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TAV TORINO-LIONE: COME DIMOSTRARE L’INDIMOSTRABILE

Un’analisi costi-benefici sulla linea ferroviaria Torino-Lione riesce a dimostrare la redditività dell’opera. Un risultato sorprendente considerati i costi altimissimi e lo scarso traffico. Lo si ottiene però sorvolando su alcune prescrizioni previste dalle migliori prassi internazionali e senza considerare per esempio l’impatto ambientale del cantiere. Mentre le previsioni di domanda sono eccessivamente ottimistiche. Ciononostante la redditività è marginale e basterebbe abbassare una delle tante sovrastime per rendere non fattibile il progetto.

La controversa linea ferroviaria Torino-Lione è stata recentemente oggetto di una analisi economica (costi-benefici sociali) commissionata dai promotori dell’infrastruttura: tra il quasi unanime stupore – considerati gli altissimi costi dell’opera e lo scarso traffico – mostra risultati positivi. Qualunque studioso del settore ne dedurrebbe che, se risulta fattibile un’opera con questi numeri, probabilmente non esiste alcun investimento infrastrutturale non fattibile. In ogni caso, la priorità di questa specifica opera risulterebbe bassissima se fosse confrontata con altre. Ma l’’analisi in questione, come d’altronde accade sempre nel nostro paese, non è stata fatta in termini comparativi con altri progetti e nemmeno con possibili alternative tecniche dello stesso progetto.

ERRORI D’ANALISI

Non è possibile entrare in poche righe nei dettagli tecnici di analisi così complesse, quindi ci limitiamo a una sintesi per punti dei principali difetti dello studio, che ne “spiegano” anche il risultato. Ci basiamo su quanto emerso da un seminario tenutosi a Roma, con la partecipazione di Fabio Pasquali del gruppo di lavoro analisi costi benefici della Torino Lione e dei due autori.

