Lavoce.info

UN REGALO DI OBAMA ALLE BANCHE *

Il piano Geithner-Summers implica un enorme trasferimento di ricchezza, forse per centinaia di miliardi di dollari, dai contribuenti agli azionisti delle banche. Ne sono una prova i rialzi dei prezzi dei titoli bancari già nella settimana che ha preceduto l’annuncio. Il valore di questo salvataggio di massa è di gran lunga superiore al bonus destinato ad Aig e Merrill. Ma il meccanismo è molto meno ovvio e la reazione dell’opinione pubblica è stata debole, almeno finora. Per ripulire i bilanci delle banche esistono alternative molto più efficaci e più eque.

 

Timothy Geithner e Larry Summers hanno annunciato il loro piano: depreda la Federal Deposit Insurance Corporation e la Federal Reserve per garantire credito agli investitori che acquistano dalle banche attivi tossici a prezzi esagerati. Se il piano sarà attuato, il risultato sarà un enorme trasferimento di ricchezza, forse per centinaia di miliardi di dollari, dai contribuenti (su cui ricadranno le perdite di Fdic e Fed) agli azionisti delle banche. Il rialzo dei prezzi dei titoli bancari nella mattina dell’annuncio, e anche nella settimana di indiscrezioni e allusioni che l’ha preceduto, sono un’indicazione del salvataggio di massa in atto. Ci sono modi molto più equi e molto più efficaci per raggiungere l’obiettivo di ripulire i bilanci delle banche.

COME FUNZIONA

Ecco come funziona una parte importante del piano. Sarà creato un gigantesco fondo di investimento (o forse più di uno) per acquistare attivi tossici dalle banche. I bilancio dei fondi di investimento sarà così organizzato: per ogni dollaro di attivi tossici che acquistano dalle banche, la Fdic garantirà un prestito fino a 85,7 centesimi (i 6/7 di un dollaro), il Tesoro e gli investitori privati metteranno ciascuno 7,15 centesimi di capitale. Il prestito della Fdic sarà “non recourse”, ovvero se il valore degli attivi tossici acquistati dagli investitori privati scenderà al di sotto dell’ammontare del prestito Fdic, i fondi di investimento non lo restituiranno e la Fdic si ritroverà con gli attivi tossici.

IL REGALO DEL CONTRIBUENTE SPIEGATO CON UN ESEMPIO NUMERICO

Per comprendere come funziona il regalo agli azionisti bancari, è utile ricorrere a una spiegazione numerica.
Consideriamo un portafoglio di attivi tossici con un valore nominale di mille miliardi. Assumiamo che abbia il 20 per cento di probabilità di ripagare interamente il suo valore nominale e l’80 per cento di probabilità di ripagare soltanto 200 miliardi. Il valore attuale di mercato degli attivi tossici è dato dal loro rendimento atteso, che è il 20 per cento di mille miliardi più l’80 per cento di 200 miliardi, ovvero 360 miliardi. Di conseguenza, gli attivi si scambiano a un prezzo che è il 36 per cento del loro valore nominale.
I fondi di investimento dovranno fare un’offerta per questi attivi tossici. A prima vista, si direbbe che l’offerta dovrebbe essere di 360 miliardi, ma non è la risposta giusta. Gli investitori ne faranno una nettamente superiore a 360 miliardi, a causa del massiccio sussidio implicito nel prestito Fdic. In effetti, quello che la Fdic propone agli investitori privati è una scommessa del tipo “testa vinci tu, croce perde il contribuente”.
In particolare, la Fdic presta denaro a un basso tasso di interesse e sulla base della formula “non recourse” nonostante sia probabile una massiccia inadempienza degli impegni relativi ai prestiti da parte dei fondi di investimento. Il sussidio nascosto prende la forma di un prezzo di offerta per gli attivi tossici nettamente superiore ai 360 miliardi. In sintesi, la Fdic trasferisce centinaia di miliardi di dollari di ricchezza del contribuente alle banche.

