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LO SVILUPPO DEL SUD PASSA DALL’EUROPA*

Le statistiche ci dicono che dal punto di vista economico esistono due Italie: le regioni settentrionali che competono con i bacini industriali del Nord europeo e il Mezzogiorno, sempre più vicino alle zone più povere dell’Europa. Se non si interviene su questa situazione, il processo di disgregazione del paese diventerà inevitabile. Dobbiamo invece puntare su un’idea di Italia europea che, attraverso le strutture comunitarie, cerchi di trainare il Sud verso lo sviluppo.

In Belgio da diversi giorni, sui giornali e tra la gente, si discute del fatto che le scuole francofone in territorio fiammingo, a causa di nuove regolamentazioni non concordate con la comunità francofona, rischiano di essere sottoposte al “giudizio” degli ispettorati fiamminghi, e dovranno probabilmente adeguare i loro programmi in maniera vincolante. Dinanzi a una politica comunitaria tenue, che non affronta i veri nodi dell’economia reale, le divisioni nei paesi e tra paesi potrebbero esplodere in maniera sequenziale, ma la crisi greca, paradossalmente, sembra aiutare l’Unione politica.
E l’Italia? Le elezioni regionali appena svolte avranno un impatto rilevante sul futuro del paese, e non tanto perché hanno anche un valore politico nazionale, come ogni tornata elettorale. Ma perché i risultati delle votazioni potrebbero accelerare un processo di rottura economica in corso che separa Nord, Centro e Sud: ne uscirà un’idea di Italia europea che, attraverso le strutture comunitarie, cerca di trainare il Sud verso lo sviluppo? Oppure continuerà a realizzarsi un modello in cui il sistema paese non gioca la partita, anche e soprattutto in chiave comunitaria, per il rilancio del Sud?

LE DUE ITALIE

Le statistiche ufficiali dipingono dal punto di vista economico almeno due Italie diverse e se non ci affrettiamo a comprenderle, prenderanno inevitabilmente direzioni opposte, a prescindere dall’esistenza di forze politiche separatiste (che sarebbero più effetto che causa di tale processo) e nonostante le similitudini culturali. Anche in economia valgono le parole di Fichte: noi possiamo scegliere tutto ciò che vogliamo e anche ciò che non vogliamo, purché lo vogliamo davvero.        
L’Europa è il termine di riferimento per capire dove va il paese e cosa fare: il Mezzogiorno, infatti, è sempre più vicino alle regioni più povere dell’Europa, mentre il Nord compete con i bacini industriali del Nord Europa.
Dal punto di vista del prodotto interno lordo, già nel 2005, il Mezzogiorno aveva un Pil pro-capite, a parità del potere di acquisto, simile a quello della Střední Čechy e della Jihozápad (regioni della Repubblica Ceca), a quello della Mazowieckie (regione polacca) e dell’Algarve (Portogallo) e non lontano da quello della Bucureşti-Ilfov (regione rumena che comprende Bucarest); la Közép-Magyarország (in Ungheria) presentava già valori superiori (Fonte: Eurostat).
Secondo i dati del Fondo monetario internazionale a ottobre 2009, l’Italia è situata solo al ventottesimo posto nella graduatoria del Pil pro-capite considerando il potere di acquisto nei singoli paesi. E se il Pil non cresce, col tempo si rischia un’erosione anche della ricchezza netta (la somma delle attività reali e finanziarie al netto dei debiti). Occorre però rilevare come il nostro paese si posizioni all’ottavo posto per ciò che concerne la ricchezza netta pro-capite, sopravanzando quindi paesi come la Francia, la Germania, l’Australia e quelli scandinavi. (1) Si consideri però che la ricchezza mediana delle famiglie del Centro risulta nell’anno 2008 pari a circa il doppio di quella delle famiglie meridionali, mentre nel 1993 era superiore del 75 per cento. Per il Nord, il divario nei confronti del Sud è salito da circa il 45 per cento rilevato nel 1993 al 65 per cento del 2008. (2)
Il nostro Sud è il luogo europeo in cui le donne lavorano meno in assoluto: attualmente, il tasso di occupazione femminile è al 30,8 per cento nel Meridione, al 55,6 per cento nel Nord-Ovest, al 56,9 per cento nel Nord-Est. I dati italiani relativi al tasso di attività femminile sono comparabili a quelli della Grecia. Slovacchia, Romania, Bulgaria si situano sopra al 50 per cento; Cipro è al 60 per cento. La Slovenia, da poco entrata nell’Unione, è al 61,8 per cento. La Danimarca è ai vertici della classifica con valori prossimi al 73,4 per cento.
Il tasso di irregolarità italiano, calcolato come rapporto percentuale tra le unità di lavoro irregolari di un’area territoriale e il complesso delle unità di lavoro occupate in essa, si attesta nel 2006 al di sotto del 9 per cento nel Nord, e quindi relativamente in linea con gli altri paesi europei. Presenta però nel Mezzogiorno valori altissimi, vicini al 20 per cento, e nel Centro Italia è prossimo all’11 per cento. Un paese, quindi, spezzato anche per quanto riguarda l’economia sommersa.