1. Mancano tre pre-condizioni per una analisi costi benefici accettabile: l’analisi non è “prudente”, non è “terza”, e non considera alternative tecniche.
Poiché le analisi internazionali ex post mostrano che nei progetti ferroviari di grandi dimensioni i costi sono sottostimati e i benefici sovrastimati, mediamente intorno al 50 per cento, la migliore prassi suggerisce atteggiamenti di grande cautela nei confronti di questi due parametri; la valutazione del progetto è stata finanziata dal soggetto promotore, Ltf, mentre la prassi suggerisce di condurre valutazioni terze. Infine non vengono considerate soluzioni tecniche alternative, né stradali né ferroviarie.
2.
Mancano valutazioni del costo opportunità dei fondi pubblici. In presenza di forti vincoli di bilancio, la prassi internazionale richiede di tener conto dei riflessi economici degli aspetti finanziari, cioè dell’’impatto sul livello di deficit pubblico che l’’opera genera.
3.
Non sono state valutate le esternalità ferroviarie, né quelle da cantiere.
La ferrovia ha certo un impatto ambientale inferiore alla strada, tuttavia non è nullo. Soprattutto, le emissioni da cantiere di CO2 presentano valori estremamente elevati, tali da ridurre fortemente i benefici dell’eventuale (e assai incerto) cambio modale.
4.
Non è stato considerato il prevedibile impatto nei prossimi decenni del progresso tecnico.
Tale progresso non riguarderà solo i mezzi stradali (minor impatto ambientale, maggiore sicurezza), ma anche il modo ferroviario (carichi e velocità ottenibili sulla linea esistente maggiori degli attuali)
5.
Alcuni costi di investimento sono considerati indipendenti dalla realizzazione del progetto, in particolare gli investimenti di più stretta competenza dei nodi: questa assunzione appare poco credibile.
Certamente almeno una parte degli investimenti per le merci nel nodo di Torino, in assenza di progetto Torino-Lione, non verrebbero effettuati, quindi si tratta di investimenti di pertinenza del progetto stesso.
6.
Le previsioni di domanda non tengono conto degli ultimi dati messi a disposizione da Alpinfo, che segnalano un traffico in forte calo sul corridoio.
E per corridoio si intende sia la strada che le ferrovia. Le alternative al corridoio (linea costiera e tunnel svizzeri) risultano poi in fase di forte potenziamento. Nel caso della Svizzera vi sarà anche una concorrenza in termini tariffari, in presenza di offerta non satura.
7.
Le previsioni di domanda sono talmente ottimistiche che dopo pochi anni di entrata in funzione dell’’opera si avrebbero probabilmente problemi di saturazione su gran parte della rete ferroviaria nazionale.
L’ottimismo sulle previsioni di domanda ferroviaria è tale che si assisterebbe alla completa paralisi dei traffici ferroviari, in primo luogo sulle parti già cariche della rete, evidenziando priorità di intervento ben più urgenti.
8.
Non sono state considerate eventuali strategie degli operatori stradali, né di quelli ferroviari, che verrebbero danneggiati dal progetto.
Il progetto prevede la sottrazione di traffico al modo stradale e agli altri valichi ferroviari: gli operatori, verosimilmente, reagiranno con politiche tariffarie aggressive e anche con efficientamento dei servizi.
9.
Un quota cospicua dei benefici verrebbe dalla ridotta incidentalità, ma il beneficio è ottenuto applicando tassi del modo stradale ingiustificatamente elevati.
Vengono applicati valori propri dell’’intera rete stradale nazionale, assai superiori a quelli autostradali, e non si tiene conto dei trend storici di riduzione degli incidenti e gli obiettivi di riduzione dell’’incidentalità della Commissione europea.
10.
Un beneficio particolare è dovuto alla riduzione degli incidenti nei tunnel stradali, a cui viene applicato un fattore moltiplicativo dei danni pari a 25.
Un’assunzione di questa portata va giustificata portando a sostegno argomentazioni e letteratura, anche perché i benefici della sicurezza nello studio di Ltf costituiscono una quota cospicua dei benefici totali.
11.
La metodologia di calcolo dei benefici del traffico deviato da altri modi non è corretta.
Questa è certo la questione più controversa, ma la teoria economica non sembra lasciare dubbi (pur non potendo qui dilungarsi sugli aspetti tecnici): i benefici economici di qualsiasi progetto pubblico vanno misurati in termini di variazioni del surplus sociale e non semplicemente dei costi. Questo errore è anche quello di maggior entità assoluta e secondo stime preliminari sarebbe tale (da solo) da far scendere il progetto molto al di sotto della soglia di fattibilità.
12.
Nonostante tutto ciò, la redditività dell’’analisi economica così calcolata è marginale, con valori che non superano il 5 per cento.
Ricordando che la soglia di redditività assunta come accettabile dalla Commissione europea è il 3,5 per cento, ciò significa che con ogni probabilità una sola, o un paio, delle sovrastime di redditività sopra citate è sufficiente a rendere il progetto non fattibile (“switch value”). Si tratta di una valutazione che appare estremamente incauta per giustificare una spesa pubblica (per la sola parte italiana) stimabile nell’’ordine dei 10 miliardi di euro.

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25 commenti

  1. martino

    Se per costruire il traforo del Sempione (ad es.) dovevamo fare un’analisi costi-benefici basata sulle previsioni di domanda del nord Italia alla fine dell’800 (misero & agricolo), non l’avremmo mai costruito. Al massimo avremmo raddoppiato le mulattiere. Ogni grande infrastruttura è una scommessa. Gli studi di fattibilità o non-fattibilità hanno esclusivamente valore politico e poco valore scientifico; hanno giusto un valore retorico per legittimare o meno il progetto. Credo sia più onesto che il dibattito resti esclusivamente politico, piuttosto che pseudo-scientifico.

