L’efficacia dei fondi strutturali, il principale strumento della politica di coesione della UE, dipende da due fattori: decentramento e qualità dei governi locali. E i due fattori sembrano influenzare anche la capacità di spendere quelle risorse. I ritardi italiani.
I fondi strutturali sono il principale strumento della politica di coesione della Unione Europea e rappresentano una fonte di finanziamento rilevante per le politiche di sviluppo, soprattutto nelle regioni meno avanzate. L’Italia ha recentemente lanciato il “Piano di azione coesione” per concentrare e accelerare la spesa dei fondi ed evitare di dover restituire all’Europa le risorse assegnate al nostro paese. (1) Al 30 settembre, risultano ritardi ancora in numerose Regioni, soprattutto in quelle del Mezzogiorno dove le risorse a disposizione sono maggiori. Ma i fondi europei sono efficaci? E perché in Italia le Regioni del Sud non riescono a spenderli?
L’IMPATTO DEI FONDI E LE CARATTERISTICHE DEI GOVERNI REGIONALI
Le regioni hanno assunto un ruolo centrale nella politica di coesione, dalla fase di programmazione a quella di attuazione, fino alla valutazione. Il governo della politica di coesione si basa su un sistema multilivello (multi-level governance). Secondo la Commissione europea, le regioni devono assumere sempre di più il ruolo di comprimari della politica di coesione: affinché l’impatto della politica abbia effetto è necessario il pieno coinvolgimento dei governi locali per ritagliare l’intervento di policy a misura del territorio.
Per verificare l’importanza del ruolo delle regioni sull’efficacia della politica di coesione abbiamo studiato l’impatto della spesa regionale pro-capite dei fondi strutturali sulla crescita del Pil pro-capite, in 158 regioni europee per il periodo di programmazione 2000-2006. (2) Lo studio si concentra su due dimensioni dei governi regionali: la loro qualità e il grado di decentramento politico.
La qualità dei governi locali è stata elaborata sulla base di una survey condotta dal Quality of Government Institute attraverso la somministrazione di un questionario a 37mila abitanti delle Regioni interessate, contenente una serie di domande circa la capacità dei governi locali di erogare servizi pubblici. (3) Dai dati emergono differenze importanti tra paesi, ma ancora più interessanti differenze tra le regioni all’interno dei paesi.
La seconda dimensione considerata è il grado di decentramento politico. Anche in questo caso si tratta di un indicatore composto che cerca di catturare l’effettiva autorità regionale. (4) Emergono minori differenze all’interno dei paesi, con le regioni degli Stati federali (Austria e Germania) o molto decentrati (come la Spagna) che risultano quelle con maggiori poteri.
I risultati mostrano che, in generale, la spesa pro-capite regionale nel periodo di programmazione comunitario 2000-2006 (che comprende anche le spese sostenute fino al 2008) non è associata a una crescita del Pil pro-capite nello stesso periodo. (5) Quando però prendiamo in considerazione il ruolo dei governi locali i risultati cambiano in modo rilevante. Nelle regioni con elevata qualità dei governi locali e maggiore decentramento politico, la spesa in fondi strutturali mostra un impatto positivo sulla crescita del reddito pro-capite. Il fattore decentramento sembra essere più pervasivo rispetto alla qualità istituzionale.
Poiché è lecito supporre che la qualità istituzionale sia più importante nelle regioni a maggiore decentramento, abbiamo analizzato il ruolo della qualità dei governi in due gruppi di regioni distinte, quelle a maggiore decentramento e quelle a minore decentramento. In nessuno dei due gruppi le istituzioni sembrano giocare un ruolo significativo in termini di impatto dei fondi strutturali sulla crescita economica. Tuttavia, nel gruppo di regioni a maggiore decentramento emerge una relazione diretta tra qualità istituzionale e crescita economica. Questo suggerisce un effetto positivo delle istituzioni sulla crescita economica che agisce con meccanismi diversi, non mediato dall’efficacia della spesa dei fondi strutturali. Perché nelle Regioni con bassa qualità dei governi e scarso decentramento i fondi non sembrano essere efficaci? Qui la scarsa capacità amministrativa e istituzionale si traduce in scarsa progettualità, mancata sperimentazione di strumenti innovativi, incapacità di coinvolgere efficacemente gli attori locali.
IL CASO DELL’ITALIA
L’Italia è in forte ritardo con la spese nei fondi struttuali del periodo 2007-2013. Sono soprattutto le Regioni del Mezzogiorno, nelle quali si concentra la maggior parte delle risorse per la coesione, quelle con le maggiori carenze. Basilicata e Sardegna sono un caso a parte: dal 2007 non fanno più parte del novero delle Regioni meno sviluppate (obiettivo Convergenza) e dunque le risorse da spendere sono inferiori. (6) La figura 1 mostra la correlazione tra la percentuale di spesa al 30 settembre 2012 e l’indicatore di qualità dei governi regionali per le Regioni italiane. Sebbene solo a livello descrittivo, il grafico evidenzia in modo chiaro una netta correlazione positiva tra le due grandezze.
Figura 1: Qualità dei governi regionali e spesa dei fondi strutturali
* spesa su totale programmato dai programmi operativi regionali (Por) al 30 settembre 2012.
