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SALARI E OCCUPAZIONE, LE CONSEGUENZE DI MIRAFIORI

Il dibattito sul piano Fiat si è finora concentrato sugli aspetti di democrazia sindacale e ha ignorato gli effetti macroeconomici. Cosa accadrebbe a occupazione e salario reale se l’accordo venisse esteso all’intero sistema di relazioni industriali dell’economia? Bisogna distinguere tra un prima e un dopo gli investimenti. Nel breve termine, il salario reale tenderà a ridursi e l’occupazione ad aumentare. Nel medio periodo, una volta effettuati gli investimenti, anche i salari dovrebbero aumentare insieme all’occupazione.

 

Nei prossimi giorni i lavoratori di Mirafiori saranno chiamati ad approvare o a rifiutare con un referendum il nuovo contratto di lavoro siglato da Fiat e da varie rappresentanze sindacali, ma respinto dalla Fiom. Il dibattito sullo scambio tra  nuovo contratto di lavoro e nuovi investimenti si è per lo più concentrato sugli aspetti di democrazia sindacale. Un sistema di relazioni industriali di buon senso vorrebbe che a negoziare i contratti fossero rappresentanti eletti dai lavoratori, e non che la firma di un contratto, da parte di sindacati non si sa quanto rappresentativi in azienda, conferisse loro la rappresentanza dei lavoratori a cui si applica il contratto.
Sull’argomento ha scritto in maniera convincente Tito Boeri sulla Repubblica del29 dicembre . In breve, le preoccupazioni dell’azienda torinese si possono spiegare con quello che gli economisti chiamano il problema di hold up nelle negoziazioni. Prima di aver effettuato gli investimenti, il potere negoziale della Fiat è molto alto, perché può credibilmente minacciare di trasferire la produzione all’estero se le sue richieste non sono accolte; ma dopo aver realizzato gli investimenti, la minaccia non è più credibile perché andarsene sarebbe troppo costoso. Dunque, la posizione negoziale della Fiat diventa molto debole, ed è di qui che nasce l’esigenza di cautelarsi rispetto a chi rappresenterà i lavoratori una volta effettuati gli investimenti.

CONSEGUENZE MACROECONOMICHE

Il dibattito ha però in larga misura ignorato le conseguenze economiche del piano Fiat. Cosa accadrebbe a occupazione e salario reale se il piano venisse esteso all’intero sistema di relazioni industriali dell’economia? La risposta è che, anche in questo caso, si deve distinguere tra un prima e un dopo (gli investimenti). Nel breve termine, il salario reale tenderà a ridursi e l’occupazione ad aumentare. Nel medio periodo, una volta effettuati gli investimenti, anche i salari dovrebbero aumentare insieme all’occupazione.
Vediamo perché. Innanzitutto, occorre definire cosa si debba intendere per “contratto Fiat” e anche quale schema di riferimento teorico vogliamo adottare, in questo caso modello di salari efficienza di Shapiro e Stiglitz. (1)
Per “contratto Fiat” intendo questo: inizialmente, l’impresa introduce un meccanismo di disciplina che riduce le pause di lavoro e prevede controlli più severi per congedi, malattie e assenze. In un secondo tempo, l’impresa effettua investimenti produttivi che aumentano la produttività del lavoro. Il primo effetto del nuovo contratto è di rendere più facile scovare il lavoratore assenteista, per il quale il rischio del licenziamento aumenta: dunque è sufficiente un salario più basso per convincere i lavoratori a essere produttivi senza rischiare il licenziamento. Risultato: si indebolisce la posizione contrattuale dei lavoratori e il salario reale si riduce. Ciò rende più conveniente all’impresa assumere nuovi lavoratori. Dunque nel breve periodo, l’occupazione cresce e i salari reali calano.
In un secondo tempo, gli investimenti della Fiat accrescono la produttività del lavoro, permettendo all’impresa di pagare un salario maggiore a parità di occupati. La domanda di lavoro da parte dell’impresa aumenta: questo effetto produce una ulteriore crescita dell’occupazione e porta ora anche a un aumento del salario reale.
Conclusione: è ragionevole pensare che il nuovo contratto comporterà un aumento dell’occupazione, sia nel breve che nel medio termine, mentre la riduzione del salario reale, dovuta al peggioramento della posizione contrattuale dei lavoratori, sarà transitoria e tenderà a essere riassorbita quando verranno effettuati i nuovi investimenti.

