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FS RISPONDONO ALL’ARTICOLO DI BOITANI E SCARPA*

Gentile redazione,

lo scorso 15 maggio il Vostro giornale ha pubblicato un intervento sulle Ferrovie dello Stato firmato dai due professori di economia Andrea Boitani e Carlo Scarpa. Il tono di alcune espressioni lascia francamente perplessi ma è solo questione di forma. E’ sul contenuto che è necessario soffermarsi per evidenziare e rettificare una serie d’inesattezze, talvolta anche rilevanti.
Gli autori parlano di una “campagna di comunicazione” di FS in cui si afferma che “le FS oggi non gravano più sulla collettività”: secondo gli autori tutto questo “grida vendetta”, mentre “i costi gravano sui contribuenti”. Diciamo subito che non si è trattato affatto di una campagna pubblicitaria ma di un’informazione diffusa attraverso comunicati stampa e i media istituzionali di gruppo (FS News, la Web-radio, il magazine Riflessi), come di rito in tutte le società in occasione dell’approvazione del bilancio da parte del Consiglio di Amministrazione. Nessuna campagna pubblicitaria, nessun costo.
Il merito. Confermiamo e ribadiamo: con il ritorno al pareggio, FS non pesa più sui bilanci dello Stato come è stato invece in passato a causa delle pesanti perdite di esercizio. Difficile disconoscere i meriti di una società pubblica con i bilanci in attivo grazie alla gestione industriale.
Ricordiamo che solo due anni fa, nel 2006, il Gruppo FS chiudeva i conti con una perdita di oltre due miliardi, i libri contabili di Trenitalia erano in procinto di finire in tribunale. Questo Paese sa quanto pesi il fallimento di una grande azienda nazionale. Non vale la pena di ricordare le esperienze recenti e più antiche, italiane o straniere. Oggi, dopo una cura molto pesante ma priva di traumi sociali, il Gruppo FS è di nuovo in attivo e si è mostrato capace di essere efficiente, fare utili, competere all’estero, guadagnarsi il primato di ferrovia più sicura nel mondo. E’ ingannevole evidenziare questa realtà?
Gli autori sostengono che il risultato si debba ai “contributi pubblici che FS tuttora riceve copiosi”. Non è così. Intanto non di “contributi” si tratta. I 3 miliardi cui si fa riferimento nell’articolo sono per oltre due terzi “corrispettivi”, cioè pagamenti a fronte dei servizi resi da Trenitalia. Lo stesso importo sarebbe stato corrisposto a qualsiasi altro operatore privato, nazionale o straniero, che li avesse prestati al posto di FS.  Sappiano però, i due professori (lo abbiamo comunicato numerose volte, quindi i lettori già ne sono a conoscenza), che i pagamenti che Stato e Regioni versano al Gruppo FS sono di gran lunga inferiori a quanto ricevono le maggiori imprese ferroviarie in Europa. Come riferisce, fra l’altro, una recentissima analisi pubblicata dall’autorevole Studio Ambrosetti.
Poco meno di un terzo si riferisce all’attività prestata da RFI per il mantenimento in efficienza della rete, a vantaggio di tutti gli operatori ferroviari che la usano.
Il bilancio è tornato in attivo grazie all’aumento di oltre il 16% dei ricavi operativi (rispetto al 2006) e, soprattutto, all’azione esercitata sui costi, tagliando gli sprechi e riorganizzando i processi produttivi.