CALCOLO SUL RETRO DELLA BUSTA: 276 MILIARDI

Basta un piccolo esercizio di aritmetica per calcolare l’entità del trasferimento. Nel nostro scenario gli investitori privati, che gestiscono il fondo di investimento, saranno pronti a offrire 636 miliardi per i 360 miliardi di reale valore di mercato degli attivi tossici, trasferendo così 276 miliardi in più dalla Fdic (i contribuenti) alle banche. Ecco perché.
Secondo le regole del piano Geithner-Summers, gli investitori e il Tarp mettono ciascuno il 7,5 per cento del prezzo di acquisto di 636 miliardi, pari a 45 miliardi. La Fdic darà un prestito di 546 miliardi (tutti i numeri sono arrotondati). Se gli attivi tossici ripagano interamente i mille miliardi, ci sarà un profitto di 454 miliardi, pari al pagamento dei mille miliardi meno il rimborso del prestito Fdic di 546 miliardi. Gli investitori privati e il Tarp prenderanno ciascuno metà del profitto, 227 miliardi di dollari.
Ma questo risultato si verifica solo nel 20 per cento dei casi, dunque i profitti attesi degli investitori privati sono il 20 per cento di 227 miliardi, ovvero 45 miliardi, esattamente quello che hanno investito. Anche per il Tarp i profitti sono esattamente uguali all’investimento. Così, sia il Tarp sia gli investitori privati sono in pareggio: come partecipanti all’asta, hanno offerto il prezzo massimo che consente loro di ottenerlo.
Gli azionisti delle banche, invece, chiudono il gioco con in tasca 276 miliardi in più, mentre la Fdic si sobbarca 276 miliardi di perdite attese. Il trasferimento avviene a causa delle inadempienze sul prestito Fdic quando gli attivi tossici pagano solo 200 miliardi, un risultato che si verifica nell’80 per cento dei casi. Quando ciò accade il fondo di investimento si ritrova in rosso: ha più debito verso la Fdic di quanto abbia ricevuto dagli attivi tossici. Ma a quel punto, il fondo di investimento non ripaga il suo debito alla Fdic. E l’ente ottiene 200 miliardi invece della restituzione di 546 miliardi, con una perdita netta di 346 miliardi. E poiché questo risultato si verifica nell’80 per cento dei casi, la perdita attesa per il contribuente è l’80 per cento di 346 miliardi, ovvero 276 miliardi. Che corrisponde esattamente al guadagno in eccesso delle banche.
I prezzi alle stelle dei titoli bancari nella settimana che lo ha preceduto e nel giorno stesso dell’annuncio del piano svelano il salvataggio: tra il 9 e il 20 marzo l’indice bancario Kbw è salito del 33 per cento, mentre il Dow per l’industria solo dell’11 per cento, il che indica quanto fossero favorevoli alle banche le indiscrezioni sul piano. La mattina dell’annuncio, Citibank ha triplicato il suo valore rispetto al minimo dell’inizio di marzo. Il valore del salvataggio è di gran lunga superiore al bonus destinato ad Aig e Merrill, ma poiché il primo è molto meno ovvio del secondo, la reazione dell’opinione pubblica è stata debole, almeno all’inizio.

