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LA SANITÀ DI OBAMA: UNA RIFORMA A METÀ

Un indubbio successo politico per il presidente Obama che l’ha fortemente voluta. Ma anche un compromesso con la lobby delle compagnie di assicurazione, che non ne vengono minimamente danneggiate. La riforma del sistema assicurativo per la sanità negli Stati Uniti si ferma infatti a metà strada: affronta il problema dei milioni di cittadini che non hanno una copertura per le cure mediche, ma non quello della esorbitante spesa sanitaria americana.

Il 7 novembre scorso la Camera degli Stati Uniti ha approvato un disegno di legge di riforma del sistema assicurativo per la sanità. Il 24 dicembre il Senato americano ha approvato un testo simile, ma non uguale. Adesso i due testi saranno armonizzati e, presumibilmente, diverranno legge, dando il via libera a una riforma fortemente voluta dal presidente Obama. Ma come funziona oggi il sistema di assicurazione sanitaria negli Usa? Quali cambiamenti apporterà la riforma? E che cosa resta ancora da fare?

L’ASSICURAZIONE SANITARIA NEGLI USA

L’assicurazione sanitaria pubblica è composta principalmente da due programmi di spesa, Medicare e Medicaid. Medicare è un programma federale che rimborsa gli anziani per le spese mediche. Medicaid è un programma a finanziamento misto, federale e statale, diretto ai poveri. La copertura di Medicaid varia da stato a stato, e in alcuni esclude i poveri senza figli. In totale, la sanità pubblica copre il 27 per cento della popolazione.
L’assicurazione sanitaria privata si fonda sui piani offerti da compagnie assicurative private, che promettono di rimborsare una parte consistente delle spese mediche. Il 67 per cento della popolazione è coperto da una forma di assicurazione sanitaria di questo tipo. Caratteristica distintiva è il fatto che la grande maggioranza dei piani viene contrattato dai datori di lavoro, cioè dalle aziende, che poi offrono ai lavoratori la possibilità di acquistare il piano assicurativo contrattato, a tassi di solito più vantaggiosi di quelli disponibili al privato cittadino. Ciò significa che per la maggioranza della popolazione Usa, la sanità è funzionalmente legata al posto di lavoro: perdere il lavoro significa perdere anche l’assicurazione sanitaria.

DUE PROBLEMI E UNA RIFORMA

E poi ci sono i non-assicurati, circa 45 milioni di persone, ovvero il 15 per cento della popolazione. Cosa succede quando si ammalano? Al contrario di quanto spesso si crede in Italia, non verranno lasciati morire in mezzo alla strada. Verranno curati, magari anche in un ottimo ospedale. Poi però riceveranno fatture assai salate, che molti non saranno in grado di pagare se non vendendo la casa o altre proprietà, finché non diventeranno poveri e quindi coperti da Medicaid. Quello dei non-assicurati è uno dei due grandi problemi della sanità negli Stati Uniti.
L’altro problema è il costo della sanità Usa, che in aggregato, è troppo alto: il 16 per cento del Pil degli Stati Uniti è dato da spese sanitarie, contro una media del 9 per cento nei paesi Ocse. A questa enorme disparità di spesa non corrisponde però una maggiore aspettativa di vita: negli Stati Uniti quella alla nascita è 78 anni, due meno che in Italia. Le ragioni del costo eccessivo della sanità sono complesse e non perfettamente comprese allo stato attuale.
La riforma Obama, nella sua forma attuale, è diretta al primo problema: aumentare la percentuale della popolazione coperta da assicurazione sanitaria, un obiettivo perseguito in vari modi. Innanzi tutto, il disegno di legge impone un obbligo individualedi assicurazione sanitaria, paragonabile all’obbligo previsto per chi guida l’automobile. I poveri ne saranno esentati, perché coperti altrimenti. L’obbligo ricadrà invece  sulla “struggling working class”, cioè sulla fascia di popolazione che lavora con stipendi molto bassi, ma non tali da farli cadere al di sotto della soglia di povertà, e sui giovani, che attualmente rappresentano la quota maggiore dei non-assicurati.
Per agevolare l’acquisto dell’assicurazione da parte dei non-assicurati, il governo favorirà la creazione di alcuni piani privati con regolamentazione pubblica, che saranno aperti agli individui non ancora coperti e alle piccole imprese. Inoltre, vi saranno delle agevolazioni all’acquisto di assicurazioni private per i meno abbienti. Infine, la proposta di legge estende la copertura di Medicaid a tutti i poveri, indipendentemente dalla prole, includendo così 15 milioni di cittadini precedentemente non coperti.
Nell’arco di dieci anni, il costo della riforma è stimato attorno al trilione di dollari (per fare un confronto, il Pil annuale americano è circa 14 trilioni di dollari). Le proposte per finanziare un tale esborso sono svariate, comprese le ipotesi di una tassa sui super-ricchi o di una tassa sulle compagnie assicurative.

