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ENERGIA: LO SGUARDO LUNGO DELL’EUROPA

La strategia dell’Unione Europea in campo energetico punta a limitare la dipendenza dall’estero insistendo sull’incremento dell’efficienza, sulle rinnovabili e su una più decisa integrazione delle reti, per gestire al meglio le varie fonti di energia e promuovere una riduzione dei costi. Il nostro paese si è spesso mostrato tiepido verso questa politica. Perché si continuano ad analizzare i problemi con un’ottica italo-centrica e non europea. E perché di fronte a emergenze immediate si prospettano soluzioni buone tra dieci o venti anni, come il nucleare.

Lo shock energetico in atto ha tre importanti differenze rispetto a quelli del passato: 1973-74 (Yom Kippur), 1979-80 (guerra Iran-Iraq), 1990 (Guerra del golfo) e 2003 (invasione dell’Iraq). La prima è che il teatro degli eventi si è spostato dal Golfo Persico al Mar Mediterraneo e coinvolge i paesi arabi del Nord Africa da un lato e paesi del Sud Europa dall’altro. La seconda è che l’Europa è interessata più da vicino rispetto agli altri paesi sviluppati, perché è collegata a oleodotti e gasdotti e perché sono europei i primi porti di approdo delle navi petroliere e gasiere. Il terzo fattore è che questa crisi riguarda non solo e non tanto il petrolio, ma anche il gas naturale che arriva sul territorio dell’Unione dalla Libia, dall’Algeria, direttamente e indirettamente attraverso Tunisia e Marocco, e via nave dall’Egitto.

LA STRATEGIA DELL’UNIONE

Nel 2009 l’Europa a 27 aveva un grado di dipendenza energetica dall’estero del 50,5 per cento, con Spagna (76,5 per cento) e Italia (84,3 per cento) fanalini di coda. L’Unione Europea importa gas dalla Russia per il 29 per cento, dall’Algeria per il 12,5 per cento e dalla Libia per il 2,5 per cento. Quanto al petrolio, il 29 per cento proviene dalla Russia e il 9 per cento dalla Libia (dati 2008). Poiché bruciare idrocarburi produce emissioni di gas-serra, l’Unione Europea ha varato nel 2009 un pacchetto di direttive volte a ridurre tali emissioni e a incrementare il ricorso alle energie rinnovabili. Queste politiche si inseriscono in “Energia 2020: strategia per un’energia competitiva, sostenibile e sicura” secondo le conclusioni approvate dal Consiglio europeo del 4 febbraio. Tale strategia punta sull’incremento dell’efficienza energetica, sulle rinnovabili e su una più decisa integrazione delle reti come modalità per gestire al meglio le varie fonti di energia e promuovere una riduzione del loro costo.

L’ITALIA PENSA PER SÉ

Non è dato sapere quanti nel nostro paese abbiano pensato alla lungimiranza delle succitate politiche europee, allo scoppio della crisi libica e prima ancora egiziana. Sicuramente l’abbiamo fatto noi, con qualche riflessione a corredo. Sarebbe altamente desiderabile potere evitare fin da subito i rischi sulla sicurezza delle forniture e ridurre l’elevatissima dipendenza energetica del nostro paese. Sfortunatamente, poiché l’uso dell’energia si accoppia all’impiego di complesse, costose e longeve tecnologie, nell’immediato non vi è molto da fare. La domanda di energia è molto poco elastica al prezzo, cosicché si possono solo attuare precauzioni come diversificare se possibile gli approvvigionamenti, stoccare riserve, risparmiare sui consumi e infine sopportare i maggiori costi.

Ma nel medio periodo la strada maestra è quella scelta proprio dalla Unione Europa, spesso con il tiepido appoggio del nostro paese. Le politiche europee agiscono sulla dipendenza energetica sia sul versante esterno che su quello interno. Hanno infatti lo scopo di limitare l’import di gas e petrolio, così riducendo il potere di monopolio dei produttori la cui voce, come è successo pochi giorni fa con Vladimir Putin, non ha mancato di farsi sentire anche in questo frangente. Ma quelle politiche agiscono anche sul fronte interno: una completa interconnessione delle reti nazionali e l’integrazione delle fonti energetiche remote – anche offshore – ha precisamente lo scopo di ridurre la dipendenza dall’estero di paesi membri come il nostro, il tutto a costi calanti.
Forse nel lungo periodo la strategia sarà anche quella del ricorso al nucleare, ma è opinabile sostenere – come ha fatto Umberto Veronesi sul Corriere della Sera il 28 febbraio scorso – che è ciò di cui ha bisogno ora l’Italia. Perché l’ottica per analizzare questi problemi continui a restare italo-centrica e non europea, perché di fronte a emergenze immediate si prospettino soluzioni buone tra dieci o venti anni se non oltre, quando il campo di gioco sarà del tutto mutato, resta un mistero tutto italiano.

