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DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI AIUTI DI STATO

Gli aiuti al settore finanziario applicano e non derogano le regole del Trattato. Il Consiglio europeo ha sottolineato l’eccezionalità della situazione e ha previsto alcune esplicite e dettagliate condizioni. L’accesso agli aiuti deve essere non discriminatorio, ma aperto a tutte le istituzioni finanziarie costituite nel territorio, a prescindere dalla loro nazionalità. L’aiuto deve essere temporaneo e strettamente funzionale alla durata della crisi e proporzionato anche dal punto di vista quantitativo. Insomma, in questo campo le regole ci sono. E sono buone.

Nelle ultime settimane la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato sembra divenuta il terreno di scontro ideologico tra interventisti nell’economia e fautori del libero mercato. Da un lato, vi è chi, alla luce dei provvedimenti di sostegno del settore finanziario, ne ha decretato il decesso, annunciando la formazione di un nuovo e opposto paradigma. Così Berlusconi e Tremonti dalla tribuna del Consiglio europeo hanno affermato che “Il mondo è cambiato. Adesso gli aiuti di Stato diventano l’imperativo categorico”. (1) Dall’altro vi è chi, ad esempio Francesco Giavazzi, si è schierato a difesa di quella disciplina, qualificando la prospettiva di una sua deroga come una ‘scelta suicida’: se si aprisse una gara tra i paesi europei a chi aiuta di più le proprie imprese, ha osservato Giavazzi, l’Italia ne uscirebbe perdente, dato il livello del nostro debito pubblico. (2)
La questione merita un approfondimento perché si ha la sensazione che vi sia, forse da ambo le parti, un equivoco sul contenuto della disciplina sugli aiuti di Stato. In particolare, sembra che sia da tutti intesa come un baluardo dei principi del libero mercato e del laissez faire, in quanto vieta ogni intervento dello Stato nell’economia.

COSA PREVEDE IL TRATTATO?

La realtà, però, non è affatto questa.
In primo luogo, dal Trattato emerge che vi sono due categorie di aiuti. La prima è costituita da misure di sostegno all’economia a carattere generale: queste misure non sono vietate. La seconda è invece rappresentata dalle misure statali di carattere selettivo, tali sono quelle che rappresentano un vantaggio per talune imprese rispetto alle altre che si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga. (3) La logica sottostante alla regola non è dunque quella di stabilire un divieto assoluto di allocazioni inefficienti delle risorse pubbliche, bensì, quella di non dar luogo a discriminazioni tra imprese.
In secondo luogo, è stato chiarito per via giurisprudenziale, che un aiuto di Stato non è vietato dal Trattato se corrisponde a un intervento di sostegno che anche un imprenditore privato effettuerebbe. Questo principio noto come il "criterio dell’investitore privato" mira a consentire allo Stato di operare nel mercato a patto di comportarsi come un imprenditore. Ciò che infatti si vuole vietare non è l’intervento statale nell’economia tout court, ma solo gli interventi a fondo perduto. Viceversa, sono leciti gli investimenti statali, anche se la remunerazione dovesse essere prevista nel medio-lungo periodo.
In terzo luogo, anche nel caso in cui l’intervento statale sia selettivo e non imprenditoriale, l’aiuto può essere considerato ammissibile se ricade in una delle categorie che beneficiano di una delle deroghe previste dal Trattato. Quest’ultimo, in effetti stabilisce che taluni aiuti vanno qualificati come per se leciti, vale a dire, gli aiuti di carattere sociale concessi ai singoli consumatori e quelli destinati a ovviare i danni arrecati da calamità naturali o eventi eccezionali. Altri aiuti, possono essere valutati come leciti a seguito di scrutinio della Commissione. Si tratta degli aiuti destinati allo sviluppo economico delle regioni svantaggiate, degli aiuti destinati a importanti progetti di interesse europeo e degli aiuti volti a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia degli Stati membri.      
Dunque le regole del Trattato delineano, non un divieto assoluto di intervento dello Stato nell’economia, bensì una disciplina che cerca di individuare un equilibrio tra le ragioni di efficienza allocativa e le esigenze di politica economica dello Stato.

GLI AIUTI AL SETTORE FINANZIARIO HANNO DEROGATO IL TRATTATO?