GUARDARE ALL’EUROPA PER RISOLVERE GLI SQUILIBRI REGIONALI

La fine della possibilità di svalutare la lira, praticata sino agli anni Novanta, e la nascita di un sistema a cambi fissi nell’area euro, con i relativi parametri di Maastricht, ha messo in luce i diversi problemi strutturali del nostro paese, e il Sud in particolare ne risente oggi gli effetti nell’economia reale e nelle statistiche. È bene rilevare come i problemi fossero stati solo occultati attraverso la svalutazione, e dunque non sono assolutamente addebitabili alla moneta unica.
Un esempio per capire l’importanza di influire nelle scelte europee istituzionali e legislative: nel 2007 la Calabria, dove il tasso di occupazione femminile è pari a circa il 31 per cento, con tassi di attività inferiori del 10 per cento rispetto alla media nazionale, non è stata considerata dalla Commissione europea come un’area “svantaggiata”. Ciò è stato causato dalla scelta dell’indicatore “tasso di disoccupazione” in luogo del “tasso di attività” per determinare gli incentivi, in Europa, per le imprese che assumono donne. Negli ultimi anni in Calabria, come nel resto del Mezzogiorno, il tasso di disoccupazione è diminuito, ma anche a causa di una crescita dell’inattività femminile.
Inoltre, come è possibile affrontare il più rilevante problema dei nostri tempi, quello delle scelte energetiche, senza la creazione di gruppi e consorzi europei? Un esempio: il nuovo consorzio della smart grid, la rete intelligente dell’alta tensione, che risponde all’esigenza di avere fonti rinnovabili che producano energia in modo costante. Il gruppo riunisce società rappresentative dei diversi settori della fornitura o dell’utilizzo di tecnologie e infrastrutture di alta tensione. I partecipanti sono le società belghe 3E, Deme ed Elia, la francese Areva, le società di ingegneria Hochtief, Parsons Brinckerhoff e Visser & Smit, l’irlandese Mainstream, la Blue Energy, oltre a Siemens e l’italiana Prysmian (ex Pirelli Cavi). Il piano europeo 20-20-20 che prevede nel 2020 il ricorso al 20 per cento di energia da fonti rinnovabili è l’obiettivo al quale agganciare in particolare le soleggiate e ventose regioni del Sud Italia, se non vogliamo lasciare tutte queste opportunità di investimento al deserto del Sahara.
Negli ultimi sedici anni il contrasto tra Nord e Sud ha determinato un livello della povertà e della disuguaglianza dei redditi familiari in Italia assolutamente superiore a quello dei paesi nordici e dell’Europa continentale: è questa la realtà nella quale, in un’ottica di solidarietà ed efficienza operativa, dovranno lavorare insieme le regioni italiane d’Europa, per evitare processi di sgretolamento strutturale.

