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INSOLVENZA ALITALIANA

Non c’è più un’alternativa tra rilancio e fallimento: l’Alitalia ha già imboccato la strada della procedura di insolvenza, che si concluderà con la vendita degli asset e il licenziamento dei lavoratori. Ma il fallimento avviene con una procedura particolare. Che dà alla cordata costituita da Intesa San Paolo uno straordinario potere contrattuale, frutto della ricerca a qualsiasi prezzo dell’italianità. Mentre tutti i costi dell’operazione ricadono sui contribuenti, si regala così un’altra fetta del mercato nazionale, con ampi vantaggi oligopolistici, ai soliti noti.

 

È ormai chiaro che l’offerta Air France-Klm per Alitalia dello scorso marzo, rifiutata dai sindacati e da Silvio Berlusconi, era molto migliore dell’attuale piano di salvataggio predisposto da Intesa San Paolo. Gli azionisti e i creditori avrebbero ottenuto un sia pur limitato risarcimento, gli esuberi sarebbero stati probabilmente inferiori e parzialmente a carico della compagnia franco-olandese, non si sarebbe rischiata una procedura di infrazione delle regole comunitarie, non si sarebbero gettati al vento 300 milioni di prestito ponte e non avremmo dovuto legare le mani all’Autorità antitrust.
Arrivati al punto in cui siamo, però, l’alternativa al piano di Intesa San Paolo non è la vendita ad Air France-Klm alle condizioni proposte nel marzo 2008. Questa opzione è ormai scaduta e irripetibile. Non resterebbe, allora, che il fallimento della nostra compagnia di bandiera, un evento assai peggiore. Corrado Passera e soci appaiono, dunque, come chi è in grado di salvare il salvabile, prendendo ciò che vi è di buono e redditizio della vecchia compagnia e rilanciando il marchio Alitalia.

UNA PARTICOLARE PROCEDURA DI FALLIMENTO

In realtà, non esiste più un’alternativa tra rilancio e fallimento. L’Alitalia ha già imboccato la strada della procedura di insolvenza, che si concluderà con la vendita degli asset e il licenziamento dei lavoratori. Al contrario di ciò che accadde per Parmalat, la nostra compagnia di bandiera non è un’impresa sostanzialmente sana, ma finanziariamente dissestata. Può continuare a essere operativa (al riparo dalle azioni dei creditori) solo per il tempo necessario alla sua liquidazione.
Il piano implica, piuttosto, che il fallimento di Alitalia avvenga mediante una procedura particolare. Il governo nomina un commissario straordinario con il mandato di vendere a trattativa privata alcuni asset (inclusi gli slot) e trasferire parte del personale della vecchia compagnia a una nuova compagnia già pronta per l’acquisto. Tutto ciò che non interessa alla newco, incluso il personale in esubero, rappresenta un costo a carico esclusivo dei contribuenti italiani. In base a questa transazione, sembra che il commissario non potrà restituire alcun debito (compreso il prestito ponte di 300 milioni) e che il marchio Alitalia verrà ceduto a costo zero.
Mostrando qualche rimorso, il governo annuncia che troverà i soldi per risarcire i piccoli risparmiatori. Dunque, chi non si è mai occupato di Alitalia, neanche per sapere quanto valeva sul mercato, partecipa alle perdite: i 300 milioni di prestito ponte che non saranno mai risarciti, il mancato incasso per le azioni Alitalia e i costi per assorbire gli esuberi di personale. Chi, invece, ha deciso di rischiare, consapevolmente, i propri soldi in Alitalia sarà parzialmente compensato. Èdifficile comprendere quale idea di giustizia sia alla base di tale decisione. Infine, poiché la newco assorbirà anche Air One e il governo ha deciso di bloccare l’Autorità antitrust (per ragioni di “rilevante interesse nazionale”), essa sarà in grado di garantirsi a costo zero un “premio da monopolio” sulla tratta Roma-Milano.