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SULLA LINEA NAPOLI-BARI CORRE LA PERDITA

18 commenti

  1. marco

    Mi pare straniante sostenere che il nucleare non sia da considerare fra le scelte più logiche perché sarà disponibile soltanto fra 10 o 15 anni. Per una volta si fanno scelte strategiche di lungo periodo anziché scelte tattiche, mi sembra un progresso. Le alternative energie rinnovabili sono per ora una speranza assai cara. Perché spendere enormemente per le rinnovabili invece che per il nucleare, che a parità di costo produrrà 50 volte di più? Per favorire investimenti speculativi sul fotovoltaico, oltretutto rovinosi per l’ambiente e con costi che graveranno per 20 anni sui bilanci delle famiglie? In attesa del nucleare meglio investire sull’efficienza e sul risparmio nei consumi e non dilapidare risorse su tecnologie inefficienti.

  2. Emilio Odescalchi

    Riprendo quanto già asserito. Anche se previsto dai tempi del "Club di Roma", il testo di Peccei, "i limiti dello sviluppo", prevedeva, immaginava, ipotizzava, avvertiva. Poi i fenomeni non si sono verificati. Gli "Oil Glut" passati non ci hanno insegnato niente. Mi chiedo, forse si chiedono in tanti: non ci abbiamo mai pensato per: ignoranza, insipienza, incompetenza, incapacità, mancanza di visione nel lungo periodo, o interessi a breve? Interessi locali e personali? Penso più a quest’ultima ipotesi. Soprattutto in una nazione che tale non è, in una unità che non è sentita e condivisa dal popolo. Il tutto accentuato dalla clepto-crazia che ci ha governato e ci governa. Il conto, come sempre lo pagherà la massa degli onesti. Auguri a chi resta.

  3. Alex

    L’articolo si chiude con una domanda: "…perché di fronte a emergenze immediate si prospettino soluzioni buone tra dieci o venti anni se non oltre, quando il campo di gioco sarà del tutto mutato, resta un mistero tutto italiano." A questa domanda vorrei dare una semplice risposta semplice e lapidaria: Perché non c’è alcun interesse al futuro. Nei politici e nelle persone che li delegano l’orizzonte temporale è di breve periodo. Ma "nell’immediato c’è poco da fare". Se invece ognuno ragionasse in modo molto pragmaticamente egoistico: cosa posso fare per mio figlio (o nipote), lo sguardo si rivolgerebbe verso altri orizzonti temporali. L’esempio di questi giorni è eclatante: il decreto rinnovabili doveva correggere le deformazioni speculative che si erano create. Il risultato è lo stop al processo di diversificazione energetica. Che poi ad aprile si riprende tutto vallo a raccontare alle banche che hanno già bloccato i finanziamenti per l’incertezza del quadro incentivante. Ci vorranno mesi per ripartire. Perché lo si è fatto? Perchè nella visione corta prevalgono interessi dei genitori su quelli dei figli (e nipoti).

  4. lucio sepede

    Rimango perplesso. Le integrazioni tra le reti energetiche in Europa vanno bene ma sono utili soltanto per aumentare la flessibilità interna. Per risolvere il problema della grande dipendenza europea (oltre il 50%), è senza dubbio utile la diversificazione delle fonti di approvvigionamento (allargare e riequilibrare la platea dei fornitori, e immagazzinare). Mi risulta invece difficile per adesso e per i prossimi dieci anni pensare alle rinnovabili come un’alternativa strategica valida, visto il costo elevat che già incide notevolmente sulla bolletta dei cittadini. Non capisco l’avversione al nucleare che invece nel lungo periodo potrebbe essere una valida soluzione per la riduzione della dipendenza energetica a costi competitivi; è vero che se iniziamo oggi risolveremo il problema tra 15 anni ma più tardi inizieremo e più a lungo continuerà la nostra dipendenza (italiana ed europea). Del resto tra le energie rinnovabili, tolte quelle derivanti dall’uso dei rifiuti che aiutano a risolvere il grande problema dello smaltimento, le altre mi sembrano improponibili su larga scala sia per i costi eccessiv che per l’occupazione estensiva del territorio (fotovoltaiche ed eoliche).

