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Norme sul lavoro sull’orlo della schizofrenia

Un decreto legge che stabilisce periodi di prova interminabili e una legge delega che accenna al contratto a tutele crescenti: la contraddizione nei primi passi del Governo sul lavoro è palese. I motivi di urgenza ci sono tutti, ora bisogna scegliere.

A leggere il decreto e il disegno di legge-delega sul lavoro usciti dal Consiglio dei ministri di mercoledì scorso, si ha l’impressione di assistere ad una crisi di schizofrenia.
Gli articoli 1 e 2 del decreto sembrano ripresi pari pari dagli articoli 3 e 4 della proposta di legge Sacconi, Albertini, Berger e Casini. È ora possibile assumere per otto volte nell’arco di tre anni un lavoratore con un contratto a tempo determinato di 4/5 mesi. Una norma di questo tipo di fatto introduce un periodo di prova di 3 anni in cui il datore può licenziare senza pagare un’indennità, senza dare un minimo di preavviso e senza neanche motivazione. L’unica differenza è che Sacconi et al. mettevano questi articoli in un disegno di legge delega, mentre il governo Renzi li ha messi in un decreto d’urgenza, di efficacia immediata.
Lo strumento della legge delega è stato invece utilizzato dal Governo per “semplificare” e “riordinare” le diverse figure contrattuali, introducendo “eventualmente in via sperimentale” un contratto “a tutele crescente per i lavoratori coinvolti”. Forse in questo c’è il riferimento alla proposta di contratto a tutele crescenti più volte formulata su questo sito.
Il problema è che il decreto con la nuova prova triennale rende del tutto improponibile un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti come quello da noi formulato. Un periodo di prova così lungo spiazza qualsiasi altra tipologia contrattuale nel periodo di inserimento. E dopo un periodo di prova di 3 anni, non si può immaginare di avere un contratto di inserimento come il nostro che allungherebbe la fase iniziale del contratto a 6 anni, quando l’anzianità aziendale media in Italia è attorno ai 15 anni.
Inoltre il decreto aumenta il dualismo nel mercato del lavoro e innalza le barriere che separano i contratti temporanei da quelli a tempo indeterminato.
La nostra proposta, il disegno di legge depositato in Camera e Senato, aveva esattamente la filosofia opposta: ridurre le barriere, unificare laddove oggi c’è segmentazione.
Abbiamo già denunciato su questo sito come i vincoli burocratici introdotti dalla legge 92 abbiano ridotto le assunzioni. Quei vincoli andavano rimossi creando un percorso di ingresso nel mercato del lavoro che superasse l’attuale segmentazione. Invece con il decreto Poletti si è scelto di aumentarla ulteriormente: così il mercato del lavoro italiano sarà ancora più spaccato a metà.
La confusione è molta. Il governo deve ora scegliere. Se converte in legge  il decreto rende improponibile l’art 4 della legge delega che introduce il contratto a tutele crescenti. Se invece vuole davvero facilitare la stabilizzazione graduale del lavoro, abbandoni il decreto e approvi in tempi brevissimi la legge-delega.
I motivi di urgenza con una disoccupazione giovanile sopra il 40 per cento ci sono tutti.
In ogni caso le due cose non possono coesistere: vanno in direzioni diametralmente opposte.

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13 commenti

  1. Francesca

    Le cose sono due: o non sanno quello che fanno oppure c’è del dolo.

  2. salvatore

    E’ sempre la stessa associazione a delinquere che governa. E’ cambiata solo la targa sull’ingresso.

  3. Piero Pessa

    Questa norma sembra proprio un contentino dato a Ncd. Si continuano a introdurre norme contraddittorie sul mercato del lavoro, senza un minimo di razionalità. In questo modo non si favoriscono le assunzioni e siamo sempre più lontani dall’indicazione Ue del contratto a tempo indeterminato come forma principale di assunzione.

  4. Massimo Matteoli

    Le norme sul lavoro devono aiutare a renderlo flessibile (oggi è un imperativo ineludibile, che piaccia o meno) ma non precario. Non serve nemmeno agli interessi di quelli che un tempo si sarebbero chiamati “padroni”, perché la precarietà costituisce la prima causa della difficoltà crescente dei consumi e, quindi, delle vendite di quegli stessi “padroni”. Dispiace che Renzi, almeno per ora, non abbia affatto cambiato verso, ma di fatto continui nelle politiche contraddittorie e fallimentari sul lavoro che da Treu in poi hanno, purtroppo, contrassegnato i governi di centrosinistra.