UN PIANO MIGLIORE

Il piano non dovrebbe andare avanti su queste basi così poco eque. Nel rispetto della legge, il Congresso dovrebbe applicare il Federal Credit Reform Act del 1990, che richiede un accantonamento di bilancio a copertura delle perdite attese nei programmi di prestito pubblico: si presume che le perdite attese della Fdic sulla base del piano Geithner-Summers dovrebbero rientrarvi. Con una corretta contabilità, l’intera operazione descritta nel nostro esempio richiederebbe un accantonamento di bilancio di 276 miliardi, pari alle perdite attese di Fdic e Tesoro. Se l’amministrazione chiedesse al Congresso un accantonamento simile, la risposta sarebbe un secco “no”: l’opinione pubblica non accetterebbe un pagamento eccessivo degli attivi tossici a spese del contribuente. Così, è molto probabile che l’amministrazione cerchi di evitare un controllo del Congresso sul piano e faccia affidamento sulla confusione e sulla “buona notizia” dei rialzi dei corsi azionari per giustificare le proprie azioni.
I piani Geithner-Summers per la Fdic non sono gli unici trasferimenti fuori-bilancio agli azionisti delle banche. Altri punti del piano suffragano prestiti agevolati del Tesoro e ancor di più della Fed. La Fed sta già acquistando centinaia di miliardi di attivi tossici con scarso, se non nessun, controllo o accantonamento compensativo. E poiché alla fine guadagni e perdite della Fed sono iscritti a bilancio, anche l’acquisto degli attivi tossici dovrebbe ricadere sotto il Federal Credit Reform Act e dovrebbe essere esplicitamente finanziato.
Esistono innumerevoli alternative preferibili e più trasparenti. Gli attivi tossici potrebbero essere venduti a prezzi di mercato, non a prezzi esagerati, facendo sopportare agli azionisti delle banche i costi delle perdite. Se a quel punto le banche avessero bisogno di maggior capitale, il governo potrebbe acquistare direttamente le loro azioni: questo permetterebbe di salvare il sistema bancario senza salvare gli azionisti delle banche. Il processo sarebbe più corretto, meno costoso e più trasparente per il contribuente.
Nelle banche già ora insolventi dovrebbe intervenire direttamente la Fdic, in una forma di amministrazione controllata temporanea. Il ritorno per l’azionista sarebbe completamente cancellato, eccetto forse per qualche residuo diritto nel caso che gli attivi tossici superino largamente le loro attuali aspettative di mercato.

Foto: Barack Obama, di Pete Souza. White House.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Anno nuovo, vecchi tassi per la Bce
Leggi anche:  2024: come orientarsi nei mercati finanziari

Precedente

E PER L’OCCUPAZIONE SENTENZA RIMANDATA A GIUGNO

Successivo

LA RISPOSTA AI COMMENTI

14 commenti

  1. luciano fedi

    Finalmente un esempio che chiarisce il meccanismo di salvataggio di Obama che, ho sempre sospettato, avrebbe implicato una prospettiva di spesa da parte dei contribuenti. Grazie e cordiali saluti

  2. Massimo GIANNINI

    Una delle alternative molto più efficaci è quella che io propongo dall’ottobre 2008 e ripresa nel mio commento su http://www.lavoce.info/commenti/281000997.html. Si tratta di creare nuove "good banks". A livello internazionale si é elaborato nel dettaglio la proposta con alcune varianti secondo le procedure proprie ad ogni legislazione (FDIC, UK Banking Act, etc). L’idea primaria rimane la mia: rifondare il sistema su nuove basi tenendo conto che l’obiettivo é rilanciare il credito e ridurre i costi per in contribuenti. Purtroppo credo che ormai non si tratta più di una decisione basata sui costi-benefici per il sistema del credito o per i contribuenti, che include considerazioni di equità e trasparenza, ma una decisione "politica" di difesa o meno del sistema esistente e dei suoi privilegiati. Il regalo di Obama alle banche forse non ci sarà perché credo che il piano Gethner fallirà prima…è nello stato delle cose.

  3. Enrico Marchesi

    Yes we can!

  4. Riccardhino

    Articolo estremamente interessante. Mi pare di capire, leggendolo, che il governo americano si appresta a fare una manovra di salvataggio utilizzando fondi pubblici per salvare un gruppo di pochi privati, il tutto condito con il solito gioco delle 3 carte, secondo cui al pubblico non viene spiegato nulla e, anzi, si fa leva sull’euforia dei mercati borsistici per far passare liscio l’intero affare. Con i dovuti distinguo, onestamente mi pare si stia ripetendo lo stesso meccanismo adoperato nel nostro paese per salvare l’Alitalia. In fondo, allora, l’amministrazione Obama non è affatto così d’oro come sembra.

