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L’ANDAMENTO LENTO DELLA GIUSTIZIA CIVILE

E’ possibile confrontare l’efficienza dei vari tribunali? Sì, basandosi su due fattori: le spese e la durata dei procedimenti civili. Con risultati a volte sorprendenti: non è sempre vero che chi spende di più ha una giustizia più rapida. Ma in media, a parità di spesa, si potrebbe ridurre del 30 per cento la durata dei processi. Eppure, tutte le riforme della giustizia proposte finora riguardano più il penale che il civile. E nessuna affronta i problemi che interessano davvero i cittadini che usufruiscono del servizio giustizia.

 

Il dibattito sull’efficienza nella pubblica amministrazione è di grande attualità. La metodologia del benchmarking comparativo permette di confrontare la performance di diversi uffici pubblici a parità di risorse impiegate, facendo emergere che vi sono amministrazioni che per ottenere un dato risultato impiegano risorse molto superiori a quelle che occorrerebbero adottando le pratiche delle amministrazioni più virtuose. E consente inoltre di quantificare la necessità (e le reali potenzialità) di miglioramento: le amministrazioni pubbliche appartenenti a uno stesso comparto che svolgono compiti simili dovrebbero convergere verso le performance di quelle  migliori nel loro settore di attività.
Anche la riforma della giustizia è all’ordine del giorno, ma non si vede come le misure in discussione possano migliorare l’efficienza dei tribunali. Purtroppo, si parla molto più di penale che di civile e le proposte – separazione delle carriere, elezione diretta del pubblico ministero, abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale e riforma del Csm – non affrontano direttamente il vero problema della grande maggioranza dei cittadini che usufruiscono del “servizio giustizia”: la velocità e l’efficienza del processo civile.

EFFICIENZA E GIUSTIZIA

In un precedente intervento avevamo analizzato il movimento dei procedimenti civili nel 2001 e nel 2005 in alcuni dei principali tribunali italiani, evidenziando la best practice del tribunale di Torino. Qui confrontiamo le diverse performance dei distretti di corte d’appello a parità di risorse (in ciascun distretto operano la corte d’appello, i tribunali di primo grado e i giudici di pace).
I dati sono stati forniti dal ministero della Giustizia, disaggregati per i 29 distretti di corte d’appello. Si riferiscono alla sola giustizia civile e comprendono:

a) la stima della spesa per la giustizia civile nei distretti di corte d’appello, elaborata dal ministero con i dati ricavati dalle risultanze di consuntivo del bilancio della Giustizia; (1)
b) il numero di procedimenti iniziali, sopravvenuti, esauriti e finali, presso le corti d’appello, i tribunali, i giudici di pace
c) la giacenza media in giorni dei procedimenti presso le corti d’appello, i tribunali, i giudici di pace.

LA PRODUTTIVITÀ DEI TRIBUNALI ITALIANI

Nel 2006 le uscite complessive del ministero della Giustizia ammontavano a circa 8 miliardi di euro (poco più di mezzo punto percentuale di Pil), di cui il 65 per cento circa per costi del personale. Più della metà della spesa totale viene destinata alle attività nei distretti di corte d’appello, le cui risorse dal 1995 al 2006 sono cresciute, in media, del 113 per cento in termini nominali. Per la sola giustizia civile, nel 2006 la spesa ammontava a circa 2 miliardi e mezzo di euro (2,3 miliardi circa nel 2005), impiegati per circa i due terzi nelle retribuzioni di magistrati e personale amministrativo di supporto (rispettivamente il 34 e 33 per cento), per un altro terzo nei servizi (comprese le spese di giustizia e le spese di informatica), e per poco più del 2 per cento negli investimenti
Per valutare l’efficienza della amministrazione della giustizia civile nei distretti di corte d’appello abbiamo messo in relazione per ciascuno di essi una misura della durata media dei procedimenti civili con una stima del loro costo. La durata (o giacenza media) per l’intero distretto è stata calcolata applicando la formula Istat alla somma dei procedimenti della corte d’appello, dei tribunali e dei giudici di pace. Per quantificare il costo medio dei procedimenti nel distretto abbiamo considerato il rapporto tra la spesa del distretto e il numero medio di procedimenti, nell’anno considerato. (2)

