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Enti locali: basta tagliare le spese?

I conti degli enti locali denotano una crescente insostenibilità. D’altra parte, sono proprio i comuni a effettuare oggi la gran parte degli investimenti pubblici. In vista della Finanziaria, sarebbe forse il caso di partire da una consapevolezza: anche se gli amministratori locali fossero tutti eccezionalmente virtuosi, i bilanci dei comuni nella loro attuale configurazione non potrebbero comunque funzionare, con un’inflazione maggiore di zero e trasferimenti che vengono ridotti in misura analoga alla crescita del gettito da compartecipazione tributaria.

Difficile stabilire se la situazione generale di finanza pubblica sia effettivamente paragonabile a quella del 1992, come ha affermato qualche settimana fa Tommaso Padoa-Schioppa. Certo è che i conti degli enti locali denotano una crescente insostenibilità. Secondo stime rese note da Dexia-Crediop, nel 2005 l’evoluzione negativa del saldo corrente ha costretto i comuni a tagliare di quasi il 10 per cento la spesa per investimenti, cresciuta di circa il 50 per cento nel quinquennio precedente. (1)

Investimenti e bilanci comunali

La notevole crescita dell’indebitamento registratasi negli anni scorsi (grafico 1) ha infatti spinto sì gli investimenti, ma ha finito per deteriorare notevolmente il saldo corrente dei comuni stessi. (2)
Ma qual è il nesso fra stock del debito ed equilibrio corrente di bilancio?

A differenza di quanto previsto per lo Stato, gli enti locali non possono per legge rifinanziare debito in scadenza con nuovo debito, e devono quindi rimborsare capitale ricorrendo alle entrate di parte corrente. Oltre che attraverso la spesa per interessi, l’impatto complessivo dell’indebitamento sul saldo corrente passa quindi attraverso una riduzione delle entrate correnti disponibili. Affinché tale impostazione sia sostenibile nel tempo, occorrerebbe che i bilanci dei comuni funzionassero in modo tale da garantire in ogni circostanza il servizio di un debito che non può che crescere, almeno in termini nominali: qualcuno deve pur costruire strade e scuole, a costi che evolvono in linea con l’inflazione.
I bilanci locali sono caratterizzati da un significativo squilibrio strutturale: entrate pressoché statiche devono finanziare spese (beni e servizi, interessi) che sono invece altamente correlate all’inflazione.
Dal lato delle entrate, negli ultimi anni il gettito della compartecipazione tributaria ha infatti esattamente compensato una simultanea riduzione dei trasferimenti, mentre le altre entrate correnti sono rimaste stabili. Per la maggior parte dei comuni voci come dividendi e utili sono di entità trascurabile.

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Il risultato è che negli ultimi anni le spese correnti dei comuni sono cresciute mediamente, come quelle Stato centrale, di un 2,5 per cento, in linea con l’inflazione. (3) Le entrate correnti crescono invece meno dello 0,5 per cento (quelle statali dell’1,25 per cento).

Una nuova consapevolezza

Il grafico 3 parte dal 2003 (in una situazione di equilibrio di bilancio) e visualizza un tracking abbastanza accurato delle preoccupanti tendenze in atto, ipotizzando una crescita netta del debito fisiologica (2 per cento annuo) in un contesto di tassi d’interesse crescenti. Nel grafico, le spese includono l’ammortamento del debito: è questo, insieme a entrate statiche, a generare evidente insostenibilità.


In questo momento sono le amministrazioni locali a effettuare la maggior parte degli investimenti pubblici (l’80 per cento). Se non si interviene strutturalmente, il trend di crescente squilibrio fra entrate e spese richiederà quindi una ulteriore e crescente compressione degli investimenti, con drammatiche ricadute sociali ed economiche.
Dopo il Dpef, Il Governo sta per mettere mano a una legge Finanziaria cruciale anche per gli enti locali. Nel passato il “dibattito” verteva unicamente su chi fosse più “spendaccione” fra centro e periferia. Sarebbe forse il caso, finalmente, di partire dalla condivisione di una consapevolezza: anche se gli amministratori locali fossero tutti eccezionalmente virtuosi, i bilanci dei comuni nella loro attuale configurazione non potrebbero comunque funzionare in un mondo con inflazione maggiore di zero e trasferimenti che vengono ridotti in misura analoga alla crescita del gettito da compartecipazione tributaria. Se la prossima Finanziaria si limitasse a tagliare le spese degli enti locali senza mettere mano alla struttura dei bilanci, vorrebbe dire che siamo ancora lontani dalla consapevolezza di questa semplice (e spiacevole) aritmetica.

