondarie si faranno e, soprattutto, chi le pagherà?
I Comuni (per questo come per moltissimi altri servizi) nella stragrande maggioranza dei casi sono troppo piccoli, ma un nuovo centralismo regionale o statale sarebbe solo deleterio.
La “follia” arriva al punto che si critica perfino l’istituzione delle città metropolitane, una delle poche cose positive del disegno di legge attualmente in discussione in Parlamento.
Come sempre in Italia invece di partire dai problemi, si parte dagli slogan.
Davide Rapisarda Colzani
E al posto dei comandi provinciali della guardia di finanza, dei carabinieri e dei vigili del fuoco e al posto delle prefetture, etc. cosa faranno? Vogliono eliminare anche questi enti, vogliono toglierci i servizi. Sono furbi e non lo dicono nei telegiornali ed il cittadino ovviamente si gongola pensando ad un risparmio e pensando di non perdere nulla e invece si perdono tanti servizi e ci toccherà andare più lontano per sbrigare delle semplici pratiche o altro ancora.
AndreaReggio
Dimentica il risparmio delle mancate elezioni
Luigi Oliveri
26 milioni spesi nel 2010 (0,003% della spesa pubblica totale); 8,8 nel 2011 (0,0012%) e 13,5 nel 2012 (0,0017%). Fonte: Corte dei conti, Sezione Autonomie, audizione sul ddl Delrio del 6 novembre 2013.
AndreaReggio
Certo, ma in % rispetto alla cifra che lei indica come risparmio certo (“Il risparmio sugli organi di governo, per altro, sarebbe di soli 35 milioni”) sono un’ enormità: per questo mi sembrava “corretto” citarli.
Grazie per la risposta e per i dati.
Ettore
Mi meraviglio di questo commento che mi sarei aspettato dai politici coinvolti (i Presidenti delle Province e Consiglieri vari), dai soliti populisti e demagoghi professionisti del benaltrismo e del “non va bene mai niente”! E’ ovvio che il decreto non abolisce le Province perché ci vuole una legge Costituzionale, lo ha detto pure Delrio. In attesa della legge Costituzionale (ci vorrà almeno un anno se va bene, perché ovviamente in Parlamento le opposizioni non lo voteranno mai!), si inizia con questo decreto ad intaccarne le funzioni e le poltrone (da tutte le parti, compresa lavoce.info, si dice e si scrive che bisogna tagliare le troppe poltrone dell’apparato politico amministrativo che succhiano soldi dalle tasche degli italiani!) in attesa dell’abolizione con Legge Costituzionale. E’ un primo passo da completare, altrimenti che facciamo? Aspettiamo un altro anno prima di abolirle? Per fare bene qualsiasi cosa in Italia (riforma del catasto, abbattimento del debito, far ripartire la crescita, snidare gli evasori, rendere efficiente la Pa, etc.) occorre tempo e un quadro di stabilità politica che in Italia non c’è! Non c’è perché appena nasce un governo parte da tutti (media, editorialisti, partiti, imbonitori vari, opinione pubblica, etc.) il tiro al piccione per impallinare il governo in carica con lo scopo di farlo cadere! Appena è nato il governo Letta (che a me non piace: ho votato Pd e non avrei mai voluto un governo con Berlusconi, ma purtroppo l’esito del voto è ‘stato questo!) è iniziato il gioco al massacro
Riccardo Brivio
Meno male che non spariscono le province!
La realtà è che sono gli organi che costano meno e nei quali i politici prendono meno. Non c’è nessun politico che viene parcheggiato lì (anche perché un consigliere spesso prende 15 o 20 euro a seduta per un totale di 200 o 300 euro all’anno, che non bastano nemmeno per le spese di viaggio da casa alla sede della provincia).
L’unica riforma seria, utile e funzionale per l’Italia sarebbe l’abolizione delle Regioni, riorganizzando le province in 60-70 province autonome (comprese le città metropolitane, che è corretto sostituiscano comune e provincia).
Però i buffoni a 5 stelle hanno populisticamente diffuso il loro mantra “abolire abolire abolire le province” e vi siete tutti fatti infinocchiare.
Ugo detto Piero
Se il Consiglio Regionale fosse composto dai Presidenti delle varie Province (magari “rivisitate”) e dagli assessori più importanti (sanità, bilancio, etc.) si tratterebbe meglio il territorio e si risparmierebbe veramente tanto!
Quindi rivisitiamo le Regioni!
Davide Rapisarda Colzani
Mi scusi ma i risparmi, se ci saranno, se li intascano i parlamentari, non li lasciano sicuramente nelle nostre tasche. Quel che è certo è solo che se vengono abolite le Province, saranno tolti a noi cittadini alcuni servizi ed uffici centrali come le prefetture ed altro. In pratica ci rimettiamo sempre noi. E’ facile risparmiare togliendo i servizi ai cittadini. Questo è il vero problema, ma la gente comune non lo sa e pensa solo al minimo ed irrisorio risparmio che si avrà eliminando la politica dalle province. Ora d’accordo sulla possibile eliminazione di quest ultima, ma non sulla perdita dei servizi ed uffici centrali.