  2. Alberto

    Grazie per l’articolo, molto sintetico e chiaro. Si riassume in una pagina decine e decine di articoli, dibattiti, talk show che però non riescono a far passare messaggi chiari, oggettivi. Sarebbe bello e utile avere una replica a questo articolo da parte di un “tecnico” sostenitore del progetto. Cordiali saluti

    • Basta leggersi il quaderno numero 8 dell’Osservatorio LTF dove è pubblicata l’Analisi costi Benefici che l’articolo critica. Fra l’altro la professoressa Silvia Maffii ha partecipato a quel lavoro (lo stesso che critica nell’articolo su La Voce) in qualità di “esperta della struttura del Commissario” e in quella sua veste non sembra aver espresso riserve sull’analisi stessa. Sarebbe interessante una spiegazione di come un esperto può prima firmare un documento così importante e poi criticarlo fra l’altro accusandolo di mancanza di terzietà.

  3. Claudio

    Interessante la critica dei due autori, ma sarebbe forse bene proporre queste perplessità al momento della “decisione” d’investimento e non quando la decisione è ormai assunta e tutti i problemi sorgono perché si tratta di cantierare i lavori. Ancor più sarebbe utile avanzare le perplessità sulle valutazioni ufficiali che hanno portato alla scelta dell’investimento piuttosto che su di un documento (come sottolineato, decisamente di parte) redatto ex post con fini che paiono assolutamente “promozionali”. Un’ultima considerazione sulle tabelle di traffico allegate: forse è proprio l’evidente “brusco” calo di traffico verso la Francia uno degli elementi a favore dell’opera, piuttosto che un motivo per non realizzarla. Cordiali saluti

  4. luciano pallini

    Non metto in discussione i numeri. Manca una considerazione dalla quale non si può prescindere: occorronoopere che delineiino una visione forte del futuro del Paese. La Torino Lione è una di queste. Se avessero fatto l’analisi costi benefici sulle linee che l’Italia costruì dopo l’Unità saremmo senza una rete nazionale. La carenza non sono i conti quanto l’incapacità di trasmettere queste visione. Tranquillamente avreste ribattezzato l’appena realizzata A1 “l’autostrada dei soli”.

    • Jérome Massiani

      L affermazione secondo la quale le linee costruite dopo l’unità non sarebbero state giudicate positivamente appare non sostanziata e pregiudiziale. In particolare, esiste una decrescita dell utilità socio economica delle infrastrutture, percio tali linee avrebbero avuto un ritorno socio economico molto piu elevato di quanto ci si possa aspettare da un infrastruttura oddierna (sopratutto nel caso specifico se radoppia un tunnel gia esistente).

  5. Piero Carlucci

    Sarebbe stato utile sapere chi ha redatto questo studio, perché avete sorvolato su questo non trascurabile dettaglio?

  6. Giovanni Scotto

    E’ utile la critica allo studio di fattibilità, il primo tentativo dell’amplissimo fronte politico economico a favore di questa “grande opera”. Non ricordo nel corso dell’ultimo decennio i fautori dell’opera aver mai accettato un dibattito pubblico basato su dati certi, stime attendibili, e alternative significative all’investimento. Proviamo a mettere le cose in prospettiva storica: dieci anni fa le stesse forze , più o meno, che esprimono l’attuale governo e il presidente del consiglio ci presentavano un menù di “sviluppo” in cui i piatti più ricchi erano il ponte sullo Stretto di Messina, le centrali nucleari e il TAV torino Lione. A distanza di un decennio, i primi due grandi progetti sono stati archiviati o dimenticati. Sopravvive il terzo: ma è indiscutibile che l’epoca delle “grandi opere” come volano di sviluppo si sta avviando al tramonto. IL vento è cambiato. All’italia servirebbero centinaia di “medie e piccole opere”, in una vera prospettiva di un paese capace di futuro: sostenibile, innovativo, e sapiente nell’uso delle sue risorse più preziose – persone, cultura, territorio.

  7. Marco Zocca

    Mi associo a P.Carluccia richiedere se non altro gli autori dello studio che qui commentate; meglio ancora sarebbe se lo rendeste disponibile pubblicamente. L’osservazione riguardo il traforo del Sempione è interessante, da un punto di vista astratto. Ma rientrando nello specifico, e supponendo la stabilità geopolitica del vicinato Italia-Francia-Svizzera più o meno costante al giorno d’oggi (dalla 2 Guerra ad oggi?), alcune previsioni di fattibilità (se fatte onestamente) possono godere di un certo credito e avere una certa utilità..