MISSIONE COMPIUTA?

La proposta di legge è dunque indirizzata a risolvere solo il problema della insufficiente partecipazione della popolazione ai piani di assicurazione sanitaria. A essere maligni, si potrebbe notare che le lobby forti, quelle delle compagnie assicurative, delle aziende produttrici di medicinali e dei medici, non ci perdono certo dall’aumento del numero degli assicurati, anzi. Qualcosa di più avrebbero forse potuto perdere se si fosse cercato di limitare la spesa per la sanità, ma nel progetto di legge di uno sforzo simile non vi è traccia. Nella forma attuale la riforma è dunque meno rivoluzionaria di quello che potrebbe sembrare, non è politicamente impossibile, tutt’altro. E infatti il compromessoc’è stato, a tutto vantaggio delle compagnie assicurative. Da parte sua, però, Barack Obama può cantare vittoria: politicamente aveva puntato molto sull’approvazione di una riforma, e una riforma è stata approvata.
Resta il fatto che nulla è previsto per ridurre, o almeno contenere, il livello della spesa sanitaria. Da un certo punto di vista, l’inazione è ragionevole, vista l’attuale mancanza di comprensione delle determinanti del costo eccessivo della sanità. D’altra parte, ed è forse un elemento altrettanto importante, l’idea del controllo dei costi si è dimostrata politicamente molto difficile. Il partito repubblicano ha messo alla berlina le iniziali, timide, proposte di controllo dei costi definendole come un tentativo di introdurre una “sanità socialista” che, per economizzare, avrebbe negato al paziente le cure prescritte dal buon medico di famiglia. Non sorprende perciò che il partito democratico abbia subito lasciato cadere la questione.

21In conclusione, la riforma Obama è importante perché rende possibile l’obiettivo di assicurare la maggioranza di coloro che finora non avevano una copertura sanitaria. Potrebbe anche comportare una riduzione di coloro che si assicurano tramite il datore di lavoro, con conseguenti possibili mutamenti sul mercato del lavoro: in particolare, potrebbe determinare un minore attaccamento al posto di lavoro. Tuttavia, la riforma non è un miracolo politico. Anzi, al contrario, è un regalo alle lobby assicurative. Mentre resta aperta l’importante e difficile questione del costo della sanità.

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10 commenti

  1. Giuseppe

    E quindi per concludere è una riforma tutto fumo e niente arrosto, come purtroppo appare tutto l’operato sin qui svolto dal certamente simpatico Presidente Obama. Come faranno gli Stati Uniti già così fortemente indebitati ad accollarsi un ulteriore grande onere, che alcuni ritengono considerevolmente sottostimato? Come al solito le grandi lobby sono intoccabili e gli Americani cercheranno una volta ancora il modo di far pagare ad altri i loro conti salati. Forse è proprio in questo la loro grandezza, finchè dura…