APPENDICE

Il modello di Shapiro e Stiglitz (1984) ben si presta a rispondere alla nostra domanda. Il modello, illustrato nel grafico sottostante, consiste in due curve. La curva inclinata negativamente (Ld) rappresenta la domanda di lavoro delle imprese, e mette in relazione il numero di lavoratori assunti (NL, sulle ascisse) e il salario reale (w, sulle ordinate): tanto più il salario è alto, tanto meno lavoratori le imprese desiderano impiegare. La seconda curva (NSC, No Shirking Condition), inclinata positivamente, descrive la condizione che induce i lavoratori a impegnarsi sul lavoro, aumentandone la produttività, piuttosto che cercare di “imboscarsi”. Se l’occupazione è bassa (e la disoccupazione alta) sarà difficile trovare lavoro se si viene licenziati, e dunque basterà un salario relativamente basso a convincere il lavoratore a essere produttivo. Al contrario, se l’occupazione è elevata, lo spauracchio del licenziamento funziona meno, perché sarà comunque facile trovare un lavoro alternativo: sarà allora necessario un salario più elevato per convincere il lavoratore a impegnarsi sul lavoro. Per tali ragioni la curva NSC è inclinata positivamente.

Nel modello, il salario e l’occupazione vengono determinati quando entrambe le due relazioni sono contemporaneamente soddisfatte, nel punto di intersezione Q. Il primo effetto del nuovo contratto è di rendere più facile scovare il lavoratore assenteista, per il quale il rischio del licenziamento aumenta: dunque è sufficiente un salario più basso per convincere i lavoratori ad essere produttivi senza rischiare il licenziamento: la curva NSC si sposta verso il basso. Risultato: si indebolisce la posizione contrattuale dei lavoratori e il salario reale si riduce. Ciò rende più conveniente all’impresa assumere nuovi lavoratori. Dunque, l’occupazione cresce e i salari reali si riducono. In un secondo tempo, gli investimenti della Fiat rendono più produttivo il lavoro, permettendo all’impresa di pagare un salario maggiore a parità di occupati: la domanda di lavoro aumenta, la curva Ld si sposta verso l’alto. Questo effetto produce un nuovo aumento dell’occupazione e porta ora anche a un aumento del salario.

(1) C. Shapiro, J. Stiglitz, “Equilibrium Unemployment as a Worker Discipline Device”, American Economic Review, 1984.

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48 commenti

  1. Andrea

    Affermare che una maggiore produttività “permetterebbe” alla Fiat di aumentare gli stipendi posso anche passarla , ma è da verificare che ciò poi avvenga. Infatti è da prendere in considerazione l’ ipotesi che tutti i vantaggi della produttività vengano spartiti fra amministratori delegati &C, lasciando alla legge della domanda e dell’ offerta il compito di stabilire i salari la quale ,in questo periodo, recita così: “Alta disoccupazione (+12%)? Allora ti assumo come precario a 650-850€ /al mese altrimeni stai a casa” .In seguito, quando la classe operaia/media non potrà più permettersi di comprare automobili, e con una economia che si basa sui consumi per il settanta percento del PIL, si trarranno le conclusioni.

  2. Alessandro Colizzi

    Il discorso sembra filare. Segnalo tuttavia due intoppi, non trascurabili: il condizionale della seconda parte del sillogismo (i salari dovrebbero crescere nel medio periodo) e il mistero del famoso piano di investimenti Fiat, di cui nessuno sa nulla. Allora, parliamo di sesso degli angeli? Uscite dalla torre d’avorio, accademici.

    • La redazione

      Il condizionale si spiega proprio con l’incertezza sull’entità degli investimenti: l’effetto su salari e occupazioni dipenderà dall’entità di questi (che noi che abitiamo nella torre d’avorio non conosciamo..).

  3. Kinga

    Difficile vedere tradotto in maggiori salari quello che sarà il maggior risparmio conseguito dal nuovo contratto. L’attuale mercato del lavoro (alta disoccupazione e scarsa mobilità territoriale) non sono le giuste premesse per ipotizzare un mercato del lavoro elastico. Anzi, queste sono le giuste premesse per assicurare all’azienda un risparmio certo da “girare” agli altri stakeholders (banche, azionisti,etc). Questa situazione mi ricorda tanto i contratti di solidarietà attuati in Telecom Italia a partire dal 2010 a fronte dei quali l’AD ha comunicato un aumento dei dividendi.

    • La redazione

      Concordo con lei che il mercato del lavoro non sia competitivo e che questo possa tradursi in uno scardo aumento dei salari reali.

  4. Gianni V.

    Secondo questo articolo, all’abbassamento del salario reale dovrebbero in automatico seguire più investimenti, dopodichè aumenterebbe la produttività e finalmente i salari reali aumenterebbero nuovamente. Una domanda: dato che è 15-20 anni che il nostro salario reale diminuisce, perchè tutto il resto non si è verificato ed a perderci siamo sempre noi lavoratori?

    • La redazione

      Per tante ragioni, tra le quali quella che la produttività cresce ancora più lentamente dei salari.