Gli aiuti al settore finanziario applicano e non derogano le regole del Trattato.
La Commissione, su mandato del Consiglio, ha constatato che la crisi finanziaria globale aveva provocato un “grave turbamento dell’economia di uno Stato”, e che tale circostanza, esplicitamente prevista dall’articolo 87 del trattato, le consentiva di autorizzare taluni tipi di aiuti nella forma di garanzie sugli impegni delle istituzioni finanziarie e di ricapitalizzazione delle stesse. (4)
Ciò però ad alcune esplicite e dettagliate condizioni.
Anzitutto, l’accesso agli aiuti previsto dagli Stati deve essere non discriminatorio, cioè aperto a tutte le istituzioni finanziarie costituite nel territorio, a prescindere dalla loro nazionalità. In secondo luogo, l’aiuto deve essere temporaneo e strettamente funzionale alla durata della crisi. A tal proposito gli Stati hanno l’obbligo di valutare ogni sei mesi lo stato dei mercati e gli effetti delle misure prese al fine di stabilire l’opportunità di continuare l’aiuto. In terzo luogo, l’aiuto deve essere strettamente proporzionato anche dal punto di vista quantitativo, e devono pertanto essere previste misure per evitare che gli azionisti degli istituti beneficiati ne approfittino indebitamente. A tal proposito si richiede che gli Stati prevedano che il settore privato beneficiato contribuisca anch’esso ai costi delle garanzie. Inoltre, occorre che i provvedimenti statali assicurino restrizioni delle condotte commerciali delle banche (per esempio, divieto di pubblicizzazione della garanzia statale, o il divieto di riacquisto delle azioni da parte dei beneficiari dell’aiuto ovvero il divieto di emissione di nuove stock option per i manager). Infine, gli schemi di intervento sono soggetti al controllo della Commissione.   

LE REGOLE, QUESTA VOLTA, CI SONO: APPLICHIAMOLE

C’è un ultimo profilo preoccupante dell’intera vicenda, questa volta non economico, ma politico-giuridico. La crisi dei mercati finanziari ha impartito molte lezioni, una delle più severe è quella relativa agli enormi costi derivanti dal fatto di ignorare le regole o di applicarne di inadeguate. Nel settore degli aiuti di Stato le regole ci sono, sono buone, sono rodate da decenni di applicazione, e non da ultimo, essendo state accettate dai parlamenti nazionali di tutti gli Stati membri, non possono essere cancellate in un pomeriggio dagli esecutivi.    
A proposito, smentendo i proclami del governo italiano, nelle conclusioni del Consiglio europeo si legge che nel settore dei mercati finanziari, e limitatamente a esso, la Commissione è invitata ad applicare in maniera rapida e flessibile le norme sugli aiuti di Stato, sottolineando però, il carattere eccezionale delle circostanze e enfatizzando la necessità di “continuare ad applicare i principi del mercato unico e del regime degli aiuti di Stato”. (5)

(1) Vedi Il Sole24Ore, 17 ottobre 2008.
(2) Vedi Corriere della sera, 18 ottobre 2008.
(3) Tale è la definizione ormai consolidata di misura selettiva secondo la Corte di giustizia. Vedi, ex multis, la sentenza del 6 settembre 2006, C-88/03, Portogallo/Commissione, in Raccolta, p. I-7115, reperibile anche al sito (http://curia.europa.eu/it/index.htm), nonché, in senso analogo, il Vademecum sulle regole applicabili agli aiuti di Stato aggiornata dalla Commissione europea al 17/7/2008 vedi al sito http://ec.europa.eu/comm/competition/state_aid/studies_reports/. 
(4) Vedi Communication from the Commission – The application of State aids rules to measures taken in relation to financial institutions in the context of the current global financial crisis, v. al sito: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2008:270:0008:0014:EN:PDF
(5)Vedi pt. 5 delle conclusioni della residenza – Bruxelles, 15 e 16 ottobre 2008 (14368/08).

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  1. Massimo GIANNINI

    Sull’aspetto giuridico e applicativo, gli aiuti al settore finanziario sono probabilmente rispettose dei dettami del Trattato ma sul piano sostanziale non sono affatto neutre per il mercato unico e il suo corretto funzionamento. Hanno danneggiato molti stakeholders che vanno dagli azionisti di minoranza, ai contribuenti, alle imprese che di tali e simili aiuti non possono beneficiare. Inoltre si é creata un grosso problema di moral hazard laddove proprio in rispetto di normative non si é applicato alcun carattere selettivo e di proporzionalità. Non si é fatta nessuna distinzione tra imprese bisognose e lemons e non si é avuta nessuna contropartita di disclosure e trasparenza (posizione finanziaria reale della banca). Inoltre l’aiuto non é di per se temporaneo laddove non si sono indicate exit strategy con date (es. ricapitalizzazioni). C’é poi un controsenso: come si fa a dare aiuti di Stato a chi non ha rispettato forse regole ed un’efficiente allocazione delle proprie risorse, ovvero come un sano investitore privato rispettando i propri azionisti privati "presuming …that they were best capable of protecting their own shareholders and their equity in the firms (A. Greenspan).