(1) Le stime riguardano i Comuni con più di 15mila abitanti (quasi il 60 per cento della popolazione).
(2) Ricordiamo che le amministrazioni locali possono per legge indebitarsi solo per investire.
(3) Fonte: Banca d’Italia.

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  1. Osvaldo Pavese

    Molti anni fa sono stato Consigliere Provinciale a Genova.
    La Provincia, qualsiasi fosse la maggioranza, era sempre indebitata al tetto. Appena l’indebitamento si riduceva si contraeva un nuovo debito. Il tutto per fare cosa? Raddrizzare le curve delle strade provinciali e comunali. La Liguria essendo una regione totalmente montagnosa ha strade pieni di curve. Quindi la “materia prima” non manca.
    E’ una attività inutile e addirittura dannosa. Le curve invitano alla prudenza. Meno curve più incidenti con relativi costi per la collettività.
    Ma l’Assessore con questo genere di spesa può fare favori alle imprese e ai sindaci dei piccoli comuni suoi amici.
    Ho parlato con un Assessore di provincia pugliese. Mi ha detto che li è la stessa cosa.
    Il problema quindi è la qualità della spesa. Il metro di valutazione dei politici non tiene conto dell’utilità delle opere.
    Osvaldo Pavese

  2. F

    Lavorando in un ente locale, penso proprio che la manovra più appropriata non debba concentarsi sul taglio dei costi del personale.
    Semmai tagliare la consulenze esterne ed utliizzare per lo svolgimento dei servizi appaltati (a costi abnormi all’esterno) le risorse umane interne attraverso incentivi che posso spaziare da una professionale accompagnata da un maggior numero di ore settimanali.

  3. federico

    La situazione della finanza statale e locale non è certo rosea ma se si sta a discutere su chi è più spendaccione e basta non si risolve nulla. In realtà ci sono mille modi per risparmiare denaro pubblico e mille piccoli investimenti che potrebbero far risparmiare in prospettiva tanti soldi …. cosa manca? la volontà di fare ciò che è necessario fare spendendo meno, progettando le cose tenendo presente che un fattore importante è spendere meno per avere lo stesso risultato se non migliore. La volontà di risparmiare, di progettare cose utili e di dimenticare quelle inutili, di favorire qualcuno piuttosto che l’altro perchè si è amici e non perchè questo permette allo Stato di migliorare la propria finanza….ecco cosa manca. E’ un vero peccato, perchè in Italia potremmo vivere meglio, potremmo avere servizi migliori, se tutti si rendessero conto che è necessario darsi una regolata!!!

  4. francesco

    Chi lavora in un comune conosce perfettamente l’esistenza di costi inutili che possono essere tagliati o quantomeno compressi…si chiamano spese di rappresentanza, spese di consulenza, incarichi esterni pur in presenza di adeguate professionalità.
    Ma a questa categoria già conosciuta si somma giorno dopo giorno la spesa per esternalizzare alcuni servizi…si creano nuove figure giuridiche (s.p.a.-consorzi-istituzioni-enti di secondo grado-ato)che di fatto aumentano le spese perchè anche essi hanno organi rappresentativi,organi esecutivi,spese di funzionamento etc.
    La riduzione della spesa locale è astrattamente possibile….politicamente impraticabile in quanto foraggia il clientelismo locale e le lottizzazioni.

