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UN AZZARDO MORALE NELLA LOTTA ALLA DROGA

Alla lotta al commercio di droga si dedicano molte risorse. Senza grandi risultati. Forse perché si parte da una concezione errata di quel mercato. La teoria economica suggerisce di far leva proprio sull’azzardo morale che lo mette a repentaglio, inducendo i venditori a diluire le sostanze. Lo si può fare attraverso una politica di riduzione di pena per chi vende dosi molto diluite. Si avrebbero effetti paragonabili a un aumento del prezzo della droga all’ingrosso. E diminuirebbe anche la popolazione carceraria. A costi quasi zero.

 

Il commercio di droga causa tremendi malesseri sociali, fra cui un’economia sommersa che genera assuefazione, crimine e violenza. In comunità marginali, l’economia della droga riduce gli incentivi a dedicarsi a occupazioni lecite e, di converso, aumenta il tasso di incarcerazione. Si dedicano enormi risorse per contrastare il commercio di droga. Negli Stati Uniti, questa politica va sotto il nome di “war on drugs” con l’enfasi su pene più severe e maggiore lavoro di polizia. Ma la guerra non procede bene. Se da un lato vi è poca evidenza che la disponibilità di sostanze sia diminuita in seguito agli sforzi di interdizione, dall’altro, la popolazione condannata per reati di droga è aumentata moltissimo. (1)

TESI A FAVORE DELLA LIBERALIZZAZIONE

Di fronte a questo doppio fallimento, alcuni osservatori, fra cui il settimanale The Economist, si sono dichiarati a favore della legalizzazione. Becker Murphy e Grossman, per esempio, sostengono che l’obiettivo dell’azione di polizia e delle pene severe è di aumentare il costo di produrre o distribuire la droga e dunque, indirettamente, il prezzo al consumo. (2) Ma queste politiche sono costose da attuare e lo sforzo di evadere il controllo rappresenta pur esso un costo sociale. Invece, si potrebbero imporre delle tasse, che avrebbero un basso costo amministrativo. Quindi, il consumo di droga dovrebbe essere regolato per mezzo di tasse anziché attraverso l’interdizione. Naturalmente, questo argomento funziona solo finché si riesce a tassare i commercianti di droga “legalizzati” senza indurli a lavorare “in nero”. Realisticamente, anche in un mondo in cui le droghe fossero legalizzate vi sarebbero venditori di droga “illegali,” cioè evasori delle tasse, e ciò limita l’efficacia delle tasse come strumento di regolamentazione del mercato. (3)

Arnold Schwarzenegger, governatore della California, ha recentemente scatenato un dibattito sulla legalizzazione della marijuana, per quanto come rimedio estremo alla crisi di bilancio della California. La posizione dell’attuale amministrazione americana non è ancora definita chiaramente. Da una parte, il presidente Obama promette al governo del Messico una “piena partnership” nella guerra contro i cartelli degli stupefacenti. (4) D’altra parte, il curriculum dell’attuale “Zar antidroga” suggerisce un’enfasi sulla decriminalizzazione. (5)

L’AZZARDO MORALE SUL MERCATO

In un recente studio, argomentiamo che non vi è necessariamente una dicotomia fra “war on drugs” e decriminalizzazione. (6) Uno schema di pene, se disegnato in modo corretto , può interferire con il funzionamento del mercato della droga. Per capire come ciò sia possibile è necessario prima rivedere la nostra concezione di quel mercato. Oggi, è concettualizzato come un mercato centralizzato in cui le familiari curve di domanda e offerta si intersecano, formando così il prezzo di mercato. Ma questa concettualizzazione ignora alcune forze importanti che lo caratterizzano. La prima, e più importante, è che le transazioni di droga al dettaglio sono soggette a un serio “azzardo morale”. Esso si manifesta nella possibilità per il venditore di diluire (“tagliare”) il prodotto senza che il consumatore se ne accorga prima di averlo consumato. La tabella che segue è basata su dati ottenuti dalla Dea americana attraverso acquisti clandestini e conferma che il mercato è inficiato dalla presenza di “azzardo morale”. La tabella documenta l’incidenza di una forma estrema di azzardo morale, che chiameremo “la fregatura.” Una frazione significativa delle piccole transazioni appaiono essere fregature. E ciò che più conta, il prezzo pagato per queste “fregature” non è sensibilmente inferiore a quello pagato per la transazione media, il che suggerisce che i compratori non possono osservare la diluizione.