COSTI VISIBILI E INVISIBILI

Sembra allora più corretto riformulare la domanda iniziale (“rilancio o fallimento?”) nel modo seguente: “quale procedura sarebbe stato meglio adottare per il fallimento di Alitalia?” La procedura adottata dal governo Berlusconi ha la caratteristica di trasferire tutti i possibili ricavi, al netto dei costi, che deriveranno dalla liquidazione della vecchia Alitalia, più altri ricavi generati surrettiziamente dal governo (premio di monopolio) alla nuova compagnia di bandiera. In altre parole, Corrado Passera, Roberto Colaninno e soci sono nelle condizioni di fare un’offerta “prendere o lasciare” al commissario straordinario, che dovrebbe agire nell’interesse di creditori e azionisti della vecchia Alitalia, in qualità di unico acquirente. Questi ricavi saranno sottratti direttamente agli azionisti dell’Alitalia e ai contribuenti in generale.
Per quale ragione la newco dispone di questo grande potere contrattuale? Non sarebbe stato meglio avviare la procedura di insolvenza immediatamente dopo il rifiuto dell’offerta di Air France-Klm, cercando subito nuovi acquirenti? Perché non dare mandato al commissario straordinario di mettere Passera e soci in concorrenza con altri e cercare di vendere gli asset al prezzo più alto? Siamo sicuri che altre compagnie aeree non fossero disponibili a offrire condizioni migliori per l’azionista? L’advisor di un’azienda di cui il ministero del Tesoro possiede la maggioranza del capitale, dovrebbe essere in sintonia con gli interessi dei contribuenti italiani, e avrebbe dovuto avere questo mandato. Con questa procedura, non si capisce come il governo possa aspettarsi l’applauso del sindacato e perché quest’ultimo dovrebbe essere contento, avendo già rifiutato solo pochi mesi fa un’offerta migliore per lavoratori e contribuenti. 
Un motivo del grande potere contrattuale della cordata costituita da Intesa San Paolo è la ricerca a tutti i costi dell’italianità. Altri parlano degli effetti positivi della compagnia di bandiera sul mercato turistico nazionale. Ma quale contributo concreto può dare un’Alitalia italiana alla scelta dei turisti stranieri di passare le vacanze sul nostro territorio? Il buon senso dovrebbe suggerire che sia più importante migliorare le infrastrutture, tra cui la qualità degli aeroporti e dei collegamenti. Tra le altre cose, sembra evidente che la nuova Alitalia non sarà mai un concorrente serio sulle tratte internazionali. Secondo Passera, l’operazione “è nell’interesse dei consumatori perché migliora il servizio e aumenta l’efficienza”. Ma Passera si riferisce all’efficienza della sua newco, non all’efficienza dell’industria del trasporto aereo italiano. Se Alitalia fosse stata acquisita da una compagnia aerea più redditizia, avremmo ottenuto, come minimo, lo stesso risultato. L’unica differenza è che quella compagnia avrebbe pagato qualcosa di più allo Stato e agli azionisti privati. Ovviamente, e forse questo è il problema che preoccupava Berlusconi, i profitti aziendali e i compensi per i manager non sarebbero andati alla “cordata italiana”.
Ma l’operazione ha anche importanti costi “meno visibili”. Si regala un’altra fetta del mercato nazionale, con ampi vantaggi oligopolistici, ai soliti noti: un gruppo ristretto di capitalisti che siede in centinaia di consigli di amministrazione e spesso si trova in conflitto d’interesse. Da una parte comprano servizi aeroportuali, dall’altra li vendono; da una parte fanno gli advisor per vendere la vecchia Alitalia, dall’altra si presentano come acquirenti; da una parte presiedono la Confindustria, dall’altra fanno affari con il governo. Questi stessi capitalisti sono nei consigli di amministrazione dei giornali, nella gestione delle autostrade, nelle grandi banche nazionali o nelle costruzioni. Molti di essi dipendono dalla politica, perché operano in regime di concessioni governative, o perché sono interessati ai nuovi piani regolatori dei comuni e alle opere pubbliche.
Questi dubbi non sono il prodotto di un’ideologia “mercatista”. Il problema è più semplice: quante nuove opere pubbliche, quanti nuovi incentivi alla ricerca, quanti altri buoni pasto per gli anziani, quanti nuovi ammortizzatori sociali potevamo ottenere dal governo se avessimo scelto una diversa procedura di insolvenza per Alitalia?