Fonte: ministro per la Coesione territoriale
UN’ARMA A DOPPIO TAGLIO
Quali conclusioni ne possiamo derivare circa la gestione della politica di coesione? Il modello multi-level governance assegna ai governi regionali maggiore responsabilità nella gestione dei fondi strutturali. Lo spostamento di responsabilità dal centro ai governi locali può essere un’arma a doppio taglio: contesti di buon governo e decentramento favoriscono l’efficacia dei fondi e viceversa. Regioni tradizionalmente più efficienti nel gestire in modo autonomo le politiche di sviluppo hanno evidentemente un vantaggio rilevante nel fare buon uso dei fondi strutturali. Quando queste condizioni vengono a mancare anche le politiche di coesione risultano meno efficienti. Ad esempio, in alcuni contesti i governi locali rischiano di essere “catturati” dai diversi attori locali che beneficiano di queste politiche. Ciò comporta una serie di distorsioni, come l’eccessivo frazionamento degli interventi nella necessità di accontentare tutti, la mancanza di coordinamento, la perdita del focus sulle reali esigenze del territorio. La disponibilità di ingenti risorse può inoltre facilitare meccanismi di corruzione e cattiva gestione che, in alcuni casi, hanno come conseguenza un impatto negativo dei fondi strutturali sullo sviluppo economico.
Questo pone interrogativi anche rispetto al dibattito sul funzionamento del federalismo fiscale in Italia. Sia nel caso delle politiche di coesione che in quello del federalismo fiscale occorre allora pensare ai contesti in cui gli attori assumono maggiore responsabilità e risorse. Occorre riflettere su quale sarà l’effetto nel tempo dei processi di decentramento sulla qualità dei governi locali. L’aumento della responsabilità nella gestione dei fondi struttuali, oppure il decentramento politico (o federalismo fiscale) tenderanno a rafforzare le capacità dei governi locali tramite processi di apprendimento? Oppure devono essere pensate condizionalità o meccanismi che accompagnino questi processi in modo da rendereli nel tempo sostenibili? L’obiettivo prioritario dei fondi strutturali è quello di ridurre le differenze di reddito tra le regioni europee, ma c’è il rischio che con politiche attuate in questo modo le differenze finiscano per accentuarsi perché le regioni ricche riescono a sfruttare meglio le risorse a loro destinate grazie alla loro maggiore capacità di governo e amministrazione.
* Le opinioni qui espresse sono personali e non riflettono necessariamente quelle del ministero dello Sviluppo economico con cui Luigi Reggi collabora.
(1) Per i dettagli vedi qui: http://www.dps.tesoro.it/pac_2012.asp. Per approfondimenti sul tema dei fondi strutturali si vedano Barca, F. (2009) “An Agenda for a Reformed Cohesion Policy”, Independent Report; e Milio, S. (2012) “Gli effetti perversi della «Multi-Level Governance» e del principio di partenariato. Evidenza dall’esperienza italiana”, Rivista giuridica del Mezzogiorno, 26, 71–114.
(2) I fondi strutturali sono lo strumento con il quale l’Unione Europea intende ridurre le disparità di sviluppo economico a livello regionale. I fondi vengono assegnati all’inizio del periodo di programmazione: le Regioni arretrate, cosiddette Regioni obiettivo 1, ricevono una quota maggioritaria delle risorse, per maggiori dettagli vedi qui: http://www.dps.tesoro.it/qcs-eng/qcs_objective1.asp.
(3) Per ulteriori dettagli si veda qui
(4) Per maggiori dettagli si veda qui
(5) L’analisi tiene conto di altre variabili che possono influenzare la crescita del Pil: il livello iniziale di reddito pro-capite, la crescita a livello nazionale, la qualità delle istituzioni a livello nazionale. L’impatto dei fondi sulla crescita è da intendersi al netto dell’effetto di queste altre variabili.
(6) I dati relativi alla spesa dei singoli progetti finanziati dei fondi strutturali possono essere visualizzati e scaricati sul portale del ministro per la Coesione territoriale OpenCoesione.gov.it.
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Francesco Aiello
Sono d’accordo sul fatto che la qualità delle istituzioni regionali ha giocato un ruolo molto importante del determianre il basso impatto dei fondi strutturali sul processo di convergenza in Italia. A riguardo è utile ricordare come nel lavoro “Structural Funds and the Economic Divide in Italy” (Journal of Policy Modeling, 2012. Vol. 34(3), pp- 403-418) si mostri come l’effetto sia debole quando si considera il reddito pro-capite regionale, mentre è del tutto assente nel caso della produttività del lavoro. In qualche modo, si ha ulteriore evidenza sul fatto che i fondi strutturali agiscono sulla dimensione ridistributiva del reddito tra le regioni italiane (risutlato quasi scontato), mentre non esercitano alcun impatto sui vincoli di offerta. Le motivazioni sono molteplici, ma il ruolo della politica e della burocrazia regionale è tra le prime cause dell’inefficacia dei fondi strutturali. Ciò deve introdurre molta cautela per il futuro, poichè i differenzaili della qualità istituzionale sono ampi e persistenti in Italia..