Nonostante la più diffusa consapevolezza ambientale, è ancora l’aumento del prezzo del petrolio il maggior fattore di risparmio energetico. Mentre in questo campo scendono gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo, le fonti rinnovabili resteranno relativamente insignificanti almeno per i prossimi vent’anni. Anche perché nessuno dei nuovi sistemi energetici sembra in grado di sostituire le fonti fossili in termini di costi e quantitativi. E l’ipotesi idrogeno procede con gli stessi tempi del volo umano su Marte.

Le turbolenze sul mercato del greggio rendono opportuna qualche pacata riflessione sugli scenari energetici futuri.
La persistente crescita del prezzo del petrolio ripropone infatti la questione della sostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, crucialmente basato sul consumo di fonti fossili di energia. Ma mentre la preoccupazione generale è, come sempre, concentrata sugli effetti di breve periodo su crescita e inflazione, resta ancora scarsa l’attenzione dedicata a questioni di fondo come le opzioni energetiche possibili per le prossime decadi.

Tutta questione di prezzo

Gli esperti concordano sul fatto che il petrolio, o più in generale le fonti fossili di energia, saranno in giro ancora per parecchio tempo. Dagli anni Settanta a oggi, la preoccupazione ambientale-climatica si è affermata e ha portato a politiche di regolamentazione. Ma resta ancora vero che il maggiore fattore di risparmio energetico è l’aumento del prezzo del petrolio: è questo l’elemento che induce e ha indotto una riduzione dell’intensità energetica dei processi produttivi, e come tale ha contribuito a contenere le emissioni di gas-serra. Altrettanto vero è che nessuna nuova opzione energetica su larga scala, in particolare nel campo della generazione elettrica, la più energivora delle attività produttive, è stata introdotta negli ultimi trent’anni. Se si eccettua il nucleare. (1)

Quanto alle fonti rinnovabili, Chip Goodyear, amministratore delegato di Bhp Billiton, società globale attiva nel settore delle risorse naturali, ha dichiarato al recente World Energy Congress di Sydney, che le fonti energetiche verdi resteranno relativamente insignificanti almeno per i prossimi venti anni. Le previsioni dicono che i combustibili fossili saranno l’87 per cento delle fonti primarie di energia, un punto percentuale in più di oggi. Sulla scia della corsa del prezzo del petrolio di quest’anno infatti non saranno probabilmente intrapresi investimenti in rinnovabili: i prezzi dell’oro nero dovranno restare alti a lungo perché qualcosa cambi. “L’industria ha bisogno di altre brutte notizie dal prezzo del petrolio perché si sposti sulle fonti rinnovabili”, sostiene Andrew Oswald, professore di Economia all’università di Warwick. Una recente pubblicazione dell’Iea, l’agenzia internazionale dell’energia dell’Ocse, nota che la quota di finanziamento pubblico alla ricerca e sviluppo in campo energetico destinata alle rinnovabili è decrescente, in contraddizione con le asserite intenzioni di molti governanti dei paesi sviluppati. (2)

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Le fonti rinnovabili nel mondo

Nel mondo, le rinnovabili coprono solo il 2,1 per cento degli usi energetici. Ciò nonostante molti paesi si stanno muovendo: il ministro dell’Industria spagnolo ha annunciato lo scorso agosto l’obiettivo di accrescere del 12 per cento entro il 2010 la quota delle rinnovabili sul consumo primario di energia, particolarmente energia solare e produzione di biodiesel. Così il governo giapponese ha predisposto un piano per l’incremento dell’uso delle biomasse con obiettivi specifici di aumento della generazione elettrica al 2010. (3) Gli inglesi, sempre entro il 2010, dovrebbero produrre con fonti rinnovabili il 10 per cento dell’elettricità. Questa quota è già pari al 20 per cento in Danimarca, soprattutto energia eolica. (4) L’Energy Information Administration statunitense ha simulato gli effetti della proposta McCain-Lieberman di introdurre un tetto alle emissioni di gas-serra sulla quantità di rinnovabili utilizzate: nel 2025 esse sarebbero il doppio di quanto proiettato nel caso di assenza del tetto. Infine, il nostro paese ha introdotto l’obbligo per i produttori di elettricità di garantire a partire dal 2002 una quota pari al 2 per cento della generazione termoelettrica con nuova elettricità generata da fonti rinnovabili.
Tutto bene, dunque? Non proprio, come mostra il fatto che la Commissione europea ha deciso alcuni mesi fa di abbandonare gli obiettivi di produzione di energia a mezzo di rinnovabili fissati per il 2010 (12 per cento nei paesi dell’Unione europea a 15 e 21 per cento nei paesi dell’Unione a 25), in quanto non raggiungibili, e ha rinunciato per il momento a fissarne dei nuovi per il 2020. Una brutta figura addebitata ai responsabili dei paesi membri che non hanno mostrato la capacità e la determinazione di voler raggiungere gli obiettivi prefissati. Se ne riparlerà nel 2007.

Tempi lunghi per l’idrogeno

In sostanza, non pare al momento esservi alternativa che, in termini di tempo, costi e quantitativi, possa sostituire l’oro nero in tempi ragionevoli. Dei nuovi sistemi energetici ipotizzati all’indomani del primo shock petrolifero, dalla fusione e fissione nucleare, dai bio-carburanti alle varie fonti rinnovabili – solare, geotermico, eolico, biomasse – nessuno è emerso come l’alternativa con la “a” maiuscola.
Pensare all’idrogeno, e alle automobili con celle a combustibile, significa adottare un orizzonte che parte dal 2035 in poi. Diceva Scientific American del maggio 2004: “Ci si può aspettare che lo sviluppo di auto con celle a combustibile, al contrario delle cosiddette ibride, proceda secondo gli stessi tempi del volo umano su Marte progettato dalla Nasa e che abbia lo stesso grado di probabilità”.

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(1) Queste considerazioni sono contenute, e ampiamente argomentate, in “The Outlook for Energy Three Decades After the Energy Crisis”, lavoro presentato da uno dei massimi esperti mondiali, William D. Nordhaus, all’International Energy Workshop di Parigi dello scorso 22-24 giugno 2004. Il paper è scaricabile dall’indirizzo www.iiasa.ac.at/Research/ECS/IEW2004/docs/2004A_Nordhaus.pdf.

(2) Questo aspetto è messo chiaramente in evidenza in una recente pubblicazione della IEA-AIE, Renewable Energy – Market and Policy Trends in IEA Countries, Parigi: IEA, 2004.

(3) Si veda il recente rapporto dell’Ocse, Biomass and Agriculture: Sustainability, Markets and Policies, Parigi: OECD, 2004.

(4) A parte considerazioni di costo, le varie fonti rinnovabili non presentano solo vantaggi. La produzione di nuova energia idroelettrica ed eolica, per esempio, reca con sé rilevanti problemi di impatto ambientale. Sulla seconda si veda l’interessante articolo “Ill winds”, The Economist del 29 luglio 2004.

 

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