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Appunti per un nuovo Trattato

Il Consiglio europeo di giugno può trovare un compromesso che non oltrepassi la “linea rossa” degli Stati membri e nello stesso tempo assicuri un effettivo miglioramento nel funzionamento e nella legittimità democratica delle istituzioni europee. Lo stallo dura da quasi un decennio ed è ora di superarlo. Della Costituzione bocciata dai referendum francese e olandese andrebbero salvate la Parte I e la Parte III. Ma anche la Parte IV, in particolare le clausole sulla passerella e le procedure di revisione.

Rompere lo stallo istituzionale al Consiglio europeo di giugno non è impossibile, ma la presidenza tedesca deve riuscire a trovare un accordo che risponda alle contrastanti domande degli Stati membri.
Difficile è trovare un compromesso che non oltrepassi la “linea rossa” degli Stati membri e nello stesso tempo assicuri un effettivo miglioramento nel funzionamento e nella legittimità democratica delle istituzioni europee. E la Gran Bretagna potrebbe rifiutare l’accordo solo a un prezzo molto alto: la maggioranza degli Stati membri che vogliono una Unione più forte potrebbe decidere di andare avanti anche senza il permesso di chi questo non vuole. Ecco quello che secondo noi andrebbe fatto. (1)

Il compromesso possibile

Se al summit di giugno si raggiunge un compromesso, il Consiglio europeo potrebbe convocare una Conferenza intergovernativa con il preciso mandato e le istruzioni necessarie per condurre negoziati e preparare un nuovo Trattato entro la fine dell’anno. Ciò dovrebbe garantire agli Stati membri il tempo necessario per una completa ratificazione prima delle elezioni europee del 2009. Ovviamente, la soluzione di compromesso dovrebbe soddisfare due condizioni cruciali.

· I governi di Francia, Olanda e Regno Unito accetteranno soltanto revisioni del Trattato che consentano loro di evitare il referendum. Perciò, chiederanno la cancellazione di ogni disposizione che lo faccia apparire simile a una Costituzione o che sembri implicare significativi trasferimenti di sovranità all’Unione Europea.
· La sostanza del Trattato dovrebbe essere largamente preservata per rispondere alle aspettative dei ventidue paesi che si sono dichiarati “amici della Costituzione”.

Dal punto di vista legale, l’Unione Europea si fonda su due trattati, il Trattato che istituisce la Comunità europea (comunemente indicato come il Trattato di Roma e successive modifiche) e il Trattato sull’Unione europea (conosciuto come il Trattato di Maastricht). Per evitare l’etichetta di “Costituzione”, il nuovo Trattato manterrà probabilmente la struttura dei due Trattati precedenti.
Va conservata la Parte I del Trattato costituzionale, che comprende il nuovo sistema di voto in Consiglio e un bilanciamento corretto dei poteri tra Consiglio, Commissione e Parlamento. L’intero “pacchetto” di queste disposizioni dovrebbe sostituire l’attuale Trattato sull’Unione europea. “Selezionare e scegliere” solo alcune disposizioni per emendare i trattati in vigore metterebbe in crisi il delicato equilibrio tra le richieste contrapposte dei vari Stati membri: il ricordo degli aspri negoziati di Nizza dovrebbe essere sufficiente a evidenziare le difficoltà che di sicuro accompagnerebbero un simile approccio.
Si dovrà mantenere anche un certo numero di disposizioni previste dalla Parte III della Costituzione perché sono complementi necessari della Parte I, per esempio sul sistema decisionale nei vari ambiti di attività e sul bilancio europeo. Il modo migliore di procedere sarebbe di incorporarli direttamente nelle disposizioni rilevanti del nuovo Trattato sull’Unione Europea.
Il Regno Unito potrebbe aver bisogno di una clausola “di non partecipazione” se si accetta il voto a maggioranza su sicurezza interna e collaborazione giudiziaria nelle materie criminali.
La Parte III comprende molti altri cambiamenti nelle politiche comunitarie che non suscitano controversie e che perciò potrebbero essere mantenuti, per esempio quelli di cui si occupa il Trattato che istituisce la Comunità europea. Meglio sarebbe inserirli in un protocollo di accompagnamento al Trattato che istituisce la Comunità europea. Tuttavia, aggiungere nuove disposizioni politiche sembra rischioso perché non è chiaro se un ampio numero di nuove norme non finirebbe per rendere il Trattato troppo sostanzioso per poter essere adottato senza referendum.