Tabella 1: Purezza delle transazioni di valore inferiore ai 100 dollari (in dollari 1983).

La prassi di vendere la droga in bustine stampigliate è ulteriore evidenza di un problema di mantenimento della qualità nel mercato. I marchi stampigliati possono essere marchi di qualità (“America’s Choice”, “Dynamite”), marche di lusso (“Dom Perignon”, “Gucci”), e perfino nomi di grandi aziende (“AT&T,”“Exxon”). L’obbiettivo dei marchi è di certificare la qualità distinguendo il prodotto. Tuttavia, poiché gli stampigli possono facilmente essere imitati da produttori “disonesti,” il loro potere certificatorio è limitato e molto transitorio, talvolta solo di un paio di giorni. (7)
Se questo opportunismo è possibile, perché non è ancora più frequente? E, invero, come mai la presenza di azzardo morale non fa collassare il mercato? La risposta sta nella presenza di interazioni ripetute fra venditori e compratori. Un venditore che non voglia perdere un cliente non gli darà una fregatura. Perciò, la relazione di lungo periodo è la seconda caratteristica importante del mercato della droga.
Il terzo fattore fondamentale è la considerevole eterogeneità nel rapporto prezzo/qualità. Per esempio, la figura 1 mostra la distribuzione delle quantità di crack puro scambiata con 20 dollari a Washington Dc negli anni 1989-1991. La distribuzione evidenzia una grande dispersione nella qualità ottenuta per un unico ammontare, i 20 dollari. E la dispersione costituisce ulteriore evidenza contro l’idea del mercato della droga come un mercato centralizzato. Perché in un mercato centralizzato deve valere la “legge di un solo prezzo”, cioè il principio che due oggetti identici abbiano lo stesso esatto prezzo, e quindi, viceversa, a un unico prezzo non possono corrispondere due oggetti diversi.

Figura 1: Quantità di crack puro scambiata per 20 dollari a Washington DC, 1989-1991.

DOSE TAGLIATA, PENA MINORE

Nella nostra prospettiva, invece, l’azzardo morale è in primo piano e mette a rischio il funzionamento del mercato. Proponiamo dunque un modello che è troppo tecnico per discuterne qui, ma basti sapere che fa predizioni in linea con l’evidenza presentata fin qui, particolarmente la forma della distribuzione nella figura 1.
Questa nuova prospettiva sul mercato della droga ci induce a riconsiderare l’efficacia di alcuni interventi di policy. Per esempio, la nostra analisi suggerisce canali non convenzionali per interferire con il funzionamento del mercato. Se è vero che il mercato è a rischio a causa dell’azzardo morale, la teoria economica suggerisce la possibilità di far leva proprio su di esso, cioè di indurre i venditori a diluire maggiormente la droga. Si può raggiungere questo obiettivo attraverso una politica di riduzione delle sentenze per chi sia stato preso mentre “fregava” i clienti vendendo droga molto diluita. (8) Dimostriamo che una tale politica avrebbe un effetto paragonabile ad aumentare il prezzo della droga all’ingrosso, che è uno degli obiettivi della “war on drugs” e, come tale, è perseguito a costi altissimi, mentre il nostro suggerimento è realizzabile a costo quasi zero. Invero, la strategia che abbiamo suggerito ha perfino l’effetto positivo di diminuire la popolazione carceraria, un altro obiettivo molto importante che la attuale strategia della “war on drugs” certamente non può raggiungere. 
L’ideologia e il dibattito politico, naturalmente, giocano un ruolo fondamentale nel dibattito sulla strategia per contrastare il consumo di droga. Sebbene la strategia di ridurre le pene per i “grandi diluitori” assomigli un po’ a una legalizzazione parziale, dovrebbe risultare accettabile anche a chi è contro la legalizzazione, proprio perché il suo effetto sarebbe quello di interferire con il commercio di droga. Quindi, non vi è necessariamente una dicotomia fra “war on drugs” e legalizzazione. Una parziale “decriminalizzazione” con le caratteristiche descritte sopra potrebbe raggiungere gli obiettivi dichiarati della “war on drugs”.
Vi sono, naturalmente, delle potenziali incognite nella strategia che abbiamo descritto, fra cui la possibilità di un aumento della violenza in questi mercati, o un aumento delle overdose. (9) Tuttavia, i possibili vantaggi sono sufficientemente importanti, crediamo, da meritare seria considerazione.