Giorgio
E’ sorprendente il carattere pregiudizialmente ostile alle
Province di molti commenti che prescindono da un’analisi della situazione
reale. La riforma proposta, come ben documentato nell’articolo, non determina
risparmi importanti, ma accresce sicuramente la confusione fra i vari livelli
di governo locale. Sarebbe bene ricordare che in Italia abbiamo 8.071 comuni,
di cui il 70% sotto i 5000 abitanti, assolutamente non in grado di svolgere le
funzioni attualmente attribuite alle Province, né la soluzione può essere
quella dei Consorzi, sistema poco efficiente e macchinoso e neppure quello del
trasferimento delle funzioni provinciali alle Regioni, che già hanno
dimostrato ampiamente di non essere in grado di svolgere efficacemente quelle a
loro già attribuite. Il ruolo delle Regioni va ridimensionato e non
ulteriormente appesantito. D’altra parte le funzioni provinciali hanno per
loro natura una collocazione sì locale, ma di interesse sovracomunale per cui
il livello di gestione più confacente è quello provinciale. Le Province vanno
ridotte di numero e ne vanno ridefiniti i compiti, ma non cancellate. Le città
metropolitane, infine, così come congeniate, determinano una pesante
discriminazione dei cittadini delle loro aree periferiche perché
prevale la rappresentanza politica della città capoluogo. Il coordinamento strategico
delle aree metropolitane si può benissimo realizzare senza la necessità di
nuove istituzioni, ma con forme di collegamento tra i comuni interessati.
Antonio Nieddu
Concordo al 100%. E inoltre bisogna dire che il risparmio di spese non potrà assolutamente essere rilevante, dato che le funzioni che vengono assorbite da altri enti non potranno esserlo gratis. L’unico (modesto) risparmio potrebbe essere quello degli organi politici e del collegio dei revisori, ma non credo potrà essere decisivo.
Ugo detto Piero
Ribadisco che un consiglio regionale formato dai presidenti delle varie province (rivisitate) accanto agli assessori più rappresentativi (bilancio, sanità, etc.) sarebbe certamente più vicino al territorio e non sarebbe, come ora troppo lontano o troppo vicino agli affini politici. Il risparmio di persone e dei relativi costi sarebbe notevole.
Bruno Cipolla
Il programma del M5S prevede l’accorpamento di tutti i comuni sotto i 5000 abitanti.
Stefano Gherardi
Si comincia ad intravedere quanto approssimativa e poco razionale sia l’idea che oggi va per la maggiore di abolire le province. Spero che presto si voglia fare un ulteriore passo e si abbia il coraggio di affermare che per una vera riforma (semplificazione istituzionale e riduzione dei costi) si debba procedere all’abolizione delle regioni (ormai carrozzoni fuori controllo) ed al dimezzamento dei comuni e delle province affidando a queste ultime tutte le funzioni che un comune non può svolgere in proprio eliminando ogni altro ente sovracomunale (comunità montane, unione di comuni, USL, consorzi di bonifica, Ato, agenzie, ecc.) riportando in fine alla competenza statale le funzioni legislative oggi attribuite con la riforma del titolo V della costituzione alle regioni. Proviamo ad andare oltre: si potrebbe prevedere l’istituzione di 58 province costituzionalizzate; con l’eliminazione delle regioni automaticamente verrebbero annullati pure gli statuti regionali in gran parte anacronistici, di quelle a statuto speciale, che prevedono vantaggi fiscali semplicemente assurdi. A seguire gli uffici periferici dello stato dovrebbero tutti essere riorganizzati sulla base delle nuove province. Ancora, alle province dovrebbe essere affidata la competenza di riorganizzare il numero dei comuni del loro territorio con l’obiettivo che ognuno di essi sia in grado di fornire determinati servizi individuati dallo stato centrale pena la fusione con il comune adiacente. Ne conseguirebbe inevitabilmente una riduzione di più del 50% dei comuni italiani. Sarebbe interessante se lavoce provasse a calcolare la riduzione di fabbisogno statale a seguito di una simile riforma.
maurizio
Mi scusi Dott. Brivio ma il disegno di legge che è stato approvato al senato è stato presentato da un ministro del PD, cosa c’entrano i 5 stelle?
Riccardo Brivio
É da quando sono nati i 5 stelle che rompono le scatole con sta presunta
inutilità delle Province… e il problema è che l’italiota medio s’è pure fatto convincere…
maurizio
Ottimo articolo, sintetico ed efficace. Chi ha seguito le vicende pluriennali sui desiderata di abolizione delle Province si è reso conto che le posizioni quasi unanimi della classe politica rappresentano un modo di dare all’opinione pubblica inferocita contro di loro l’illusione che si stiano riducendo i costi della politica. Se ammettessimo una loro buona fede potremmo solo concludere, dato il pasticcio che hanno combinato, che sono degli incompetenti a cui dovrebbe essere interdetta la funzione legislativa prima che facciano troppi danni.
Alessandro
“Pianificazione territoriale provinciale di coordinamento” vuol dire che la Provincia esercita un potere di indirizzo e controllo sui Comuni in materia urbanistica. E’ una funzione importantissima soprattutto in quei territori frammentati in tanti piccoli comuni. Immaginate una provincia amministrata (gratis) dai sindaci che “approva” i piani regolatori che gli stessi Sindaci le sottopongono? Invece di eliminare i conflitti di interesse li andiamo a creare anche a livello istituzionale.
Mauro
E’ esattamente una delle intenzioni accuratamente celate nel Ddl Delrio (non a caso ex presidente Anci, ovvero il “sindacato” dei Comuni e una delle lobbies più influenti in Italia). E non ci sono solo gli strumenti urbanistici ma anche i controlli ambientali (con annesse sanzioni).
Ugo detto Piero
Ogni giorno di più sono convinto dell’idea che le regioni devono essere formate nel loro consiglio dai presidenti delle province e dagli assessori più rappresentativi. Basta votare nuovi consiglieri che addirittura sono poi distanti dal territorio e dai cittadini.
AndreaReggio
Luigi Oliveri
E’ Dirigente Coordinatore dell’Area Funzionale Servizi alla Persona e alla Comunità della Provincia di Verona.
Bruno Cipolla
Delrio ha undici figli da sistemare, per qualcuno probabilmente pensa ad una sistemazione in provincia…