Lavoce.info

LE RIFORME A COSTO ZERO

Dieci grandi riforme a costo zero. Le hanno individuate di Tito Boeri e Pietro Garibaldi nel libro “Le riforme a costo zero” edito da Chiarelettere, di cui pubblichiamo alcuni stralci dell’introduzione. Da una nuova politica dell’immigrazione al salario minimo, al voto ai sedicenni, alla selezione della classe politica: sono questi gli investimenti che possono cambiare il funzionamento della nostra economia. Per far ripartire l’Italia anche in piena crisi del debito pubblico. Perché il paese è ingessato e vecchio nello spirito riformatore ancor più che nella demografia.

(…)
Nonostante l’Italia cresca meno dell’Europa da oltre un decennio e la necessità di riforme sia sentita da tutti gli italiani e conclamata da tutti i politici, le riforme non si fanno. Quale che sia il colore politico dei governi, quale che sia la congiuntura.
Non si fanno quando l’economia mondiale è al galoppo e neppure nei momenti di crisi quando, forse, sarebbe più facile trovare il consenso invocando le condizioni di emergenza.

NON CI SONO SOLDI

(…)
Esistono moltissime e importantissime riforme che si possono fare «senza aumentare di un solo euro il debito pubblico». Sono le cosiddette «riforme a costo zero», il tema alla base di questo libro. In quasi tutti i campi cruciali dell’economia, è possibile cambiare le cose senza chiedere il conto a «Pantalone»: perché è vero che di soldi ce ne sono davvero pochi, ma è anche vero che si possono fare riforme decisive senza incidere sul bilancio pubblico. Alcune addirittura possono portare una riduzione della spesa pubblica proprio mentre aumenta il tasso di crescita potenziale della nostra economia.
(…)
Abbiamo individuato dieci grandi riforme a costo zero, che non esauriscono certo il campo delle riforme possibili e desiderabili, ma vogliono innanzitutto essere esempi di come si può riformare anche in piena crisi del debito pubblico, di come addirittura questa crisi di credibilità possa servire a creare il consenso per portarle avanti.
(…)

DALLA PARTE DEI GIOVANI

Diversi studi documentano che chi inizia la propria carriera con un periodo di disoccupazione (e chi non inizia del tutto pur cercando attivamente un lavoro) ha una vita lavorativa caratterizzata da frequenti periodi senza lavoro e con salari più bassi, al contrario di chi non vive questa esperienza (inizialmente i salari sono fino al 20 per cento più bassi, poi il divario si riduce al 5 per cento, ma solo nel caso in cui non si perda nuovamente il lavoro).
È, quindi, una condanna che ci si porta dietro per tutta la vita, fatta di salari più bassi, rischi maggiori di perdere il posto di lavoro e anche peggiori condizioni di salute rispetto a chi il lavoro non l’ha mai perso. A questi danni bisogna poi aggiungere quello di ricevere una pensione molto più bassa al termine della propria vita lavorativa, perché chi entra oggi nel mercato del lavoro avrà una pensione dettata dalle regole del sistema contributivo, quindi legata ai salari che ha ricevuto durante l’intero arco della vita lavorativa.
Per questo oggi è fondamentale fare riforme dalla parte dei giovani. È una questione di equità, ma anche di efficacia.
Perché saranno loro a darci il nuovo motore di cui abbiamo bisogno per far ripartire l’economia.
(…)
Liberando il lavoro potremmo attenderci effetti molto più importanti che in passato sui tassi di partecipazione, sulla percentuale di italiani che lavora, genera reddito e paga le tasse. Il fatto che gli italiani praticamente abbiano già pagato una patrimoniale con questa crisi ci dice che ci potrebbero essere effetti virtuosi anche sulla domanda di beni da politiche che liberano il lavoro. Sono, infatti, proprio i consumi di chi ha visto decurtare le proprie ricchezze a essere calati di più nella crisi.
(…)
Sia ben chiaro, i «costi zero» delle riforme riguardano soltanto il bilancio dello Stato e il deficit della pubblica amministrazione. Per alcune persone ci saranno dei costi.
Pensiamo semplicemente alla proposta di riduzione del numero dei parlamentari e all’impossibilità di cumulare i compensi da parlamentare con quelli di attività extraparlamentari.
Per i parlamentari coinvolti, si tratterà certamente di una riforma con dei costi! Inoltre, si tratta di costi netti.
Alcune delle riforme proposte comportano cambiamenti nella composizione delle entrate o della spesa, a saldo zero o positivo. Tutte, nel corso del tempo, dovrebbero portare a benefici netti rilevanti in termini di crescita del Prodotto interno lordo e delle entrate fiscali.