* L’articolo e le opinioni in esso contenute sono presentate dall’autore a titolo personale e non impegnano l’Istat presso cui presta la propria attività di ricercatore. Altri contenuti sono presenti sul suo blog www.frendaresearch.splinder.com

(1) La fonte è uno studio del 2007 dell’università delle Nazioni Unite di Helsinki.
(2) Indagine campionaria della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie.

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21 commenti

  1. Danilo Gentilozzi

    Pienamente condivisibili le considerazioni contenute nell’articolo. Ci aggiungerei, per completare il quadro, che le nuove forze lavoro del Sud, ossia i giovani diplomati e laureati, preferiscono sempre più emigrare al Nord per studiare e lì rimangono(si legga il recente studio di Bankitalia sulla mobilità e il lavoro); questo è un fattore da non sottovalutare perchè lo sviluppo del Mezzogiorno passa obbligatoriamente da una particolare attenzione anche al rapporto istruzione-occupazione.

  2. alessandro piovan

    il nostro Sud non è paragonabile a nessun’altro Regione Europea: ci siamo dimenticati della presenza e del ruolo – non ancora pienamente svelato- di mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita?

  3. icaro

    Le faccio una domanda: 1) al NORD c’è X che guadagna 100 ed Y che guadagna 0; 2) al SUD c’è Z che guadagna 40 e K che guadagna 39; ne deriva che il PIL/pro è 50 al NORD e 39,5 al SUD…chi è più povero il SUD o il NORD?

    • La redazione

      Per non cadere nel paradosso di Trilussa ho considerato diversi indicatori statistici. Considerando più variabili, ad esempio la ricchezza, la povertà, il pil, l’occupazione, la disoccupazione (come nell’articolo che ho presentato) nelle diverse ripartizioni geografiche, mi sembra che si possa comprendere con maggiore completezza la complessità dello "sviluppo". Ogni fenomeno ha infatti delle medie, ma anche delle varianze da considerare.
      Per i dati ufficiali sull’economia sommersa, le indico il seguente link:
      http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20080618_00/

  4. Luca Lisella

    Leggendo il suo articolo non sono riuscito a comprendere attraverso quale modello debba essere garantito lo sviluppo del mezzogiorno. Nello specifico cosa si intende per “passare attraverso l’Europa”? Creare una forma di “assistenzialismo europeo” per le regioni più svantaggiate del vecchio continente (oltre al mezzogiorno italiano intendo)? Creare un disegno di integrazione europea e quindi di più ampio respiro finanziario e progettuale che possa coinvolgere tutte le regioni in questione? Non si dovrebbe tener conto di quelle che sono le potenzialità di un territorio e delle sue risorse e peculiarità (finanziarie, culturali, infrastrutturali, etc.) per stimolare uno sviluppo prima di tutto locale e autoctono prima che “impiantato”? Pregherei l’autore di delineare con maggiore chiarezza quale debba essere tale progetto di sviluppo. Si ringrazia in anticipo per la sicura disponibilità.

    • La redazione

      Gentile Lisella,
      non faccio alcuna proposta di assistenzialismo nel pezzo. Reputo importante un processo di integrazione economica tra le regioni italiane ed europee, anche per difendersi dalle crisi finanziarie e costruire insieme il futuro. Penso che la via dello sviluppo debba tener conto delle peculiarità locali. Tra le proposte per lo sviluppo indico l’importanza di lavorare in Europa nell’articolare regolamenti e definizioni statistico-economiche che risaltino efficacemente le peculiarià italiane. Rilevo poi l’importanza di gruppi e consorzi europei, ad esempio nel settore energetico, da stimolo per lo sviluppo di una politica europea economica e non solo monetaria

  5. Nico

    Il recupero del sud passa attraverso il federalismo fiscale, la fine totale dell’assistenzialismo di stato, la responsabilizzazione reale degli amministratori locali. Il sud deve sviluppare quei semi che già ci sono: tutte quelle iniziative che valorizzano le risorse locali (umane e territoriali). Questo può significare anche un’ulteriore temporanea accentuazione delle distanze tra nord e sud (che peraltro sono aumentate negli anni anche con profusione di risorse "a perdere"), ma è l’unica via perchè si recuperi, innanzitutto, la dignità del sud e poi la sua capacità di crescere.