Se consideriamo come indicatore di performance dei distretti di corte d’appello una durata media dei procedimenti inferiore a 250 giorni, i distretti migliori sono Torino, Bolzano, Trento e Trieste. Va tuttavia sottolineato come vi sia una grande varianza non soltanto nei risultati, ma anche nelle risorse a disposizione di ciascun distretto per ogni procedimento. (3)

RIDURRE LA SPESA O LA DURATA?

Torino, Bolzano, Trento e Trieste, per esempio, oltre a essere i distretti che riescono a concludere più celermente i processi sono anche quelli che presentano i livelli di spesa più elevati: 1.500 euro circa, per procedimento, a Trento e 1080 a Bolzano, poco meno di mille euro a Trieste e Torino. Al contrario, Bari, Taranto e Napoli sono i distretti dove la spesa per procedimento risulta più bassa.
I distretti di Cagliari e di Caltanissetta, invece, spendono, rispettivamente, come Brescia e un po’ più di Torino, ma impiegano, in media, più del doppio del loro tempo per definire un processo; quello di Reggio Calabria risulta spende la metà di Torino e impiega da tre (primo grado) a quattro volte (secondo grado) di più.
È plausibile che vi sia una relazione inversa tra le risorse a disposizione e la durata dei processi civili: quanto maggiori sono le risorse spese per ogni procedimento, tanto minore è la sua durata. Qui sta un primo problema del benchmarking comparativo: la scelta del benchmark. Si potrebbe preferire Torino dove i processi sono rapidi, ma si spende relativamente tanto per ogni procedimento. Oppure Bari dove i processi sono lenti, ma si spende poco. Nel nostro esempio consideriamo il caso del distretto di Torino.
Per calcolare la relazione tra spesa e durata dei processi, nella tabella 1 abbiamo riportato la durata media e la spesa per procedimento nei 29 distretti di corte d’appello in due diversi periodi: nel 2001 e nel 2005; e misurato la variazione percentuale della spesa e della durata: nei cinque anni considerati, la durata media scende in tutti i distretti tranne che in quello di Trieste e si riduce di soli pochi giorni a Trento (4) mentre la spesa per procedimento aumenta quasi dappertutto, ma a tassi molto diversi da distretto a distretto.
Dal rapporto tra la variazione della durata (colonna 3) e la variazione della spesa (colonna 6) risulta che mediamente, un aumento dell’1 per cento di spesa per procedimento è in grado di ridurre di circa il 4,5 per cento la durata media del processo civile. In altri termini, ogni euro in più di spesa per procedimento è in grado di ridurre la durata media del processo di circa tre giorni. E viceversa, ogni tre giorni di durata del processo oltre la media dovrebbe meritare il taglio di un euro di spesa per procedimento.
Utilizzando questi parametri si può affermare che, se il benchmarking comparativo “funzionasse” e in tutti i distretti il rapporto tra la durata media e la spesa per procedimento fosse pari a quello di Torino (ossia dello 0.2) si potrebbe diminuire di molto la durata dei processi o contenerne la spesa.
In media si potrebbe ridurre del 30 per cento circa la durata dei processi a parità di spesa, e i distretti con un margine più ampio di miglioramento sarebbero Caltanissetta, Messina, Reggio Calabria, Taranto, Potenza e Palermo. Oppure, si potrebbe tagliare la spesa a parità di durata: in media si potrebbe ridurla del 27 per cento. I distretti che potrebbero risparmiare di più a parità di durata dei processi sono Campobasso, Caltanissetta, Palermo e Sassari: spendono poco meno di Torino per ogni procedimento che però dura mediamente più a lungo.