Leggi anche:  Un po' di Pil in più

LE DIECI PROPOSTE

(…)
Ci limiteremo in questa introduzione a fornirvi i titoli delle riforme.
La prima riforma riguarda il governo dell’immigrazione, sin qui solo subita dal nostro paese. Il capitale umano che arriva da noi attraverso l’immigrazione è una risorsa troppo importante per essere gestita in questo modo. Occorre investire nell’integrazione degli immigrati riducendo al contempo i costi per chi li accoglie.
La seconda riforma affronta la transizione tra scuola e lavoro, cerca di prosciugare il bacino immenso di giovani che oggi in Italia non sono né al lavoro né impegnati in un corso di studi e si basa su due cardini fondamentali: il contratto unico a tutele progressive e l’apprendistato universitario.
La terza riforma riguarda la contrattazione salariale e l’introduzione di un salario minimo. Può servire anch’essa a migliorare l’utilizzo del capitale umano e a evitare forti emorragie occupazionali durante le recessioni. Nel riformare la contrattazione è fondamentale affrontare il problema delle rappresentanze sindacali. Si può fare molto a partire dall’accordo raggiunto a fine giugno 2011 da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. Servirà a migliorare la produttività, ad aumentare il lavoro nel Mezzogiorno e ad attrarre più investitori verso il nostro paese.
La quarta riforma riguarda la macchina dello Stato e gli incentivi dei dipendenti pubblici. Si tratta di installare un nuovo motore per la macchina dello Stato incentivando comportamenti virtuosi nel pubblico impiego, premiando le amministrazioni (piuttosto che i singoli), anziché introdurre nuove regole cervellotiche quanto inutili come fatto sin qui.
La quinta riforma guarda al lavoro autonomo e, in particolare, agli ordini professionali. Si tratta di avere professionisti più liberi e ordini trasparenti: sono tanti piccoli cambiamenti di regole che, in sé, possono apparire insignificanti e di scarso impatto sulla crescita, ma che in realtà, nel loro insieme, possono essere dirompenti contro il conservatorismo di chi ha in mano le leve del potere ai vari livelli e raccoglie una fetta consistente del nostro capitale umano.
La sesta riforma serve a incoraggiare il lavoro di più persone nella stessa famiglia, rendendole meno vulnerabili a eventi avversi e attivando il capitale umano oggi largamente inutilizzato delle donne. È una miniriforma fiscale che trasforma le detrazioni per coniugi e gli altri familiari a carico in sussidi condizionati all’impiego. Servirà anche a rafforzare il potere contrattuale delle donne nelle scelte di suddivisione delle responsabilità familiari.
La settima riforma si rivolge al sistema pensionistico e prevede l’estensione a tutti delle regole del metodo contributivo nel determinare l’età di pensionamento, nonché le riduzioni e gli incrementi delle pensioni associati a un ritiro dalla vita lavorativa prima o dopo aver raggiunto i 65 anni di età. Aumenterà il lavoro di giovani e anziani e darà alle famiglie maggiori opportunità di ricostruire, prolungando la vita lavorativa, i patrimoni intaccati dalla crisi. Completando la transizione al sistema contributivo potremo finalmente scrivere la parola fine sulle microriforme delle pensioni che continuano a turbare i sonni degli italiani.
L’ottava riforma si colloca all’intersezione fra mercato del lavoro e mercati finanziari. Riguarda l’accesso al credito per chi vuole crescere, per le imprese che vogliono diventare più grandi, e richiede di procedere su piani diversi: la riforma della legge sull’usura, il superamento delle interconnessioni presenti a vari livelli nel nostro sistema di corporate governance, una authority per le fondazioni e la separazione fra banche e società di gestione del risparmio.
Le riforme sin qui elencate avranno effetti sulla crescita nel corso del tempo, cambiando gli incentivi di chi lavora e produce.
(…)
È fondamentale accompagnare queste riforme con misure che guardano alla qualità delle istituzioni e che creano consenso attorno alle politiche della crescita, rendendo il mutamento irreversibile. Questo è il significato delle ultime due riforme che proponiamo.
La nona riforma guarda proprio alla selezione della classe politica. Proponiamo di avere meno politici sia a livello nazionale, sia locale, per sceglierli meglio. Riteniamo utile anche impedire ai politici di cumulare i compensi da parlamentari con quelli di altre attività e di modificare le regole di determinazione dei loro compensi indicizzandoli alla crescita del reddito pro capite degli italiani.
(…)
La decima riforma, infine, vuole costruire una costituency, un partito a favore delle riforme. Lo fa allargando il voto ai sedicenni e cambiando i criteri di calcolo delle quiescenze in modo tale da incentivare la fascia più consistente del nostro elettorato, i pensionati, a sostenere politiche per la crescita.
Se tutte le riforme indicate in precedenza fossero messe in atto, noi pensiamo che l’Italia sarebbe certamente sulla buona strada per ritrovare lo «spirito della crescita».
(…)
Per tornare a crescere è necessario investire. Questo non significa solo trovare i soldi per costruire ponti, autostrade e ferrovie. Significa soprattutto investire in riforme che cambino il funzionamento della nostra economia. L’Italia è un paese ingessato anche e soprattutto perché è un paese «vecchio», nello spirito riformatore ancor più che nella demografia.
Per usare un’espressione di kennediana memoria, ciascun italiano «dovrebbe chiedersi non tanto cosa il governo può fare per tornare a crescere, ma anche e soprattutto cosa ciascuno di noi può fare per tornare a crescere».

