L’inefficienza della giustizia civile in Italia rappresenta uno dei fattori di contesto che limitano competitività e capacità di crescita del paese. Ha effetti negativi sui mercati finanziari perché induce tassi di interesse più elevati e minore disponibilità di credito. Influisce sulla nascita e sulla dimensione delle aziende perché rappresenta una barriera all’ingresso e disincentiva gli investimenti. Come conferma un confronto tra le diverse province italiane. Si spiega anche così il nanismo delle nostre imprese nel panorama internazionale.

È ormai una convinzione ampiamente condivisa che l’inefficienza della giustizia civile in Italia rappresenti uno dei “fattori di contesto” che limitano competitività e capacità di crescita del paese. Ad esempio, la mancata efficace applicazione delle norme rende “monche” molte delle riforme realizzate di recente in diverse aree: sono prive di reale mordente, perché non vi è certezza della sanzione in caso di mancato rispetto.

Tutto ciò genera costi rilevanti per l’economia.

Gli effetti sul sistema economico

Vi sono studi e analisi basate su confronti internazionali che mostrano come un’inefficiente applicazione delle leggi abbia effetti negativi sui mercati finanziari, ad esempio. Se i creditori non sono certi della tutela del proprio credito tenderanno a chiedere tassi di interesse più elevati o a concederne di meno: anche in presenza di “buone” regole di governance, l’incertezza relativa alla loro efficace applicazione riduce l’accesso al mercato dei capitali degli investitori.
Ma una giustizia che non funziona – per i tempi eccessivamente lunghi o perché non assicura “certezza del diritto” – disincentiva anche gli investimenti delle imprese industriali, il cui rendimento diviene più incerto, e in questo modo ha un effetto negativo sulla loro crescita. Può inoltre rendere più difficile la nascita di nuove imprese. In assenza di meccanismi formali che assicurino che i contratti siano sempre rispettati, i “nuovi arrivati” devono utilizzare quelli informali, ad esempio costruendosi una reputazione come partner contrattuali affidabili. Questa esigenza può tradursi in una barriera all’entrata perché le nuove imprese sono svantaggiate rispetto a quelle sul mercato da più tempo.

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Province a confronto

È possibile misurare la rilevanza di questi canali. Un confronto tra le diverse province italiane, caratterizzate da un diverso grado di efficienza della giustizia (misurata in prima approssimazione dalla durata dei procedimenti civili di cognizione ordinaria, di primo grado, esauriti con sentenza) permette di valutare gli effetti di tali differenze sulla “natalità” delle imprese e sulle loro dimensioni, a parità di settore e tenendo conto di una serie di altri fattori che possono influenzare le due variabili: in particolare, il grado di sviluppo dell’area, la disponibilità di capitale umano, di infrastrutture materiali, di “capitale sociale” e di finanziamenti.
Le stime indicano che effettivamente una giustizia più inefficiente è associata a una minore natalità delle imprese, in particolare di quelle che si costituiscono in forma di società di capitali: se il livello di efficienza della giustizia crescesse di un ammontare pari alla differenza tra le province con l’apparato giudiziario meno efficiente e più efficiente, il tasso di natalità delle imprese crescerebbe di circa tre quarti di punto percentuale. E bisogna ricordare che il tasso medio di entrata per le società di capitali è di poco superiore al tre per cento.
Una giustizia meno efficiente è anche correlata a dimensioni medie delle imprese inferiori. Un differenziale di efficienza pari a quello esistente tra la provincia con l’amministrazione della giustizia più inefficiente e quella più efficiente si traduce in un differenziale di fatturato (mediano) di circa 31mila euro, pari all’8 per cento di quello dell’impresa mediana. Le stime suggeriscono che l’inefficienza della giustizia incide negativamente sulle dimensioni soprattutto nei settori che dipendono in misura maggiore dalla disponibilità di finanza esterna: in questi casi una tutela adeguata dei finanziatori è essenziale per la crescita.
Questi risultati e i confronti internazionali recenti, a partire da quelli realizzati dalla Banca Mondiale nel suo rapporto “Doing Business” o da quelli svolti dal Cepej, la Commissione europea per l’efficienza della giustizia, sia pure riferiti al solo rito del lavoro, indicano che la giustizia civile in Italia è assai più inefficiente non soltanto di quella dei maggiori paesi industrializzati, ma anche di molti di quelli di recente industrializzazione o in via di sviluppo: abbiamo forse individuato un ulteriore fattore che contribuisce a spiegare il “nanismo” delle nostre imprese nel panorama internazionale.

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Per saperne di più

D. Marchesi (2003), Litiganti, avvocati e magistrati. Diritto ed economia del processo civile, Il Mulino, Bologna.
M. Bianco e S. Giacomelli (2004), “Efficienza della giustizia e imprenditorialità: il caso italiano”, Economia e Politica Industriale.

* Le idee e le opinioni espresse sono da riferire esclusivamente alle autrici e non implicano la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.

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