  5. Andrea

    1) Dove sta scritto che se aumenta la produttività dei lavoratori, la Fiat ne assume di nuovi? Non è possibile che aumentando la produttività dei lavoratori aumenti solamente il profitto dell’azienda?
    2) I passaggi che spiegano la ratio del grafico hanno alcuni salti logici non perfettamente chiari: “il primo effetto del nuovo contratto è di rendere più facile scovare il lavoratore assenteista, per il quale il rischio del licenziamento aumenta: dunque è sufficiente un salario più basso per convincere i lavoratori ad essere produttivi senza rischiare il licenziamento: la curva NSC si sposta verso il basso”. Ma a me sembra che la curva che scende sia la Ld e non la NSC (situazione preinvestimento?). Inoltre: “in un secondo tempo, gli investimenti della Fiat rendono più produttivo il lavoro, permettendo all’impresa di pagare un salario maggiore a parità di occupati: la domanda di lavoro aumenta, la curva Ld si sposta verso l’alto”. Ma a me pare che la curva che sale sia la NSC (modello postinvestimento?). Probabilmente ho compreso male, se così fosse me ne scuso.

    • La redazione

      1) Sta scritto nella teoria microeconomica dell’impresa, che dice che in un mercato competitivo in cui l’impresa cerca di massimizzare i profitti, la scelta dei fattori di produzione con cui produrre una certa quantità dipende dal loro prezzo relativo e dalla loro produttività. Se il lavoro costa meno e diventa più produttivo conviene assumere più lavoratori.
      2) La spiegazione si trova nell’articolo citato di Shapiro e Stiglitz

  6. Carlo Caleffi

    La VW ha appena fatto il record storico di 4.5 milioni di auto prodotte e vendute. E noi in Fiat con una gamma vecchia e obsoleta arranchiamo e ci troviamo a fare un finto referendum per stendere un velo pietoso sulla realtà. Vuole portare tutto in Canada? Se non e´ uno sprovveduto dovrebbe ricordarsi che il mercato di riferimento e´ ancora l´Italia e allora chi le comprerebbe più? A mio avviso Marchionne da buon residente svizzero sta facendo solo il cavallo di Troia per cedere tutto agli yankee. Ma il piano industriale di Aprile 2010 e´ gia a gambe all´aria.

    • La redazione

      Non so quali siano le motivazioni di Marchionne. Cerco solamente di valutare l’effetto su salari e occupazione del nuovo contratto.

  7. Marta Bruschi

    Mi chiedo, ma non è che tra pochi anni saremo di nuovo lì a domandarci se è il caso di chiudere la produzione in Italia? Chi si comprerà tutti questi suv e tutte queste Panda? Per non parlare del fatto che mi chiedo strategicamente quanto sia sensato pensare oggi ad un grande investimento in auto costose, ingombranti, inquinanti: ne abbiamo davvero bisogno? Ne abbiamo lo spazio? Inoltre ricordo un articolo di Tito Boeri in cui spiegava che il profitto di Fiat in Brasile si basa prevalentemente su due fattori: in Brasile 1 persona su 6 possiede un auto, mentre in Europa una ogni 1,5 circa e la Fiat in Brasile ha un enorme potere di mercato perchè è stata la prima grande azienda automobilistica ad insediarsi. Il vantaggio della Serbia sembrano essere, innanzitutto, i finanziamenti che lo Stato darebbe all’azienda. Dubito che tutto il problema si risolva limitando un poco la durata della pausa di lavoro degli operai e il loro potere contrattuale. Mi sembra che si stia rosicando un pezzettino di diritti ad alcuni lavoratori, ma nulla di buono torni in cambio alla società tutta .

    • La redazione

      Concordo con lei che l’impatto del nuovo contratto su occupazione e salari, pur andando nella direzione suggerita, potrebbe alla fine non essere molto ampia.

  8. Carlo C.

    Per quanto riguarda la rappresentanza sindacale sono d’ accordo ma, a mio avviso, gli effetti macroeconomici evidenziati non considerano affatto una possibile insufficiente elasticità della curva di domanda e di offerta di lavoro rispetto al salario reale (specialmente in una crisi economica caratterizzata da incertezza e insufficienza della domanda) e – pur rimanendo nell’ ipotesi di un’effettiva elasticità dell’ occupazione rispetto ai salari, non vengono analizzati neanche gli effetti di una possibile riduzione dei prezzi a seguito della diminuzione dei salari monetari (quelli che vengono contrattati), mantenendo di fatto invariato il salario reale. Non è stata sufficientemente considerata, poi, una possibile deficienza della domanda (in seguito alla riduzione dei salari) sulla produzione, la quale potrebbe innestare un ulteriore meccanismo deflattivo su salari e prezzi laddove essa rimanga invariata o ne diminuisca il tasso di crescita. Inviterei, inoltre, a citare anche i modelli dei salari d’ efficienza.