  5. cristiano

    Ho letto il vostro libro “Un contratto unico per tutti”: temo, ma spero di sbagliarmi, che la vostra proposta non sarà mai applicata. Il motivo? Molto semplice: è una proposta equa e tutela bene i lavoratori.

  6. rob

    Per dirla con una sintetica battuta la crisi di questo Paese è stata causata da Internet e quindi dagli scenari globali, dai nuovi linguaggi, dai diversi atteggiamenti culturali e anche di costume. In pratica un vuoto culturale pauroso creatosi negli ultimi 35 anni ci ha portato senza accorgercene ad essere un Paese “vecchio” non solo anagraficamente. Una minoranza di questo Paese (io direi il 10%) utilizza la rete, 1 azienda su 10 utilizza Internet, una maggioranza composta da giovani senza alcuna cultura e da persone ultra quarantenni che non si sono assolutamente aggiornati non hanno più mercato né in Italia né tantomeno all’estero. Esempi: se progetti un piano di sviluppo dettagliato che parte dal prodotto, individui il mercato e gli strumenti per affrontarlo e li sottoponi ad un “funzionario” (il termine dice tutto) di banca, il povero cristo ti guarda come se fossi un marziano incapace di risponderti, se dici ad un negoziante che vende il gelato che con Internet può comunicare ai propri clienti periodicamente fidelizzandoli e fornendogli notizie e promozioni e quindi aumentare la propria clientela, trasecola! Un sindacato inutile che ancora fa ideologia spicciola e che nel caso Fiat si dovrebbe assolutamente vergognare. Una parte maggioritaria del Paese non vuole crescere, non vuole (e non è abituata per cultura ereditata) mettersi in gioco. Una nuova lotta di classe tra chi vuole andare verso il futuro e chi difende i “diritti acquisiti” senza chiedersi in che modo quei diritti sono stati acquisiti. Una massa enorme di persone che lo “stato sociale” non potrà più proteggere. Ma questo nessuno ha il coraggio di dirlo!

  7. Andrea

    Sarebbe utile problematizzare il vostro articolo alla luce delle riflessioni fatte sul sito nelmerito.com da Luisa Corazza, che appare ben più ottimista circa le riforme proposte dall’Esecutivo. Sarebbe proficuo approfondire questo dibattito, dato che per i non addetti al lavoro la disomogeneità delle opinioni accademiche rende il tutto un po’ più confuso.
    Grazie per rendere accessibili le vostre analisi.

  8. Oscar 58

    Il vero problema è che il lavoro manca, che le aziende chiudono perché i costi di produzione in Italia sono fuori mercato (energia, tassazione del lavoro e del profitto da lavoro e non ultimo il rapporto euro/dollaro). Chi compete sui mercati mondiali vede ogni mese il margine operativo lordo ridursi e senza margine non si possono affrontare investimenti per mantenere o aumentare la competitività e si perdono quote di mercato che poi è quasi impossibile recuperare.

  9. Luca

    Secondo me la schizofrenia è identificabile nei seguenti comportamenti:
    1. eseguire delle politiche procicliche di austerità che ovviamente aumentano la disoccupazione;
    2. raggiungere il pareggio nella bilancia dei saldi correnti con l’estero ovviamente grazie alla svalutazione del fattore lavoro (ovvero alla disoccupazione);
    3. lamentarsi della disoccupazione giovanile al 40%;
    4. introdurre una legge che tramite la precarietà svaluta ulteriormente il fattore lavoro e ovviamente fa calare la domanda aggregata, per quel meccanismo che se diminuisci gli stipendi reali alle persone poi quelle spendono meno (ma che strano!).

  10. Amegighi

    Da neurologo definisco la schizofrenia con:
    a) sintomi positivi: deliri, allucinazioni, disturbi nel pensiero e disturbi nel movimento. Sostanzialmente la “perdita di contatto con la realtà”.
    b) sintomi negativi: umore piatto, scarso eloquio, perdita nel piacere della vita, perdita nella capacità di iniziare e sostenere attività pianificate
    c) sintomi cognitivi: ridotta capacità “esecutiva”, disturbi nell’attenzione, disturbi nella memoria esecutiva o di “lavoro” (cioè quella che si utilizza immediatamente dopo l’apprendimento.

