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Fuga dalle riforme

Il rinvio dell’entrata in vigore della riforma al 2008 lascia aperta la possibilità che si verifichino consistenti “fughe” verso il pensionamento da parte dei lavoratori preoccupati di venir bloccati da regole più restrittive quanto all’età di pensionamento. Una recente indagine della Fondazione Rodolfo Debenedetti permette di valutare l’entità di questi timori e di stimare il rischio di fughe comportato dall’”effetto annuncio”.

Nei mesi d’autunno dello scorso anno, nel pieno del dibattito sulla riforma previdenziale (e quando l’approvazione sembrava imminente), era già stato segnalato (si veda Boeri-Brugiavini 18 settembre 2003) il rischio comportato dal cosiddetto “effetto annuncio”. L’intenzione di modificare le regole previdenziali future, infatti, potrebbe indurre fughe verso il pensionamento da parte dei lavoratori “spaventati” dal timore di essere costretti a lavorare più a lungo. Questo potrebbe comportare aggravi di spesa capaci di vanificare, almeno parzialmente, i risparmi attesi dalla riforma.

Le percezioni del “rischio politico”


I primi dati relativi alle domande di pensione d’anzianità forniti dall’Inps per il primo trimestre 2004 sembrano confermare questo timore (si veda Boeri-Brugiavini, 13 maggio 2004). Ma è poi vero che gli italiani temono di dover rimandare il proprio pensionamento a causa delle riforme previdenziali? Sembrerebbe di sì, almeno stando ai dati di una recente indagine della Fondazione Rodolfo Debenedetti, sulle opinioni degli italiani in materia di previdenza pubblica e privata. Quasi il 45% degli intervistati, infatti, indica nel timore di nuove riforme il principale fattore che determinerà la scelta di pensionamento. Seguono, invece, le ragioni di tipo personale o familiare e quelle di calcolo economico. Inoltre, come evidenziato dal grafico qui sotto, il timore è più sentito (si arriva al 50%) proprio dagli individui che prevedono di andare in pensione relativamente presto, ovvero a 60 anni o prima.



Utilizzando questi dati è possibile effettuare una prima valutazione della rilevanza del temuto “effetto annuncio” stimando il numero di italiani che, per età anagrafica, età di pensionamento prevista e timore delle riforme, presentano maggiori aspetti di “criticità”. 
I soggetti intervistati che hanno un’età vicina a quella potenziale di pensionamento (almeno 54 anni ora, cioè almeno 57 anni nel 2007, prima dell’entrata in vigore della riforma), che temono le riforme e che vogliono andare in pensione relativamente presto, sono una percentuale rispetto all’intero campione che oscilla, in maniera statisticamente significativa, tra l’1.3% e il 3%. L’ampiezza della forbice di questa stima si spiega con la dimensione del campione dell’indagine che impedisce di pervenire a stime puntuali statisticamente affidabili a questo livello di dettaglio.
Se si rapporta questo intervallo all’universo di riferimento dell’indagine – la popolazione italiana di età compresa tra i 18 e i 79 anni – il numero di italiani “spaventati” con più di 54 anni varierebbe tra 580 mila e 1 milione 300 mila persone. Ripetendo lo stesso calcolo per coloro che hanno già 57 anni nel 2004, che si dichiarano “spaventati” dalle riforme e che intendono andare in pensione a 60 anni o prima, quindi entro il 2007, otteniamo un numero che varia tra i 215 mila e i 830 mila individui.

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Requisiti contributivi


L’età anagrafica, la preoccupazione per i mutamenti nelle regole previdenziali e l’intenzione di andare in pensione relativamente presto non sono però sufficienti per ritirarsi effettivamente dal lavoro. Occorre aver accumulato anche un’anzianità contributiva adeguata: quanti individui di questi due gruppi di potenziali pensionati potranno effettivamente ritirarsi dal lavoro? Purtroppo, dati certi a questo proposito sono a disposizione dell’Inps, ma non vengono resi pubblici. I dati dell’indagine Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane ci dicono, tuttavia, che circa il 40% degli italiani con un’età pari o superiore ai 54 anni ha un’anzianità contributiva sufficiente ad andare in pensione nel 2008 (cioè almeno 32 anni nel 2004). Applicando questa percentuale alla popolazione dei potenziali pensionati di cui sopra,  otteniamo che sarebbero tra i 230 mila e i 520 mila gli italiani che potrebbero andare in pensione prima del 2008 e che sembrano intenzionati a farlo per via del rischio di cambiamenti futuri delle regole. 

Potenziali costi per le casse previdenziali

Quale spesa aggiuntiva comporteranno queste “fughe” da qui al 2008? Dipende da quando, tra oggi e il 2007, queste si verificheranno effettivamente. Volendo avere un’idea dei costi, con una prestazione media annua di 7.500 euro (dato Inps per il 2003) si può arrivare – se si utilizza il limite superiore di 520 mila individui e si ipotizza che scelgano tutti di andare in pensione già dal prossimo anno – a stimare un valore massimo di circa 12 miliardi di euro, quasi un punto di Pil.
Dove si collocherà l’aumento effettivo di spesa? Senz’altro al di sotto di questa stima massima, ma il rischio che le “fughe” assorbano una parte consistente dei risparmi esiste, ed è tutt’altro che irrilevante. Così come non trascurabile è la componente di popolazione preoccupata dall’incertezza del loro futuro previdenziale: riuscirà la “certificazione dei diritti acquisiti” nell’obiettivo di stemperarne i timori?  Certamente il continuo parlare di chiusura di finestre verso le anzianità già nel 2005 non è d’aiuto.

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Sommario 26 luglio 2004

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A proposito di povertà e disuguaglianza

  1. Francesco Parini

    Siamo nel bel mezzo di una situazione disastrosa sotto tutti i punti di vista.
    Le aziende licenziano,lo stato desidera,per motivi di cassa,innalzare l’età pensionabile,migliaia di posti di lavoro sono cancellati,il sistema fatica a trovare risorse per pagare le pensioni,gli italiani non lavorano dopo il pensionamento,ma solo in nero.
    Bisogna darsi da fare un pò tutti dalla classe politica agli economisti illuminati.
    I lavoratori che scelgono di esercitare un’attività autonoma,dopo aver raggiunto i requisiti per la pensione,poichè rischiano in proprio possono cumulare pensione più reddito di attività autonoma.
    I lavoratori che dopo aver raggiunto i requisiti della pensione possono proseguire il rapporto come lavoratori dipendenti,non godere della pensione ma usufruire dell’aumento dei contributi pensionistici nella busta paga.
    Lo stato deve sfruttare….la potenzialità delle persone,ancora in buona salute,in grado di contribuire alla crescita economica.
    Per motivi burocratici rischiamo di perdere ancora una volta l’autobus.

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