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25 commenti

  1. valentino compagnone

    Le vicende della Alitalia dovrebbero essere fatte oggetto di uno "study case" per scuole di formazioone di managers e la Associazione delle business school italiana (che non so se esiste ancora ) dovrebbe proporsi al Parlamento per fare una sessione speciale ad utilità della classe politica per studiare questo caso assieme ad altri esemplari di come sono andate le cose:la Finsider e la assurdita del centro siderurgico di Gioa Tauro ,la resistenza di Aeritalia alla realizzazione nel tempo sbagliato di uno stabilimento di costruzione aeronautica compresa linea di volo a Foggia e la sua realizzazione al tempo giusto, Montedison ovvero come sprofonda il maggiore complesso industriale italiano Valentino Compagnone avvocato in Roma

  2. Roberto Simone

    Continuiamo a parlare di "alternative" all’attuale piano. Ma di alternative non ce n’erano. Perche’ nessuno (politici, sindacati e industriali) le voleva. Infatti oggi sono tutti soddisfatti: i sindacati perché degli esuberi (passati in un giorno da oltre 7000 a 3250, il che aiuterà a dimenticare che con il piano AirFrance erano 2150) si farà carico lo stato; i politici perché potranno continuare a ravanare in Alitalia rovinando quel po’ di rovinabile che ancora è rimasto, e gli industriali (mi perdonino gli industriali seri per aver usato questo termine’) perché si spartiscono la torta. Il tutto in nome dell’italianità della compagnia: che fra cinque anni potrà essere venduta a chiunque! Un affarone (per loro, s’intende!)

  3. Filippo Mattia Pollavini

    La sua analisi lascia poche possibilità a quanti vorrebbero sostenere che la soluzione "Fenice" imposta dal governo, sia la migliore, o migliore di quella precedentemente negoziata, con France-Klm. Senza entrare nel merito di paragoni o raffronti tra le due offerte vorrei individuare un punto che mi coglie però dalla parte dell’attuale procedimento di vendita. Il punto è proprio quello che lei, mettendolo ovviamente in luce, ritiene però non di sostanza. L’italianità della compagnia. Essa è a mio vedere, importante per almeno tre motivi. 1) non è possibile pensare ad un paese del G-8, benchè non sia più degno di altri a parteciparvi, che non abbia una propria compagnia di bandiera (saremmo gli unici). 2) All’interno di un sistema "vischiosamente dinamico" come quello dei trasporti aerei, significherebbe rimanere fuori dalla più gran parte delle rotte e dei reticolati aerei europei: come esterni da un sistema ben funzionante (che ci serve). 3) I costi per l’imprenditoria italiana, tanto bisognosa di internazionalizzarsi, aumenterebbero, con la costante necessità di muoversi verso Madrid, Parigi, Berlino prima ancora di partire veramente.

  4. agata pisin

    Complimenti Dott. Riechlin per il chiaro ed illuminante articolo. Ho cercato di seguire l’evolversi delle vicende, ma non ho ancora capito che c’azzecca Airone con Alitalia. Mah? E non ho ancora capito perchè l’opposizione non si sveglia dal proprio torpore ed inizia ad urlare ai cittadini tutte le nefandezze che circondano questo "affare all’italiana italianità". Sono veramente deluso dalla inconsistenza degli uomini della opposizione. Dei sindacati non parlo in quanto appare evidente il loro unico obiettivo: la sedia. Concludo con il sorriso in quanto ho vinto ben 1 euro scommettendo, con colleghi, che il numero degli esuberi si sarebbe almeno dimezzato rispetto alle prime stime che parlavano di 7.000 lavorati in eccesso. D’altronde, conoscendo un pò i ns. politici, sindacalisti e burocrati per motivi di lavoro, non avevo dubbi sul fatto che avrebbero ridotto drasticamente il numero degli esuberi, facendo così credere, per l’ennesima volta al popolo bue, che loro sono bravi e lavorano per i cittadini. Siamo un grande paese.