  8. Paolo Garlasco

    Per le pretese dell’articolo – valutare gli errori metodologici (principalmente) di un’analisi costi-benefici sulla Torino-lione – mi sembra ben scritto. Forse non puntiglioso, ma riassuntivo. Per quanto riguarda una prospettiva di più ampio respiro è chiaro che non è nelle intenzioni degli autori esprimere una valutazione a riguardo. In merito sarebbe più utile un prospetto dove anzichè riferirsi al bisogno di infrastrutture dell’Italia del dopo unità o del dopo guerra, si facessero i conti con la crisi ambientale imminente (effetto serra, principalmente), la fine dell’era dei combustibili a basso costo (peak oil e affini), nonché i tenori consumistici – si parla di traffico di merci, no? – insostenibli dell’europa sul lungo periodo (global footprint, eccessivo throughput, ecc). In un contesto del genere forse la “prospettiva” di cui si parla avrebbe senso essere discussa, e una mobilità sostenibile presa sul serio. Cordiali saluti e grazie per l’articolo.

  9. Sergio Vellante

    Prescindendo per un momento dalla cosa più importante e cioè dal devastante impatto ambientale e socio-criminale che la Tav ha avuto e sta continuando ad avere sul territorio della tratta Na-Roma, vanno menzionati alcuni dati che emergono da una recente analisi d’ingegneria gestionale per l’ambiente . Gli utenti dei tav di Napoli (gravitanti nell’area metropolitana, nelle zone periferiche e nei quartieri centrali non prossimi all’unica stazione di partenza per questi treni) in media hanno visto aumentare, rispetto a 10 anni fà, del circa il 30% il tempo impiegato per raggiungere Roma dal luogo di partenza per la parallela riduzione della velocità media del “sistema trasporti”. Inoltre hanno subito un aggravio di spese superiore al 120 % e ciò spinge loro ad utilizzare il più rapido ed economico trasporto su gomma alimentando ulteriormente l’inquinamento atmosferico. Eppure il tutto è stato realizzato nel rispetto delle migliori prassi internazionali, magari certificato dalla omologa Moody’s di riferimento. E’ questa la crescita economica auspicata? “Mangia cavallo”, fin quando ci sono gli uomini e le donne della Val di Susa, “che l’erba cresce”

  10. Sergio Vellante

    Prescindendo per un momento dalla cosa più importante e cioè dal devastante impatto ambientale e socio-criminale che la TAV ha avuto e sta continuando ad avere sul territorio della tratta Na-Roma, vanno menzionati alcuni dati che emergono da una recente analisi d’ingegneria gestionale per l’ambiente . Gli utenti dei tav di Napoli (gravitanti nell’area metropolitana, nelle zone periferiche e nei quartieri centrali non prossimi all’unica stazione di partenza per questi treni) in media hanno visto aumentare, rispetto a 10 anni fà, del circa il 30% il tempo impiegato per raggiungere Roma dal luogo di partenza per la parallela riduzione della velocità media del “sistema trasporti”. Inoltre hanno subito un aggravio di spese superiore al 120 % e ciò spinge loro ad utilizzare il più rapido ed economico trasporto su gomma alimentando ulteriormente l’inquinamento atmosferico. Eppure il tutto è stato realizzato nel rispetto delle migliori prassi internazionali, magari certificato dalla omologa Moody’s di riferimento. E’ questa la crescita economica auspicata? “Mangia cavallo”, fin quando ci sono gli uomini e le donne della Val di Susa, “che l’erba cresce”