  2. papagna

    Bell’articolo, anche se è vero che le cause del costo della sanità più alto non sono completamente comprese questo non vuol dire che non si sappia cosa fare per ridurre i costi. Il problema è che ridurre i costi fa spesso rima con razionamento e con danno a varie lobby, non solo quella degli assicuratori ma anche quella delle case farmaceutiche e degli avvocati. Infatti, la minaccia di una possibile causa di malpractice da milioni di dollari nei confronti di un medico fa sì che questo abbia tutti gli incentivi di questo mondo nel prescrivere ogni sorta di (spesso costosissimi ma inutili) esami e screening medici. Inoltre, la frammentazione del mercato assicurativo a livello statale sicuramente non aiuta la libera concorrenza in un mercato che è già carico di asimmetrie informative di vario tipo. Tutto questo per dire che non bisogna conoscere tutto per intervenire in modo positivo ma basta sapere quanto basta per migliorare la situazione. Papagna

  3. Armando Rosal Bucci

    Dopo la lettura dell’articolo, giusto per capirci un po’ di più, ho letto qualche informazione su internet e sul sito dell’OCSE. Dunque riprendo il quesito posto dall’articolo: Quali fattori determinano costi così alti negli USA? Provo ad indicarne alcuni (comunque vorrei qualche risposta o commento da chiunque. Con gentilezza ovviamente): 1) Stili di vita: costa di più trattare popolazioni vecchie come quelle europee o più dinamiche come quelle Americane, Canadesi o Australiane? (stili di vita-diete-malattie collegate). 2) Dai dati OCSE si ricava che in media nei paesi sviluppati ci sono più posti letto (per 1000 abitanti) che negli USA: la gestione e manutenzione delle strutture è più costosa in America? 3) Su "Internazionale" mi è capitato di leggere un articolo sugli approcci medici negli USA. Dove il tema dell’argomento era la tendenza a prevenire malattie di tipo cancerogene nelle donne piuttosto che guarirle durante le malattie. La medicina preventiva (diagnosi, esami, ecc) può essere così dispendiosa? (Test di routine su persone sane aumentano ovviamente i costi).

  4. Enio Minervini

    Ancora una volta l’elemento simbolico copre la realtà. La chiamano riforma, ma è un nuovo regalo alle lobbies delle assicurazioni sanitarie. Un regalo pagato dal deficit pubblico americano (quindi dai contribuenti) e da un prelievo obbligatorio su fasce di popolazione deboli. In cambio, sembrerebbe, ci sarà una maggiore copertura sanitaria, ma verosimilmente si tratta comunque di un sistema pieno di buchi e falle, in cui gli oneri e le responsabilità non sono chiari (tra assicurazioni private e programmi governativi). Falle da cui continuano ad uscire tutti i diritti di cittadinanza di fette importanti del popolo americano. Una riforma così avrebbero potuto farla anche Reagan o George W.

  5. Ettore Jorio

    Condivido l’articolo. Vorrei tuttavia fare una precisazione. I testi approvati da Camera e Senato prevedono entrambi la public option. Quella della Camera esplicitamente; quella del Senato perseguita invece per via indiretta. Un risultato ottenibile, quest’ultimo, attraverso l’Office of Personnel Management, ente governativo che da tempo acquista, a prezzo molto ridotto, le polizze private per gli 8 mln di dipendenti pubblici Usa e per i Parlamentari. Le classi medio-basse, fino ad oggi senza assistenza, potranno così accedervi acquistando le polizze convenute con la mediazione del suddetto ente. Dunque, una “offerta pubblica”, comunque, traguardata da Obama attraverso un prezzo “politico”, praticato nei confronti di chi non potrebbe altrimenti permettersene l’acquisizione ai costi attuali. Quindi, un prezzo controllato dal Governo che diventerà ulteriormente più appetibile al ribasso nell’ipotesi in cui nel testo unificato venissero mantenute sul mercato le cooperative no profit, individuate dalla Camera, collaborate da un consistente finanziamento iniziale del Governo Usa. Una aspettativa, questa, che alla fine, suppongo, si realizzerà.