(1) Negli Usa, per esempio, il prezzo di un grammo di cocaina o eroina è sceso molto durante il periodo in cui le pene comminate e l’impegno di polizia è aumentato. Di converso, nel periodo 1981-2003, la popolazione carceraria condannata per reati di droga è quasi decuplicata.
(2) Becker, GS, Murphy KM and Grossman M. (2006). “The Market for Illegal Goods: The Case of Drugs” Journal of Political Economy 114 (1), pp. 38-60.
(3) Il caso del tabacco in Gran Bretagna è istruttivo. In risposta a un aumento delle imposte sul tabacco, si sviluppò un mercato di contrabbando che, fra il 1995 e il 1999, raggiunse il 20 per cento della spesa per tabacco in Gran Bretagna. Si veda Cullum, Paul, and Christopher A. Pissarides (2004) “The Demand for Tobacco Products in the UK” Government Economic Service Working Paper No 150, December 2004, p. 12.
(4) Vedi “Obama backs Mexico’s war on drugs,” BBC News online, April 16, 2009. Disponibile a http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/8001733.stm, on file with the authors.
(5) “Choice of Drug Czar Indicates Focus on Treatment, Not Jail.” Di Carrie Johnson and Amy Goldstein, Washington Post, Thursday, March 12, 2009; Page A04.
(6) Manolis Galenianos, Rosalie Liccardo Pacula e Nicola Persico “A Search-Theoretic Model of the Retail Market for Illicit Drugs”, NBER Working Paper No. 14980.
(7) Si veda Wendel, Travis, and Ric Curtis (2000). “The Heraldry of Heroin: ‘Dope Stamps’ and the Dynamics of Drug Markets in New York City.”Journal of Drugs Issues 30(2), pp. 225-260.
(8) Per implementare questa politica basterebbe consentire alla difesa di addurre come attenuante una analisi della purezza della droga corpo del reato.
(9) Se la diluizione aumenti o diminuisca i rischi per il consumatore dipende largamente dalla sostanza usata per diluire. Le overdose tendono a verificarsi di più quando il consumatore utilizza droga più pura di quella a cui è abituato.

Foto: da internet

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12 commenti

  1. corrado finardi

    La proposta è sicuramente interessante; vale solo la pena mettere in luce anche i potenziali effetti negativi. Come ricordato dagli autori, l’overdose. Sicuramente il problema principale, giacchè l’equazione droga= morte viene rinfrescata proprio a causa di partite di droga tagliate male e che sono causate proprio dall’azzardo morale ipotizzato come rimedio. Diventerebbe quindi difficile far passare come socialmente accettabile e legislativamente possibile il diminuire le pene per "chi taglia". Non solo la riprova per il rischio delle sostanze di taglio, ma anche la rottura implicita del patto in qualche modo "morale" con il consumatore. Avviare 2 canali alternativi di moralità insomma sembra poco consono con una società che si impenga per la lotta (anche ideologica) alla droga. Rimane da verificre il potenziale negativo e gli effetti di assuefazione e dipendenza dati da altre sostanze di taglio, che ugualmente potrebbero essere droghe di altro tipo (proprio per stabilizzare il mercato, e da qui, il meccanismo incentivante per gli spacciatori in risposta al modello ipotizzato). Le norme andrebbero studiate di conseguenza.

  2. Marcello Corongiu

    E’ da vedere con favore un mutamento nell’approccio alla lotta alla droga, caratterizzato fino ad oggi (specialmente negli USA e presso le NNUU) da un totale rifiuto della politica della cd. riduzione del danno, nonstante l’evidente fallimento delle politiche proibizioniste (costi elevatissimi e situazioni sociali insostenibili a fronte di nessun risultato in termini di riduzione dei mercati illegali della droga). Detto questo non convido alcuni assunti dell’articolo. In primo luogo non si tiene conto dei profili sostanzialmente diversi rispetto all’uso delle diverse droghe, quando invece la prassi dimostra che tale confusione è fonte di inefficienza delle soluzioni adottate. In secondo luogo è inopportuno confondere legalizzazione con liberalizzazione. Quando si parla di legalizzazione si presuppone in genere il monopolio statale ai soli consumatori conclamati nella distribuzione della droga, a fronte di una perdurante criminalizzazione del mercato illecito. E’ questa la sola soluzione che porterebbe ad un crollo del mercato illegale della droga, quindi ad una crescente difficoltà di accesso alla droga per i non tossicopendenti.

