Non è vero che gli europei lavorano meno degli americani perché sono pigri o perché hanno scelto di godersi la vita. I dati suggeriscono che le asimmetrie fra Europa e Stati Uniti derivano dalle politiche pubbliche più che da libere scelte individuali. Il basso tasso di partecipazione al lavoro degli anziani è semplicemente il risultato di sistemi pensionistici generosi. Mentre la scarsa occupazione di giovani e donne riflette una regolamentazione del mercato del lavoro che protegge gli occupati, escludendo molte altre persone dal lavoro. Nell’Unione europea, il reddito medio pro capite è più basso del 30 per cento circa rispetto agli Stati Uniti. Il divario è dovuto quasi interamente al fatto che gli europei lavorano meno degli americani: il prodotto per ora lavorata è infatti pressappoco lo stesso tra le due sponde dell’Atlantico. Perché sono poche le ore lavorate Ma perché gli europei lavorano così poco? È opinione diffusa (si veda Blanchard) che questo rifletta semplicemente le loro preferenze: gli europei scelgono di lavorare meno degli americani perché più di loro apprezzano il tempo libero. Se così fosse, ne deriverebbero implicazioni politiche profonde. Gli europei non dovrebbero preoccuparsi del divario di reddito con gli Stati Uniti perché il reddito non sarebbe una misura adeguata del benessere. Né dovrebbero preoccuparsi perché lavorano un numero minore di ore, dal momento che si tratterebbe di una loro scelta. Piuttosto, dovrebbero compatire i poveri americani, incapaci di comprendere che cosa è davvero importante nella vita. Purtroppo, però, questa visione panglossiana del mercato del lavoro in Europa non è confermata da una attenta analisi dei dati. Nel complesso, i dati suggeriscono che la ragione principale per cui gli europei lavorano meno degli americani è che molte persone in Europa non lavorano affatto. Certo, il lavoratore medio europeo ha una settimana lavorativa più breve e meno settimane lavorative in un anno dei colleghi americani. Ma questo non è il fattore più importante (vedi Tabasso). Scelte politiche, non individuali Se consideriamo come fattori quali il sesso o l’età incidano sulle scelte di lavoro, di nuovo troviamo differenze sistematiche tra Europa e Stati Uniti. In Europa, la quota di donne in età lavorativa che lavora è del 10 per cento inferiore a quella degli Stati Uniti, mentre la proporzione di persone sopra i cinquantacinque anni ancora al lavoro è del 19 per cento più bassa. La differenza nel tasso di disoccupazione è in gran parte dovuta alla maggiore disoccupazione giovanile in Europa. Mentre la prevalenza del lavoro part-time fra le donne, i giovani e gli anziani è di gran lunga maggiore in Europa. E il calo di ore lavorate per lavoratore verificatosi negli anni Novanta in alcuni paesi europei Olanda, Irlanda e Germania riflette appunto l’incremento dell’occupazione femminile. In altre parole, la politica, non la psicologia, spiega le differenze tra Europa e Stati Uniti. Quanto prima ci renderemo conto di questo fatto, tanto più saremo capaci di eliminare le distorsioni che costringono tanti europei a rimanere poveri e fuori del mercato del lavoro. * Una versione preliminare di questo articolo è apparsa sul Financial Times del 4 giugno 2004
Cerchiamo di chiarire i fatti.
Le ore lavorate sono relativamente basse nei grandi paesi dell’Europa continentale: Francia, Germania, Italia e Spagna. Utilizzando dati Ocse, possiamo scomporre in due componenti il divario di ore lavorate in media tra questi paesi e gli Usa. Primo, l’Europa ha un più basso tasso di occupazione. La quota di popolazione attiva che lavora è minore rispetto agli Usa. Questo fattore spiega circa due terzi del divario con gli Stati Uniti. Secondo, il lavoratore medio europeo lavora un numero di ore inferiore: questa componente, che spiega il restante terzo del divario, riflette in parte la diffusione del lavoro part-time in Europa. Un quarto della differenza in ore lavorate per lavoratore tra Stati Uniti e i quattro grandi paesi europei è attribuibile al part-time. Nel caso della Germania, arriva a spiegare quasi metà della differenza.
Tutti questi fatti indicano che le peculiarità europee hanno a che vedere più con le politiche pubbliche che con libere scelte individuali. Il basso tasso di partecipazione al lavoro degli anziani è semplicemente il risultato dei generosi sistemi pensionistici europei. E il basso tasso di occupazione tra i giovani e le donne riflette una regolamentazione del mercato del lavoro che protegge gli occupati e accresce il loro potere contrattuale, ma che esclude gli altri dal lavoro. Anche la media più bassa di ore lavorate tra gli occupati non prova che gli europei hanno una maggiore preferenza per il tempo libero. Al margine, un’ora di lavoro in Europa è tassata con un’aliquota di circa il 50 per cento, contro il 30 per cento degli Stati Uniti, con un potere di acquisto nettamente inferiore. Gli incentivi più deboli, e non la diversità nelle preferenze, spiegano perché il giorno lavorativo è più corto in Europa. Ancora una volta, questo è legato a politiche pubbliche e in larga parte a politiche redistributive che beneficiano gli anziani. Sempre le politiche pubbliche l’imposizione per legge delle 35 ore settimanali spiegano perché la Francia sia l’unico paese dell’Unione europea dove negli ultimi anni si è verificata una sensibile riduzione delle ore lavorate per i lavoratori a tempo pieno.
Insomma, l’idea che gli europei lavorano meno perché sono pigri o perché hanno scelto di godersi la vita è un’illusione. Alcuni europei riescono in effetti a stare a casa a godersi il tempo libero, ma altri ne pagano il prezzo. E molti europei sarebbero ben contenti di lavorare per una paga inferiore rispetto a quella di chi è già occupato, ma sono esclusi dal mercato del lavoro. Questa situazione è il risultato dell’influenza politica di sindacati che rappresentano solo chi ha già un lavoro stabile e dei beneficiari dei sistemi pensionistici pubblici, non della libera scelta del cittadino medio europeo.
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