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ASPETTANDO LA PRIMA DECISIONE DI FINANZA PUBBLICA

Nonostante la crisi peggiore del Dopoguerra, questo governo non ha preso finora decisioni di finanza pubblica. Se consideriamo i saldi netti, vediamo che il Dpef certifica che non ci sarà alcuna manovra per rilanciare l’economia o per migliorare i conti pubblici nel 2010. Ma ancor di più preoccupa l’assenza di una impronta riformatrice dell’esecutivo. Istruttivo in proposito il caso delle pensioni. Intanto, i conti vanno male. E la necessità di controllare la spesa pubblica dovrebbe essere una priorità. Non ci resta che sperare nella prima Decisione di Finanza Pubblica.

 

Il ministro Tremonti ha annunciato che questo sarà l’ultimo Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef). Intende infatti abolirlo e sostituirlo con il Dfp, Decisione di finanza pubblica. Speriamo davvero che nomen omen perché sin qui di decisioni di finanza pubblica questo governo, nonostante la crisi peggiore del Dopoguerra, non ne ha prese. Oltre alla quasi mancanza di misure per contrastare la recessione, il governo non ha avuto alcuna impronta riformatrice. E nonostante tutto ciò i conti vanno male.

SENZA MANOVRA NELLA PEGGIOR CRISI DEL DOPOGUERRA

Due tabelle sono più eloquenti di tante parole. La prima documenta le “non manovre” dell’era Tremonti ter. Ogni Dpef contiene una stima del saldo tendenziale (a bocce ferme, senza manovra di politica economica) e di quello programmatico (con gli effetti della manovra) per l’anno successivo. Serve per stabilire i confini entro cui potrà intervenire la legge di bilancio. Quindi lo scostamento dell’indebitamento programmatico rispetto a quello tendenziale è un dato molto importante. Misura l’entità della manovra netta messa in atto dal governo: se si stanno risanando i conti, lo scostamento è positivo, se si stanno conducendo politiche antirecessive immettendo nuove risorse nell’economia, invece, lo scostamento sarà negativo. Come si vede dalla tabella qui sotto, il Tremonti ter è stato sin qui contraddistinto da politiche procicliche o da non politiche. La manovra prevista per il 2009 doveva, nelle intenzioni di Tremonti, far aumentare le tasse più delle spese (per lo 0,1 per cento del Pil) nonostante l’Italia all’epoca del varo del Dpef fosse già entrata in recessione. Quella oggi prevista per il 2010 lascia tutto uguale rispetto al tendenziale. Si rinuncia a intervenire sui saldi. Dato che il Dpef conta solo per i saldi netti, possiamo dire che questo Dpef certifica che non ci sarà alcuna manovra per rilanciare l’economia o per migliorare i conti pubblici nel 2010. Una volta di più si sceglie di non scegliere.

Tabella 1: La manovra che non c’è
Scostamento tra tendenziale e programmatico negli ultimi 7 Dpef

Indebitamento netto Dpef 2003 Dpef 2004 Dpef 2005 Dpef 2006 Dpef 2007 Dpef 2008 Dpef 2009
  2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010
Tendenziale (T) -3,1 -4,4 -4,7 -2,5 -2,1 -2,6 -5,0
Programmatico (P) -1,8 -2,7 -3,8 -2,1 -2,2 -2,5 -5,0
Differenza (P-T) 1,3 1,7 0,9 0,4 -0,1 0,1

 

Utile chiedersi a questo punto cosa ha fatto effettivamente il governo sin qui per contrastare la recessione. La seconda tabella illustra l’ammontare delle risorse nette immesse nel sistema così come ricostruito dal Fondo monetario internazionale ad aprile 2009. Come si vede l’Italia è l’unico paese del G20 a non aver varato sin qui alcuna manovra anticiclica. Le misure discrezionali a sostegno dell’economia sono state con saldo zero nel 2008 (in verità leggermente negativo) e sino ad aprile avevano mobilitato a sostegno dell’economia solo lo 0,2 per cento del Pil 2007, vale a dire circa 3 miliardi. La “manovra d’estate” appena varata dal governo, secondo il Dpef (Tavola III.5), non avrà alcun impatto netto sui saldi di finanza pubblica. Bene infatti non confondere le risorse nette, che sono quelle da noi indicate, con quelle lorde, che nelle tabelle del Dpef approvato ieri riguardano solo maggiori spese o minori entrate separatamente (Tabella III.2). In realtà a queste maggiori spese o minori entrate corrispondono altre misure per maggiori entrate o minori spese. Quel che conta è che l’entità netta complessiva degli interventi a sostegno dell’economia messi sin qui in atto dal governo è stata quindi di circa 3 miliardi. Questo di fronte alla crisi peggiore del Dopoguerra.