Leggi anche:  Una spending review riservata ai comuni

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Una spending review riservata ai comuni

Precedente

IL PATRIOTTISMO ECONOMICO È UN’ALTRA COSA

Successivo

DEBITO A VALANGA, IL SENTIERO SI STRINGE

34 commenti

  1. michele

    Alcune considerazioni: -riforma 3, salario minimo: non deve trasformarsi in un livellamento verso il basso dei salari, muna deroga a qualsiasi contratto nazionale o accrodo sindacale, ma essere una nuova tutela per chi non è protetto da alcun contratto nazoinale -riforma 6, detrazioni fiscali per il coniuge e famigliari a carico: è un ipotesi aberrante. Lo Stato non può pianificare la nostra vita privata e famigliare, tantomeno rendere economicamente conveniente un certo tipo di famiglia, dove la donna lavora, rispetto a un altro. E ‘ e deve restare una libera scelta dei singoli. Per anni le casalinghe hanno condotto battaglie per un riconoscimento sociale, che hanno ovunque all’estero, e ora gli verrebbe tolto. Che politica della famiglia e delle nascite vogliamo fare se poi togliamo le detrazioni a famiglie numerose o con anziani o disabili a carico, dove la donna non trova lavoro? il lavoro femminile è sicuramente un valore, ma in periodi di disoccupazione diffusa bisogna preferire l’incentivo al lavoro di almeno un coniuge, ai nuclei famigliari dove nessuno dei due lavora (sia esso uomo o donna)

  2. Davide Spada Pianezzola

    Dieci punti su come salvare l’economia italiana e nemmeno un accenno alla lotta all’evasione fiscale?

  3. Emanuele Montresor

    1. Una riforma che favorisca l’integrazione degli immigrati mi sembra tutto tranne che a costo zero. Doverosa, positiva… ma onerosa. 2. L’apprendistato universitario ok. purchè si torni ai 4 anni di università, l’eliminazione delle inutile lauree brevi (buone per 2-3 facoltà al massimo) e con 1 anno obbligatorio di apprendistato. Ma qui la vera riforma è eliminare le lauree inutili e introdurre il numero chiuso obbligatorio! Ci dovrebbero essere 8-10 corsi di laurea, non 50! Per cosa? produrre disoccupati! Questa è una riforma a costo zero! Eliminare l’inutile. 3. e 4. Sicuramente positivo l’intento, difficile l’attuazione. 5. La vostra assurda fissazione: liberalizzare le professioni. Ma se ci sono più avvocati e architetti di qualsiasi altro paese? E’ così dura capire che la concorrenza non dà nessun effetto nel lavoro autonomo? Professionisti liberi da cosa? Si accede con un esame di stato! Mica per chiamata. Sono troppi e poco qualificati, questo sì. Numero chiuso e dura selezione. Ecco le risposte! 6. Far lavorare più persone nella famiglia. Grazie. Le donne stanno a casa per seguire i figli perchè quasi non conviene lavorare per pagarsi donne di pulizie e baby sitter7. Sistema contributivo per tutti. Ok, ma non sarà un passo accolto serenamente da chi deve pagare la transizione da un sistema all’altro. 8. Perdonate ma quando leggo authority mi viene male… ma servono veramente a qualcosa? No perché in Italia abbiamo la dimostrazione che questi organismi di controllo spesso fanno la figura delle macchiette. 9. Scusate, ma per il momento questa è utopia. 10. Allargare il voto ai sedicenni? Ma li avete visti? Siamo sicuri di parlare dello stesso paese? Scusatemi, ma a volte penso che non vi rendiate conto di alcune situazioni. L’integrazione degli immigrati non sarà a costo zero in un paese in cui si alimenta la xenofobia. Parlare di apprendistato all’università in un paese dalle mille lauree inutili che sfornano disoccupati e non parlare di riforma e di numero chiuso ha poco senso. Liberalizzare le professioni nel paese con forse più professionisti procapite al mondo è semplicemente pazzesco. Proporre limiti ai politici più viziati e strapagati è utopia.