  5. Bertoldo

    E’ calato il silenzio sulla "fusione nucleare", cioè la tecnologia per ricavare energia riproducendo le reazioni che avvengono sul sole e che sono prive di qualsiasi residuo inquinante. Era stato varato un progetto europeo, paragonabile, per complessità, al "Progetto Manhattan" con cui gli USA costruirono la bomba atomica. Sarebbe la soluzione definitiva del problema energetico. Possibile che nessuno ne parli più? Forse qualcuno dei vostri esperti può fare il punto?

  6. Rinaldo Sorgenti

    Interessante la riflessione che propone l’autore che ci ricorda che la Ue27 punta a ridurre la "dipendenza energetica" che è ora intorno al 50%. Ma di grazia, la dipendenza italiana è ben maggiore, intorno all’ 85% e, per di più, se guardiamo a quella elettrica, severamente dipendente dal Gas, con valori di import stratosferici, intorno agli 80 mld. di m3/anno! Interessante pensare all’integrazione delle reti, ma l’Italia è già da lungo tempo interconnessa, tanto è vero che importa mediamente un 15% di E.E. da Nucleare (FR, CH, SL) e che il suo collegamento all’Europa è tramite le Alpi. Quindi? Secondo l’autore dovremmo guardare al breve termine e lasciar perdere il Nucleare (tanto lo importiamo?), mentre per ridurre la dipendenza dovremmo fare cosa? Pensare ad un ulteriore dissanguamento con le FER è utopistico, anche perchè non ci darebbero alcuna sicurezza; aumentare l’efficienza certo, ma neanchè un Mago riuscirebbe a ridurre il divario tra Ue27 ed Italia. Quindi: a) logico correre per il Nucleare, così potremmo un giorno eliminare lo stesso dall’import; b) diversificare il "Mix", dimezzando il Gas e raddoppiando il Carbone Pulito; per avvicinarci davvero all’Europa!

  7. marco di vice

    Il problema energetico è grave, anzi è "il problema". Contrariamente a quanto si afferma nei commenti, il nucleare non risolve nulla. Non risolve la dipendenza dall’estero, perchè l’uranio lo s’importa, non abbatte significativamente i costi, perchè allo stato attuale nessuno sa quanto costa una centrale EPR e inoltre nessuno include nei costi effettivi lo smaltimento definitivo delle scorie (Yucca Mt. vi dice qualcosa?) anche perchè non ci sono nemmeno soluzioni affidabili già operative per questo. Il costo dell’energia elettrica in Italia è alto per una tassazione più elevata e una rete obsoleta. Interevenire qui farebbe abbassare notevolmente e più rapidamente il costo della bolletta. Questo non risolve il problema però. L’autore non cita lo shock petrolifero del 2008. Consiglierei di dare un’occhiata alla curva di produzione mondiale di petrolio degli ultimi 10 anni. Parla da sola.

  8. Marco Catellacci

    Tra l’articolo e alcuni commenti ho letto di cose che mi hanno lasciato basito. Ci si ostina a prendere ancora in considerazione l’ipotesi nucleare, quando è lampante che il problema scorie è ben lungi dall’essere risolto, così come la convenienza economica è tutt’altro che certa, ma soprattutto ci si ostina a non considerare che l’uranio è pur sempre non rinnovabile e situato fuori dall’UE, rendendo impossibile la possibilità di risolvere i nostri problemi di dipendenza energetica. Che si adotti un’ottica eurocentrica e di lungo periodo, invece della nostra miopia italocentrica, è sicuramente un passo avanti, ma vorrei evitare che questo passo ci avvicini ulteriormente al baratro. Non c’è bisogno di essere esperti, su questi temi anche un bambino ci può arrivare.

  9. nicola scalzini

    L’Italia, nel settore energetico, non ha seguito l’Europa nelle scelte di moratoria. Tutti i paesi bloccarono i piani di sviluppo dopo chernobyl, noi invece spegnemmo centrali che nel resto d’Europa ancora funzionano e che avrebbero prodotto per noi l’energia a 3 centesimi. Oggi un terzo dell’energia europea è prodotta da fonte nucleare che serve anche a rifornire il nostro paese per circa il 14% del nostro fabbisogno. Abbiamo seguito la parte di strategia dell’UE più discutibile, riguardante le energie rinnovabili, costosissime, inaffidabili, inefficienti. Gli incentivi per queste fonti sono i più generosi d’Europa e una loro leggera riduzione farebbe crollare questa cosiddetta industria di cartapesta che vive unicamente di assistenza. Non è casuale che il mondo le tecnologie solari, infatti, non coprono l’1% del fabbisogno di energia. Ha ragione Veronesi e M. Galeotti avrebbe dovuto motivare la sua avversione all’unica tecnologia veramente alternativa alle fonti fossili.