  11. Lorenzo Orbeterraque

    TAV si o no In linea di principio sono sempre stato favorevole alla TAV, come sono sempre stato favorevole a tutto quello che favorisce il trasporto (merci e persone) via ferrovia.In base a dati, non necessariamente di parte, la ferrovia rimane il mezzo con minor impatto ambientale ed emissione di CO2, in particolare nei confronti del trasporto su gomma, ma anche aerei e navi. I due aspetti negativi sono sicuramente (1) l’impatto sull’ambiente e sulla popolazione che consegue ai lavori di costruzione della linea ferroviaria e (2) lo stato pietoso di alcune, anzi di moltissime, tratte ferroviarie. Io conosco per esperienza diretta la difficoltà ad andare, utilizzando il treno, verso qualunque località con partenza da Torino; città che sembra riconoscere come unica destinazione Milano, mentre le altre regioni confinanti (Liguria, Emilia e Valle d’Aosta) sono raggiungibili con velocità ottocentesche e frequenze da diligenza pre-ferroviaria. Se si vuole raggiungere Roma e il sud, occorre poi risalire a Milano! Forse una bella scrollatina da TAV potrebbe far pensare alla popolazione che la filosofia “ma non nel mio giardino” può essere accettata solo se si torna indietro ai viaggi a a piedi e ai bucati a mano.

  12. Claudio Siniscalchi

    Alle critiche risponderanno gli autori, ma i precedenti commenti mi sembrano assai ipocriti. “Critiche tardive”? E’ falsissimo, queste critiche il Movimento No Tav le ha fatte sin dall’inizio ma sono state ignorate ed è stata messa in piedi una Legge Obiettivo proprio per evitare il dibattito e scavalcare il ruolo degli enti locali. Anche la posizione di chi dice che l’opera va considerata apoditticamente “strategica”, per cui devono essere i politici a decidere (e sappiamo che politici abbiamo), senza ascoltare questi rompiscatole di economisti soloni pseudo-scientifici (?), mi sembra assai debole. La TAV è una scommessa, ma se come Stato abbiamo le pezze al fondoschiena forse non è saggio affidarsi al bingo e sarebbe più opportuno basarsi sulle competenze scientifiche. O no?

  13. Lorenzo

    Mi chiedo se in Francia lo studio di fattibilità abbia condotto a risultati analoghi a quelli rilevati dagli autori dell’articolo: possibile che in Francia l’opera sia giudicata utile e vantaggiosa, mentre in Italia sia superflua e dannosa?

  14. Alberto V.

    Lodevole l’articolo, ma ritengo che sia frutto di una posizione politica che veste se stessa di finta oggettività. Chiedo agli autori se in Francia, ove la restante parte della Tav e’ già stata -in gran parte- realizzata, vi siano stati studi di redditività differenti e tali da far ritenere detta opera infrastrutturale buona per i cugini ma cattiva per noi… E dire che quando venne realizzata la linea ferroviaria adriatica -con capitali privati- le voci critiche dicevano le stesse parole attuali: “non c’e’ traffico bastevole, che la fanno a fare codesta linea ferroviaria ?” . Son passati quasi 150 anni e si che e’ servita….

  15. Paolo Pertile

    Concordo sul fatto che la convenienza socio-economica di quell’opera possa essere dimostrata con una analisi costi-benefici di quel tipo solo introducendo ipotesi estreme ed assai ardue da difendere. Tuttavia penso che qualsiasi valutazione che ignori le implicazioni di “equilibrio economico generale”, date le dimensioni dell’opera, risulti gravemente incompleta. Tenerne conto complica enormemente lo studio, ma le cifre in ballo giustificherebbero ampiamente lo sforzo.

  16. Maria Agata Cappiello

    Vorrei ricordare che gli autori dell’articolo stanno sostenendo queste argomentazioni dall’inizio, cioè da quando l’ipotesi del collegamento veloce Torino-Lione attraverso la Val di Susa stava prendendo corpo e apparivano i primi studi di fattibilità. Lo posso testimoniare con assoluta certezza perchè l’argomento mi interessa moltissimo e ho seguito tutti gli interventi comparsi su “La Voce” in proposito. La loro quindi non è un’uscita dell’ultimo momento, ma l’ultima presa di posizione sull’ultimo – e a quanto pare definitivo – “studio di fattibilità” adottato in proposito dai decisori.