    • La redazione

      L’articolo si basa proprio sulla teoria dei salari efficienza. I salari cadrebbero molto di più se la Fiat decidesse di de localizzare gli impianti.

  9. Davide Ottini

    L’analisi offerta dall’autore mi pare sostanzialmente troppo teorica ed ottimistica. In realtà le conseguenze dell’accordo saranno tutt’altro che positive. In sintesi: non c’è nessuna certezza che gli utili dell’azienda verranno re-investiti nella produzione, chi ci dice che quei soldi non saranno oggetto di ben più comode iniziative di speculazione finanziaria? Nessuno. Si ammette con troppa nonchalance che in una prima fase i salari reali si ridurranno: ma questa non è una cosa da poco perchè nella vita reale si traduce in un grave nocumento per l’esistenza quotidiana di tante famiglie italiane. E poi dopo quanto tempo si dovrebbe realizzare la teorizzate crescita del reddito? Nessuna certezza al riguardo. Ed anche in riferimento alla supposta crescita occupazionale, chi ci dice che questa non sia costruita attraverso il ricorso massiccio ai contratti precari? Troppi punti oscuri a fronte di una evidente contrazione di diritti e tutele. Diverso sarebbe stato se Marchionne avesse proposto ai lavoratori di entrare nella gestione e nella divisione degli utili aziendali (come ha fatto in USA per Chrysler). Ma poichè così non è stato, per me l’accordo è inaccettabile.

    • La redazione

      La sua opinione è perfettamente legittima. Nel mio articolo ho cercato di usare gli strumenti della teoria economica. Altri strumenti sono possibili.

  10. Elena

    Sono daccordo con gli scettici e non credo nell’applicabilità dei modelli teorici alla realtà per la totale discrepanza tra la teoria e la complessità della realtà. Aggiungo che, oltre a avere seri dubbi sul fatto che l’aumento della produzione implichi aumento del salario piuttosto che non dei dividendi, non è affatto dimostrabile che la produttività e il rendimento di un lavoratore aumentino “maltrattandolo”. Infatti mi sembra sostenibile il contrario e in molte aziende si segue questo concetto “Pavloviano” per cui funziona meglio il rinforzo positivo (il biscotto al cagnolino per capirci) di quello negativo. Quindi rende di più l’operaio motivato, tutelato, ben pagato e gratificato dal senso di appartenenza. Oltretutto al di là del rendimento, mi sembra anche una direzione più civile verso cui tendere: migliore qualità di vita, rinnovamento delle produzioni che nel caso dell’auto vorrebbe dire finalmente prendere in considerazione gli aspetti ecologici, eccetera.

    • La redazione

      Se non crede all’applicabilità dei modelli teorici perché legge lavoce.info (che ne piena)? Battute a parte, tutti i modelli si basano su ipotesi (che nell’articolo almeno sono esplicitate), che possono essere condivise o meno. L’articolo si basa su un modello che viene insegnato nella maggior parte dei corsi di economia del lavoro e macroecomia. Comunque sono d’accordo con lei che la produttività dipende anche dalla motivazione (questo effetto non c’è nell’analisi), e che se i lavoratori sono frustrati saranno difficilmente più produttivi.

  11. Bob

    Il risultato attuale della vicenda Fiat è l’epilogo degli ultimo 30 anni di follia. Ha ragione chi dice “a chi venderemo le Panda”. Non avere fatto una programmazione progettuale lungimirante porta oggi a quello che stiamo vedendo, cioè navigare a vista! Il grande sistema industriale non ha innovato, il sindacato invece di fare crescere professionalità ha difeso privilegi e posti inutili . Pensiamo ancora di fare la Panda e poi su questo forum ci domandiamo perchè la Germania cresce e si afferma. In Germania costruiscono Mercedes.

    • La redazione

      Anche io preferirei avere una Mercedes. Purtroppo, non me la posso permettere…

  12. Antonio Scalisi

    Cito: “In un secondo tempo, gli investimenti della Fiat accrescono la produttività del lavoro, permettendo all’impresa di pagare un salario maggiore a parità di occupati. La domanda di lavoro da parte dell’impresa aumenta”. Ma non è detto. Infatti gl investimenti posso essere sbagliati e non produrre effetti sui prodotti graditi dal mercato. E anche se li producessero non e’ detto che i maggiori proventi non vengano destinati a remunerare management e azionisti invece dei dipendenti.

    • La redazione

      Secondo la teoria economica standard dell’impresa, quando si accresce il capitale impiegato, il lavoro tende ad essere maggiormente produttivo, il che, se l’obiettivo è massimizzare il profitto, rende più conveniente all’impresa assumere più lavoratori.