(1) Nella maggior parte degli uffici giudiziari le risorse vengono utilizzate indistintamente sia per la giustizia civile che per quella penale; la metodologia adottata dal ministero per ripartire le spese tra l’una e l’altra tiene conto sia di parametri oggettivi legati al numero delle sezioni civili e penali, sia al personale impiegato negli uffici giudiziari, sia ad altri parametri legati a precedenti ricerche, studi e analisi della materia. La percentuale di ripartizione tra giustizia civile e penale è rispettivamente del 60 e 40 per cento circa.
(2) La durata media dei procedimenti civili nell’intero distretto (corte d’appello, tribunali, giudici di pace) è stata calcolata applicando la formula Istat sulla giacenza media, come segue:

      durata media distretto = [365 * (pendenti iniziali + pendenti finali) / (sopravvenuti + esauriti)].

La spesa per procedimento nel distretto di corte d’appello è stata così ottenuta:

      spesa per procedimento = (spesa totale / numero medio dei procedimenti)

in cui:

spesa totale = stipendi magistrati + stipendi altro personale + spesa beni mobili + spesa beni immobili

numero medio di procedimenti = (pendenti iniziali+ pendenti finali) / 2.

(3) La stessa eterogeneità nei risultati e nei livelli di spesa si ottiene utilizzando misure di spesa (spesa per stipendi/numero procedimenti esauriti) e di performance (indice di smaltimento = esauriti/(pendenti iniziali+pendenti finali) che si concentrano sul numero di procedimenti esauriti anziché su quello medio. Questi indici misurano l’efficienza con riguardo alla capacità di smaltimento del flusso dei procedimenti piuttosto che alla gestione degli stock (la spesa per procedimento calcolata sul numero medio di procedimenti potrebbe, per esempio, risultare bassa perché il tribunale è lento e ha tante giacenze).
(4) Si tratta di distretti che presentavano già all’inizio del periodo una durata dei processi contenuta.

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17 commenti

  1. francesco piccione

    Rispetto a quanto letto noto come i tempi medi dei processi traggono in inganno. Certamente si riscontrano i limiti tipici delle medie statistiche, ma ritengo che i dati sarebbero stati decisamente diversi (e ben peggiori) se si fosse fatta una media dei procedimenti ordinari di cognizione; cioè dei “normali” processi civili. Le cifre che ho trovato non hanno alcuna attinenza con la realtà e si spiegano solo facendo la media fra i processi ordinari di cognizione ed i procedimenti speciali: procedure in camera di consiglio, procedimenti a cognizione sommaria o a contraddittorio eventuale e differito. Il vero problema dei tempi della giustizia civile è, però, quello del processo ordinario di cognizione. Per questo genere di processo i tempi sono circa il triplo di quelli riportati dalle statistiche ministeriali. Per risolvere questo problema le proposte in circolazione (separazione delle carriere e riforma dell’ordinamento giudizario) non hanno senso. L’unico vero rimedio è rappresentato da una riforma seria e coraggiosa del codice di rito.

    • La redazione

      Per mettere in relazione le performance dei diversi distretti di corte d’appello con le rispettive risorse, abbiamo considerato il movimento di tutti i procedimenti civili presso ciascun distretto e non quello relativo ai soli processi di cognizione ordinaria (a cui lei fa riferimento e che, come giustamente osserva, fornisce un quadro
      ancora più sconfortante). I dati sulla spesa ad oggi disponibili si riferiscono infatti al complesso delle attività inerenti la giustizia civile nei distretti di corte d’appello e non consentono di considerare separatamente la cognizione ordinaria dai procedimenti speciali.