  17. roberto

    In Francia non è ancora stato fatto nulla, se non alcune discenderie per valutare il terreno. Le linee AV della Francia NON trasportano merci. Attualmente alcune linee AV della Francia sono già considerate dei “rami secchi” visto lo scarso traffico di treni che transitano.(leggete l’articolo http://www.lettera43.it/attualita/21008/alta-velocita-ultima-fermata.htm)

  18. Massimo Manghi

    Molti degli argomenti nell’articolo sono interessanti, ma alcune delle assunzioni fatte sono portate all’estremo come e quanto i benefici sostenuti dai fautori dell’opera. Per esempio l’assunzione che fra 10 anni ci saranno salti qualitativi nella tecnologia ferroviaria da superare i vantaggi che avremmo oggi con il traforo. E’ solo wishful thinking. Le motrici miglioreranno un pò ma non sono in vista rivoluzioni e non ci saranno. Per portare da Torino a Bardonecchia un treno ci vorrà sempre una rilevante quantità di energia. Ma lo cosa che trovo un pò campata per aria e il discutere (in modo assai generico) di alternative, soprattutto stradali. Il tunnel non serve a portare cose e persone tra Modane e Bardonecchia, non è il ‘people mover’ che dovrebbe collegare Bologna Centrale ed Areoporto Marconi, semmai è come la galleria di Vernio tra Bologna e Firenze, un tassello fondamentale della rete ferroviaria quasi 90 anni.

  19. uqbal

    Non sono onestamente in grado di valutare nel merito i dati offerti (non sono un ingegnere ne’ un economista), ma non mi sembrano insensati. Pero’ mi chiedo: Il TAV Torino-Lione come passeggeri avrebbe senso oppure no? Al limite e’ l’AC a dare problemi, ma sul fatto che TAV, TGV, ICE, AVE, Shinkansen e compagnia sono tutte linee principalmente passeggeri, non ci piove. Il collegamento passeggeri e’ ingiustificato? Al di la’ di questo, il tratto Torino-Lione e’ soltanto un pezzo di un corridoio, il n. 5, che ancora non esiste. Per quanto le merci possano viaggiare da Kiev a Lisbona anche ora, come si fa a quantificare il vantaggio strategico di essere parte di un asse che movimenta merci su scala continentale? La mia domanda non e’ retorica ne’ polemica: si puo’ fare? L’avete fatto e sono io che non so leggere i dati? La mia impressione e’ che non sia stato fatto un calcolo, per quanto approssimato immagino che debba essere, dell’intera linea -non solo della singola tratta.E’ ovvio che senza il resto del corridoio la Torino Lione sarebbe l’anello piu’ forte di una catena debole, e quindi anche il piu’ inutilmente costoso.

  20. Paolo Lottero

    Trovo sinistramente efficace l’articolo, ed in particolare la conferma di alcuni fatti che sono quelli che personalmente trovo più sconcertanti. Fuori dai preconcetti ideologici – adesioni ad una generica “positività” dello sviluppo sempre e comunque,versus resistenza a priori a qualsiasi intervento che possa avere un forte impatto ambientale – ciò che trovo metodologicamente incomprensibile é: – come sia possibile che un’opera che drena risorse abnormi sia ritenuta irrinunciabile (e si ponga in essere una serie di atti, anche giuridici) prima di averne analizzati i fondamentali economici; che paiono non dubbi, ma quasi certamente sfavorevoli in quasi tutta l’articolistica relativa; cioè come sia possibile che ci si preoccupi di produrre ora un qualche studio (non adamantino, peraltro) per fornire una base razionale ad un decisione già presa e che sta già producendo effetti negativi di tipo sociale. – Fortiter considerando l’entità dei valori, in particolare della quota a carico dell’Italia: la prevedibile fascinazione politica ed amministrativa per i grandi budget di spesa non spiega; non è un esercizio difficile individuare altre necessità, molto più condivise.