CHI SONO I VERI CATASTROFISTI?

A vedere questi numeri verrebbe da pensare che il governo ritenga che la crisi non sia affatto grave. In effetti, sia il presidente del Consiglio, che i ministri dell’Economia e del Welfare hanno fatto a gara in questi mesi nel bollare di catastrofismo tutti gli enti che fanno previsioni e addirittura lo stesso Istat. Ma a leggere il Dpef, c’è da pensare che i veri catastrofisti siano proprio loro. Nel Dpef propongono infatti previsioni sulla decrescita nel 2009 addirittura peggiori di quelle del Fondo.

Fonte: Imf, Update on Fiscal Stimulation and Financial Sector Measures, April 26, 2009.
N.B. Il dato italiano non tiene conto della manovra di giugno.

SENZA AZIONE RIFORMATRICE

Al di là della mancanza di uno stimolo netto, quello che ci preoccupa dell’azione di governo è  l’assenza di una chiara azione riformatrice. Il caso delle pensioni è particolarmente rilevante. Tra le righe del Dpef, si mostra chiaramente che la politica del non muovere nulla implica un significativo incremento dell’incidenza della spesa pensionistica sul Pil: a causa delle recessione crescerà in di più di un punto percentuale, passando dal 14,2 per cento del Pil nel 2008 al 15,2 nel 2009. Forse per dare l’illusione di non limitarsi ad assistere a questa clamorosa e ulteriore riallocazione della spesa pubblica verso le pensioni da noi messa in luce già ad aprile, il governo ha ieri annunciato, attraverso un emendamento al decreto anticrisi in discussione alla Camera, un innalzamento dell’età pensionabile a partire dal 2015. Al di là della discutibilità politica di dar vita a una riforma dei meccanismi di pensionamento con un emendamento a un decreto legge, colpisce l’ostinazione del governo Berlusconi a fare riforme che si applicano solo quando il governo non sarà più in carica. La riforma delle pensioni Maroni-Tremonti del 2004 prevedeva uno scalone che sarebbe stato efficace a partire dal 2008, mentre la legislatura terminava nel 2006. Tutti ci ricordiamo come è finita. Attraverso la retromarcia del governo Prodi, lo scalone non fu mai applicato. Il vaghissimo emendamento proposto ieri si applicherebbe addirittura al di là dell’orizzonte del Dpef. 
La lezione della crisi in corso in materia di dinamica della spesa previdenziale è che è necessario indicizzare l’incremento delle pensioni all’incremento effettivo del monte salari, invece che ai prezzi, come avviene oggi. Altrimenti quando il monte salari diminuisce o stagna, come ovviamente accade in recessione, le pensioni continuano ad aumentare e tendono ad assumere traiettorie insostenibili. Una riforma di questo tipo genererebbe un meccanismo di stabilizzazione automatico per quello che è forse il più grande problema strutturale del Paese.

PERCHÉ I CONTI VANNO MALE

Nonostante la mancanza di manovra, i conti vanno male. Èquesto il vero paradosso della finanza pubblica. I conti vanno male perché in Italia quando il Pil diminuisce le entrate cedono immediatamente il passo, mentre la spesa pubblica segue un’inesorabile tendenza alla crescita, indipendentemente dal ciclo. Tra il 2008 e il 2009 l’indebitamento nella pubblica amministrazione peggiora di 40 miliardi, passando da 40 a 80 miliardi, mentre il Pil nominale diminuisce addirittura di 50 miliardi. I 40 miliardi di peggioramento dell’indebitamento sono dovuti a 30 miliardi di incremento di spese e 10 miliardi di minori entrate. Contabilmente il vero problema della nostra finanza pubblica è dal lato della spesa. Da qualunque parte si guardi al problema, la necessità di controllarne la crescita, insieme a un intensificazione dei controlli dal lato delle entrate, dovrebbero essere la vera priorità. 
Non ci resta che aspettare con ansia la prima edizione delle Decisioni di finanza pubblica.

Tabella 3: Chi sono i catastrofisti
Previsioni di crescita dell’economia italiana

  2009 2010
UE (5 maggio) -4,4 +0,1
OCSE (24 giugno) -5,5 +0,4
FMI (8 luglio) -5,1 -0,1
     
RUEF (1 maggio) -4,2 +0,3
DPEF (15 luglio) -5,2 +0,5

 

Foto: Ministero del Tesoro, nostra elaborazione.