  2. antonio gasperi

    gentile redazione, finalmente un articolo che analizza il sistema della giustizia (civile) italiana senza acredine politica! a proposito del problema sollevato, la scelta del benchmark, non mi è chiaro un passaggio: perchè viene scelto il distretto di Torino dove l’aumento della spesa è superiore in termini percentuale della diminuzione della durata media dei processi? e non ad es. Venezia dove avviene il contrario o Milano dove addirittura la spesa diminuisce? andrebbe inoltre spiegato che un conto è aumentare la spesa per diminuire la durata dei processi, un altro prendere la durata dei processi di un distretto virtuoso a riferimento per diminuire i finanziamenti degli altri.. la questione mi pare importantissima anche per altri servizi: ad es. nell’istruzione, usando le competenze degli allievi secondo OCSE- PISA e analoghi, si possono ottenere "curiose" simulazioni in merito ai trasferimenti finanziari alle istituzioni scolastiche.

  3. domenico capussela

    Tutto giusto, però non si dice cosa in pratica bisogna fare per abbattere spese e durata dei processi. Noi sinistra, siamo stati al governo per circa 9 anni, degli ultimi 15, cosa abbiamo fatto? Sono sicuro che con la scusa che avete poche risorse non risponderete, come fate sempre quando le domande sono scomode.

    • La redazione

      Il senso del nostro articolo è il seguente: il problema prioritario è la lentezza della giustizia civile più di quella penale. E’ primariamente una questione di organizzazione delle risorse e di incentivi al personale, in ultima analisi di efficienza della pubblica amministrazione. I risultati tangibili di miglioramento non ci sono stati negli ultimi 15 anni anche se ci sono stati atteggiamenti molto diversi nei confronti della giustizia da parte dei goveni di centrodestra e centrosinistra. Recentemente la battaglia più influente per sottolineare la priorità e l’urgenza del miglioramento dell’efficienza della PA è stata condotta anche su questo sito da Pietro Ichino. Questo è forse stato il risultato- culturale e non tangibile, ma per questo non meno importante – di questi ultimi anni.

  4. decio

    In Italia manca "l’affidavit", cioè la prova privata, (che funzione benissimo in Inghilterra ad esempio, ed anche in altri paesi) assunta in qualche ora presso uno studio legale con parte, testimone, controparte e successivamente ripetuta in udienza alla presenza del giudice che ordina di leggere la deposizione e di confermarla, riconoscendo la propria firma. Poi si passa la contraddittorio, parlano parte, controparte, giudice, esame incrociato e tutto inizia e finisce in 5-6-7 ore. In Italia, si fa tutto a pezzetti, con rinvii di 8-9 mesi solo per fare qualche passetto in più ogni rinvio. Copiamo dall’Inghilterra!

  5. Cesare Gallo

    Sono un giovane operatore del pianeta giustizia (avvocato), ho guardato con assoluto interesse la tabella sulla durata media dei procedimenti giudiziari. La matematica e la statistica non saranno mai il mio mestiere, ma posso assicurare che la realtà è diversa e ben più cruenta, almeno con riferimento al distretto di Corte di Appello di Napoli. Esempi: 1) Ad un lavoratore licenziato che vuole impugnare il licenziamento, consiglio di trovarsi immediatamente un nuovo lavoro, avvertendolo che ci vorranno almeno tre anni, nella migliore delle ipotesi, per ottenere un provvedimento di reintegra nel posto di lavoro. 2) All’invalido cui venga negata l’indennità di accompagnamento, predispongo il ricorso giudiziario (che dura, al pari della causa di lavoro, non meno di 3 anni) e lo invito a ripresentare a scadenze periodiche la domanda amministrativa. Quattro su dieci muoiono nel corso del giudizio.

  6. PDC

    A me pare che l’unica correlazione forte evidenziata da questi dati sia (come ci si poteva aspettare) quella tra durata dei procedimenti e collocazione lungo l’asse nord-sud del tribunale: più sud = meno efficienza. Quanto ai costi, suggerirei che essi dipendano da più fattori indipendenti, non deducibili dai dati presentati.