  4. alessandro ricchi

    Ma perché rallenta la domanda di beni e servizi? Semplice. Perché la gente, in un momento di crisi, o stringe la cinghia o, addirittura non ha più neanche la cinghia da stringere. E allora come fare per rilanciare la domanda? Semplice anche questo. Aumentandone la capacità di acquisto. E come farlo (senza un aumento degli stipendi che provocherebbe un’escalation dell’inflazione e problemi di competitività alle imprese) ? Ancora abbastanza Semplice. Ad esempio diminuendo il carico fiscale a carico dei redditi bassi, rimodulando le aliquote Irpef in modo che la parte tolta alle classi più misere venga recuperata da quelle più abbienti. Questa operazione consentirebbe, a saldi invariati per lo Stato, di aumentare il potere di acquisto generale della popolazione, ributterebbe sul mercato la “benzina” necessaria a riaccendere la spinta propulsiva a favore dell’industria e del commercio, potrebbe portare ad un aumento dell’occupazione, stimolerebbe le entrate fiscali (riduzione debito/PIL)e la propensione all’investimento imprenditoriale, e a placare i conflitti sociali, anzichè inasprirli. Rimetterebbe in moto,cioè, la macchina dell’economia

  5. duccio

    A mio avviso la più vantaggiosa e ovvia delle riforme a costo zero in Italia sarebbe la semplificazione della burocrazia, assurda e pesantissima per imprese e cittadini.

  6. michele

    Siamo sicuri che l’abolizione degli albi professionali ovvero la liberalizzazione delle professione siano nell’interesse dei cittadini? pochi politici ricordano che gli albi applicano anche un massimale oltre ad una tariffa minima per tipo di prestazione. Dunque hanno la funzione di contenere il prezzo delle prestazioni nell’interesse di tutti. Si guardi a cosa succede su Internet da quando è lecita la pubblicità degli studi professionali, le parcelle di avvocati e medici prestigiosi, stanno lievitando a vista d’occhio. Invece di definirsi un prezzo medio, il mercato si polarizza su due fronti, come c’è da attendersi in periodi di crisi e quando la ricchezza è fortemente concentrata: low cost, e alta qualità a prezzi inaccessibili.

  7. silvio marchini

    i dieci punti proposti dagli autori oltre ad essere interessantissimi, mi fanno sorgere anche qualche dubbio che cercherò di sintetizzare: 1) mi piacerebbe che tutti cominciassimo a parlare di interazione e non di integrazione perche’ itegrare potrebbe significare confondere una parte con il tutto; 2) gli autori pensano che i sindacati si debbano muovere unitariamente e che le decisioni delle rappresentanze sindacali debbano essere prese in base al numero degli iscritti al sindacato stesso? 3) pur comprendendo l’intento dei premi alle amministrazioni virtuose non lo condivido in quanto si creerebbe un incentivo a ottenere dei risultati spesse volte a scapito dei cittadini: se l’Agenzia delle entrate venisse premiata in base al principio virtuoso del sommerso accerato si rischierebbe l’azzeramento delle tutele previste per il contribente; 4) per quanto riguarda le pensioni, non si capisce perchè si debba intervenire solo sulle pensioni dei futuri pensionati e non su quelle degli attuali pensionati. Perchè non collegare l’incremento annuale delle pensioni sopra una certa soglia all’andamento del Pil? Leggere gli articoli de La voce è sempre un piacere