  6. LT58

    Ho 52 anni e da sempre sento parlare della questione meridionale e quindi assolutamente non credo piu’ che aiuti esterni possano aiutare le regioni del sud. Il sud deve imparare a gestirsi autonomamente e volendo ha tutte le risorse per farlo.

  7. Paolo Bizzarri

    L’idea di uno sviluppo del sud che passi attraverso l’Europa è davvero singolare. Dell’Europa il sud sarà semplicemente frontiera, e quindi normalmente tagliata fuori dai suoi più forti processi economici. L’Italia, d’altro canto, è nel Mediterraneo molto più di quanto sia in Europa, e lo sviluppo e l’affermazione dell’Italia in generale e del sud in particolare passano necessariamente dallo sviluppo del commercio verso la sponda meridionale del Mediterraneo.

  8. Stefano

    Aggiungerei che cio’ che serve al sud è la presenza forte dello stato per garantire un quadro di sicurezza, legalità e una giustizia rapida e incisiva. Per fare un piccolo esempio, non si possono vedere posteggiatori abusivi nei parcheggi in pieno centro a Lecce la sera nonostante passi la volante della Polizia o la pattuglia della municipale. Questo è lo Stato che non va! Inoltre, evidenzierei come le istituzioni locali non facciano abbastanza per attirare imprese straniere. Addirittura fanno di tutto per cacciarle come ad esempio il rigassificatore della British Gas a Brindisi che è un’opera d’interesse nazionale ed Europea! Al sud serve il mercato dei capitali, non le tanto sbandierate Banche del Sud. Quante imprese meridionali sono quotate a Milano?…ben poche… Eppure di piccole eccellenze ci sono. Sono i piccoli imprenditori che viaggiano il lunedi’ mattino con il primo aereo per Milano o Bologna o per il nord Europa per vendere i loro prodotti oppure chi denuncia il pagamento del pizzo, la vera risorsa del Meridione. Purtroppo è il sistema sud (istituzioni in primis) a non garantire un quadro di certezza. La salvezza del sud passa tramite l’Italia e l’Europa.

  9. icaro

    Gentile frenda, ma quali sono questi indicatori statistici che permettono di non cadere nel paradosso di Trilussa? Siccome sono uno studente di economia e qualche volta mi piace spulciare dati Istat e grafici vorrei capire come migliorare la mia lettura degli stessi…e le volevo chiederle se esitono dei dati sull’economia "sommersa", cioè quella che esiste, ma non si vede. La ringrazio anticipatamente.

  10. luciano schiavoni

    Cina, India, Brasile sono i nuovi attori dello sviluppo mondiale perchè, paradossalmente, hanno un grande bacino di povertà (e quindi capacità di lavoro e di potenziali nuovi consumatori) che hanno messo in moto. Da noi il mezzogiorno invece si depaupera delle sue risorse produttive migliori e sviluppa un’economia parassitaria. Il federalismo fiscale non è una risposta al problema perchè nasce all’insegna del "ciascuno per sè e Dio per tutti" senza uno straccio di strategia e di visione di sistema. Non è il flusso di denaro europeo o dalle altre regioni che va interrotto, ma va modificata la natura dell’intervento pubblico. Se la ridistribuzione dei fondi tra le regioni premia le attività parassitarie (vedi il numero esorbitante dei dipendenti della Regione Siciliana) e alimenta l’economia sommersa o illegale, non se ne esce, mentre investimenti ad alta intensità di innovazione nell’ammodernamento dei servizi e delle infrastrutture possono stimolare e indurre qualità nelle forze di lavoro positive che nel sud esistono. Non ci sono ricette facili; bisogna contemperare programmi di lungo termine con interventi a breve ed essere capaci di gestirli senza collusioni affaristiche.