  13. Giovanni

    Ma se risultasse vero che la capacità produttiva del settore auto è del 50% superiore alle necessità, non credo che -a parità di condizioni- la fiat possa esser interessata ad assumere più lavoratori per aumentarla…

    • La redazione

      La domanda di lavoro dell’impresa dipende sia dalla domanda di auto che dal costo del lavoro per unita prodotta rispetto agli altri fattori produttivi (v risposta precedente)

  14. matteo

    Sinceramente mi sembra che l’analisi troppo ottimista non colga una elementare verità: è inutile ridurre i costi (obiettivo cui punta l’accordo) se poi le auto prodotte non vengono vendute. Non dimentichiamo che senza andare troppo indietro nel tempo negli ultimi anni la Fita è stata obbligata a tenere chiusi o sotto utilizzati gli impianti perchè produceva troppe vetture rispetto alla richiesta di mercato. Credete davvero che se le Fiat costeranno 2-300 euro in meno (perchè questo è il massimo guadagno che può derivare da un’ulteriore compressione dei costi di produzione) le vendite aumenteranno esponenzialmente? Ci rendiamo conto che l’ultimo modello Fiat che ha avuto successo è stato la Punto e che sono oltre 30 anni che il modello più venduto è la Panda, quello cioè su cui i margini di guadagno sono minimi?

    • La redazione

      Quello che sostengo è che a parità di domanda, gli effetti del contratto saranno inizialmente di ridurre salari reali ed accrecascere l’occupazione. Dopo gli investimenti dovrebbero aumentare entrambi

  15. bob

    fino nel 1960 la produzione auto in italia copriva le 3 fasce principali di mercato: Fiat – Alfa Romeo Lancia. In pratica fascia media-sportiva -lusso. La follia degli anni a venire e la sistematica distruzione del settore industriale di questo Paese (cancellati anche la chimica e l’elettronica) accompagnata da scelte politiche assurde (il ’69 -il ’70 fino al ’92 con Tangentopoli) hanno creato il deserto. Se ci riferiamo al mercato interno che è quello di riferimento, vediamo che la fascia di mercato che fu dell’Alfa è stato assorbito completamente dalla Bmw, quello della Lancia dalla Mercedes, quello della Fiat spartito da altri marchi minori. Oggi facciamo passare come un grande piano industriale l’ipotetica produzione della Panda. Di cosa parliamo, se non di barzellette! In pratica la soluzione dei problemi passa per un prodotto di un livello qualitativo che potenze come la Cina o l’ India già non producono più perchè avanti? Ma che essendo i mercati-auto del futuro non assorbirebbero mai, ne hanno di migliori in casa! Andrà bene per la "polizia locale" idea della futura "balla federalista".

  16. Francesco Bloise

    Questo articolo chiarisce benissimo il motivo per cui la maggior parte degli economisti attuali non indovinano mai una previsione… e il sistema economico globale scivola lentamente in una situazione deprimente. Ecco i punti critici (per essere buono) di tale articolo: 1. E la domanda?: Come si fa a dimenticare che i beni prodotti devono poi essere consumati? Se a livello aggregato si utilizzano queste politiche e il salario reale diminuisce diminuirà anche la propensione al consumo dell’intera economia. 2. Gli investimenti derivano dall’efficienza marginale del capitale: un imprenditore investe(a parità del tasso d’interesse) se si aspetta dei redditi futuri crescenti derivanti da migliori prospettive di vendità. Se le vendite Fiat sono in caduta e si tende a livello globale a tagliare il costo del lavoro a chi si venderanno le nuove automobili? 3. L’investimento in capitale altamente produttivo dipende anche dai costo relativo dei fattori produttivi: se il costo del lavoro viene abbassato (ed è già basso) e diviene ancora più conveniente per quale motivo l’impresa dovrebbe investire in capitale tecnologico? Tali dinamiche abbasseranno ulteriormente la produttività del lavoro.

  17. Francesco Burco

    … Sono il problema principale di chi vive nelle metropoli. Non più solo quando camminano, perchè grazie al traffico la velocità di circolazione media è quella di una bicicletta se va bene, ma ormai anche quando sono ferme poichè hanno divorato lo spazio dei marciapiedi e deturpato i nostri centri storici, oltre ad avere inquinato l’aria ed essere una delle principali cause di morte, soprattutto fra i più giovani. Purtroppo gli errori, che si riflettono ahimè in modo significativo sul debito pubblico, sono stati fatti per decenni quando i soldi pubblici affluivano alla famiglia Agnelli sotto le varie forme possibili, dagli incentivi alle svalutazioni competitive della moneta. Per non parlare del modello gomma-centrico di trasporto commerciale che abbiamo sviluppato per il nostro paese che tanti ritardi infrastrutturali oggi ci costa. La Fiat andava fatta fallire come il mercato aveva decretato; tenerla in vita ci è costato e costerà tanto, per avere fra qualche anno, mi lancio in una previsione, lo stesso risultato: la fiat non ha più di 10 anni di vita. L’unico aspetto positivo di questa triste vicenda è la rottura di un modello di relazioni industriali incartapecorito.