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La clausola della “passerella”

Pensiamo che si dovrebbe fare un tentativo anche per mantenere le disposizioni della Parte IV della Costituzione, in particolare quelle che riguardano le clausole sulla “passerella” e sulle revisioni.
La clausola sulla passerella permette che le materie possano passare dal voto all’unanimità a quello a maggioranza senza la necessità di un nuovo Trattato (basta una decisione unanime in Consiglio). La nuova procedura di revisione consente invece al Consiglio di modificare i contenuti del Trattato che istituisce la Comunità europea, senza la convocazione di una Conferenza intergovernativa.

La proposta di una chiara divisione tra disposizioni politiche nel Trattato che istituisce la Comunità europea e successive modifiche e le materie istituzionali e generali nel Trattato sull’Unione Europea dovrebbe implicare la fine della struttura a pilastri e dare una unica personalità giuridica dell’Unione. Ciò renderebbe più solido lo status di “legge fondamentale” del Trattato sull’Unione Europea, e nel più lungo periodo si potrebbe anche immaginare di rendere il Trattato che istituisce la Comunità europea soggetto a cambiamenti da parte di una maggioranza super-qualificata: permetterebbe di evitare lo stallo nella riforma dei trattati nel caso di un futuro allargamento dell’Unione. Per ciò che riguarda la Carta dei diritti fondamentali è ormai chiaro che non può diventare parte integrante dei Trattati perché alcuni Stati membri vi si oppongono decisamente. Tuttavia, il nuovo Trattato sull’Unione Europea potrebbe forse farvi riferimento nello stesso modo in cui l’articolo 6 dell’attuale Trattato cita la Convenzione europea dei diritti umani.
Assumendo che un accordo di questo tipo possa essere raggiunto a giugno, ne vale la pena? La nostra risposta è sì, anche se resta irrisolta la questione più generale di come l’Unione possa riguadagnare il sostegno popolare. La ragione della nostra scelta è semplice: lo stallo istituzionale dura da quasi un decennio ed è ora di superarlo. Il compromesso che proponiamo rappresenta un cambiamento significativo per rendere l’Unione più trasparente e in grado di lavorare meglio.

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(1) Per una analisi più approfondita si veda “Will the European Council end the institutional deadlock in the EU? The Narrow Trail to an Agreement”, CEPS Policy Brief no. 130.

Il testo inglese è pubblicato sul sito www.voxeu.org

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  1. Giacomo Dorigo

    Secondo me invece la cosa migliore sarebbe che le trattative fallissero. Il compromesso possibile non sarebbe in grado di dare all’UE sufficiente potere da proteggere gli interessi continentali nel mondo globalizzato e ci condannerebbe ad una progressiva emarginazione mentre il centro politico del pianeta verrebbe conteso tra le due sponde del Pacifico.
    L’unica possibilità è che le trattative falliscano e che di fronte alla realtà dei fatti gli stati dell’ Europa continentale (fondamentali sono sostanzialmente Francia, Germania, Italia e Spagna) fondino uno stato federale su modello di quello americano, lasciando fuori la GB.
    Quella che nascerebbe sarebbe un’aggregazione politica da 250-300 milioni di abitanti, la seconda economia del pianeta con potere di deterrenza nucleare grazie all’arsenale france e conseguente seggio permanente all’Onu e un peso politico reale nella NATO, nel G8, ecc.
    Con la GB si potrebbe stipulare un semplice trattato di libero scambio che è ciò che loro hanno sempre voluto, non essendo un impero infatti ma una democrazia la nuova aggregazione non avrebbe alcuna compulsione a doversi espandere forzatamente oltre la Manica.

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