  5. Pietro Blu Giandonato

    …è davvero troppo forte la tentazione di affermare che la questione Alitalia si concluderà con l’ennesima, triste, tutta italiana cannibalizzazione di un pezzo importante del nostro Paese. Similmente alla vicenda delle cartolarizzazioni statali, davvero difficile risulta non pensare che alla fine della fiera i privati si saranno scelti le parti migliori dell’animale, comprate a prezzi di realizzo, mentre della nostra Compagnia allo Stato non sarà rimasta che la Bandiera, a noi contribuenti, infine, l’onere di smaltire la carcassa dell’animale, ormai ridotta all’osso, con risorse prelevate direttamente dalle nostre tasche. Non è terribilmente triste tutto ciò?

  6. ANONIMO

    Volevo puntualizzare due cose: 1) Complimenti per il sito molto equilibrato, anche per i commenti 2) Qunando si parla di "lavoce" in internet siamo sicuri che sia la nostra, quando si parla di "lavoce" in televisione, da 15 anni perlomeno, siamo sicuri anche di quella, che è unica, uniformata ed attualmente governativa 3) Passando al tema, che è correlato, comunque, a quello di cui scrivo sopra, penso che il contribuente abbia il diritto, come urlato in campagna elettorale, di sapere quale parte delle tasse che paga siano destinate ad Alitalia e quali all’emergenza rifiuti della Campania (e non solo dei suoi abitanti, di tutti i contribuenti!) 4) Spero che nel contratto della "buona Alitalia" che verrà comperata dei "soliti ignoti" ci sia una clausola che non permetta loro di venderla se non dopo aver restituito il corrispettivo rivalutato della regalia dell’attuale governo 5) Credo che la festa che si svolge in gran parte dell’Italia in questi giorni per il miracolo della risoluzione di questi problemi venga rimandata per il buon gusto!

  7. Mig Brandinelli

    Condivido appieno l’articolo di Reichlin. Aggiungo che l’italianità è un termine privo di senso. Lo stesso G8 conta ormai ben poco, assomiglia al pranzo di gala al quale non partecipano i veri stakeholders, ma solo i loro amministratori, e presentarsi dotati di una compagnia di bandiera, mentre British Airways, AirFrance, Lufthansa etc. corrono ad allearsi per funzionare meglio e valere di più dimostra solo che abbiamo vestiti vecchi che vogliamo pensosamente far apparire come nuovi. Chi deve partire da Milano o da Roma o arrivarci si basa solo sulla disponibilità di tratte utili, collegamenti efficienti con le mete che servono e rapporto qualità/prezzi decenti. L’attrattiva turistica, poi, è basata molto + su cosa si trova all’arrivo, – sulla bandiera del vettore. Del provincialismo italiano e di quello del suo premier (e della sua "furbetteria") gli esempi ormai ci soffocano…

  8. michele garulli

    Questa idea della necessità di una compagnia di bandiera è veramente curiosa. In questi giorni se ne legge un po’ su tutti i media, con le giustificazioni le più sorprendenti: 1. E’ funzionale al turismo in Italia, come se altre compagnie non venissero in Italia a portare turisti (vedi i LCC specialemente in estate). 2. E’ funzionale agli imprenditori italiani che devono operare sui mercati mondiali: già ora molti imprenditori usano altre compagnie per viaggiare (vedi quanti nella Lombardia orientale preferiscono Bergamo per andare a Londra e da li in tutto il mondo) e certamente non serve una compagnia di bandiera fondamentalmente nazionale e tendenzialmente più cara 3. Saremmo l’unico paese del G7 senza compagnia di bandiera: e allora? ci sarebbe qualcuno nel mondo che non comprerà più prodotti italiani perchè ci manca la compagnia di bandiera? Mi aspetto che tra poco come giustificazione ci sentiremo dire che la compagnia di bandiera è veicolo della buona cucina italiana nel mondo grazie ai pasti a bordo.

