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PERCHE’ LA FINANZIARIA PEGGIORA I CONTI PUBBLICI

La Finanziaria approvata al Senato comporta un peggioramento, pur contenuto, dei conti pubblici rispetto a quanto sarebbe avvenuto a bocce ferme. Le spese correnti aumentano di quasi 5 miliardi, mentre si riduce la spesa in conto capitale. Le entrate calano di più di 2 miliardi, in seguito alla manovra sull’Ici. Tutto ciò ci espone a non pochi rischi. Se il prodotto interno lordo nel 2008 dovesse crescere meno del previsto ci allontaneremmo ulteriormente dall’obiettivo del bilancio in pareggio. Paradossalmente, una mano ai nostri conti pubblici potrebbe darla l’inflazione.

Il primo passaggio della Legge finanziaria al Senato ci ha consegnato una legge di bilancio più pesante di quella varata a fine settembre dal governo, ma non ne ha alterato in modo significativo i saldi di bilancio. Come indicato dalla tabella qui sotto, che riassume i dati complessivi della manovra dopo il voto del Senato, il disavanzo della pubblica amministrazione sarà per il 2008 pari al 2,1 per cento del prodotto interno lordo. Sarebbe stato dell’1,8 percento senza la Legge finanziaria. La manovra comporta perciò un peggioramento, pur contenuto (circa 4,5 miliardi), dei conti pubblici rispetto a quanto sarebbe avvenuto a bocce ferme. Come dire che la mancata approvazione della Finanziaria, con l’esercizio provvisorio, ci avrebbe consegnato saldi di bilancio migliori.

Aumenta la spesa corrente

Da cosa scaturisce il peggioramento dei conti pubblici indotto dalla manovra? Può provenire da due lati: minori entrate o maggiori spese. Come ricostruito nella tabella qui sotto, la parte del leone viene svolta da un aumento netto di quasi 5 miliardi delle spese correnti mentre si riduce anche la spesa in conto capitale di 2,5 miliardi, grazie a una razionalizzazione dei residui. Le entrate calano di più di 2 miliardi, in seguito alla manovra sull’Ici. Ora la Camera ha approvato (il governo ha posto la fiducia) l’emendamento che recepisce l’accordo di luglio su pensioni e mercato del lavoro, il cosiddetto protocollo sul welfare. E il relatore di maggioranza si appresta a proporre, sempre a Montecitorio, emendamenti che comportano tutti aumenti di spesa corrente rispetto al testo approvato dal Senato: dal bonus per le famiglie con quattro figli, ai fondi aggiuntivi per la sicurezza, alla proroga degli incentivi per la rottamazione. Quindi la legge di bilancio che verrà alla fine varata peggiorerà i conti pubblici principalmente per via di un incremento della spesa corrente. Cosa diversa sarebbe stata peggiorare il quadro di finanza pubblica grazie a una riduzione di imposte mantenendo inalterata la spesa corrente e restituendo almeno in parte l’extragettito agli italiani.

L’inflazione, un’ancora di salvezza?

Si è fatta una scelta diversa. Che ci espone a non pochi rischi. Se il prodotto interno lordo nel 2008 dovesse crescere meno di quanto previsto dal governo, a seguito del rallentamento della crescita se non di una vera e propria recessione dell’economia degli Stati Uniti, ci allontaneremmo ulteriormente dall’obiettivo del bilancio in pareggio. Ipotizzando, ad esempio, una crescita nel 2008 allo 0,5 per cento, contro l’1,5 per cento tuttora stimato dal governo, le entrate potrebbero ridursi di circa 6 miliardi portandoci a un indebitamento del 2,5 per cento. È uno scenario che non viene preso in considerazione dalle analisi di sensitività svolte dal Tesoro nel programma di stabilità consegnato in questi giorni a Bruxelles (www.tesoro.it). Lo scenario peggiore previsto, contempla una crescita dell’1 per cento del Pil nel 2008.
Paradossalmente, una mano ai nostri conti pubblici potrebbe venire dall’inflazione. Quello che conta, in effetti, per l’andamento delle entrate, è la crescita del Pil nominale, che ingloba gli effetti dell’inflazione. Potrebbero, in altre parole, essere l’Iva sulla benzina o sui prodotti alimentari a tenerci significativamente al di sotto della soglia del 3 per cento.
Bene in ogni caso non contare eccessivamente sugli ultimi dati del fabbisogno perché non inglobano ancora appieno gli effetti del decreto spesa approvato col voto di fiducia.