I due professori affermano: chi assicura il contribuente “che il nostro operatore ferroviario operi ai minimi costi possibili” ? Approfondendo un po’ l’indagine e facendo un benchmark europeo (ma non solo), si rileverebbe che FS presenta costi in linea (su certe voci, anche inferiori) con quelli dei nostri maggiori competitor, SCNF (l’operatore francese) e DB (quello tedesco). Quanto poi all’affermazione “FS si sente libera di fare quello che vuole, e nessuno le dice nulla” rassicuriamo i lettori: il CdA viene nominato dal Ministero dell’Economia, ogni decisione importante del management viene condivisa con questo e con il Ministero delle Infrastrutture; una società di revisione certifica ed un collegio sindacale controlla. Per Legge, come si sa, le riunioni del CdA vedono la partecipazione di un magistrato della Corte del Conti, delegato al controllo sulla gestione finanziaria di FS, e le Autorità per la Regolamentazione del Mercato e quella di Vigilanza sui Contratti, come si può facilmente rilevare dai giornali, sono altrettanto attente all’attività dell’azienda.
I due professori definiscono poi le FS “uno staterello nello Stato”. Bizzarra perifrasi per definire una Società per Azioni, con diritti e doveri stabiliti dal codice civile.
Da anni FS – contrariamente a quanto scritto – non riceve conferimenti di capitale ma soltanto contributi in conto impianti per investimenti che l’azionista ritiene indispensabili per lo sviluppo della rete infrastrutturale, così come di altre reti come quella stradale, e come avviene anche all’estero. Quando gli autori dicono che “il costo dell’Alta Velocità è interamente a carico dello Stato”, parlano di un asset, i binari, sui quali, come è noto a tutti, dal 2011 si svilupperà la concorrenza di altre imprese ferroviarie che pagheranno lo stesso pedaggio di Trenitalia. Naturalmente il costo relativo al servizio è invece interamente a carico di Trenitalia e, com’è altrettanto noto, non è a carico dello Stato neppure per un centesimo di Euro. E’ quantomeno curioso non averne trattato nell’articolo.
In un altro passo dell’articolo si accusa “la maggioranza dei parlamentari italiani” di aver garantito a FS “un bel prolungamento dei contratti di servizio regionali”, ed FS di aver “convinto un manipolo di parlamentari italiani di proporre una deroga alle norme che prevedono l’affidamento tramite gara” dei servizi regionali. Se ne conclude che FS “rimarrà di fatto un monopolista per il traffico passeggeri (e anche nelle merci non c’è gran concorrenza)”. I due professori si riferiscono alle novità introdotte da un comma del Decreto Incentivi. Precisiamo intanto che la durata minima dei contratti è di sei e non di dodici anni, come ricordavano in modo errato. E riguardo al trasporto ferroviario regionale, né si chiedono né spiegano perché le gare promosse fino ad oggi dalle Regioni siano andate deserte, e Trenitalia sia rimasta di fatto, l’unico grande operatore (naturalmente ferme restando le altre 22 società ferroviarie regionali). Valeva la pena farsi questa semplice domanda: non sarà forse perché il mercato nasce soltanto laddove ci siano le condizioni per aver un ritorno dagli investimenti ed in presenza di regole certe ed esigibili? A qualunque imprenditore la risposta. Certo viene da domandarsi, alla luce di tali considerazioni, quale sia il giudizio dei due professori sulle Regioni che hanno già firmato in nuovi contratti di servizio trovandoli, al contrario, assai vantaggiosi in termini di nuovi investimenti in treni e in conseguente qualità del servizio. Però sarebbe un inutile esercizio speculativo, noi ci limitiamo a dire che le novità introdotte dal Decreto Incentivi sono ispirate a quanto richiesto dalla Corte dei Conti lo scorso anno nella sua Relazione (“..richiedere certezza e rispetto degli impegni nei rapporti tra Stato e Gruppo FS, soprattutto quanto a entità, tempi, modalità e garanzie