  18. Dunia Astrologo

    Capisco che questo modellino che cerca il punto di equilibrio tra salari e occupazione attraverso un meccanismo che considera il salario e la minaccia di disoccupazione come variabili neutre, abbia un suo certo fascino, ma mi chiedo come (sulla base di quale altro modello) si possa dare per scontata che futuri investimenti -diciamo, ad esempio, quelli di cui parla (senza ancora dare, al pubblico italiano, alcuna evidenza di ciò) il dr. Marchionne – che vengano fatti portino ad un aumento di salari più occupazione. Non è invece intrinseco alla logica dell’aumento di produttività (almeno secondo le parole dell’a.d. di Fiat) desiderato per gli stabilimenti italiani di Fiat, che aumenti di occupazione non ce ne saranno e gli aumenti di salario saranno minimi? O mi sbaglio? Dunia Astrologo

  19. francesco scacciati

    I modelli di matrice neo-classica (seppure mitigati da contributi à la Stiglitz) non sono gli unici esistenti al mondo. Anzi, direi che da un paio d’anni a questa parte hanno fornito sufficienti prove di essere sbagliati (io ne sono stato convinto da sempre). La domanda di fattori produttivi dipende molto più dalla domanda dei beni che essi concorrono a produrre che non dal loro prezzo. Dunque, nel caso Fiat, l’occupazione aumenterà non perché il lavoro costerà (un po’) meno ma solo se aumenterà la domanda di automobili. Ricorda la legge sulla rottamazione: poco dopo aver firmato un contratto che sanciva un aumento di 200 mila lire mensili (non poche all’epoca) la Fiat assunse 2000 nuovi lavoratori perché la legge stimolò un forte aumento della domanda di nuove auto. A livello macro, con salari reali calanti, è poco probabile che aumenti la domanda aggregata.

  20. Armando Pasquali

    Gli economisti negli ultimi anni hanno fatto gara a sbagliare previsioni. Negli anni ’90 Krugman scrisse un libello (Pop Internationalism) per sostenere che nessun lavoratore non qualificato dei paesi avanzati poteva venire danneggiato dal commercio transfrontaliero (andando contro la teoria che lui stesso insegnava…) salvo poi ammettere di essersi sbagliato. Un gruppo di economisti del Cepr, in un libello intitolato "Make sense of globalization", ha affermato a inizio secolo che tutto ciò che poi si è puntualmente verificato (aumento delle disuguaglianze, erosione degli standard di lavoro e ambientali) non sarebbe mai potuto accadere. Questo articolo è solo un esempio di questo modo di procedere che sembra voler andare scientemente incontro al fallimento. Come hanno sottolineato, inutilmente, molti altri interventi, l’Italia ha un problema di collocazione dei propri prodotti sui mercati internazionali. La voglia di lavorare c’entra poco o nulla. Pensare che il modello Marchionne sia la soluzione nell’attuale scenario di economia aperta è come pensare di curare l’Aids con un’aspirina.

  21. Stefano

    Ma come sono oggi i salari degli operai? In questi anni han perso potere d’acquisto o l’han guadagnato? Il fatto che ci sia una contrazione del salario e successivamente una ripresa non significa per forza che questa riesca a riequilibrare le perdite iniziali.

  22. Loris lugli

    Non si può applicare così pedissequamente un modello teorico a prescindere dalla realtà, che e’ fatta di politiche industriali, di strategie innovative, di relazioni industriali, ecc.

  23. michele

    Nel modello sembra tutto facile, ma ci sono troppe incognite che non vengono prese in considerazione e troppi comportamenti già previsti come quello dei consumatori che comprerebbero più auto fiat e non di altre marche. Non so se Stiglitz intendesse rappresentare questa situazione,che forse ha piu’ variabili di quanto non veda questo convinto economista.

