Per risolvere i guai prodotti dal Patto di stabilità non è sufficiente riavviare il programma di investimenti pubblici in infrastrutture europee transnazionali. Sono difficili da realizzare, il loro impatto macroeconomico è modesto e riguardano solo una parte del capitale pubblico. Né danno maggiore trasparenza ai bilanci pubblici. Da ampliare, invece, il ruolo della Bei. La proposta del ministro Giulio Tremonti di riavviare il piano Delors, un programma di investimenti pubblici in infrastrutture europee transnazionali, è un passo nella giusta direzione, ma del tutto insufficiente. Le conseguenze del Patto Il Patto di stabilità, che giustamente il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ha definito una regola “stupida”, ha prodotto due conseguenze negative: 1) una forte caduta degli investimenti pubblici, perché non distingue tra investimenti e spesa corrente e i Governi hanno tagliato i primi più spesso che la seconda; 2) un incentivo a spostare gli investimenti pubblici fuori bilancio: così se ne sono salvati alcuni , ma si è intaccata la credibilità dei conti pubblici. Calcolare a quanto ammontino oggi in Europa gli investimenti pubblici netti, cioè quelli che accrescono lo stock di capitale pubblico, non è facile: nessun Paese produce stime del capitale pubblico e del tasso di deprezzamento. Uno studio della Bundesbank (1) suggerisce che in Germania siano oggi vicino a zero. Alcuni, ad esempio Klaus Regling, il capo della direzione generale degli Affari economici della Commissione (Corriere della sera 16 giugno 2003), ritengono che un minor volume di capitale pubblico sia un bene: lascia più spazio agli investimenti privati i quali sono sostituti del capitale pubblico. È una idea sbagliata: innanzitutto perché la sostituibilità è limitata (i privati non costruiscono scuole e università, almeno non in Europa); inoltre perché l’evidenza empirica suggerisce che capitale privato e pubblico sono complementari: la produttività del capitale privato è proporzionale allo stock di capitale pubblico, come capisce facilmente chiunque percorra una strada del Nord-Est. Piano Delors, utile ma non sufficiente Il Piano Delors non risolve questo problema. Le reti transnazionali, sebbene in molti casi utili, hanno tre problemi: 1) il loro impatto macroeconomico è modesto, mezzo punto del Pil europeo; 2) sono difficili da realizzare perché richiedono un forte coordinamento tra Paesi, e infatti a oltre dieci anni dalla proposta di Jacques Delors quasi nulla è stato realizzato; 3) riguardano solo una parte di capitale pubblico, non le scuole ad esempio. Né il Piano Delors-Tremonti risolve il problema della sempre minor trasparenza dei bilanci pubblici: i paesi come l’Italia, che hanno creato veicoli esterni al bilancio (Infrastrutture spa), stanno trasferendo fuori dal Patto buona parte degli investimenti pubblici. Penso che agenzie come Infrastrutture Spa possano essere uno strumento efficace per la gestione degli investimenti pubblici, ma questo deve avvenire in modo trasparente. L’efficacia delle agenzie dipende ad esempio dagli incentivi dei loro manager: ma poiché il problema principale è l’elusione del Patto, questioni importanti come la gestione delle agenzie sono del tutto trascurati. Vi è un aspetto del piano Tremonti-Delors che dovrebbe essere salvato: la partecipazione della Banca europea degli investimenti al finanziamento delle opere, che offre una garanzia all’incentivo dei politici di farle solo a scopo elettorale. Ma la partecipazione della Bei potrebbe essere prevista per ogni forma di investimento pubblico escluso dai vincoli del Patto, non solo per le reti transnazionali. Insomma, un passo nella giusta direzione, ma sostanzialmente inefficace a risolvere i guai che il Patto sta producendo. (1) Wendorff, K. (2000), “The Discussion of a National Stability Pact in Germany”, Deutsche Bundesbank. Per saperne di più In allegato un working paper di Blanchard,O e Giavazzi,F sulle possibili riforme del Patto di Stabilità e Crescita (SGP)
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