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Così disse Einaudi

  1. marina

    buongiorno,
    vorrei capire una cosa:
    se in conto capitale , le spese si riducono, mentre le spese correnti aumentano, come si fa ad arrivare ad un bilancio di pareggio?
    si lavorera sui residui? ma cosa sono i residui?
    eppoi perche non razzionalizzare la spesa di welfare adottando strumenti piu moderni, i c.s detti ass. famigliari che non servono piu a nulla e sono una grossa spada sulle spalle dello stato quale senso hanno di esistere?

    • La redazione

      Al pareggio di bilancio si arriva in termini pluriennali grazie alla crescita e all’aumento delle entrate. Come hanno detto vari osservatori internazionali (imf ocse, commissione europea,  il cammino e’  pero’ troppo lento.
      I residui sono gli accontanamenti in conto capitale che non hanno poi dato origine a flussi di cassa.

  2. luca melindo

    Una sola parola andrebbe eliminata per sempre dal vocabolario della classe politica italiana: “redistribuzione”. In suo nome ogni anno nascono nuovi provvedimenti di spesa, il più delle volte risibili a livello individuale (vedi bonus per gli incapienti….) ma micidiali per il bilancio dello Stato. Mai una volta che si abbia il coraggio di tagliare la spesa corrente per investimenti “seri”: istruzione, metropolitane, difesa, ricerca. Povera Italia….

    • La redazione

      Sono molto daccordo con lei sulla natura risibile di molti degli interventi. Non mi spingerei fino ad elminare la parola "redistribuzione". Una componente redistributiva nella tassazione e nella spesa pubblica e’ probabilmente desiderabile.

  3. antonio petrina

    Egr.professori, certamente la parte corrente del bilancio aumenta e le spese sono tante , ma occorre onorare gli impegni del contratto del pubblico impiego : vedi della scuola il cui contratto stipulato ilo 7 ottobre scroso non vede ancora a dicembre i fondi ( vedi Italia Oggi del 13 novembre che ottimisticamente parla di febbraio 2008 per gli aumenti ) , e così a cascata per tutto il resto del pubblico impiego.Ma se il Fmi prevede ancora una crescita robusta dell’economia nell’area euro ( vedi Italia Oggi del 13.11 a pag.11: rapporto del Regional Economic Outlook sull’europa) , perchè stracciarsi le vesti ora che l’economia va bene ? Si dirà che il governo ama la cicala, più che la formica, ma gli impegni con i dipendenti vanno onorati : o no ? Non ha fatto così anche la Fiat con i propri dipendenti ?

    • La redazione

      Sì, gli impegni presi con i dipendenti, una volta presi, vanno certamente rispettati, ma ci sono molto altre spese che non hanno nulla a che fare con gli impegni nei confronti dei dipendenti

  4. mcaldo

    Come giustamente ha scritto giavazzi sul corriere in previsione di uno scenario economico che con buona probabilita’ provochera’ un rallentamento economico sarebbe stato molto piu’ opportuno cominciare ad abbassare le tasse piuttosto che distribuire la spesa, soprattutto perche’ non aiutera’ ad evitare che il rallentamento sia soft. forse che si tratti della solita finanziaria di fine legislatura?

  5. Stefano Carpita

    E’ vero, bisogna onorare i contratti del pubblico impiego che sono sacrosanti, ma è anche altrettanto vero che il controllo dei conti pubblici passa anche da una ristrutturazione radicale del pubblico impiego in Italia. Una maggiore produttività dei dipendenti pubblici, una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti, eliminazione dei "rami secchi" nella P.A., reinserimento del merito e la valorizzazione della risorsa umana, sono solo alcuni dei passi che nessun governo di centrodestra e di centro sinistra non sono stati in grado di attuare. Perché la P.A. francese è efficiente e la nostra no? domandiamocelo ma diamoci anche una risposta. Sono convinto che una ristrutturazione della P.A. libererebbe anche le risorse per i rinnovi contrattuali che come sappiamo sono rinnovi per modo di dire in quanto non fanno altro che sanare contratti già scaduti.

  6. Ticonzero

    Nel ’93 il Governo Ciampi e il Sindacato concordarono di aggredire il Debito Pubblico abbattendo la spesa per ineressi. Ci fu un patto:-blocco dei salari-controllo dell’inflazione-abbassamento dei tassi-risparmio della spesa per interessi da un lato;blocco delle riforme strutturali dall’altro. Questa linea è sostanzialmente rimasta immutata negli anni seguenti Oggi paghiamo le conseguenze di quel patto: -Paese bloccato -Salari da fame

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