  5. leonardo berti

    La soluzione "migliore" proposta dall’articolo si chiama "nazionalizzazione". Ed è proprio la risposta che non si è voluto dare per i suoi costi latenti. In un’economia fortemente basata sui capitali provenienti dall’estero si corre un rischio considerevole a proporre evidenti nazionalizzazioni. Lo stato americano diventerebbe maggiore azionista della quasi totalità del sistema bancario. Questo sarebbe un deterrente pericoloso per l’afflusso dei capitali esteri. Almeno nel breve la congiuntura potrebbe avvitarsi su se’ stessa. Anche da punto di vista politico, un sistema che crede molto nell’impresa privata non potrebbe digerire facilmente una forte preponderanza dello stato "proprietario". E i costi politici di un avvitamento della situazione per mancanza di capitali sarebbero enormi. Si è deciso di pagare il dazio subito e di non rischiare successive conseguenze. C’è ora da sperare che sia davvero l’ultimo regalo.

  6. Roberto Marchesi

    Egregio prof. Sachs, i suoi calcoli e le sue spiegazioni mi sembrano assolutamente fondati, ma io penso che, probabilmente, la manovra avviata da Geithner (dopo la gelida accoglienza che ha avuto da Wall Street al suo primo discorso in pubblico) e’, non dico la migliore, ma probabilmente e’ una delle poche che gli evitano una guerra aperta con i potentissimi finanzieri (appoggiati dai repubblicani). Di fatto e’ una decisione “politica” non tecnica. Su tutti i media americani e’ infatti gia’ iniziata una fortissima campagna contraria alle riforme che (a detta di alcuni) stanno portando l’America tra i paesi socialisti. Probabilmente, al di la del calcolo tecnico e della giustizia sociale, Obama e Geithner hanno considerato che in questo momento la cosa piu’ importante e urgente da fare e’ portare le banche (e quindi l’America) fuori dalla crisi. Costi quello che costi. Saluti da Dallas, Texas.

  7. Giuseppe

    Come volevasi dimostrare, anche Obama si rivela il classico "tutto fumo e niente arrosto". La cosa che mi preoccupa di più e che su di lui la speranza riposta era davvero così immensamente grande, che un "obbligato" fallimento della sua politica economica (Geithner docet) non diversa da altri suoi predecessori, si può trasformare in uno stato di delusione talmente grande, che a mio avviso provocherà fenomeni rivoluzionari inarrestabili.

  8. Gianmarco Bonacina

    Bello l’esempio fatto da Sachs. Però non mi sembra corretta la seconda parte del ragionamento: nel caso in cui gli attivi valgono 200mld i fondi di investimento privati perdono comunque tutto l’equity di 45mld e il peso a carico della colletività è 301mld non 345mld o no?

  9. UMBERTO CARNEGLIA

    Ci sono due punti dell’analisi di J.D. Sachs sui quali desidererei se possibile maggiori chiarimenti. 1) Immagino – ma vorrei una conferma o una rettifica – che le spese di FDIC siano finanziate dal Tesoro, cioe’ dallo Stato. Non credo invece che le spese della FED siano a carico del bilancio statale: al proposito la stampa finanziaria parla sistematicamente di "moneta stampata" da FED ovvero "creata ex nihil", cioe’ di moneta che non va sul bilancio dello Stato ed a carico dei contribuenti, ma casomai diluisce un po’ il $ con effetti sul cambio. Anche su questo desidererei un chiarimento. 2) Mi sembra di capire che Sachs dia per scontato che il "Fondo misto" (Investitori privati/ Tesoro) acquistera’ i toxic assets ad un prezzo superiore al loro valore di mercato. Ora e’ vero che i privati ricevono un finanziamento non recourse (molto agevolato), ma e’ anche vero che se il fondo perde, essi perdono il capitale proprio investito (per quanto limitato) oltre ai costi di gestione sostenuti per condurre il business. Che interesse hanno gli investitori privati (tutt’altro che sprovveduti) a perdere invece di tirare sul prezzo d’acquisto e cercare di guadagnare?

