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SERVE DAVVERO UN MINISTERO DELLA GIOVENTÙ?

Il discorso del Presidente Napolitano e i dati recenti sul tasso di disoccupazione giovanile confermano ulteriormente, se ve ne fosse bisogno, che la condizione delle nuove generazioni italiane è diventata insostenibile. Era drammatica prima della crisi ed è ora ancor più peggiorata. Quasi nessun paese in Europa presenta tassi di occupazione dei giovani laureati under 30 più bassi dei nostri. Si potrà dar la colpa alle vecchie generazioni e alle loro scelte sbagliate, ma un’ulteriore riflessione va fatta. Gli ultimi due governi, Prodi e Berlusconi, hanno previsto un apposito ministero per le Politiche giovanili, guidato da persone anagraficamente molto prossime alle nuove generazioni. Ci si poteva aspettare scelte coraggiose, forti, di discontinuità rispetto al passato. L’inizio di una stagione nuova, in grado di smantellare strutturalmente gli squilibri generazionali del nostro paese.
Ed invece nulla di nuovo sotto il sole. Tanta buona volontà sorretta da interventi occasionali e di impatto limitato. Poca cosa di fronte al drammatico degrado delle opportunità dei giovani, che si esplicita non solo negli alti tassi di disoccupazione, nella crescita di giovani immobili e sempre più dipendenti dai genitori, ma anche nel crescente abbandono del nostro paese. Non solo cervelli in fuga ma giovani in cerca di un ambiente più favorevole e equo.
In questa situazione, va riconosciuto che un dicastero per le politiche giovanili serve davvero a poco e può anzi essere controproducente. Non solo ha poche risorse ma rinforza anche il malinteso che i giovani siano una riserva indiana da tutelare. Mentre invece le riforme che servono alle nuove generazioni sono esattamente le stesse necessarie per lo sviluppo del paese, che lo rendono più dinamico e competitivo. Meglio allora abolire tale ministero, mentre molto più utile sarebbe istituire una sorta di “autorità garante” indipendente, che possa valutare e dare pareri vincolanti sull’impatto che le scelte pubbliche hanno sulle nuove generazioni.

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SALARI E OCCUPAZIONE, LE CONSEGUENZE DI MIRAFIORI

  1. Marcello

    Non è affatto un malinteso: è esattamente il modo in cui gli italiani, e conseguentemente il loro governo, vedono i "giovani". Gli italiani sono terrorizzati dal futuro e vorrebbero ritirarsi dalla Storia. La discendenza è infatti considerata un bene di lusso e come tale trattata.

  2. Anna Herrmann

    Mai per i giovani la situazione è stata così brutta ed in continuo peggioramento. La ricerca del lavoro è un dramma che può condurre alla depressione e alla mancanza totale di autostima : un curriculum inviato non riceve in generale neanche una risposta e i centri per l’impiego non servono a nulla e andrebbero chiusi tutti e l’abbondante e inutile personale licenziato, permettendo così un sensibile risparmio di risorse. Non c’è possibilità di avere indennità di disoccupazione. Non vengono fatte attività di formazione se non per casi particolarissimi e scarsi. La scuola e l’università sono state massacrate e la cultura viene trascurata perchè non si mangia. Il ministro Sacconi ha detto che ci si deve accontentare di qualunque lavoro, anche trascurando le proprie competenze, così i giovani più bravi se ne vanno all’estero e quasi sempre se la cavano egregiamente e anche brillantemente. Un bel bilancio davvero per quella petulante presuntuosa della ministra Meloni. Sopprimiamo il ministero!

  3. aris blasetti

    Perfettamente d’accordo con l’inutilità del ministero per la gioventù inventato dall’attuale governo di destra ma cosa dire degli innumerevoli assessori alla Pace sparsi per i vari comuni d’Italia (quasi sempre inventati dalla sinistra- vedere per credere la passata amministrazione di Cesano Boscone) o altre amenità come i "Comuni Denuclearizzati". Alla stupidità umana non c’e’ limite di qualunque colore.