  10. angelo agostini

    Alcune riflessioni dirette a tutti i vedovi del nucleare italiano: 1 – Dopo i files wikileaks ognuno dovrebbe aver capito che il nucleare sostenuto dall’attuale premier porta dappertutto fuorché all’indipendenza da fonti poco affidabili, come l’uranio controllato da dittatori post-sovietici e post-kgb, o alla diminuzione dei costi; 2 – Nel paese dove un terremoto neanche tanto forte fa crollare prima di tutto prefetture ed ospedali, a chi le facciamo costruire, le centrali? e le scorie, che non riusciamo a smaltire nemmeno la munnezza…? 3 – Parlando poi di cose serie, invito tutti a visitare il sito di chi di politica economica e programmazione se ne intende, e per davvero: il ministero dell’industria tedesco! leggerete che la politica energetica tedesca si basa su questi pilastri: a) l’energia migliore è quella che non è necessario produrre b) il consumo energetico in europa diminuirà per via di deindustrializzazione, denatalità e maggiore efficienza c) entro il 2022 le centrali nucleari saranno dismesse, nessuna nuova verrà costruita. Ora, provate a dare degli sprovveduti ai tedeschi in campo di programmazione economica….

  11. Giuseppecas

    Rinaldo Sorgenti, Vicepresidente Assocarboni…commenta a favore del nucleare pulito. Il carbone è la fonte energetica più inquinante e più pericolosa per la salute. Il carbone pulito è solo un poco meno merda che ti entra nei polmoni e ti rimane nel sangue e nelle cellule tue e dei tuoi figli. Anche uno studente di economia del primo anno poi sa che ai costi di produzione vanno sommate le esternalità negative prodotte dall’inquinamento, ma forse lei pensa che quando la terra non produrrà più nulla e l’acqua sarà inbevibile, potrà mangiarsi il suo denaro. Ma che modello di sviluppo vogliamo seguire? ridurre l’import, diversificare il mix…obiettivi importanti ma senza respiro. Il futuro non esiste, esiste solo la maledetta bolletta elettrica di questo mese e il prezzo alla pompa domani mattina. Mettiamo i soldi del nucleare nella ricerca e nel risparmo energ e poi vediamo se dobbiamo ricorrere ancora a certe cavolate come il carbone e il nucleare.

  12. Andrea Bonzanni

    Bene cercare di ridurre le emissioni di CO2 riducendo i consumi di idrocarburi, ma perché la riduzione della dipendenza da importazioni deve essere uno degli imperativi che guidano la nostra politica energetica? Perché pagare l’energia molto di più quando abbiamo vicino ai nostri confini paesi con riserve enormi di petrolio e gas? Agitare lo spettro dell’embargo o dell’interruzione delle forniture ha poco senso. La lezione che dovremmo trarre da questa crisi in Africa settentrionale è che l’interruzione di una fonte non causa alcuna crisi quando il mercato ha una ragionevole capacità addizionale e vi sono interconnessioni che permettono di sostituire una fonte con un’altra. Il mercato del petrolio è quasi perfettamente liquido ed è possibile sostituire facilmente una fonte con un’atra. Lo sviluppo del gas liquefatto e i nuovi tanker che permettono di trasportarlo anche senza rigassificatori stanno muovendo il mercato del gas nella stessa direzione. L’attuale incremento dei prezzi non ha nulla a che vedere con scarsità fisiche ma è frutto di un "effetto paura" che articoli come questo non fanno che aumentare.

  13. volty

    Curiosi tutti i discorsi (articoli, commenti) intorno al nucleare: [pare che] meno si sa più se ne parla. Mi riferisco all’impossibilità di avere/reperire tutti i dati (non di fisica) necessari ai fini di un’analisi.

  14. loris geminiani

    Attualmente l’energia nucleare rappresenta circa il 5% dell’energia elettrica prodotta nel mondo. Considerato che la richiesta di energia é destinata sicuramente a crescere in modo consistente, e che non possiamo continuare a consumare combustibili fossili per molto tempo, in quanto il problema della CO2 e dei gas serra dovremo pur affrontarlo se vogliamo garantire un futuro all’umanità, non vedo altra possibilità che puntare sulle energie rinnovabili oltre che al risparmio energetico. Il nucleare attualmente realizzato non mi convince sia per i costi (costruzione/rimozione – bonifica degli impianti) che per la prospettiva di lungo termine (anche l’uranio non é infinito). C’é, infine, il problema della sicurezza: anche nell’ipotesi che non accadessero più incidenti devastanti come in Ucraina o gli USA, sappiamo bene che gestire dei materiali radioattivi é costoso e molto pericoloso. Che piaccia o no restano le energie rinnovabili.

