Il merito iniziale del ministro per la Pubblica amministrazione e linnovazione è stato quello di riportare in cima allagenda istituzionale limpegno per la riforma amministrativa. Il programma viene formalizzato in un piano strategico nel maggio 2008 – il piano industriale per la Pa – che individua i seguenti obiettivi: riconoscimento del merito, trasparenza, rafforzamento delle funzioni del management pubblico, customer satisfaction, innovazione tecnologica. Sempre nei primi mesi di governo, nellestate 2008, si adottano le misure di contrasto dellassenteismo e per la trasparenza. Sullassenteismo si registra uneffettiva diminuzione del fenomeno (di entità rilevante, anche se i numeri forniti dal ministro provenivano da una autoselezione degli enti più virtuosi). Tuttavia, sulla trasparenza totale si avvertono i primi segnali di cedimento alle resistenze: la norma per la trasparenza della dirigenza pubblica viene inserita nella prima manovra economica del governo, ma in sede di conversione del decreto legge la disposizione scompare. È linizio di un progressivo isolamento dellazione di riforma amministrativa, cui viene a mancare il necessario forte sostegno dello stesso presidente del Consiglio per superare le prevedibili e diffuse resistenze. L’isolamento dellazione di riforma, rimessa alle sole forze del ministro, la espone al rischio di ridursi a un cambiamento più annunciato che realizzato.
Non si tratta di un rischio potenziale, ma di battute darresto sostanziali: si pensi alliter parlamentare della legge delega (n. 15 del 2009) e del decreto legislativo (n. 150 del 2009) che escludono dallapplicazione della riforma la presidenza del Consiglio dei ministri. È il sintomo preoccupante dellincapacità del titolare della Funzione pubblica di imporre la riforma nella stessa amministrazione in cui opera. Oppure alla portata del tutto insufficiente della cosiddetta class action contro le pubbliche amministrazioni e i concessionari pubblici, troppo debole nei meccanismi di tutela degli utenti e inutilmente complicata nelle modalità di attuazione. E ancora allevidente ostruzionismo che il ministero dellEconomia e delle finanze esercita sullattività della Commissione per la valutazione istituita dalla riforma: sono ancora oggi fermi sul tavolo del ministro i decreti che sbloccano il funzionamento dellautorità indipendente per la trasparenza e la valutazione, istituita dalla legge n. 15/2009, a sei mesi dallapprovazione dei suoi cinque membri da parte del Parlamento con la maggioranza qualificata dei due terzi.
Va inoltre tenuto in considerazione un piano parallelo di eventi che si pone in forte contraddizione con gli obiettivi di trasparenza e performance che la riforma vuole perseguire: è la questione delle gestioni emergenziali collegate alle vicende, anche giudiziarie, della Protezione civile. Lo scandalo sugli appalti mette in luce non solo lopacità dellazione amministrativa, sottratta alle regole dellevidenza pubblica, ma anche come le gestioni derogatorie non garantiscano neppure lobiettivo di migliori performance. Meno trasparenza e meno efficienza allo stesso tempo. Attraverso uno schema di deroghe che si è progressivamente ampliato passando dalla gestione delle emergenze, a quella dei grandi eventi, fino alla gestione di eventi che (seppure formalmente definiti grandi) appartengono al novero della programmazione e gestione ordinarie.
Per queste ragioni il primo biennio di governo dellamministrazione lascia ancora in larga parte frustrate le aspettative iniziali ampiamente condivise ‑ di un impegno tenace nellinnovazione del settore pubblico: la strumentazione per la misurazione della perfomance, il premio del merito, la trasparenza totale, la partecipazione degli utenti alla valutazione rischiano di rimanere sulla carta, senza tramutarsi in pratiche diffuse nelle organizzazioni. Il rischio è che lo stallo si traduca in un insuccesso che pregiudichi anche i futuri sforzi di cambiamento e che contribuisca ad alimentare la percezione di un settore pubblico strutturalmente inadeguato e irriformabile. Sacrificando, oltretutto, unanalisi più veritiera che dovrebbe far emergere le grandi differenze tra contesti e territori, e spingere a formulare iniziative e proposte differenziate, coerentemente con il quadro di federalismo amministrativo nel quale si muove il paese.
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Andrea Torricelli
C’è da temere che le insufficienze nel cammino verso una maggiore trasparenza amministrativa non siano solo difficoltà dovute a resistenze o ad ostacoli tecnici, ma si accompagnino ad una silenziosa inversione di valori con abbandono della trasparenza e sua sostituzione da parte di comunicazioni pubbliche consolatorie o illusorie. Un esempio quasi incredibile viene dalla ristrutturazione del sito del comune di Milano. Mentre si stava affermando la prassi di quasi tutti i comuni di rendere accessibili le delibere e anche le principali determinazioni dirigenziali, il nuovo sito milanese abbandona la precedente impostazione trasparente ed ora non lascia più conoscere neppure la lista completa dei regolamenti. Chi cerca un atto viene rimbalzato al procedimento formale di accesso sotto la sezione dal titolo (a quel punto irridente): "ho bisogno di .." Ma come indicare atti che non si conoscono? Ho fatto una verifica diretta e anche l’ufficio interessato ha confermato: la linea è di vagliare le richieste di conoscenza degli atti. Una riflessione aggiuntiva: forse l’accesso agli atti è poco praticato dall’informazione, altrimenti se ne sarebbero accorti. Meno male che c’è lavoce!
carmelo lo piccolo
Condivido pienamente il contenuto dell’articolo. Il rischio reale che la cosiddetta "Riforma Brunetta" sia un rimedio peggiore del male da curare è testimoniato, come correttamente rilevato da "lavoce.info" dal sostanziale depotenziamento e svuotamento delle principali norme che imponevano la trasparenza ed il controllo da parte degli utenti dell’azione amministrativa ("customer satisfaction", "azione collettiva contro la P.a.", pubblicità e piena accessibilità dei siti internet, costruzione di un sistema di valutazione delle prestazioni individuali e di struttura). Malgrado le propagandistiche e fuorvianti affermazioni del ministro Brunetta, gli strumenti da lui individuati e contenuti nella L.15/2009 e nel relativo decreto legislativo di attuazione 150/2009 scontano una sterile e demagogica volontà punitiva nei confronti del Pubblico Impiego, e soprattutto eludono il vero problema della Pubblica Amministrazione, e cioè il livello culturale e manageriale della dirigenza pubblica, senza affrontare il quale non è possibile nessuna vera riforma.