  10. stefano cocchi

    L’analisi di Sachs è molto chiara, a me sorgono però due domande: chi sono gli azionisti delle banche che beneficieranno del regalo? Intendo in carne ed ossa, per esempio non ci sono per caso in ballo le pensioni (fondi pensione) di qualche decina/centinaia di migliaia di lavoratori? Non lo so ma mi sembra un dettaglio non secondario, forse il livello di concatenazione degli effetti è più ampio di quanto non appaia dall’analisi su un singolo aspetto. Un’altra questione che mi salta agli occhi è quella relativa alla proposta di mettere sul mercato i titoli tossici, per l’appunto a prezzi di mercato. Ma non è proprio la quantificazione e valutazione dei titoli tossici un "conundrum", come dicono gli inglesi, cioè un nodo di diffcile soluzione? Che risposta si può dare a questo?

  11. Lucio Izzo

    La critica Sachs al piano Geithner si basa sull’ipotesi che il valore da attribuire ai toxic assets sia il valore atteso di un agente risk neutral. Non riterrei che ve ne sia qualcuno in giro: mi sembra, ma non dispongo di evidence, che sul mercato prevalga risk aversion e penso che un piano realistico ne dovrebbe tener conto.

  12. Benito Antonio Retico

    Non è assolutamente necessario essere un economista o un finanziere per trovare una medicina che guarisca lo stato terminale delle banche americane o europee. I governi, invece di rimpinguare le casse vuote delle banche, dovrebbero obbligare le stesse a non distribuire i dividendi agli azionisti quando c’è una crisi finanziaria in corso ed obbligare i manager a restituire i bonus miliardari e controllare che le banche non vendano fumo ma sani prodotti di investimento.

  13. GIOVANNI

    Con le assunzioni fatte da Sachs mi viene, rifacendo il suo calcolo, che il valore offerto dagli investitori sarà di 1145 miliardi circa (la formuletta per il valore dell’offerta mi viene O= 7V/(7-6P) , O è l’offerta, V è il valore atteso dei titoli e P la probabilità che il valore futuro sia 200, penso sia giusta). Sempre dalla formuletta sopra viene che più è alta la probabilità che "vada male", più chiaramente gli investitori offriranno e più il governo perderà. Se però ipotizzassimo che il valore futuro dei titoli sia pari, con probabilità 1-p, all’offerta stessa fatta dal mercato, invece che al valore nominale di 1000 (e sia invece sempre 200 con probabilità p), allora mi viene che verranno offerti, con questi dati, 1400 miliardi: in pratica 7 volte il valore che si avrebbe nel caso "vada male". E l’offerta non dipende più da p. Allora o il governo USA è, per usare un eufemismo, molto propenso al rischio, oppure il trucco è che la probabilità che "non vada male" sia legata, positivamente, almeno nella mente degli investitori, al fatto che il governo offra il prestito. Quindi profezia che si autoavvera, rischiando però, se il valore nominale è esagerato, una nuova bolla?

  14. Lucio Izzo

    La tesi sviluppata da Sachs si basa sull’ipotesi che il prezzo da pagare per l’acquisto delle attività tossiche dovrebbe essere "risk neutral", cioè corrispondente al valore atteso (in senso probabilistico) delle stesse. Viceversa, il piano Geithner si propone di lasciare al mercato la determinazione di tale prezzo; esso, quindi, permette che il prezzo possa risultare inferiore a quello "risk neutral". E’ chiaro che se se sul mercato prevale "risk aversion", nessuno acquisterà attività prezzate in misura uguale al valore atteso, mentre vi sono agenti disposti ad acquistare le stesse, ma ad un prezzo inferiore a quello "risk neutral". Non è corretto ritenere (come fa Sachs) la differenza tra prezzo di mercato e prezzo "risk neutral" un regalo fatto dal governo agli acquirenti di attività finanziarie tossiche.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén