L’attuale sistema delle tariffe autostradali, difeso con tanta passione da Gian Maria Gros Pietro, risponde a qualche criterio di efficienza allocativa o potrebbe essere utilmente riformato al fine di migliorare il sistema dei trasporti italiani nel suo complesso? Due sono i principali aspetti problematici: l’assenza di una qualsivoglia relazione tra l’attuale sistema tariffario e la politica dei trasporti e la dubbia efficienza di un sistema di tariffe che riguarda solamente una parte della rete stradale, sebbene la più qualificata.

Il doppio ruolo dei pedaggi autostradali

Le autostrade rappresentano oggi il sistema più strategico del paese per la mobilità di lunga distanza, ma non solo per quella. (1) Viceversa, l’attuale assetto tariffario è esclusivamente dominato dall’esigenza di remunerazione dei gestori e di finanziamento degli investimenti. Problemi di ripartizione modale, o di tipo ambientale, o di ottimizzazione complessiva dell’uso della rete non sono nemmeno considerati.
Eppure, il tuttora vigente Piano generale dei trasporti e della logistica, seguendo le linee indicate dalla Commissione europea, prevedeva esplicitamente che il principale compito delle tariffe autostradali dovesse essere quello di promuovere l’efficiente allocazione del traffico, cioè di ridurre la congestione e accrescere la sicurezza, separando il più possibile il traffico pesante da quello delle auto, ma anche di accrescere la sostenibilità ambientale del sistema di trasporto. (2)
Nel Pgtl si manifestava scetticismo circa la concreta possibilità di procedere a un’ottimizzazione generalizzata del sistema delle tariffe. Si riteneva, invece, possibile procedere in modo graduale per muovere il sistema nella direzione auspicata.
A tale fine si suggeriva di “separare” il livello e la dinamica delle tariffe percepite dai gestori, che hanno il compito di garantire l’equilibrio finanziario degli stessi (compreso di un ragionevole rendimento sugli asset impiegati), dal livello e dalla dinamica dei pedaggi pagati dall’utenza.
Per definire gli introiti percepiti dai gestori, su cui poi applicare il price cap, il traffico previsto dai concessionari doveva essere perciò reso certo, trasformandolo in “traffico virtuale“, sulla base del quale calcolare i corrispettivi di cui i concessionari debbano godere. In questo modo, i gestori verrebbero isolati dal rischio determinato dalle scelte allocative della pubblica autorità, mentre il rischio di impresa sarebbe dovuto permanere pieno sui parametri di efficienza produttiva e qualitativa propri del price cap.
Tra l’altro, al di là delle scelte allocative, il traffico autostradale non dipende certo dall’efficienza del concessionario, ma dall’andamento dell’economia, dal prezzo della benzina, dalle alternative stradali o di altri modi di trasporto e così via: tutte variabili al di fuori del controllo del concessionario. (3) Che i concessionari si siano a lungo opposti al metodo proposto nel Pgtl e abbiano voluto mantenere su di sé un rischio sostanzialmente fuori dal loro controllo può essere legittimamente interpretato come un forte indizio che l’attuale impianto regolatorio offre abbondanti garanzie sui ricavi.

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Una tariffazione generalizzata

Il secondo problema è quello dell’inefficienza intrinseca di imporre tariffe solo su parte della rete stradale, quando esistono estesi collegamenti con caratteristiche molto simili (svincoli, numero di corsie, eccetera). Anche in questo caso, le raccomandazioni europee (e il buon senso) non lasciano dubbi: occorre muoversi verso “tariffe efficienti” per l’intera mobilità su gomma. La tecnologia è già sperimentata: si tratta di sistemi satellitari che azionano “tassametri di bordo” in tempo reale, e inducono gli utenti a scelte “razionali” (almeno in relazione alla situazione presente) di orari e percorsi su tutte la rete. Occorre cioè che le tariffe rispecchino la politica complessiva dei trasporti. Ma anche la più semplice tecnologia delle “targhe elettroniche”, cioè di trasponder resi obbligatori (il costo di tali dispositivi e dei relativi “lettori” è oggi irrisorio) può estendere gradatamente il sistema di pedaggi all’intera rete stradale.
In questa direzione si muove con decisione il “Patto per la logistica“, sottoscritto l’11 luglio 2005 anche dall’associazione dei gestori autostradali (Aiscat), oltre che da Anas e da Confindustria (di cui fa parte Federtrasporto, presieduta da Gros Pietro). Tra gli interventi prioritari per l’autotrasporto, il Patto prevede proprio l’avvio di un road pricing “da estendere a interi corridoi e alle aree dei grandi centri urbani, con una differenziazione in base alla qualità delle infrastrutture” e “uno schema di pedaggi articolato in modo tale da separare il traffico passeggeri da quello merci e quindi da incoraggiare il traffico pesante nelle ore notturne”.

Un’occasione da non perdere

Dunque, l’unico vero documento di politica dei trasporti messo a punto nel corso della legislatura che sta per finire si riallaccia, sulla questione delle tariffe (auto)stradali, al Piano messo a punto nella legislatura precedente, esprimendo una continuità di indirizzi che supera la diversità delle maggioranze politiche. C’è da augurarsi che tale continuità prosegua nella prossima legislatura e che si passi finalmente dai buoni propositi all’attuazione delle misure necessarie. Certo, molto dipenderà dall’atteggiamento più o meno collaborativo dei concessionari autostradali, tra i quali va assumendo forza il nuovo capitalismo delle province, attirato dai copiosi cash flow garantiti dall’attuale meccanismo di regolazione delle tariffe. Così come dipenderà dal se e dal come verranno concretamente attuate le disposizioni della Legge finanziaria 2005 in materia di nuove strade a pedaggio e dal se e dal come verranno attuate le disposizioni della legge 203 del 2 dicembre 2005 (articolo 6 ter) in materia di subconcessioni da parte dell’Anas di tratte stradali e autostradali. Se questo complesso insieme di disposizioni non verrà semplicemente lasciato cadere o non verrà utilizzato soltanto come strumento per aggirare i vincoli europei in materia di finanza pubblica, o per costituire una nuova concessionaria pubblica da collocare sul mercato in un prossimo futuro, potrebbe presentarsi l’occasione di un cambiamento significativo e nella giusta direzione del sistema di tariffazione della rete stradale e autostradale. Sarebbe bene non perderla.

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(1) Secondo alcune stime, il 78 per cento del traffico pesante sulla rete gestita da Aspi ha origine e destinazione nella stessa Regione.

(2) Si vedano, in particolare, il libro bianco Fair Payment for Infrastructure Use del 1998, e il libro verde Towards Fair and Efficient Pricing in Transport del 1996.

(3) In aggregato, il traffico autostradale cresce grosso modo a un tasso pari a quello di crescita del Pil, moltiplicato per 1,5.

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