  9. Alessandro Gratton

    Salvata Air One accollando tutti i costi ai contribuenti e ai consumatori: la nuova compagnia ha eliminato la concorrenza sulle tratte nazionali e in particolare la Linate-Fiumicino (il DL ha eliminato la competenza dell’antitrust), in questo modo la rendita di posizione su queste tratte darà la redditività altrimenti impossibile. La bancarotta foente perfetta con un DL che la dichiara legale (compresa la clausola di salvaguardia per gli amministratori e i sindaci).

  10. edoardo

    i politici si riempiono la bocca sull’italianità di alitalia e sull’immagine che questa rappresenta per il paese. E’ vero dopo decenni di scioperi, disservizi, personale poco attento alle esigenze dei passeggeri (esperienza di chi scrive), ritardi e cancellazioni di ogni genere, rappresenta degnamente il paese Italia. Quando l’Italia per ventura diventerà mai un paese con servizi efficenti, allora sarà il momento di far sparire Alitalia.

  11. Paolo Belli

    Sono in molti a ripetere (ma mi rifiuto di pensare lo dicano con convinzione) come il passaggio di Alitalia ad AirFrance avrebbe danneggiato il turismo italiano. A parte le tante motivazioni che rendono questo ragionamento assurdo, vorrei porre l’attenzione sulla "straordinaria" rete di collegamenti internazionali della nuova Alitalia. Se non sbaglio si parla di un totale di 25 rotte europee e 16 intercontinentali, per un totale di 41. Molto meno di quelle attuali e molto meno, per esempio, di quelle che garantisce la tanto vituperata (da alcuni ambienti politici) Ryanair. Ho contato solo a Bergamo Orio al Serio 39 destinazioni internazionali di Ryanair. Nelle decine di aeroporti italiani in cui fa scalo Ryanair si raggiungeranno, complessivamente, centinaia di destinazioni, soprattutto verso paesi come la Gran Bretagna e la Germania fortemente attratti, dal punto di vista turistico, dall’Italia. Posso testimoniare come l’apertura del volo Parma – Londra Stansted abbia portato un buon flusso turistico in Emilia. Per fortuna che, malgrado tutti i tentativi di stopparla, la concorrenza si muove e potremo sempre contare su qualcosa di meglio della "nostra" compagnia di bandiera…

  12. Mario Lavezzi

    Ma è davvero necessario avere una compagnia di bandiera? Io penso che, tra i vari lati negativi dell’operazione in corso, ci sia anche l’ennesimo pessimo segnale: è possibile amministrare malissimo un’azienda di stato, e/o fare della cattiva politica sindacale, senza di fatto subirne tutte le vere conseguenze, cioè il fallimento. Potrei capire degli sforzi per mantenere una compagnia di bandiera se la stessa avesse accumulato in tutti questi anni qualcosa da difendere. Il problema avrebbe dovuto essere quello di cercare la migliore soluzione per offrire agli italiani (cittadini e imprese), un servizio di trasporto efficiente, sicuro e a prezzi ragionevoli, per quanto mi riguarda a prescindere dalla nazionalità degli attori, ma l’utente (o consumatore), come al solito ha contato ben poco.

  13. Wil Nonleggerlo

    Volevo chiedervi, siete stati invitati alla festa democratica del Pd? Perchè voi, tramite questo sito, fate informazione di qualità. E l’informazione di qualità, in democrazia, è una base fondamentale. Ho letto 3 articoli su Alitalia da voi scritti. In nessun quotidiano (tra acquisti e rassegna stampa sul web cerco di fare qualche panoramica) ho trovato i concetti espressi in maniera così chiara e coinvolgente. Ritengo il caso Alitalia uno scempio unico, malefico, letale per il libero mercato italiano. Io, che sogno una Democrazia fondata sull’innovazione e la giustizia, dopo aver studiacchiato il caso Alitalia, mi sono sfogato in un post dal titolo: "APPELLO PER IMPRENDITORI ONESTI", in cui ironicamente li invito a non avere più preoccupazioni, dato che lo Stato ormai dovrà in qualche modo tutelarli…