 

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12 commenti

  1. il viandante

    Seguo spesso il vostro sito e faccio i complimenti alla redazione per le informazioni che nonostante la "censura italiana", che si manifesta nel non dire quello che non va’, giustificandosi dietro la teoria che per non allarmarsi è meglio non sapere, riuscite invece a tenerci aggiornati sulla situazione economica italiana. Proposte: Italia paese campus: lascerei aperte solo 30 40 università in tutto il territtorio per aspirate ad essere il Paese numero uno al mondo a livello formativo e di ricerca. Poche università ma di qualità assoluta, i nuovi ricchi (cinesi, indiani, brasiliani, etc.) se avessero in Italia il massimo della proposta formativa mondiale perchè non dovrebbero accompagnare i loro figli a vivere la è loro maturazione scolastica nel più bel paese del mondo? Molto di loro rimarebbero in Italia e saremmo un Paese all’avangurdia anche dal lato della integrazione e scambi culturali. Questa operazione rigenerebbe e riconvertirebbe molte strutture storiche sia pubbliche che private creaando una "nuova economia dell’istruzione".

  2. onaocn

    Le banche invece di fare il giusto onestamente, hanno imposto un cartello sudamericano, per cui gesticono a loro piacimento le "fortune del, bel paese, attingendo a risorse che mai prima d’ora erano state a loro appannaggio, essendo esse per statuto private, mai avrebbero dovuto avere a che fare i soldi dello stato. Infatti, esse hanno venduto prodotti "tossici" oltre che ai privati, anche ai comuni e alle pubbliche amministrazioni, che già avevano abusato delle stesse fonti di danaro pubblico, certi che il "salvadanaio" statale fosse una buona garanzia. Poi scopriano le bolle, i crack, i mutui sub prime, e come d’incanto milioni di persone si trovano senza lavoro, tanto chi se ne frega, mica paghiamo noi che stiamo a dettare le "regole"! Questa è una vergogna planetaria, nel liberista nord America, addirittura si sono rubati le pensioni dei cittadini che dopo aver lavorato una vita, dopo lo smantellamento delle garanzie offerte dalle istituzioni dello stato, banche, finanziarie e tutti gli altri soggetti utili, si sono date ad una vera e propria forma di rapina, un vero e proprio "dagli al pensionato" vessandoli, invece che proteggerli.

  3. Corrado Tizzoni

    Ho ascoltato la conferenza stampa dedicata dal ministro Giulio Tremonti al DPEF e non ho capito alcune considerazioni esposte dal ministro. In particolare Tremonti ha sostenuto che le pubbliche amministrazioni (stato ed enti locali) devono ritardare il pagamento dei loro debiti verso i fonitori perchè altrimenti l’ indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche verrebbe appesantito ulteriormente.Avevo sempre pensato che l’ indebitamento netto fosse calcolato per competenza e non per cassa . Cosa c’entra il pagamento delle fatture con la spesa deliberata e consumata dalle AA.PP. ? In seconda istanza non capisco come funziona il patto di stabilità delle amministrazioni locali : in Piemonte, ma penso anche in altre regioni, alcuni imprenditori sono falliti perchè gli enti locali ritardano oltre ogni limite i pagamenti a causa del patto di stabilità . Ma il patto di stabilità non dovrebbe funzionare a monte e impedire che vengano approvate delibere di spesa per importi complessivi superiori a quanto consentito? Che regola è questa che consente di far eseguire i lavori e impedisce di elargire il corrispettivo a chi ne ha diritto?

  4. Lorenzo B.

    In caso di recessione è meglio non intervenire: anzi, dal momento che le entrate diminuiscono servirebbe una decisa riduzione della spesa pubblica. Ancora più decisa di quanto si potrebbe fare nel caso in cui ci fosse ancora una politica monetaria "locale": alzare i tassi di interesse per eliminare la distorsione precedente basata su tassi più bassi di quelli dati dal livello di risparmio. La recessione pulisce gli errori, gli stimoli (che nel pensiero economico attuale sono pari alla moltiplicazione dei pesci e dei pani del vangelo) rallentano questo processo e introducono ulteriori distorsioni nel sistema produttivo ed economico. Se bastasse espandere il credito e se davvero i deficit di governo aiutano allora avremmo già la soluzione di tutti i nostri problemi, vivremmo già nell’età dell’oro. La mancanza di una solida teoria del capitale della scuola keynesiana (che domina ormai dagli anni trenta) ci farà commettere sempre gli stessi errori.