  2. Bruno Stucchi

    Le sovvenzioni statali tedesche alle "energie alternative" (eolico, fotovoltaico) sono in regola o no? Non sono aiuti statali all’industria privata?

  3. Giovanni

    In presenza di mercati finanziari aperti e di conseguenza anche il commercio delle merci, si sta assistendo ad un nuovo squilibrio di mercato che riguarda direttamente il reddito da lavoro a causa di un nuovo fenomeno di "disoccupazione finanziaria": rendimenti decrescenti degli asset finanziari di minore intensità di capitale. Questo ha provocato una "fuga in avanti" dei capitali verso rendimenti di asset finanziari ad elevata rendita di posizione (vedi "digital-divide" oppure "knowledge-divide" o "mathematical-divide" ) danneggiando l’economia delle attività ad elevata intensità di lavoro. In altre parole stiamo assistendo un’impoverimento del salario non per causa della globalizzazione (vedi Cina, Paese che in fin dei conti è un creditore netto di lavoro) e non causa liberalizzazione mercati finanziari (che garantiscono potere d’acquisto) ma causa dei forti squilibri interni in termini di distribuzione della ricchezza presenti in USA e nella UE. Dunque sarebbe necessario che nell’agenda del policy-maker vi sia un intervento volto a ridurre questa "disoccupazione finanziaria".

  4. SGL

    Sirs: Italy has more debt than its GDP meaning little, or no job creation in infrastructures. Italy has little room to manouvre.Its economy is vulnerable to systemic attacks.and money creation lmay lay the groundwork for future inflation. Are there any practical immediate defences Italy could take to mitigate the looming recession? The EU Central Bank has pumped a large amount of liquidity to restart interbank lending but the Bund spread contines to widen. Why? Are banks sitting on piles of cash being hoarded or are their losses larger than we are being told? The backbones of Italian job creation are SME’s that depend on positive cash flows to keep them alive – if they are not sustained by a ‘business as usual’ attitude by the banks, human resources involved in innovation will be lost. The Media might give this more attention. Thank you.

  5. david

    Non capisco perchè si debbano aiutare le banche. Quando vai in banca ti propongono un sacco di prodotti finanziari, dove la banca non rischia niente, è solo il cliente che rischia, e che paga anche i cattivi consigli. I fondi d’investimento ti fanno pagare una commissione del 2%, che non si sa cosa paga, ma poi se il mercato scende sono cavoli tuoi, Scusate non sono un’esperto, sono solo un cliente e non vedo perchè le banche vanno aiutate. Non ho mai sentito che vengono aiutati i clienti quando la borsa crolla. Mi potete spiegare meglòio, non capisco. I soldi ci sono per salvare le banche ma non per salvare lo straccione. Come mai tutto questo affannarsi ( penso all’america) con tutti questi soldi spesi per salvare i ricchi?

  6. marie arouet

    Come tutti i giuristi sanno l’applicazione delle regole segue alla loro interpretazione. Se è vero che il trattato europeo non esclude la possibilità di aiuti al settore finanziario è altrettanto vero che tali aiuti sono incompatibili con i vincoli di bilancio. Se, come insistentemente ricordato da Trichet, i vincoli di bilancio impediscono qiualsiasi politica di assistenza alle persone appartenenti alle classi medio basse che nell’arco di dieci anni hanno pagato la stabilità economica, non si capisce come gli stessi vincoli non debbano valere per le istituzioni finanziarie.

  7. stefano monni

    Trovo condivisibile appieno la parte dell’articolo in cui si invita ad applicare le regole esistenti a livello comunitario. Ciò che non ritengo corretto al riguardo è che tali regole prevedano un intervento pubblico solo a seguito di crisi quale quella che stiamo vivendo in questo periodo. Il problema io credo sia quello di definire regole che siano in grado, se non di eliminare, almeno di ridurre queste crisi che se prese in tempo sicuramente non comporterebbero costi così ingenti per la collettività.

  8. Giancarlo Frison

    Ho letto sul Financial Times del 3 novembre che dei 125 miliardi di dollari erogati dal governo US per fronteggiare la crisi creditizia ben 108 miliardi sono già stati spesi dalle banche per sostenere i compensi/premi dei propri dirigenti/dipendenti. Un bel premio per coloro che non si sono fatti scrupoli a distruggere il valore dei nostri risparmi!

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