  14. Piero Nasuelli

    Non credo che in un settore così delicato come quello del trasporto aereo sia semplice applicare “formulette” da ragioniere (senza offese per la categoria !), così come sono state presentate nel business planing, ovvero più entrate e meno costi. Nell’ambito del trasporto "regionale" Roma – Milano (rotta particolarmente attiva) non si tiene conto che tra pochi mesi sarà operativa la TAV della tratta Milano – Bologna e fra di pochi anni. I 500 Km ma Milano a Roma si potranno percorrere in treno in 3 ore, un tempo in “concorrenza” con l’aereo. Il prezzo dei carburanti è senza dubbio “gonfiato” da situazioni congiunturali, in ogni caso rimarrà proporzionalmente elevato e chi ne pagherà le più immediate conseguenze sarà proprio il trasposto aereo, quindi le tariffe “stracciate” di questi ultimi anni potrebbero rimanere un ricordo ed il trasporto ferroviario potrà avere la sua “riscossa”. Tutte le compagnie sono in difficoltà, come è possibile pensare che una “matricola” (in realtà sembra più il restyling di una vettura che non ha avuto poco successo) possa "risorgere" dalle ceneri?

  15. carlo gaiero

    In quaranta anni, gli amministratori di questo Paese sono stati capaci di distruggere quella che era una primaria industria aeronautica mondiale, hanno impedito (tramite Alitalia ) la nascita di qualsiasi operatore aeronautico (qualcuno vada a rivedere la storia di Ustica dal punto di vista della "uccisione da parte dello stato" dell’unico vero concorrente Alitalia… tutto ciò che "vola" in questo Paese è sempre stato considerato negativo (almeno avessimo sviluppato delle flotte navali). Perché nessun giornalista in questo Paese può raccontare concretamente l’altra "truffa" aeronautica : la gestione degli aerei anti-incendio da parte della Protezione Civile? Ne sono personalmente vittima. E’ uno scandalo più piccolo di Alitalia ma, solo nel 2007 ci sono stati 28 morti a causa degli incendi boschivi (in parte anche a causa dei ritardi negli interventi) che gridano vendetta ma nessuno ne può parlare. A disdposizione, se qualcuno vuole pubblicamente approfondire.

  16. Alberto Cottica

    L’analisi è convincente. Aggiungo un ulteriore costo che, forse per carità di patria, Reichlin non ha preso in considerazione: i riflessi negativi che la vicenda getta (e continuerà a gettare in futuro) sull’Italia come recettore di investimenti esteri. L’Italia ne esce come un paese opaco e vischioso, in cui un piano peggiore viene preferito a uno migliore perché chi lo propone ha le amicizie giuste. Investirvi, dunque, è sconsigliato agli imprenditori armati solo di competenze e buone idee – che sono poi quelli che servirebbero al rilancio del paese.

  17. M Maulini

    Infatti é stata ripristinata l’importante tratta Albenga-Roma con Alitalia Express.
    E così per la terza volta (2002 – 2003 – 2008) i romani potranno andare al mare a Pietra Ligure … questo ha a che fare con l’onorevole Scajola (di Imperia) o sono soltanto malignità?

  18. fernanda

    C’era un volta lo Stato italiano: una grande mamma che aveva molti gioielli (aziende di stato nei diversi settori industriali) ed accudiva i suoi figli (pensioni, scuole, ospedali per tutti: strano vero? si chiama welfare). Poi è arrivato il dio mercato: i gioielli sono stati svenduti ad un gruppetto di "Italiani coraggiosi" ed i figli sono stati buttati sulla strada: che si arrangino! Peccato che il giochino funzioni (ancora per poco) solo perchè viene finanziato con le tasse dei cittadini. E’ vergognoso che le nostre tasse debbano essere utilizzate per coprire i buchi di Alitalia e non per finanziare la scuola pubblica. A meno che non si voglia seguire l’esempio di Alitalia e procedere ad uno scorporo della scuola pubblica a favore della scuola privata con tanto di nomina di advisor…