  8. Giorgio A.

    Nel corso degli anni si sono stratificate dozzine di norme tributarie, nelle quali non solo l’imprenditore ma spesso persino il privato cittadino non riesce a districarsi. Non credo sia possibile ridurre il gettito fiscale, ma si potrebbero, e di molto, semplificare e razionalizzare gli adempimenti a carico dei contribuenti. Tutti i commercialisti, consulenti fiscali e patronati che devono sempre essere interpellati per qualsiasi imposta rappresentano un costo per la collettività, a volte persino più elevato dell’ammontare dell’imposta effettivamente da versare. Riguardo poi alla razionalizzazione, non si capisce, ad esempio, perché i redditi finanziari debbbano ancora essere distinti tra “di capitale” e “diversi”, creando una miriade di minusvalenze non compensabili (ad esempio su tutti i fondi ed ETF, che quando perdono generano crediti d’imposta su redditi diversi e quando guadagnano formano redditi di capitale), innalzando l’aliquota effettiva, ma in modo illogico e, per assurdo, soprattutto a carico di chi perde…

  9. antonio Granatino

    Riforme a costo zero non esistono. Esistono scelte, quantificabili e definite. Per salvarci e raggiungere deficit zero ci vogliono 50/55 mld di euro annui, per il triennio 2012/2014. Per far ripartire economia, essendo italia paese manifatturiero, necessitiamo di almeno 60 mld di riduzione delle tasse. Nello specifico almeno 15 da Irap, almeno 30/35 da riduzione cuneo fiscale, almeno 10/15 da riduzione Ires. In totale sono da reperire circa 110/115 mld da nuove tasse/recupero evasione e tagli alla spesa pubblica. Un modo c’è, va vanno fatte scelte ben definite. A costo zero non c’è nulla nella vita. ci sono solo scelte, decisioni, responsabilità. saluti

  10. Domenico Di Bisceglie

    Un modesto suggerimento: e se modulassimo la famosa e tenutissima TASSA PATRIMONIALE in modo tale da imporre a coloro che sarebbero soggetti passivi della stessa un acquisto, per un valore pari alla tassa da pagare, di titoli del debito pubblico italiano, con interesse di mercato e obbligo di mantenerli fino a scadenza o comunque per un certo periodo di tempo? Questo avrebbe molteplici vantagggi: non sarebbe una norma a effetto “espropriante” ma sinallagmatico, eliminerebbe la necessita’ per l’Italia di ricorrere al mercato in situazioni sfavorevoli, e al tempo stesso non ci metterebbe sotto il giogo di FMI e consimilari, potrebbe essere reiterata quante volte si vuole (chiaramente cum grano salis) a seconda dei bisogni contingenti del Tesoro, coinvolgerebbe maggiormente i detentori di grandi patrimoni e liquidita’ nella sorveglianza della gestione della cosa pubblica, ed infine… coi tempi che corrono, un investimento “sicuro” al 5/7% annuo (con tassazione bassissima oltretutto) non pare proprio una cosa da buttar via… in definitiva si avrebbero risultati migliori rispetto all’introduzione di nuove tasse, e con un impatto negativo sull’opinione pubblica nettamente inferiore.

  11. CARLO LORENZI

    Ho letto il suo intervenmto sul blog di Beppe grillo e mi sono vergognato dei grillini per come lo hanno commentato. Ma vorrei chiederle alcune cose e lo faccio all’interno del vostro sito. Perchè è così difficile dividere la attività delle banche in commerciali e finanziarie? Dovrebbero avere due ordinamenti completamente diversi e due funzioni completamente diverse. E poi , il governo Prodi , non poteva aspettare ad entrare nell’euro e pretendere insieme alla Spagna mi pare che chiedeva delle regole europee comuni, nel fisco, nella gestione delle banche del debito degli stati, etc ? C’è un pò di responsabilità del governo Prodi?

  12. stefano cortesi

    Secondo me la prima riforma da fare prima di queste ricettine è tornare alla moneta sovrana in stato sovrano, la permanenza in zona euro e sotto il trattato di lisbona ci distruggerà e non serviranno nessuno dei dieci punti a risolvere il disastro. Informarsi per resistere.