  4. Alessandro

    Un ministero della Gioventù che affronti in collaborazione con gli altri ministeri, con serietà il problema giovanile potrebbe prendere decisioni importanti trasformandolo da "controproducente" a forma di vanto per qualsiasi governo. Ad esempio perché non esentare dagli oneri fiscali imprenditori under 30 per un periodo limitato? Oltre ai vantaggi per l’azienda,non ci sarebbero costi che andrebbero ad incidere sulla spesa pubblica tramite trasferimenti a fondi perduti o altro. Oppure il recupero dell’evasione fiscale da destinare alla diminuzione percentuale del cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti under 30: questo permetterebbe un aumento del salario per un fascia di lavoratori solitamente svantaggiati e a una diminuzione del costo del lavoro. Ipotesi discutibili,provocazioni…ma neanche più di tanto le mie! Oltre a risolvere problematiche decennali che andrebbero a minare il futuro della nostra società, è certo che intraprendere politiche decisionistiche a favore del mondo giovanile, permetterebbe al partito in carica di avere un forte appeal sui giovani stessi.

  5. Riccardo Grassi

    In Italia il ministero della gioventù è nato assai in ritardo rispetto agli altri paesi europei e la sua istituzione sotto il governo Prodi è stata accolta come un segno di innovazione e adeguamento all’Europa. Il problema non riguarda però tanto la presenza di un ministero, quanto la definizione di una seria politica giovanile sia a livello nazionale che locale. In cosa dovrebbero consistere le politiche giovanili? Sulla spinta delle indicazioni europee (si pensi alla carta europea della gioventù) le politiche giovanili oggi riguardano principalmente i processi che favoriscono la partecipazione attiva delle nuove generazioni alla vita sociale della comunità. Questo in nome del fatto di riconoscere che i giovani sono una risorsa, in quanto portatori di competenze, abilità e innovazione. Non mi sembra che questo sia il sentimento diffuso in un paese che investe poco nei giovani a tutti i livelli. Troppo facile scaricare le colpe sulla politica. Quando si sarà capito che puntare sui giovani (nel lavoro, nel volontariato, nella politica, nello sport…) è una scelta vincente per tutti, allora non avremo più bisogno del ministero della gioventù e saremo diventati un paese migliore

  6. Laura Benigni

    Per competere in una graduatoria di inutilità, potremmo immaginare ministeri per i Giovani anziani (65-75), Grandi anziani (75-over) e per Anziani in rottamazione. Effettivamente, in un quadro generale in cui l’infanzia non interessa, sulla formazione bisogna risparmiare e l’ambiente è un non-problema, ministeri come quello della Gioventù, ma anche Turismo e Pari opportunità potrebbero essere catalogati come "ministeri boutique" e come tali importanti come sportelli in un centro commerciale, ma meno rappresentativi dal punto di vista della politica e della economia. Per una perversione del presente, sembra diffondersi la consapevolezza che bisogna aiutare i giovani ad essere giovani, mentre l’affrontare i nuovi e differenziati modi di essere vecchi non necessita di alcuna riflessione. Manca certamente una riflessione critica sia sugli informagiovani che sulle politiche giovanili.

  7. Chiara Fabbri

    Chi dovrebbe nominare quest’autorità? Che poteri avrebbe? con che risorse dovrebbe essere finanziata? Ma soprattutto, da chi dovrebbe essere indipendente? Dal governo? Dai vecchi? Apparati nuovi non producono politiche nuove ma solo nuove spese e nuovi titoli di giornale, che sono sempre utili. Vi siete mai chiesti perchè quando si propone un’autorità indipendente non c’è mai nessuno che sia contrario? Forse perchè l’impatto di queste strutture è nullo sulle problematiche che sono chiamate ad affrontare, ma sono tante belle nuove poltrone da spartire, assunzioni clientelari da effettuare, etc. La risposta vera sono le politiche, che possono e debbono essere fatte dal governo eletto che ne deve rispondere nel successo, o, come più spesso piuttosto accade, nell’insuccesso.

  8. Andrej

    Ha un senso che un giovane oggi paghi i contributi per la pensione? Gli verranno mai in qualche modo restituiti?

  9. Lorenzo de Rossi

    Credo che la discriminazione sia trasversale: anche gli anziani, i cinquantenni e i 30-40enni hanno le loro rogne. In Gran Bretagna c’è una legge contro la discriminazione per età. In Italia non esiste nemmeno la parola, non si dibatte di agism nemmeno nei corsi opzionali di sociologia. Una statistica della Cgil (cito a memoria) diceva che il 64% delle famiglie di anziani vedono meno di mille euro al mese. Tutti, giovani e vecchi, sono "bastonati" da uno stile amministrativo che è intenzionalmente miope, da una immoralità istituzionalizzata che permette l’accumulo delle cariche e favorisce il conflitto di interessi, ma anche -mi pare- dalla difesa di cittadelle di privilegio operaistico non contro "i padroni", ma semplicemente contro le nuove generazioni (vedi Unità di oggi, pg. 17)…

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