  5. paolo mariti

    mi chiedo perchè uno scritto così terso ed analiticamente fondato non abbia ricevuto un commento. Tutti in vacanza? Non credo, Cose del tutto risapute, rimasticature? Neanche.La realtà è che v’è poco o nulla da aggiungere. Il compianto Walter Cronckite avrebbe tipicamente concluso "that’s the way it is". La simulazione – non quella di tipo econometrico! -è l’arte di questo governo. Usque tandem…

  6. marco di vice

    Come ha intenzione, Tremonti, di coprire questi 40-50 mld di buco (crollo della raccolta fiscale+nuove spese)? Con l’emissione di nuovi titoli? Visto che la BCE non fa quantum easing, e viste le massicce emissioni degli altri paesi, chi comprerà questo debito?

  7. bias77

    Ma quanti comuni mortali si interessano di queste questioni che ricadranno sulla gobba dei nostri figli e generazioni future? Tutti sono distratti dalle porcherie del primo ministro, anche quelle pagate da noi. Chiedo scusa se il rimbrotto non è proprio pertinente, ma è così.

  8. Carlo Cipiciani

    Le considerazioni (giustissime) degli autori sono addirittura benevole, se pensiamo che il Dpef di quest’anno non è stato di fatto presentato alle parti sociali e alle Regioni e gli enti locali (è questo il federalismo secondo Tremonti?), contiene i soliti "artifici" contabili come la evidente sottostima nella caduta del Pil nominale (basta confrontare le stime PdS, Ruef e Dpef per rendersene conto) e non dice una parola che è una sul sud, come se quel pezzo d’Italia e i suoi problemi non ci fossero. E che dire di un quadro macroeconomico che prevede una ripresa "lenta e non stabile" del commercio mondiale mentre invece l’Italia ripartirebbe miracolosamente al 2% l’anno, a partire dal 2011, pur in assenza di una ripresa dell’occupazione (sono le cifre e le stime del Dpef, non delle opinioni). Purtroppo, cambiare documento, da Dpef a DFP, cambierà poco. Bisognerebbe cambiare qualcos’altro. Ma temo che non sarà semplice, ne’ indolore, ne’ rapido.

  9. luigi zoppoli

    L’incomprensibilità delle scelte di finanza pubblica e di contrasto alla crisi sono la cifra del governo. Don Abbondio quanto al controllo della spesa pubblica; don Rodrigo con chiunque faccia una qualche consideraione sensata; e grida per vendere come mirabolanti le iniziative assunte inutili quando non pro-cilcihe come la fantamagorica finanziaria pluriennale. Ed osceno il richiamo alla funzione di ammortizatore sociale assunta dalle famiglie per giustificare l’indegna assenza di normative decenti. O forse dobbiamo aspettare che ci pensi ‘papi’ sfornando qualche altro miracolo?

  10. Marcello Novelli

    A questo governo non si può nemmeno fare opposizione. Non sta facendo nulla. Qualche bel proclama, quello si, ma nulla di più.

  11. Roberto

    I saldi non sono tutto, cio’ che conta soprattutto é come vegono spesi i soldi, parità di saldi ci sono modi diversi di spendere: io potrei fare riforme che mi permettono di risparmiare in certi settori e reinvestire i risparmi in altri settori, pur mantendo i saldi inalterati, o sbaglio? Ci puo’ essere una migliore allocazione delle stesse risorse che sia piu’ efficace anche in termini di aiuti alla ripresa economica o per la copertura di maggiori ammortizzatori sociali. Il fatto che il programmatico sia uguale al tendenziale potrebbe essere spiegato in questo modo e il fatto di non intervenire ne per aumentare i saldi per una politica espansiva, ne di ridurli per migliorare in conti pubblici potrebbe essere dovuta proprio al fatto che nelle condizioni di debito pubblico in cui siamo non possiamo aumentare la spesa pubblica ma neanche diminuirla per non deprimere ulteriormente la crescita. Occorrerebbe quindi fare un analisi piu’ profonda della composizione stessa della spesa pubblica e di come il governo intenda o non intenda riqualificarla e modificarne la composizione interna. E’ chiaro che quando il PIL decresce, anche i saldi peggiorano.

  12. Andrea

    La auspicata manovra ritengo non arriverà mai fino a che rimarrà al governo Berlusconi e Tremonti. Non fa parte della cultura tremontiana (almeno a mio avviso) il concetto di intervento di Stato. Si lascia che l’economia giri da sola, augurandosi abbiano valore gli auspici di ottimismo, e non le si da alcun vero supporto.

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