  19. CARLO CATALANO

    Nell’analisi dei bilanci si distingue fra il risultato operativo ed il risultato complessivo ante imposte, il primo deriva dalla differenza fra i ricavi ed i costi operativi mentre il secondo somma algebricamente al precedente risultato i risultati della gestione finanziaria e straordinaria. Per giudicare se un’impresa è risanabile è soprattutto al primo risultato che si guarda esplorando anche la possibilità di eliminare inefficenze della gestione operativa. Successivamente si stima l’apporto di capitali necessari per ridurre l’esposizione finanziaria in modo da ricondurre ad un livello sostenibile il risultato della gestione finanziaria e quindi si valuta se il reddito complessivo così ottenibile garantisce un adeguata remunerazione al capitale di rischio complessivo, comprensivo quindi dei nuovi apporti di capitale anzidetti. Il risultato della gestione straordinaria non è, per la natura delle relative partite, pianificabile nel lungo periodo, può esservi una previsione a breve legata al valore di particolari poste di bilancio come emerso in sede di due diligence. Nel caso Alitalia poniamo a carico della collettività i debiti ed il personale in esubero ed il gioco è fatto.

  20. marco scamardella

    Come mai in Germania e Francia e Usa le compagnie di bandiera non possono avere maggioranze non nazionali? Perchè gli olandesi di Klm hanno ottenuto garanzie sul traffico esul loro Hub oltre a diritto di veto in cda? Perchè Air France si sobbarcava il baraccone ingestibiule con tanto di contratti extralusso ponendo però come condizione la desertificazione di Malpensa ed il diritto di veto su tutte le assegnazioni di rotte in Italia? Quale è la quota di mercato interno di Air France e Lufthansa ? Non è che mentre si parla di mercato in Italia accettiamo di vendere ad un monopolista non una compagnia fallita ma il monopolio del nostro mercato interno? Una cordata così vasta e diluita senza soci in maggioranza relativa non potrebbe funzionare come una robusta public company cercando redditività e profitto facendo volano su un forte mercato interno ( anche se non ai livelli di AF e LFTH ) e una decente e libera alleanza internazionale con il miglior offerente fra BA AF e LFTH ?. Non è mercato il fallimento attuale più di una vendita opaca?

  21. hauner davide

    C’era una volta l’Anonima Lombarda Fabbrica di Automobili. C’era, sempre in quel periodo una aziendina centrata nella longobardica terra che produceva automobiline come la Giulia, la Giulietta spider, la Montreal etc. ma c’era anche un sindacato e una società statale creata circa nel 1930 che non faceva gli interessi degli share holder ne gli interessi dello stato, faceva gli interessi di una parte del pubblico. Cosi, questa aziendina, prima fu obbligata a produrre in modo anti-economico in Campania e poi quando gli azionisti e dirigenti vennero superati in peso dalla componente sindacale, ecco che si decise di mettere questa piccola fabbrichetta in vendita al miglior offerente. E si presentarono 2 offerte. La prima venne dal di là dell’atlantico, e prevedeva un ricavo maggiore per lo Stato ma con piu cassa integrati, l’altro veniva dalla Fiat e avrebbe fatto il bene dell’italianità. Ora, è vero che i casi non si equivalgoino in tutto ma credo che il danno alla collettività abbia seguito piu o meno lo stesso iter e abbia piu o meno avuto le stesse scusanti. ah, a proposito, ora l’Alfa non eiste piu, non ha piu mercato proprio, sta perdendo l’immagine e vive per la Fiat.