  11. moreno

    Al sud manca una vera integrazione legale ed istiuzionale con il resto d’Italia. Le mafie e la cattiva amministrazione pubblica non consentono alle energie intellettuali ed imprenditoriali di svilupparsi creando opportunità diffuse e persistenti di lavoro.Tutto ciò non può che generare continue emigrazioni e impoverimento socio economico. Se l’Europa volesse aiutare il nostro sud, dovrebbe innanzitutto garantire un quadro efficace di legalità ,una vera lotta ai potentati locali ed infine un coordinato investimento in opere e stimoli all’imprenditoria sana. Vasto programma.. (ma forse non così improponibile, se all’ Europa potesse interessare). L’Italia temo non ha più nè la voglia , né le risorse per provarci.

  12. franceso burco

    Da trentacinquenne sento parlare di come sviluppare il sud da quando ho l’età della ragione… penso che lo stesso però lo potrebbe dire mio padre, mio nonno e forse pure il mio bisnonno…e il sud è sempre là con la sua edilizia abusiva, con le sue mafie che comandano, con la sua gente rassegnata che emigra, la gente si ammazza per strada come se la mattanza quotidiana fosse la normalità; i politici vengono assassinati ai seggi, qui siamo ai livelli dell’Afghanistan …altro che …. proviamo con il federalismo lacrime e sangue. E’ un peccato perdersi mezzo paese, con le potenzialità enormi che avrebbe, per colpa di …boh?

  13. Filippo Cataldo

    Abbiamo uno Statuto speciale che potrebbe consentirci di avere soldi a palate. Perchè 150 anni fa i Borboni anche se si fecero "fregare" dai Savoia ci hanno dato strumenti atti a gestire quest’isola in maniera ottima. Ma gli Amministratori di cotanta ricchezza dove sono? Tutti a fare gli interessi di Roma ladrona. Il Federalismo ci può salvare solo in attuazione del Nostro Statuto così la Sicilia, insieme a tutto il Sud possono diventare non un vagone carico di carbone ma una FrecciaRossa per tutta l’economia Italiana. Basta volerlo, ciò che non è accaduto in 60 di Repubblica Italiana, solo il Bastone e la carota ci hanno dato. Ora industria, energia rinnovabile e porti possono aiutarti ad uscire dalla crisi.

  14. marco

    Alessandro ha scritto: "il nostro Sud non è paragonabile a nessun’altro Regione Europea: ci siamo dimenticati della presenza e del ruolo – non ancora pienamente svelato – di mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita?" In realtà esistono altre regioni europee "paragonabili" al nostro Sud, ad esempio aree di paesi dell’est e certe regioni balcaniche occupate da mafie e amministrazioni vischiose, ma hanno un grosso vantaggio sul nostro Sud: sono almeno in grado di attirare investimenti rilevanti grazie al bassissimo costo del lavoro e alla legislazione flessibile. E sono in via di sviluppo rapido. Se il Sud fosse una "nazione" indipendente, diciamo come la Romania, avrebbe un appeal ben superiore, per il livello educativo, la realtà sociale, la posizione geografica di ponte verso i paesi mediterranei. E invece si scopre che i costi di produzione in Sicilia sono più alti che a Torino! Perché mai gli investitori dovrebbero correre i rischi propri dell’area senza averne vantaggi? Gli incentivi hanno dimostrato di non funzionare, perché non liberalizzare il mercato del lavoro?