  13. Salvatore Grillo

    Due sono le linee di intervento su cui interrogarsi: la possibilità di abrogare il regime di statuto speciale per le regioni e le provincie che hanno usufruito di questa autonomia in quanto sono venute meno le ragioni storiche che l’hanno determinata. La riperimetrazione dei comuni in ambiti più grandi: aree urbane funzionali (FUA) condizione propedeutica per poter abolire le province e le comunità montane (salvando ovviamente il personale impiegato). Ad esempio, basti pensare che la provincia di Macerata con 300.000 abitanti è suddivisa in 57 comuni e due (forse tre) comunità montane oltre che dell’ente provincia, in totale si hanno circa 250 assessori e una 60ina tra sindaci e presidenti e circa 600 consiglieri, da una ricerca della Regione Marche “Ambiente e consumo di suolo nelle aree urbane funzionali delle Marche -Settembre 2009” risulta che l’80% della popolazione risiede in due FUA, in totale ci sarebbero 4 FUA in tutta la provincia. In questo modo nella Regione Marche si risparmierebbe circa 1 miliardo l’anno.

  14. Carlo Catalano

    Posto che, come può evincersi dalla relazione del Prof. Franco Reviglio illustrata al seminario MEF del 29 settembre us e pubblicata sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il patrimonio pubblico italiano è negativo (nel senso tecnico che i debiti superano le attività per circa 28 miliardi di euro), condizione che se si trattasse di una qualsiasi impresa ne avrebbe già decretato il fallimento, occorre oggi più che mai che chi governa proponga soluzioni tecniche adeguate a fronteggiare la situazione. Al Paese serve senza indugio una manovra economica fra i 400 ed i 500 miliardi di euro che non possono trarsi senza una manovra che contempli: 1) un’imposta patrimoniale; 2) la dismissione di almeno 150 miliardi di beni pubblici nell’arco di tre anni; 3) una rimodulazione dell’aliquota marginale massima (che attualmente è al 43% superati i 75.000 euro di reddito assimilando così chi guadagna poco più di 6.000 euro al mese con chi guadagna centinaia di migliaia di euro l’anno e con chi guadagna milioni di euro l’anno) prevedendo nuovi scaglioni con aliquote marginali anche ben superiori al 50%. Sulla base di una stima prudenziale di tasso sul debito pubblico del 5% ciò

  15. Simone Bruckner

    Stupenda quella di indicizzare lo stipendio dei politici alla variazione del pil procapite medio!!!

  16. bob

    Per fare una casa si parte dalla fondamenta e con un lasso di tempo si arriva al tetto. Il 1° piano, come il 2°, come il tetto non possono reggersi se non ci sono solide fondamenta. Le leggi di uno stato hanno efficacia non per la loro durezza ma soprattutto se vengono applicate a cittadini che hanno un fondamento di cultura. Una città risulta pulita non tanto per l’efficienza degli spazzini ma soprattutto per l’educazione dei propri cittadini che mangiando un gelato non gettano la carta per terra. Cari professori, le riforme a costo zero possiamo pure farle (io ho dei dubbi) ma non possiamo non considerare i tempi di attuazione. Non si fanno con la bacchetta magica. Questo è una paese con deficit di cultura pauroso. Con sacche di analfabetismo (attenzione intendo dire non saper leggere e scrivere) da brividi. Con una miriade di piccole e medie aziende dove appena l’1% utilizza internet e la posta elettronica. 40 anni di immobilismo e di follia politica (vedi ’68 scuola – vedi ’70 regioni) e con una burocrazia inetta, non credo che possiamo risolverle con 10 riforme a costo zero, La classe politica che ci rappresenta soprattutto da 20 anni è l’esatto specchio di quello che siamo.

  17. Michele C

    Quando un privato paga un professionista, evadere l’IVA è sostanzialmente incentivato. Se si potessero portare in detrazione le spese per la casa, il minore introito dello stato sulla dichiarazione del signor Rossi riapparirebbe nella dichiarazione dell’idraulico Bianchi. Oppure si potrebbero rendere esenti da IVA le transazioni in cui chi paga è un cittadino senza partita IVA consentendo inoltre al cittadino un risparmio fiscale di un 15%, per incentivare la richiesta di una fattura. Cosa ne pensa?