  24. mauro musetti

    Parlare di questa vicenda , come già per quella di Pomigliano, è esercizio pieno di difficoltà: da una parte i lavoratori , dall’altra la Fiat. Non so se la Fiat voglia ricattare i lavoratori: so che probabilmente può fabbricare le sue auto altrove a costi sicuramente inferiori. E questo i lavoratori lo sanno e, come a Pomigliano, voteranno per l’accordo. Cosi’ come so che in un futuro non troppo lontano, lo stesso modello verra’ applicato anche in altre aziende italiane. E’ fin troppo chiaro che questa lotta tra poveri a livello mondiale comporterà un peggioramento delle condizioni di lavoro per tutti. Poi mi chiedo: ma al sistema paese, conviene ancora avere la Fiat? Abbiamo ancora bisogno di auto? Ma non converrebbe smettere di produrre auto in concorrenza con paesi con cui mai potremo competere a meno di sanguinose rinunce? Valorizziamo quello che gli altri non potranno mai avere: il nostro territorio e il nostro patrimonio artistico e culturale, e vendiamolo ai nuovi ricchi dei paesi emergenti. Una nuova opportunita’ per tutti. La politica si dia da fare per avviare e sostenere questo cambiamento.

  25. Giuseppe Cassalia

    Anche quest’articolo coglie una parte del problema. Così come altri contributi (vedi Boeri su Repubblica). La "semplice" verità è che Marchionne ha voluto affrontare il nocciolo del problema : "il governo della produttività". Non è un problema di costi: in Germania un lavoratore costa meno? No di certo, ma la produttività del suo lavoro è molto più alta. In Italia il solo aprire dibattiti per sciogliere il nodo della produttività è "tabù". Come tabù sono i temi che riguardano la "meritocrazia" e i "doveri". Il problema è culturale. Fin quando continueremo a focalizzarci solamente sui temi dell’assistenza, dei finanziamenti a fondo perduto, dei diritti (e non dei doveri) faremo felici politici di mestiere, sindacalisti di mestiere, giornalisti di mestiere, tuttologi di mestiere, ecc. [ Ho aggiunto "di mestiere" per separare chi con merito e alta dedizione (leggasi onestà intellettuale e non interesse personale) svolge invece il suo ruolo di politico, sindacalista, giornalista, ecc. ] P.S. Il problema della "domanda" di auto è un falso problema. Se il problema fosse solo la domanda di auto, FIAT non investirebbe nè a Mirafiori, nè a Pomigliano, nè in Polonia o in Serbia.

  26. Domenico Marolda

    L’articolo e la teoria (perché di sola teoria si tratta) riportate sono il tipico prodotto di chi non è mai entrato in una azienda e "immagina" di sapere quali sono le logiche cui obbediscono le strategie aziendali. In realtà sono da molti decenni che le decisioni di investimento aziendali sono "capital intensive", privilegiano cioè gli investimenti in impianti fissi piuttosto che in risorse umane. Esistono nelle aziende posizioni che legano i loro incentivi annuali alla riduzione delle risorse, indipendentemente da altri fattori. Per cui non si può immaginare che l’occupazione aumenterà solo perché costa meno. Oltretutto qualcuno mi dovrebbe spiegare quali consumatori, in regime di salari e quindi redditi calanti, dovrebbero acquistare i prodotti che quelle stesse aziende producono. Il calo irreversibile dei consumi di questi ultimi anni non insegna niente a nessuno? Eppure l’esperienza insegna che a decidere di acquistare un’auto o un frigo ci vogliono mesi, ma a decidere di non farlo ci si mette un quarto d’ora.

  27. Giancarlo

    La storia industriale è piena di studiosi e accademici che propongono una interpretazione del rapporto tra economia, mercato e lavoro. Sono pienamente d’accordo con chi lega la produttività alla motivazione e l’occupazione al rapporto domanda-offerta e quindi al salario. Io non so quale teoria abbia seguito Marchionne. Per me, e mi scuso per la semplicistica lettura, è solo un abile manager che sta cavalcando il periodo storico socio-economico giusto per rimettere in discussione decenni di relazioni industriali e conquiste sindacali. Oggi l’occhio di bue è sulla Fiat ma, a catena si diffonderà a macchia d’olio su tutto il sistema industriale italiano. In Italia c’e un problema di recupero di produttività e di un maggiore controllo del sistema azienda da parte dell’imprenditore, ma questo non a danno esclusivamente della forza lavoro che, non dimentichiamolo, in questo benedetto sistema industriale italiano basato sul manifatturiero, rappresenta la prima vera risorsa economica. Che Marchionne e la Fiat pensassero meno a manovre finanziarie e si dedicassero a concreti investimenti di processo e di prodotto per essere realmente competitivi.

  28. andrea de conno

    Un periodo (lungo quanto?) in cui i salari saranno più bassi, un sistema di welfare inadeguato ai bisogni dei cittadini, una scuola di bassa qualità che non riesce a dare a tutti le basiliari cognizioni di partenza (con genitori operai più stanchi e con meno strumenti per seguire i figli), conseguenze di medio/lungo periodo sulla salute degli operai (bisognerà osservare con strumenti epidemiologici seri le conseguenze in 10-20 anni di questi nuovi approcci al lavoro ), aumento della conflittualità nei rapporti interni alla fabbrica con minore possibilità di dialogo e di rappresentanza. Ma quello che preoccupa di più è l’ assoluta mancanza nel dibattito degli economisti e, gravissimo, dei politici dei fattori di contesto come se questi non avessero alcuna incidenza sulle condizioni del lavoro e (ma non è facile da dimostrare) sulla produttività. Su questo il silenzio della politica è, come si usa dire, assordante. L’analisi dei problemi, ce lo insegnano fin dalle elementari, richiede la segmentazione dei diversi elementi, ma se il metodo diventa la finalità si finisce per parlare solo delle mele che la mamma ha comprato al mercato senza capire chi le potrà mangiare.