  5. GB

    Lavoro in una provincia e mi spiace constatare che le parole del Sig. Pavese continuano a trovare riscontro nelle politiche locali, quasi sempre subordinate ad interessi clientelari di corto respiro. I consiglieri provinciali mercanteggiano per avere rotonde e tangenziali ovunque, ma non si è mai visto, almeno dalle mie parti un piano di investimenti sulla viabilità suffragato da uno studio serio ed indipendente in fatto di sicurezza stradale e mobilità sostenibile, a dire il vero non siamo neanche in grado di formulare un quadro generale della spesa rapportato alla frequentazione ed all’effettiva necessità del territorio, vince chi ha più sponsor in giunta!!. Sul fronte dei costi interni e di personale, si potrebbe fare moltissimo, se solo la dirigenza venisse selezionalta con criteri più attenti al merito e alla capacità di gestione delle risorse. Non vedo dirigenti che riorganizzano i propri servizi secondo criteri più produttivi, si limitano a chiedere più gente senza mai interrogarsi sul modus operandi dei propri collaboratori. Il problema di fondo è che dove manca il controllo fiorisce l’abuso e la deresponsabilizzazione a cascata, il controllo è pressochè inesistente quando il controllato si nomina il controllore (vedi nuclei di valutazione e revisori dei conti) A quando un ente esterno che studia e confronta sulla base di parametri standard il rapporto fra costi e risultati? I carichi di lavoro? e magari si agganciasse a questa valutazione una forma premiale di finanziamento del merito! forse comincerebbe ad emergere chi fa e chi fa meno

  6. francesco

    In un ente locale l’attuazione di controlli di gestione è impensabile se si mantiene l’attuale struttura.
    Impensabile la lotta a sprechi e sperperi.
    La struttura organizzativa di un ente locale vede la maggioranza nominare segretari comunali e dirigenti.
    Vede la maggioranza nominare revisori contabili e nuclei di valutazione e di controllo interno.
    Come si può attuare un controllo volto a limitare ed ecludere spese inutili e superflue,a rendere l’azione amministrativa economica ed efficace quando gli stessi controllori sono nominati e revocati dai controllati…..come potranno svolgere i controllori la funzione di controllo nell’interesse dell’ente se vengono nominati e revocati dagli stessi vertici dell’ente??

  7. GB

    Come evidenziato dall’autore lo quilibrio è strutturale, il taglio della spesa è una “mannaia” che agisce indiscriminatamente sui piccoli enti già con l’acqua alla gola mentre in quelli più grandi contribuisce a frenare gli abusi più vistosi (consulenze, co.co.co ecc) senza invogliare a correttivi virtuosi concernenti la qualità della spesa, sia corrente che di investimento. Avendo lavorato in entrambe le categorie di enti, ho in mente un quadro desolante fatto da un lato, di migliaia di comuni e comunelli medio piccoli privi delle risorse umane e strumentali necessarie a gestire correttamente le necessità del territorio e, dall’altro, di enti medio grandi pieni di gente sotto utilizzata o mal utilizzata. I primi andrebbero costretti a condividere le fiunzioni di back office mediante aggregazioni coordinate dal livello territoriale superiore (provincia) , i secondi a realizzare economie di scala mediante un utilizzo più produttivo delle risorse umane e strumentali a loro disposizione. Nelle province e nelle regioni il dipendente medio lavora poco ma soprattutto male, tanti pc non fanno processi di lavoro informatizzati e riorientati sulla base di logiche organizzative attente ai costi e ai risultati . é triste vedere come lavorano male le “nostre tasse al lavoro”. Se fossi un lavoratore autonomo o un imprenditore la tentazione di non fomentare un simile “Monstruum” sarebbe incontenibile!!

  8. Agostino De Zulian

    Ogni anno la solita limatura ai trasferimenti agli Enti Locali e giù proteste. Penso che si arrivato il momento di tagliare gli Enti Locali per vere economie di scala sui servizi ai cittadini. Che significato ha mantenere in essere le Province o un comune con mille abitanti? Il principio della sussidiarietà” dovrebbe poi giustificare i trasfermenti agli stessi delle competenze come i pagamenti delle spese sanitarie dei propri cittadini. Per questo è necessario gestire i comuni in forma aziendale ed in modo veramente economico ed efficace.

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