  15. Boris

    Senza scomodare il Belgio e rendere universali le sue insanabili beghe di quartiere, mi piacerebbe invertire l’analisi. É più facile aumentare la crescita europea migliorando le condizioni nelle regioni di convergenza (con un PIL inferiore al 75% della media europea) che in quelle di competitività, già vicine alla soglia tecnologica. Questo sta accadendo in diverse regioni europee, ma non a quelle del Sud italiano, che sono sclerotizzate nella loro situazione. Per i noti motivi. La criminalità organizzata si mantiene vivace e ciò accade perchè manca la volontà politica di dare continuità alla lotta alle mafie. "Volere è potere" funziona ancora. Inoltre temo che quando si parla di federalismo, si confonda il mezzo con l’obiettivo. Cambiare forma di amministrarsi in sé non ha alcuna connotazione. Prima di passare al federalismo e ai suoi costi su cui molti sorvolano, sarebbe il caso di – per esempio – formare gli amministratori locali, introdurre l’uso massiccio di nuove tecnologie nella pubblica amministrazione e stabilizzare a medio termine i conti pubblici a partire dal saldo primario, e anche così ci sarebbe comunque bisogno di una "Bad Italy/Bad Company" a cui accollare le rogne.

  16. Tommaso

    Invocare l’Europa dall’Italia del sud è un esercizio quasi contorsionistico. Per motivi storici e geografici, il Sud si risolleverà quando guarderà di più al Mediterraneo, cioè al Nord Africa, ai Balcani e alla Grecia. E, poi, anche all’Italia del nord.

  17. Xorxi

    L’italia del sud è nelle mani delle mafie che controllano tutta l’economia. Niente può essere fatto al sud se non passando attraverso l’autorizzazione ("protezione") di una qualche mafia. Il controllo dell’economia garantisce un’ enorme influenza sui cittadini che sono indotti, attraverso la capillare rete di controllo della mafia, a votare i politici scelti dalla mafia. Così i politici eletti con il contributo sostanziale della mafia sono tenuti ad operare per la mafia e quindi a garantire che da Roma arrivino continuamente finanziamenti enormi alla pubblica amministrazione meridionale, controllata dalla mafia, garantendo e perpetuando il suo potere. Con un circolo vizioso di questo tipo non esiste nessuna possibilità che l’Italia si sollevi. Lo Stato Italiano e i cittadini del Nord verranno spremuti dalla mafia fino all’ultima goccia di sangue. Per debellare la mafia al Sud occorre togliere la linfa che la alimenta. E questa linfa sono i finanziamenti pubblici. Ma finché nel parlamento di Roma siedono parlamentari che rispondono agli ordini della mafia, nulla cambierà! Solo il fallimento dello Stato o la seccessione delle regioni del Nord possono salvare l’Italia!

  18. Condello Giuseppe

    Il problema mezzogiorno e’ stato ben evidenziato nell’analisi e certamente implica anche diversi ragionamenti. Una proposta seria pero’ sarebbe quella di costituire "una rete dei confronti possibili su europa-federalismo-mezzogiorno-unita’ e coesione nazionale". Purtroppo la societa’ civile non e’ investita su queste tematiche e tutto rimane per gli addetti ai lavori. Ad esempio: quanti giovani italiani guardano in effetti a un processo di sviluppo nazionale e non solo regionale avendo fiducia nell’Europa?

  19. Lettore

    Per lo sviluppo del Mezzogiorno occorrerebbe uno sforzo immane di carattere civico (educazione nelle scuole), legale (rinforzo della Magistratura), economico togliendo ogni tipo di sussidi, trasferimenti,ecc…e sviluppando autonomamente l’economia locale, il problema è che la classe dirigente/politica italiana in questo momento e credo nel medio periodo non è in grado di risolverlo. Ho 35 anni e sinceramente quando andro’ in pensione credo che ci saranno gli stessi problemi. Penso che per molti nel sud di “problemi” non ce ne siano e se ci sono “si risolveranno…”, il “popolo” non è in grado di eleggere dei rappresentanti adeguati. Grazie

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