di erogazione dei trasferimenti contrattualmente dovuti, cui è inevitabile si provveda con puntualità e senza deroghe non concordate”, ndr Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Ferrovie dello Stato S.p.A. per gli esercizi 2005-2006). Grazie a queste novità le Regioni continueranno – al contrario di quanto denunciato dagli autori – ad essere libere di indire gare ma finalmente avranno la ragionevole speranza di vedervi anche partecipare qualcun altro oltre le FS. Perché adesso tutte le imprese, private e pubbliche, nazionali ed estere che siano, avranno un quadro certo e sufficientemente stabile su cui incentrare il proprio rischio imprenditoriale e, come recita il Decreto, effettuare un’ “efficace pianificazione del servizio, degli investimenti e del personale”. Lo testimonia la stipula dei recenti contratti e gli accordi con alcune regioni, cui stanno per seguirne altre.
Le FS sostengono il processo di liberalizzazione, perché laddove c’è l’interesse del mercato significa che c’è la possibilità del ritorno dagli investimenti e l’opportunità di far profitti. Le FS oggi puntano anche a questo, a tutto vantaggio dell’azienda, che è patrimonio del Paese, e di un servizio sempre migliore ai clienti.
Per le merci, poi, quello italiano è addirittura uno dei mercati ferroviari più liberalizzati in Europa. Laddove il mercato è in grado di esprimere profitti, cioè in Val Padana e su alcuni valichi, operatori privati e imprese estere detengono già oggi oltre il 30%. Stupisce un po’ non leggere una riga su questo aspetto e sul fatto che sotto la Val Padana, proprio per l’assenza di profittabilità, non esiste nessuna azienda a capitale privato di trasporto ferroviario merci.
In un altro passaggio i due professori accusano FS di prendere “per i fondelli la gente” perché “sbandiera i suoi biglietti low cost”, dopo aver fatto “esplodere i prezzi anche degli Eurostar”. Non capiamo bene a cosa i due professori si riferiscano: d’altra parte i prezzi dei servizi a mercato sono rimasti congelati dal 2001 al 2007, e hanno conosciuto un adeguamento solo negli ultimi due anni pur restando ancora molto al di sotto della media europea. Ci domandiamo: come potrebbero essere definiti le centinaia di migliaia di posti offerti a 33 euro per viaggiare tra Roma e Milano in 3 ore e mezza e di 35 euro tra Napoli e Milano? Non ci pare ingannevole definirlo un servizio “low cost”. Da quando è stata lanciata l’Alta Velocità i viaggiatori del segmento di gamma alta sono aumentati del 40%. Sono dati che rispondono da soli sull’apprezzamento dei nostri clienti.
L’articolo si chiude con una considerazione: “Care FS non avete davanti alcune regole chiare, …un sistema politico degno di questo nome e quindi fate quello che volete”. Quanto alle regole è quello che da tempo stiamo insistentemente chiedendo, anche pubblicamente. Sulle valutazioni dei due professori in merito alla  dignità sistema politico ovviamente non entriamo nel merito. Quanto al “fate quello che volete” è opportuno dire questo: FS vuole fortemente corrispondere alle attese dell’azionista e dei clienti, e i recenti innegabili risultati positivi vanno esattamente in questa direzione. Si tratta di successi, come quello dell’Alta velocità, riconosciuti anche a livello internazionale, e che hanno visto l’impegno di tutti i ferrovieri ma anche delle imprese italiane coinvolte.
Risalta il fatto che nell’articolo di tutto questo non ci sia traccia.
Lasciamo comunque che siano i nostri legali ad intraprendere ogni azione a tutela dell’immagine del Gruppo FS.

