Molte le novità nella proposta di riforma costituzionale elaborata dai quattro saggi a Lorenzago e approvata dal Consiglio dei ministri. Il mero elenco basta a indicarne la portata, si va dal premierato al Senato federale, al presidenzialismo. Ma sul federalismo, l’attuazione del Titolo V, questo nuovo progetto rimette in discussione e contraddice i precedenti, elaborati dalla stessa maggioranza. Aumenta così la confusione, mentre a procedere speditamente nel suo iter parlamentare è solo il progetto di devolution di Umberto Bossi.

Dopo il giudizio negativo della Conferenza dei presidenti delle Regioni, il Consiglio dei ministri del 10 ottobre 2003 ha definitivamente approvato il disegno di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.

Il testo appena licenziato è identico a quello che era stato esaminato in via preliminare nella seduta del 16 settembre scorso ed è ora pronto per affrontare l’iter parlamentare di approvazione secondo la procedura prevista dall’articolo 138 della Costituzione.

Si tratta di un progetto di riforma costituzionale, che modifica trentacinque articoli della seconda parte della Costituzione.

Le novità

L’elenco delle principali novità comprende: il bicameralismo asimmetrico, con l’introduzione del Senato federale, i cui membri saranno eletti con il sistema proporzionale fra coloro che hanno ricoperto o ricoprono cariche pubbliche elettive all’interno degli enti territoriali o sono stati eletti senatori o deputati della stessa Regione. La “composizione federale” per la Corte costituzionale. La riduzione del numero dei parlamentari. La proposta di devolution di Umberto Bossi su sanità, istruzione e polizia locale (vedi proposta di devolution). Lo status di Roma capitale. L’abrogazione del federalismo asimmetrico come previsto dall’attuale articolo 116. Un nuovo meccanismo di elezione per il capo del Governo. Una norma antiribaltone per cui il primo ministro può incidere in maniera significativa sullo scioglimento della Camera dei deputati. Un nuovo meccanismo elettivo anche per il Presidente della Repubblica, l’interesse nazionale tutelato sia dal Senato federale che dal Presidente della Repubblica. Il referendum confermativo obbligatorio per tutti i procedimenti di revisione costituzionale.

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Il federalismo

Il mero elenco basta a indicare la portata dirompente delle novità che si vorrebbero introdurre. Qui ci limitiamo a considerare le principali questioni per quel che riguarda il faticoso processo di attuazione del federalismo in Italia.

In primo luogo, il nuovo progetto risponde a una esigenza da più parti avanzata di “completare” la riforma costituzionale italiana prevedendo una Camera delle Regioni. Il modo con cui lo fa suscita però serie perplessità, come indicato dalla discussione negli articoli qui a fianco (vedi Balboni e Brosio).

In secondo luogo, da quello che si capisce, il nuovo disegno di legge rende obsoleto l’altro approvato dal Consiglio dei ministri l’11 aprile 2003 (vedi Cernaglia del 17-04-03), il cui iter parlamentare tuttavia non è mai iniziato.

Infatti, quel disegno di legge proponeva di riformare il Titolo V determinando la scomparsa delle competenze concorrenti fra Stato e Regioni a favore di quelle esclusive. Al contrario, il disegno di legge appena approvato lascia invariato elenco delle competenze concorrenti (anche su questioni come l’energia o l’ordinamento delle comunicazioni) e anzi fa della distinzione tra concorrenti e esclusive il cuore del riparto delle funzioni tra le due Camere.

Infatti, e questo è il terzo punto, non solo l’articolo 117 viene modificato secondo la proposta di Bossi, ma “diventa disposizione-parametro” per il bicameralismo asimmetrico. La determinazione dei principi fondamentali entro i quali dovrà esercitarsi la funzione legislativa concorrente delle Regioni diventa prerogativa del Senato federale, mentre la prima Camera si occupa delle funzioni esclusive dello Stato.

In quarto luogo, segue necessariamente che la nuova proposta rimette in discussione anche il faticoso percorso di attuazione della riforma del Titolo V previsto dal decreto legge La Loggia, recentemente approvato definitivamente dal Parlamento. Questa legge demandava al Governo l’emanazione entro un anno dei decreti legislativi ricognitivi dei principi fondamentali per l’esercizio delle competenze concorrenti da parte delle Regioni. Nella nuova costruzione costituzionale, invece, questa ricognizione dovrebbe diventare compito esplicito della nuova Camera.

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La situazione si presenta dunque assai confusa e nessuno sa esattamente quale sarà il destino di questa ennesima proposta di riforma.

È dunque opportuno ricordare che nel frattempo soltanto il progetto di devolution di Bossi sull’articolo 117 (si veda Cernaglia del 27-02-03) ha proceduto velocemente nel suo iter parlamentare.

Il disegno di legge ha già avuto la prima votazione del Senato e la doppia votazione alla Camera: potrebbe riapparire in qualunque momento per il rush finale (magari come “merce di scambio” rispetto a qualche altra proposta di legge della maggioranza).

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