  21. Marco Ponti e Silvia Maffii

    Si risponde qui solo ai commenti che dimostrano un minimo di conoscenze tecnico-economiche della materia trattata. 1) Sui rapporti tra modelli CGE e analisi ABC c’è un ampia letteratura, ma i risultati divergono in modo significativo nel settore solo quando le variazioni dei costi di trasporto sono rilevanti, e questo non è certo il caso; 2) La Francia è parimenti divisa: gli interessi costituiti certo difendono l’opera, ma gli studiosi indipendenti raggiungono conclusioni opposte; 3) Lo studio ufficiale a cui ci riferisce avrebbe dovuto essere presentato in questi giorni ma ne è stata riinviata la presentazione, ed è stato commissionato ad un consorzio di società francesi ed italiane da LTF.  Questo è di per sé un problema di ridotta “terzietà”. Sembra sarà reso pubblico a breve. 4) La “visione forte” per lo sviluppo del paese forse concerne le tecnologie avanzate, più difficilmente il cemento armato. E comunque è assodato che grandi opere più utili di questa non mancano certo, quel che mancano sono i denari pubblici: la loro scarsità dovrebbe raccomandare molta prudenza; 5) infine, l’alternativa ” tutta politica” alle poco scientifiche (!?) analisi costi-benefici assume che la decisione sui nostri soldi debba essere affidata ciecamente al “principe benevolo ed onnisciente”, assunzione alquanto faticosa da difendere di questi tempi.

  22. Roberto A

    Vi siete dimenticati di scrivere sia nell’articolo che nella vostra pagine di presentazione,che siete Presidente e Amminstratore delegato di TRF,”TRT Trasporti e Territorio è una società di consulenza specializzata in economia, pianificazione e modellistica dei trasporti, che fornisce servizi e svolge attività di ricerca nei settori dell’analisi quantitativa, della pianificazione strategica e della valutazione economica dei sistemi e delle politiche di trasporto e uso del territorio.”Non è che voi siete in conflitto di interessi,visto cio’ di cui vi occupate?Insegnate all’università e intanto avete una società che si occupa di fare valutazioni…ma probabilmente non siete stati contattati per la valutazione della Tav in questione,a quanto pare e mi pare di vedere sul sito che per lo piu’ vi occupiate di valutazioni su infrastrutture stradali.Ho come la sensazione che non siate troppo credibili e imparziali con questo articolo.Ho come la sensazione che se avessero affidato a voi la valutazione di questo progetto,le vostra valutazioni sarebbero diverse. Ma sono solo opinioni mie, suffragate da sensazioni e quindi senza alcun valore reale.

  23. Camilla

    In Francia le linee AV sono solo passeggeri, non merci. Inoltre – per chi non è mai stato in Francia o, se ci è stato, indossava una benda sugli occhi – il territorio è ben diverso e le loro linee di AV sono costate enormemente meno ed hanno impattato in maniera decisamente inferiore sull’ambiente e sul territorio. Ma qualcuno ha pensato a cosa vorrebbe dire per le vallate Susa e Sangone una decina d’anni (stima ottimistica, dato che siamo in Italia si può tranquillamente ipotizzare un lasso di tempo doppio) di cantieri (4-5) che lavorano 365 giorni l’anno 24 ore su 24? Tralasciando i problemi legati ai controlli emissioni, scavi, trasporto materiali pericolosi (v. amianto), parlando solo di un centinaio di automezzi in entrata/uscita giornaliera da ogni cantiere, il rumore assordante, le polveri (vicino agli ospedali!), qualcuno ha idea di cosa dovrebbero sopportare gli abitanti delle due vallate, anche solo per andare e tornare da lavorare? Per 10 anni? Solo queste considerazioni, più quelle legate a rumore e polveri (il cosiddetto “impatto ambientale” che occorre tradurre perché qualcuno pensi effettivamente a cosa significa) sarebbero sufficienti a bocciare l’opera.

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