  7. Luigi Viola

    Opero nel campo della giustizia (magistrato amministrativo). Credo che si tratti di un primo approccio significativo; per una migliore operatività del modello credo però che si debba considerare la cd. domanda patologica di giustizia (procedimenti determinati dalla volontà di "lucrare" vantaggi indebiti dai tempi lunghi della giustizia). In un primo momento, la riduzione dei tempi dei procedimenti porta presuntivamente anche ad una riduzione della domanda patologica di giustizia; a sua volta, la riduzione dei procedimenti in entrata, porta ad una ulteriore riduzione dei tempi del processo. Una volta raggiunti i "tempi fisiologici, l’effetto aggiuntivo dovrebbe ridursi: é quindi legittimo aspettarsi indici di efficienza suscettibili di crescita più elevata in un primo periodo e successivamente soggetti ad una riduzione/stabilizzazione?

  8. Ing. Salvatore Acocella

    Ad ottobre sono 5 anni e sono sancora lontano alla sentenza di 1° grado. La perizia del tribunale (anadeguata) attende ancora chiarimenti per novembre. Ho pagato 6.300 Euro al perito. Sono nauseato dalla legislazione italiana, da quella europea, dalla lunghezza del processo (2 udienze di 5 minuti all’anno) e vari disgiudi.

  9. francesco piccione

    Come detto nel mio commento, le medie statistiche sono insidiose. l’ingegnere che aspetta da cinque anni una sentenza che è ancora lontana da venire descrive il vero stato della giustizia civile. se si fa la media fra questo procedimento ed un decreto ingiuntivo non impugnato o un accertamento tecnico preventivo si arriva senza difficoltà alla durata che risulta dalle statistiche ministeriali. Ma la realtà è quella descritta dall’ingegnere che ancora attende, e non sa per quanto. per ciò che concerne la soluzione al problema il discorso è articolato, ma soluzioni ce ne sono. è troppo complesso delinearle in poche battute ma qualcosa di serio di si può fare.

  10. mlv

    Certo così non và e non è giustizia, ma di chi è la colpa? Di tutti! Dei magistrati che non sono sopra le parti, della p.a. che non da i mezzi necessari (non li ha), della politica che non riforma o non snellisce la legislazione ed infine dei cittadini che sono sempre meno onesti e/o più inclini ai "mezzucci" che finiscono in tribunale (intasando). Tra tutte le colpe però una più grave c’è sicuramente, ed è quella della politica che non mette ordine. E’ quello che chiede la gente. Prima che la deriva si sposti troppo a destra (verso il fai da te) sarebbe bene che "tutte", "tutte" le forze politiche si decidessero a legiferare (adesso) in modo "meno democratico" e meno "garantista" sì da innescare un circuito virtuoso che a catena "formi" poi cittadini più corretti e onesti. Le leggi non sono immutabili e per essere giuste devono essere in linea con il tempo della loro efficacia. Parimenti, anche gli organi che amministrano la giustizia e la disciplina dei suoi addetti, se prendessero qualche decisione meno corporativa ma più "giusta" (es. licenziare magistrati corrotti e/o fannulloni), darebbero un bel segnale al paese ed ai suoi cittadini. E’ solo questione di serietà!

  11. Francesco De Luca

    Sono convinto, da aspirante avvocato, che il pianeta giustizia per aumentare l’efficienza (migliori servizi con la minore spesa) abbia bisogno soprattutto di rilevanti interventi sia sul piano del procedimento, che su quello logistico dell’investimento tecnologico. Sul primo punto, introdurre tutti i procedimenti civili con lo strumento del ricorso, anzichè dell’atto di citazione. Questa minima variazione produrrebbe a mio avviso il vantaggio di risparmiare un inutile rinvio di ufficio, in quanto spesso la data della prima udienza di trattazione fissata nell’atto di citazione dalla parte attrice, viene sempre spostata dal giudice a causa dei carichi eccessivi dell’ufficio. In secondo luogo estendere il rito del lavoro a quello civile e rendere obbligatorio il c.d "rito societario" che già esiste, ma non viene quasi mai utilizzato. Sul secondo punto, potenziare la comunicazione tra cancelleria e lo studio legale mediante mezzi informatici per evitare l’inutile fila davanti alle cancellerie allo scopo di estrarre copia dei documenti avversari o per fare le notifiche degli atti o dei verbali, assegnando un codice alfanumerico ad ogni procedimento, per l’accesso agli atti.