  15. Tiziana Ferrarese

    Penso che, forse, ci sarebbe bisogno di un approfondimento su quanto le tecnologie abbiano fatto grossi passi avanti e magari si potrebbe così scoprire che oggi un moderno impianto USC a Carbone (cosiddetto Pulito, perchè quello che conta non è la materia prima in ingresso, ma cosa si ottiene dal processo di combustione) ha lo stesso impatto ambientale di un moderno impianto a Gas a CC. Le FER meritano attenzione, soprattutto per quanto riguarda la RICERCA, ancora indispensabile per renderle davvero utili e competitive. Oggi sono solo marginalmente complementari ed occorre soddisfare il bisogno Elettrico con le tecnologie ed i combustibili di base, pena il "Black-out" permanente od il sottosviluppo (vedi l’Africa, dove in molti Paesi sono ancora la principale od unica fonte energetica!).

  16. Ai@ce

    Il nucleare lo stiamo ancora pagando oggi, si quello smantellato 25 anni fa porta ancora dei costi in bolletta: "oneri nucleari". Si tratta dei fondi per Sogin e per la gestione delle decine di depositi di scorie nucleari in Italia. Forse non si parla di questo, ma a Milano cìè il più grande deposito di scorie a bassa radioattività mentre altri, anche con materiale ad alta, sono sparsi sulla penisola presso laboratori di ricerca (ENEA) e presso le centrali mai smantellate. I costi delle rinnovabili sono anch’essi in bolletta ma pagano un intero settore industriale (oltre 20mila addetti), quelli nucleari meno di 100 addetti. Poi occhio a non demonizzare il fotovoltaico, ci sarebbe anche il solare termico, i pannelli per l’acqua calda che non hanno bisogno di incentivi, ma solo di adeguate politiche di informazione, di normative e piani edilizi che li facilitino. E poi molte altre fonti rinnovabili possono essere adeguatamente sfruttate. Quello che manca è una coscienza delle potenzialità e delle opportunità, in primis presso la classe politica ed in secundis presso i cittadini.

  17. Anna Corbani

    Sarebbe utile ogni tanto ricordare quale effettivamente è la situazione mondiale in termini di produzione dell’Elettricità, quel bene fondamentale per il progresso ed il benessere, ovunque nel mondo. Basta visitare il sito della "iea.com" di Parigi ed esaminare i dati statistici, magari andando ad investigare da quali fonti i paesi del G8 ottengono questo fondamentale bene. Si scoprirebbe che il Nucleare assicura il 16% dell’elettricità mondiale e circa il 30% nella Ue27. Si scoprirebbe anche che le tanto decantate FER ed in particolare il Solare FV copre molto meno dello 0,5% del totale, anche in Germania, il paese che ha investito di più di tutti in questo business, che loro hanno fatto diventare speculativamente un mercato d’esportazione. Ci sono paesi che purtroppo possono disporre solo delle rinnovabili (solare ed eolico) e sono i paesi poveri dell’Africa e dei paesi sottosviluppati del mondo, le cui condizioni di benessere non sono certo invidiabili. Quindi, per sviluppare le rinnovabili, occorrono tanti soldi e tanta ricerca (non tanti pannelli fatti con le tecnologie inefficaci attuali) e nel frattempo coprire i bisogni con le fonti convenzionali.

  18. Federico de Bosio

    A breve dovremo decidere se rientrare nel programma nucleare e, mai come in questo periodo (causa demoni del passato e notizie giapponesi manipolate) la maggior parte degli italiani è contro questa politica. E’ doveroso ridurre la dipendenza italiana dall’estero, considerando anche gli odierni sviluppi libici, da cui dipendiamo fortemente. Le fonti rinnovabili, dato lo sviluppo tecnologico attuale e, nel caso specifico del fotovoltaico, i recenti tagli previsti agli incentivi, ne limitano fortemente la diffusione, sebbene sono convinto che sia necessario investire in questo settore per il futuro. Riguardo al nucleare e alle preoccupazioni legate alla sicurezza e alle scorie, solo il secondo ritengo sia un problema. Ciò che è successo in Giappone è un evento catastrofico, non ripetibile in Italia: i reattori sono degli anni ’70 a BWR ma, nonostante l’imprevedibilità della natura, ritengo che la prova sicurezza sia stata superata, nonostante ciò che i giornalisti vogliono farci pensare. Superato il problema nimby e trovato il sito di smaltimento scorie (ricercato anche durante la costruzione) siamo pronti all’atomo, come avremmo dovuto esserlo 30 anni fa!

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