  6. Matteo

    Nel libro "La Coscienza di un Liberal", il premio Nobel ’08 P. Krugman attribuisce ai costi alti e crescenti della sanità US tre motivi principali: 1) i costi di valutazione del rischio da parte degli assicuratori al momento della eventuale sottoscrizione della polizza (passando al setaccio il richiedente che in genere se la vede negata o concessa con oneri elevatissimi se troppo rischioso); 2) i costi di gestione dei contenziosi, sostenuti da un lato dalle compagnie assicuratrici per fare di tutto per NON pagare (per es spulciando nella storia clinica dell’assicurato alla ricerca di una condizione clinica preesistente e tenuta nascosta dall’assicurato per invalidare la polizza), e dall’altro sostenuti dai fornitori di servizi sanitari, medici e ospedali compresi, per trattare e farsi pagare dalle compagnie; 3) i costi maggiori per i farmaci (l’America usa mediamente meno farmaci degli altri paesi ma, non avendo un ente unico centralizzato che contratta sui prezzi facendo economie di scala, li paga di più). I primi due punti per Krugman in un sistema unico con lo Stato come assicuratore e garante (vedi Medicare per es), sarebbero praticamente assenti.

  7. rita

    Leggendo l’articolo, di indubbio interesse, mi pare che i conti non tornino. Se il 67% della popolazione è coperta da assicurazioni private, sia pur legate al posto di lavoro, e la sanità pubblica, nelle sue due forme, copre il 27% della popolazione, come è possibile che ci sia un problema di coprire un altro 15%?

  8. luigi

    E’ il classico bicchiere che può essere visto mezzo vuoto o pieno. Il contenuto dell’articolo è condivisibile, alcuni commenti no. Si dice che una riforma così potevano farla Reagan o i Bush, infatti non l’hanno proposta! Poteva farla Clinton (era un cavallo di battaglia di Hillary) e non l’ha fatta, tra l’altro in un periodo economico molto florido. Credo che l’unico vero obbiettivo fosse allargare la copertura ed è stato centrato; il resto è come al solito perfettibile e…criticabile per partito preso.

  9. Ilario Peverengo

    Il suo articolo e’ preciso e dettagliato, ma penso che le sfugga il "senso generale" della riforma: milioni di cittadini che prima non avevano alcuna copertura ora l’avranno. Altri potranno sottoscrivere un piano privato con delle agevolazioni riducendo cosi’ la forte dipendenza (o schiavitu’) dal proprio datore di lavoro. A me non sembra poco! Certamente Obama avrebbe voluto fare di piu’, ma la feroce campagna orchestrata dai Repubblicani e da diverse sette religiose ha impedito, per il momento, di incidere sugli interessi di diverse lobby: lei anziche’ sottolineare questo fatto, dichiara che Obama e’ simpatico, ma questa riforma non e’ un capolavoro politico. So che avere posizioni "fredde" nei confonti di governi di sinistra, come Voi di lavoce.info avete sempre avute nei confronti del Governo Prodi in Italia, porti sempre applausi e consensi ma questo non e’ corretta informazione pubblica. Oltre a fornire dei "numeri" (sempre precisi e completi) fornite anche dei commenti e delle interpretazioni e so che voi siete una fonte libera ed indipendente, pero’ vi chiedo maggiore equilibrio e piu’ coraggio: questa riforma e pur sempre una rivoluzione!

  10. Gianni

    L’articolo è impreciso sotto varia spetti e viziato dalla solita credenza che il governo sappia ciò che è bene o male per il cittadino In primo luogo (e basterebbe farsi un giro sul sito del WHO) il governo USA spende per cittadino già ora quasi il doppio rispetto all’Italia. Cioè buona parte dei servizi sanitari USA sono già nazionalizzati e senza considerare la strettissima regolamentazione cui sono sottoposti (obblighi assicurativi, impossibilità di fare concorrenza tra tra stati, sussidi fiscali sulle polizze, etc.). verrebbe quindi da chiedersi se la soluzione non sia come sempre avviene in maggiore regolamentazione e nazionalizzazione ma maggiore mercato e liberalizzazione. Il nostro autore non è nemmeno sfiorato dalla domanda In secondo luogo ormai è ampiamente risaputo che i non assicurati USA in gran parte hanno scelto di non assicurarsi per svariate ragioni Quello che piu’ stupisce pero’ è che l’autore si meravigli del fatto che la riforma sia un "reagalo alle lobby". In Italia secondo lui il servizio sanitario pubblico sarebbe lì nell’interesse dei cittadini?

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