  3. Diego d'Andria

    La proposta degli autori sembra interessante. Un paio di osservazioni: 1) negli USA la distribuzione al dettaglio della droga è appannaggio di street gangs, mentre all’ingrosso è nelle mani di organizzazioni criminali internazionali che non hanno un controllo sul territorio di spaccio. Al contrario, in altre zone del mondo (es. sud Italia o Giappone), i grossisti possono esercitare un controllo diretto sui dettaglianti, attraverso minacce di ritorsioni violente nel caso in cui questi rovinino il commercio con adulterazioni eccessive. Sarebbe quindi interessante conoscere i dati della Tabella 1 divisi per area geografica fuori degli States. 2) Ricordo almeno un caso in cui il "marchio di qualità" ha avuto vita lunga: è il caso della Blue Magic di Frank Lucas. È vero che Lucas costituì un’eccezione, dato che utilizzava una catena corta di intermediazione, ma se le "fregature" dovessero aumentare in conseguenza della proposta di legge qui discussa, i grossisti sarebbero incentivati all’integrazione verticale per incamerare gli extraprofitti al dettaglio (che al momento sono molto modesti, come mostrato da Levitt-Venkatesh (2000)) e ridurre le disgregazioni del mercato.

  4. Vince

    La proposta è davvero interessante e facilmente realizzabile. Tuttavia, non mi piacciono due aspetti. Uno, marginale: francamente non si può giustificare una proposta con la non significativa incidenza sulla popolazione carceraria (sono due questioni totalmente diverse che non vanno confuse). L’altro, fondamentale: si continua ad affrontare il problema droga cercando di punire i venditori e non i clienti, che in sostanza supportano il mercato (sebbene questa proposta si posizioni meglio tra i due attori). Cosa succede oggi a un consumatore di droga? Sostanzialmente nulla. Questa è la politica voluta esattamente dalla criminalità organizzata (che sul resto sa sempre come cavarsela e ne accetta il rischio). Le politiche che favoriscono la permanenza della domanda sono politiche definibili come "criminali" (vela ricordate la Turco?). Una tale analisi potrebbe perfino aiutare a capire quali fazioni politiche supportano davvero gli interessi delle mafie, e quali no. Questa proposta, invece, sembra sì un buon palliativo, ma non ne risolve ancora il problema.

  5. andrea bocchiola

    L’interessante proposta non tiene in minima considerazione la dinamica della domanda, o megliio delle differenti modalità di domanda delle droghe. Non si diventa consumatori di droga a caso, o per le cattive frequentazioni, ma per ragioni psicodinamiche (non ambientali quindi) precise, che determinano insieme la scelta della droga e degli specifici effetti collaterali che la sua ricerca, acquisto e assunzione comporta. Insomma, una droga si sceglie in base all’effetto e alle sue implicazioni, sociali, criminali, sanitarie, insieme. Da questo punto di vista la sola risposta congruente è la totale liberalizzazione e legalizzazione della droga, come pure la rinuncia ad ogni strategia di prevenzione e informazione, ridondante per quanti non rischiano minimamente di cadere nell’uso di sostanze stupefacenti, ma utile invece ai suoi potenziali consumatori consapevoli (che almeno, grazie all’infiormazioine sapranno cosa scegliere). Un approccio di questo genere altererebbe il mercato della droga sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda, ma l’ipocrito perbenismo biopolitico al buon senso preferisce la violenza nel reale come effetto del proibizionismo.

  6. pippoguida

    Non sono convinto che il lato tecnico della questione sia il migliore per affrontarla. Innanzitutto per molte persone,ed io sono tra queste,non è ancora chiaro perchè uno stato debba punire l’uso di stupefacenti, come non punisce l’uso di alcolici o il gioco d’azzardo, altrettanto potenzialmente deleteri che le droghe per la salute e le condizioni sociali di chi ne fa un uso smodato. Sarebbe sufficente, almeno per le droghe leggere, legalizzare l’autoproduzione e vietare la vendita ponendo un tetto massimo, per esempio,di piante di marijuana che ciascuno può possedere.Sarebbe un modo di sottrarre ai grandi gruppi criminali una grossa fetta di entrate ed in modo immediato. Sempre, beninteso, che questo rientri tra gli obiettivi della politica…