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Vive cordialità

* Federico Fabretti
(Direttore Centrale Relazioni con i Media di Ferrovie dello Stato

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MERCATI DEL LAVORO SULL’ORLO DELLA CRISI

  1. pasquale

    Ma se la rete è dello stato e RFI è finanziata interamente dallo stato quale sono le incombenze gravose che trenitalia deve affrontare per far funzionare il traffico passeggeri? E se il materiale rotabile viene acquistato dalle regioni e dallo stato ma trenitalia che servizio offre se non la sola remunerazione del personale di scorta e condotta dei treni, e dove sta il mercato? se essendo monopolita di fatto con il materiale già comprato, con i binari pagati dal contribuente chi non sarebbe capace a gestire le ferrovie? A proposito ma quante societa fanno parte del gruppo? E quanti dirigenti ne fanno parte in totale ai miei tempi si diceva che dove finiva la logica entrava la ferrovia oggi invece si privatizza i guadagni e si socializzano le perdite…. tutti buoni sarebbe bello vedere i bilanci di tutto il gruppo compreso TAV e Italferr SIS TAV

  2. GABRIELE

    Senza semplificare troppo la cosa, ritengo che il nodo della questione siano regole che impongono alle Aziende operanti nei servizi di pubblica utilità di applicare ai clienti-utenti le cosiddette "tariffe politiche" il cui fine è quello di garantire un interesse costituzionalmente tutelato (es. Mobilità) facilitando, con prezzi sostanzialmente bassi, l’accesso di tutte le fasce sociali ai servizi pubblici. Rispetto a ciò esiste, però, un’alternativa basata su due elementi fondamentali: 1. Libertà tariffaria per le Aziende che potrebbero in tal modo fissare prezzi/tariffe coerenti con i costi di produzione del servizio pubblico (mi pare che oggi le tariffe coprano solo il 30-40-5 dei costi) 2. Detrazioni fiscali per gli utenti-clienti pendolari (proporzionati al reddito) al fine di garantire l’accesso di tutte le fasce sociali ai servizi pubblici. In questo modo, si potrebbero conseguire risultati importanti per tutto il sistema: a. Trasparenza nella gestione industriale e, conseguentemente, nei Bilanci delle Aziende (prezzi liberi e divieto di contributi/rimborsi dello Stato alle Aziende) b. Maggiore responsabilizzazione delle Aziende per la qualità dei servizi erogati (principale elemento che potrebbe giustificare tariffe più elevate) c. effetto redistributivo non indifferente (ad esempio, oggi per l’abbonamento della Metropolitana attualmente chi ha un reddito elevato paga lo stesso prezzo di chi ha un reddito minimo) d. emersione del servizio universale (ovvero delle zone geografiche dove il mercato non è sufficiente a garantire, con i suoi volumi, la copertura dei costi industriali) In questo contesto, lo Stato dovrebbe limitarsi a: – coprire i soli costi relativi al servizio universale “emerso” – monitorare l’applicazione delle regole concorrenziali laddove invece esista un mercato profittevole – avere il controllo esclusivamente delle Società “di Rete” (es. Rete Ferroviaria Italiana SpA) per garantire parità d’accesso e investimenti per lo sviluppo della Rete.

  3. Federico Fabretti

    La rete è di proprieta di Rete Ferroviaria Italiana che è 100% di Fs, la quale, a sua volta, è posseduta al 100% dal Ministero delTesoro. Anche Trenitalia risponde ad una analoga catena di controllo ma, al contrario di quanto afferma il lettore, e al contrario di quanto avviene ad esempio in Francia, da noi il materiale rotabile lo compra Trenitalia. Solo in taluni casi e laddove le regioni intendano farlo anche con i contributi che questi danno. in ogni caso, grazie 1) al risanamento di bilancio di Gruppo ottenuto nel 2008 con un anno di anticipo sui programmi annunciati; 2) alla ricapitalizzazione di Trenitalia, effettuta senza mezzi dallo Stato ma attraverso il conferimento di assett presenti all’interno del Gruppo; 3) ai nuovi contratti di servizio firmati con tutte le regioni (ad eccezione del Piemonte) della durata di 6 anni (più altri sei opzionabili), e 4) all impegno messo direttamente dall’attuale Ministero delle Infrastrutture e Trasporti in provvedimenti normativi e contributi finanziaria (500 milioni), Trenitalia ha potuto lanciare lo scorso settembre il maggior piano di investimenti in treni per i pendolari degli ultimi decenni pari a 2 miliardi di euro.

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