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Riforma tributaria: cambia poco, ma in meglio

Con la delega fiscale appena approvata dal parlamento, l’architettura del sistema tributario non cambia molto, ma si tratta comunque di un insieme di passi avanti significativi e migliorativi, nel merito e nel metodo del rapporto tra Stato e contribuente. Sempre che sia attuato.

DAL CATASTO AL CONTRASTO DI INTERESSI

Dire riforma piace, ma in questo caso è esagerato. L’architettura del sistema tributario non viene infatti toccata dalla delega fiscale appena approvata dal Parlamento. È quasi più incisivo ciò che Matteo Renzi promette di fare dall’oggi al domani, alzando di un bel po’ l’imposta sulle rendite finanziarie e riducendo di un terzo l’Irap, attuale pilastro della finanza regionale (con quale impatto sul federalismo, nessuno se lo chiede). Rimane comunque un insieme di passi avanti significativi e migliorativi, nel merito e nel metodo del rapporto tra Stato e contribuente.
Nel merito, primeggia la riforma del catasto urbano, invocata da decenni, più che da anni. Già nel 1981, infatti , venne elaborato per il ministro Reviglio un progetto non dissimile dall’attuale: superficie in metri quadri, microzone per definire il valore di mercato dell’area, caratteristiche specifiche dell’immobile per il calcolo dell’imponibile individuale. Dopo oltre trent’anni, pare che sia la volta buona. La delega prevede invarianza di gettito complessivo, ma sono promesse scritte sulla sabbia. Sarà comunque un passo avanti per la giustizia fiscale, che renderà meno odiosa la tassazione sulla casa, quale che sia.
Suscita poi molto entusiasmo il promesso ricorso esteso al “contrasto di interessi”. Il consumatore, al pari dell’impresa, potrà scaricare la spesa, perciò pretenderà lo scontrino, perciò diminuirà l’evasione. L’uovo di Colombo. Solo che è un metodo molto costoso per lo Stato, che all’imposta sul ricavo o sul guadagno del fornitore (ad esempio, 20) dovrà sottrarre il risparmio fiscale concesso al consumatore (ad esempio, 10): meglio poco che niente, in ipotesi di fornitore prima evasore; ma perdita secca in ipotesi di fornitore già contribuente leale. E perdita secca anche quando si stana un fornitore evasore, se il consumatore è più ricco e quindi ha un risparmio d’imposta (ad esempio, 30) superiore al tributo sul fornitore. In conclusione, alla prova dei fatti prevedo che si farà un ricorso molto limitato a tale metodo.
E che dire dell’imposta sul gioco d’azzardo? Pare un approccio ragionevole quello che la delega configura: non pubblicità ma nemmeno proibizione, per non creare, per un verso o per l’altro, regole “criminogene”. Accettiamo, quindi, e sfruttiamo a fin di bene l’ineliminabile amore per il gioco, proteggendo per quanto possibile i giovani.
L’ultima mossa nella sostanza riguarda le imposte ambientali, in particolare quella sui combustibili inquinanti. Ottima previsione, perché le imposte ambientali, si dice in gergo, danno un doppio dividendo sociale: finanziano la spesa pubblica (immaginando che sia giusta ed efficiente) e tutelano l’ambiente. Ma anche qui, come per il catasto, si tratta di déjà vu. Confidiamo nella capacità del Governo Renzi di attuare ciò che per parecchi anni gli altri si sono limitati a predicare e prevedere.

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CAMBIA IL METODO

E passiamo al metodo del rapporto tributario, dove la delega reca le novità più gradevoli: determinazione a forfait dell’imposta sui piccoli contribuenti; compensazione generalizzata per il contribuente tra crediti e debiti fiscali; assistenza degli uffici in via preventiva; ricorso più esteso e razionale alla conciliazione e in ogni caso maggiore tutela del contribuente in giudizio. Finalmente, un passo avanti nella civiltà tributaria. Sempre che si realizzi. Perché va ben ricordato che la legge è solo il primo passo quando il risultato passa attraverso il successivo comportamento della pubblica amministrazione. Ma forse ora, tra impazienza popolare e consapevolezza parlamentare, c’è un contesto più favorevole a fare ciò che si promette.

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  1. Maurizio Sbrana

    Per quanto riguarda le problematiche sul contrasto d’interesse evidenziate nell’articolo, si potrebbe procedere per gradi e ad esempio non far scaricare gli scontrini per gli acquisti nella grande distribuzione (che nella massima parte sono già emessi attualmente) e poi permettere la deduzione delle spese per consumi di base, ma a percentuali decrescenti connesse al livello del reddito personale (ad esempio partendo dalla deduzione all’80% delle spese per redditi minimi, sino ad arrivare ad un 40% di deduzione per i redditi più elevati). Io penso che studiando bene il problema, se si vuole, si puo’ fare. Inoltre si potrebbe fare una prova per un anno, nel quale mantenere le modalità attuali della tassazione, ma contemporaneamente osservare cosa potrebbe accadere applicando le suddette nuove modalità. Esiste da alcuni anni una Proposta di Riforma Fiscale redatta dalla “Associazione Articolo 53” di Firenze, che va nella direzione qui esposta.

    • antonello

      Sono d’accordo: anche negli scorsi anni si sono letti articoli e studi (pure su questo sito) in cui si dichiara un’opinione sostanzialmente negativa (da parte di ottimi esperti ovviamente, come, se non ricordo male, la professoressa Guerra) sul contrasto di interessi perché nella sostanza sarebbe per l’erario un gioco a somma zero (cioè, probabilmente, non farebbe aumentare il gettito). Può essere vero. Ma migliorerebbe senz’altro la distribuzione del carico fiscale, con i caveat del prof. Muraro. Questo è un obiettivo altrettanto importante, se è vero che la pressione fiscale e contributiva effettiva (cioè su chi paga le tasse) raggiunge il 55%. Poi, certo, non è che si può pensare una detrazione per tutte le spese sostenute e certo l’applicazione va definita bene (ad esempio: lo scontrino dovrebbe essere nominativo, forse, come in farmacia, ma come fare? Pagando con bancomat o carta di credito?), e la soluzione proposta da Sbrana è da considerare (anche se ok al decalage ma senza azzeramento: al 40% massimo). Lo stesso dicasi per il catasto riformato, per il quale, mi permetto di suggerire, nel momento di pagare un’imposta qualsiasi legata all’immobile, anche un minimo di correttivo andrà pensato in base al reddito o alla condizione del possessore (in fin dei conti, sempre di rendita figurativa parliamo, ovvero che si “realizzerà” solo al momento della vendita eventuale, ed un settantenne pensionato entro i 1.000 euro probabilmente passerà l’abitazione ai figli). Ps per il prof. Muraro: sul gioco d’azzardo più che “i giovani” vanno protetti “gli anziani”.

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