  7. martino

    Mi rendo conto che la ricerca di risultati sorprendeti per ottener una pubblicazione su una rivista di prestigio, è ormai l’unico vero obiettivo dell’economia teorica, ma un meccanismo che avrebbe come principale risultato l’aumento delle morti per overdose è assolutamente folle, nazista oserei dire, esemplificativo di come alcuni economisti non abbiano assolutamente coscienza del ruolo etico che la ricerca dovrebbe avere. Perché non sparare sul posto ai drogati e agli spacciatori allora: anche in questo caso si ridurrebbe la popolazione carceraria con costi limitati per la collettività.

  8. Vince

    Nel commentare ho dato per scontato che gli autori intendessero per "taglio" la diluzione della droga con sostanze innocue. La nota 9 sembra andare in questa direzione. Spero di aver ben interpretato l’intenzione degli autori.

  9. Paolo P

    Anche io penso che la necessità di impedire il consumo di droga sia tutt’altro che ovvia. Non sono esperto in materia, ma esisotno prove certe che il consumo di marijuana/cocaina/ecstacy aumenti la criminalità? In caso contrario quale è il danno per la collettività? L’idea mi sembra abbastanza ingegnosa, però penso che la conseguenza più sensata sarebbe lo svilupparsi di contromisure (controllo sulla distribuzione al dettagio, o magari sistemi per accertare la purezza della droga al momento dell’acquisto) e non vedo come da sola possa portare al collasso del mercato della droga. Se tutti vendono borotalco nessuno più lo compra, quindi chi lo vende ha interesse che ciò non succeda. Se poi si tiene presente che è un mercato senza regole e senza legge, se qualcuno inizia a distruggere la domanda, penso gli altri si ribellino abbastanza prontamente. Il possible aumento di morti per overdose è certo una bella "grana", però è anche vero che sarebbe comunque un disincentivo al consumo di droga. E’ tutto sommato lo stesso discorso dei limiti di velocià: è vietato ed è pericoloso.

  10. elio

    Se lo Stato aiuteresse i tossicodipendenti dapprima con le sostanze sequestrate e quindi toglieresse alle organizzazioni criminali almeno una fonte economica per la loro sopravvivenza, avremmo tossicodipendenti non immischiati nel mondo criminale e carceri meno affollate.

  11. freddy

    La lotta alla droga è un fallimento, purtroppo: costa molto al contribuente e i risultati sono molto modesti. Oltretutto è lecito chiedersi perchè si lotta contro la droga e non contro l’alcool, i cui effetti, anche se scarsamente reclamizzati, sono deleteri ancora più della droga: i motivi possono essere facilmente supposti. Per ritornare alla droga forse un approccio potrebbe consistere nella liberalizzazione; quando negli USA venne abolito il proibizionismo il numero degli alcoolizzati non aumentò, ma si tolse però alle organizzazioni criminali una grossa fonte di redditi. La stessa cosa avverrebbe nel campo degli stupefacenti: sparirebbe una gigantesca fonte di reddito per le organizzazioni criminali.

  12. Federico

    Mi sembra che 1) l’attuale legge italiana già incentiva in un certo senso lo spacciatore a vendere driga meno pura. Infatti, i quantitativi presenti nella tabella delle droghe sono espressi in principio attivo. per cui se uno spacciatore o consumatore ha un grammo di cocaina pura meno che al 50% (500mmg), il reato non è penale. 2) l’argomento da voi posto: "Realisticamente, anche in un mondo in cui le droghe fossero legalizzate vi sarebbero venditori di droga “illegali,” cioè evasori delle tasse, e ciò limita l’efficacia delle tasse come strumento di regolamentazione del mercato." ha poso senso. potrebbe essere utilizzato per le sigarette, come per l’alcol, la cui produzione è spesso casalinga e quindi nella ‘shadow economy’. 3) l’effeto sociale di droga meno pura per le strade sarebbe che il ragazzino mangia due pastiglie invece che una, o sniffa due grammi invece che uno. il che non mi sembra un granchè. è terribile a 16 anni i ragazzi italiani si vendono il fumo tra di loro. vivo in olanda e il fatto che qui tollerino le droghe leggere li rende un popolo più civile di noi. purtroppo anche qua la droga non è tassata e il backdoor dei coffeeshops rimane illegale.

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