    Direi che ci siamo pienamente come Sintomi Positivi e Sintomi Cognitivi.
    Siamo assolutamente all’opposto come Sintomi Negativi.
    E’ tutto un susseguirsi di piacevoli, sorridenti e dotte spiegazioni con slides, interviste, discorsi, dialoghi e contraddittori, di una realtà assolutamente delirante che non combacia con la realtà fattuale o reale, dove osservo e noto il progressivo scivolamento verso il burrone di questa zolla di terra che si chiama Italia.

  11. josef sezzinger

    Perché non uniformare la normativa sia per il dipendente pubblico sia per quello privato? Perché non adottare una normativa del lavoro simile a quella Svizzera? In Svizzera non esiste il dualismo tra contratto a tempo determinato e quello a tempo indeterminato, semplicemente cambia la lunghezza del termine di preavviso per l’eventuale licenziamento in funzione dell’anzianità di servizio. In Svizzera non esiste il concetto di “giusta causa” o “giustificato motivo”. Certamente il licenziamento è sempre un momento di grande tensione e non è augurabile a nessuno, però bisogna anche invertire una cultura tipica dell’Italia e che in Svizzera non esiste: il posto di lavoro non è una forma di assistenza sociale a cui tutti hanno diritto indipendentemente dalle capacità e dall’impegno personali; va guadagnato e mantenuto con sforzi quotidiani perché nessuna azienda normale licenzia un lavoratore valido e collaborativo. La licenziabilità del dipendente senza la cosiddetta “giusta causa” realizzerebbe quel processo di selezione continua e stimolerebbe chiunque a dare il meglio di sé, partecipando e concependo il destino della azienda in cui lavora come proprio, insomma a essere un vero collaboratore anziché uno “scollaboratore” come ne esistono molti in Italia.
    Perché le aziende possono anche essere posti piacevoli da frequentare se il clima è collaborativo e questo si può raggiungere solo con i fatti, solo con aziende che funzionano e che possono stare sul mercato. Tutto questo è però possibile a partire da una radicale riforma sia del sistema inefficiente e super burocratizzato dei Centri per l’Impiego, sia della fiscalità che grava sulle buste paghe. E’ grave che i vari Governi provvedano a riformette stratificando regole sempre più complesse e non corrispondenti alle esigenze pratiche. Altrettanto grave è procedere per Decreti Legge sulla base di una immaginaria urgenza per una normativa così sensibile ed importante come quella del Lavoro. Purtroppo siamo in Italia e ormai non ci stupiamo più di niente.

    • rob

      josef hai forse visto nella vergognosa vicenda FIAT una rivolta della base sindacale? In pratica gli iscritti al sindacato hanno chiesto lumi al sindacato che doveva proteggere la loro professionalità? La risposta è NO! 40 anni di “scollaborazione” io aggiungerei anche di sistematico sabotaggio ( l’imprenditore in Italia è definito “padrone” nel linguaggio sindacale) hanno creato una cultura a interi nuclei familiari: quella di diritti senza doveri. Napoli ci regala tuttora “Associazione Lavoratori Disoccupati” in pratica una associazione che per continuare ad esistere deve agire in maniera che ci siano disoccupati altrimenti sparirebbe. Follia allo stato puro! Inoltre non dimentichiamo che a questo Paese manca una vera classe imprenditoriale questo ha fatto si che per tirare a campare ha “inciucciato” con i sindacati stessi. Basterebbe ricordare che negli anni’70 mentre sindacati tedeschi e VW creavano quel grande progetto di rilancio in atto tuttora che si chiama Golf, La FIAT con i sindacati facevano quel patto scellerato e senza futuro dell’ Alfa Sud e dell’Arnia. Basta questo paragone per capire chi ha agito di cervello per il bene della comunità e chi ha sattolato la panza con una minestra fredda insipida per prendere per il sedere dei disperati. E’ finita!! Ma non prendiamocela con i “politici” perchè il marcio in questo Paese è più nel brodo che nella carne…..la carne si adegua!!

  12. PierGiorgio Gawronski

    No, i motivi d’urgenza non ci sono! Chiaro che risolvere il problema della disoccupazione è ‘urgente’. Ma il legislatore costituzionale aveva inteso i termini ‘necessità e urgenza’ con rif.to a eventi straordinari ed improvvisi, come le catastrofi naturali, non alle ordinarie politiche di un governo. Accettare l’abuso sistematico della Costituzione (di cui i DDL sono solo un aspetto) significa, da parte della tecnocrazia, tradire l’impegno morale con il popolo, ma anche favorire pasticci come il decreto in oggetto. Che è passato senza che ci sia stato un minimo di discussione nel paese: prodromi del monocameralismo maggioritario che verrà.

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