  12. mm

    Da semplice cittadino, anche a me i dati statistici riportati non tornano affatto,almeno per la mia modesta esperienza di "utente". Nel mio caso, a Milano, per un semplice risarcimento danni di poche migliaia di euro (una parete sfondata da una maldestra impresa edilizia al lavoro in un appartamento adiacente) ho aspettato 7 (sette) anni. E ancora non ho visto il becco di un quattrino perché, nelle more del processo, l’impresario ha chiuso bottega e ora risulterebbe "nullatenente"…alla faccia della giustizia e mia. Ma la "colpa" non è solo dei giudici oberati di lavoro o di procedure da riformare; mai dimenticare il sommo principio filosofico ed esistenziale di non pochi avvocati: DUM PENDET, RENDET. All’avvocato, ovviamente.

  13. Francesco L'aprea da Napoli

    Ho letto sommariamente alcuni commenti di persone che come me sono in attesa di una risoluzione alle beghe di un procedimento civile .Il mio caso (ma non e questo il punto) dura dal 1994 quindi fate voi i conti perche io l’ho perso eppure si tratta di un tfr assistenza obbigatoria da parte dell’Inps visto che in italia per non pagare i creditori basta fallire. Comunque, una soluzione ci sarebbe basterebbe spostare l’esercito di magistrati che si occupano dei procedimenti a carico di potentati giganti o nani che dir si voglia liberand cosi anche due o tre battaglioni di avvocati.risparmiando cosi tempo e denaro visto che comunque non gli fanno un baffo e poi se non fanno attenzione finiranno con il pagare di persona.riflettete riflettete…..

  14. Luca Bianchi

    Sono d’accordo con chi dice che potrebbe essere interessante utilizzare per il processo civile il metodo previsto per il processo del lavoro. però penso che il problema sia alla radice. nel 1942 il codice civile ha inglobato varie tipologie di codici. Forse sarebbe il caso di suddividerli nuovamente, anche per accorpare tutte quelle leggi speciali che oggi esistono e che rendono ardua la conoscenza della giustizia nonché per applicare la legislazione comunitaria e costituzionale (anche se ciò comporta un forte lavoro di commissione parlamentare). Di conseguenza suddividere la competenza tra magistrati creando specifiche sezioni nel civile e nel penale con aggiornamento mirato e obbligatorio. Va da sé che senza un fortissimo investimento in tecnologia e relativa formazione non si và da nessuna parte.

  15. nino taranto

    Tutte le volte che il legislatore tenta di mettere mano alla materia processuale da tanti criticata, si trova inevitabilmente di fronte ad un muro di gomma insormontabile. Recentemente alcune modifiche importanti, seppure non esaustive erano state inserite nel disegno di legge "Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile" (collegato alla Finanziaria 2009) approvato dal Senato della Repubblica il 4 marzo 2009. Tornando ora alla Camera, il provvedimento già esaminato per ben tre volte dalla stessa Commissione, ne riceve ora il parere negativo, poiché " la materia del processo civile" non può essere inserita tra le disposizioni econoimiche, come se le norme di accelerazione processuali non hanno aspetti economici. Orbene, i componenti della Commissione, dei quali cercherò di avere i nominativi di quelli che hanno fatto l’osservazione, sono da mandare a casa, altro che onorevoli. E’ gente che prende lautamente i nostri soldi facendo solo demagogia.

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