  29. daniele boriol

    Considerazioni a margine.
    1. Quanto la minor produttività del lavoro in Italia dipende dalle modalità e dalla disciplina dell’erogazione delle prestazioni previste nei contratti, e quanto dalla peculiare pigrizia dell’imprenditoria italiana a investire nell’innovazione?
    2. Assunto il modello, riduzione di salari e più stringente controllo sul lavoro in prima fase, date le proporzioni fisiche, il carattere paradigmatico e il valore strategico del caso Mirafiori, e dati anche i sacrifici indubbi che vengono richiesti ai lavoratori, non valeva la pena, anche per contenere l’effetto di depressione salariale, innestare sull’accordo uno specifico intervento di alleggerimento complessivo del prelievo fiscale, non solo sulle voci variabili?

  30. Carlo Caleffi

    Scusate, ma leggendo il testo dell´accordo si dice che FIAT investira´ 1miliardo per produrre SUV a Mirafiori, ma allo stesso tempo ottiene in Dicembre 2010, 500 milioni di finanziamento dalla Banca Europea Investimenti per uno stabilimento in Serbia per SUV. Che il referendum e la nuova società altro non servissero che a chiudere meglio Mirafiori? Il tempo ce lo dirà.

  31. Stefano

    Non credo che si possa stabilire, a priori, se il salario nell’equilibrio finale sarà maggiore o minore di quello iniziale. Tutto quello che si può dire è che secondo il modello nella prima fase il salario verrà ridotto mentre nella seconda fase verrà aumentato. Quale degli effetti prevalga dipenderà dalla misura dei movimenti delle curve e dalle elasticità. Inoltre, non so se il modello Shapiro Stiglitz sia il più adatto a descrivere la situazione. Marchionne ha promesso aumenti di salari in cambio di condizioni più severe. Un modello esplicitio di wage nash bargaining o addirittura compensation wages mi sembrerebbe più appropriato.

  32. Riccardo Achilli

    Il ragionamento dell’articolo si basa sul fatto che la produttività del lavoro aumenti, non solo nel breve ma anche nel medio periodo, per effetto delel nuove regole introdotte. Solo così il costo del lavoro per unità di prodotto crescerà al punto da rendere conveniente un maggiore rapporto fra lavoro e capitale. Tuttavia, la nuova e più impegnativa turnistica, i maggiori straordinari, la riduzione delle pause potrebbero comportare un incremento di infortuni e malattie professionali, vanificando l’effetto sulla produttività.

  33. Patrizio Biffoni

    L’Economist del 15 Gennaio riporta alcuni dati sul mercato delle auto: "The car industry can produce 94m cars a year, against a global demand of 64m". Capito? Di macchine se ne producono troppe. E non pensiate che tanto "C’è la Cina". L’Economist continua dicendo "Developments in China are likely to make things worse still for rich world companies. "China too has a surplus of car manufacturers, excess capacity and a problem with demand. Annual sales growth is forecast to fall from 30% to around 10% from this year as other parts of the country follow Beijing’s move to restrict the number of car in the city". Chiaro? L’industria dell’auto deve ridimensionarsi e ogni incentivo a questo settore son soldi che vanno a sostenere un’industria morta. Perchè non usare questi incentivi per formare lavoratori da destinare ad altri settori? Se già si produce di più del necessario, e si vuole addirittura aumentare la produttività la logica conseguenza è che tanti lavoratori saranno licenziati. Questo gli economisti devono dirlo. E anche i politici. Inutile prenderci in giro.

  34. barbucci luca

    Ho letto con interesse il vostro utilissimo articolo sulle implicazioni macroeconomiche dell accordo di Mirafiori….è poesia discutere di problemi reali e non dei soliti postriboli berlusconiani. ma chi ci assicura che ad una moderazione salariale si accompagnino investimenti che vadano ad aumentare la produttività…Marchionne non ha mai specificato (anche perche nessuno glielo ha chiesto come ha fatto Merkel) quale siano i piani per il futuro di mirafiori…e se questo contratto fosse utilizzato solo come boccata d ossigeno e nn risolvere le limitazioni tecniche che ha il sistema fabbrica Fiat?

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