  22. Alessandro

    In linea generale direi che un controllo integrato di una filiera produttiva è sempre il modo migliore per promuovere investimenti a grande capitalizzazione.Infatti per costruire Malpensa si era una puntato su integrazione con il vettore di bandiera che ne avrebbe dovuto fare il proprio Hub. Ma una volta che le infrastrutture sono state realizzate,i contratti disattesi(vedi cause incrociate Alitalia Sea) è ancora necessaria una compagnia italiana?In realtà basterebbe liberalizzare i diritti di traffico (in parte monopolizzati ad Alitalia), neanche tutti, solo quelli vincolati dagli accordi bilaterali (non CEE, non USA che sono già liberalizzati).A quel punto non ci sarebbe nessun ostacolo affinché delle compagnie decidano di fare rotta sull’Italia,sempre che arrivare a Malpensa o Fiumicino risulti logisticamente appetibile ed il sistema degli aereoporti favorisca economie di scale che rendano bassi i costi per atterrare in questi scali. In sintesi,se vogliamo garantire il turismo,bisognerebbe investire in infrastrutture ed armonizzare il sistema dei trasporti,ferrovie ed autostrade funzionali e non competitive con gli aereoporti, altro che compagnia Italiana.

  23. andrea

    Vorrei porre una domanda semplicissima all’Autore dell’articolo, e a tutti i lettori che vorranno rispondere. Se l’offerta AirFrance era “di molto migliore”, come scrive il Prof Reichlin fra altri, e quindi lo Stato italiano e gli altri azionisti avrebbero guadagnato di più, quali erano le motivazioni per questa “generosità” da parte di AirFrance? Azzardo varie ipotesi: 1) lo sviscerato amore per l’Italia e gli italiani di M. Spinetta presidente di AirFrance 2) la sua incompetenza negli affari, avendo offerto di pagare di piu’ per la stessa cosa che compra oggi l’attuale cordata italiana 3) l’acquisto di qualcosa di strategico per i suoi azionisti (ricordiamolo, il governo francese), che giustificava un esborso superiore a quello che semplici operatori di mercato ritengono equo pagare. Ringrazio in anticipo tutti quelli che avranno l’onestà intellettuale di porsi una tale domanda.

  24. andrea

    Come dice giustamente il sig. Alessandro, non serve avere una compagnia di bandiera, basta rendere appetibili gli scali italiani e le infrastrutture (il mercato e il territorio gia` lo sono). Il vettore aereo, pure estero, puntando alla redditività, cerchera` di favorire le presenze quindi il turismo. Questo ragionamento vale in tutti i casi tranne però quello in cui il vettore aereo estero non ha SOLO motivazioni di redditività ma anche altr motivazioni. E’ il caso di vettori detenuti da Stati esteri per i quali può risultare estremamente più redditizio trasferire altrove i flussi di turismo, rinunciando a un po’ di fatturato sul vettore stesso, ma recuperando fatturato turistico a livello di sistema paese. Guarda un po’, proprio il caso di AirFrance. Quindi la conclusione è che una compagnia di bandiera italiana non serve, tranne il caso in cui il nuovo proprietario sia uno stato estero nostro concorrente turistico, come la Francia.

  25. lucio

    Condivido pienamente l’analisi dell’autore dell’articolo ma per parte mia aggiungo una considerazione. Ai soliti noti beneficiari dell’operazione bisogna aggiungere i dipendenti di Alitalia perché in genere quando una società fallisce, e questo è il caso di Alitalia, i dipendenti si trovano senza lavoro, aiutati, purtroppo non sempre, per esempio non per le piccole aziende, con strumenti quali la cassa integrazione e la messa in mobilità. Non riesco a capire per quale motivo i dipendenti di Alitalia devono continuare, dopo esserlo stati per una vita, a essere così sfacciatamente privilegiati e devono sedersi al tavolo delle trattative sulla nuova compagnia e avere addirittura la garanzia di essere tutti reimpiegati. Quali meriti hanno rispetto a tuttti gli altri lavoratori per questo trattamento di grande riguardo che viene pagato da tutti i cittadini, compreso i lavoratori che non hanno ricevuto o presumibilmente non riceveranno alcun sostegno quando si troverenno senza lavoro? Non sarebbe più corretto e più giusto lasciarli tutti nella bad company, metterli in cassa integrazione e in mobilità dando la possibilità alle aziende che ne hanno bisogno di assumerli?

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