  18. davide

    Scusate se forse non cerco ricette per la crisi ma vorrei capire una cosa. Ma questo debito mostruoso che ci assilla come è stato creato? Chi l’ha creato? Abbiamo vissuto per anni al di sopra delle nostre possibilità? O forse abbiamo usato le risorse in modo improduttivo? Mi piacerebbe capire il trade off tasse – servizi resi al cittadino – debito. forse con la ricchezza che riusciamo a produrre non avremmo diritto a sanità sotto casa, trasporti ovunque, strade ecc. tanto per capire.

  19. stefania cavallo

    Concordo con quanto dice Tito Boeri nel suo ultimo libro “Le riforme a costo zero”, Chiarelettere Editore, che occorre cambiare le regole di ingresso al mondo del lavoro per tutti, così come è fondamentale riformare gli ammortizzatori sociali e quindi ridare e riconoscere alle donne un maggior potere contrattuale a partire dalle mura domestiche col lavoro a casa e di cura con figli e anziani. Stefania Cavallo

  20. Mario

    Michele, non è vero che i tariffari stabiliscono un massimo e un minimo, ciò accade solo per gli avvocati, tutti gli altri hanno solo i minimi tariffari. Gli Ordini vanno aboliti non servono a nulla, sono solo un modo per far conservare i privilegi ai più vecchi e bloccano il mercato delle professioni. Quando si va da un professionista bisogna sempre chiedere un preventivo analitico dei possibili costi, è un diritto del cliente. Nessuno, così, potrà mai praticare prezzi scorretti. Se il preventivo è alto e non è giustificato dall’abilità professionale, ciao me ne vado da un altro.

  21. Ghandi

    La patrimoniale dello 0,5% sui patrimoni sopra il milione di euro per almeno tre anni è l’unica soluzione.

  22. Maurizio Viutti

    Le riforme a costo zero dovrebbero essere altre: 1. Riforma del codice di procedura civile con eliminazione di quasi tutte le udienze processuali salvo quelle di assunzione testi e automatismo nello scadenziario del processo (i processi durerebbero meno di un terzo di oggi). 2. Interruzione e sospensione della prescrizione dei reati con l’inizio dell’azione penale da parte della magistratura. 3. Riforma fiscale con ampliamento ed aumento degli scaglioni IRPEF collegato a una parziale deducibilità (non detraibilità) dell’iva per tutti i cittadini e possibilità, quindi, di transitare a scaglioni inferiori tanto più numerose sono le fatture richieste (con limite oltre certi importi e registrazione automatica fatture collegata al CF). 4. Riforma di scuola e università con un nuovo impianto qualitativo-meritocratico e numero chiuso in tutte le facoltà. 5. Riforma dell’accesso alle libere professioni (con netto irrigidimento) per una selezione iperqualitativa e introduzione del numero chiuso in tutte le professioni come per i notai. Questo garantirà meno professionisti ma superqualificati e consentirà di abbassare le tariffe imposte con min e max con legge dello stato.

  23. antonio petrina

    Ma le 10 riforme presentate e commentate sono quelle dei “piccoli indiani” (salario minimo, ecc ) del pianeta marte o sono quelle reali che l’Europa si aspetta nella lettera di luglio e dopo anche concordate per agevolare la crescita e l’economia dell’Italia? Meglio allora l’idea lanciata dell’imprenditore pistoiese Melani, ma legando il risparmio ad investimenti produttivi per infrastrutture e simili: perchè senza risorse ma con interventi a “costo zero” si va solo su Marte e si rimane sull pianeta “rosso”!

  24. Maurizio Viutti

    Gli ordini devono essere riformati ma non eliminati. Deve essere introdotto con legge dello stato un tariffario fisso con minimi e massimi per tutti i professionisti. Vuoi che i professionisti prendano poco e siano concorrenziali? Questa è la soluzione. Ma devono anche essere poco numerosi per garantire un servizio di qualità. Non centinaia di migliaia e affamati e pronti a farti fare di tutto pur di mettersi in tasca qualcosa. Gli ordini non sono del tutto inutili. Vanno riformati, perchè siano più utili. Per esempio se un avvocato ti chiede una parcella faraonica tu puoi andare davanti all’Ordine perchè te la liquidi secondo equità. Anzi, lo stesso avvocato per chiederti i soldi in giudizio dovrà prima farsi approvare la parcella dall’Ordine. E per esperienza personale ti assicuro che non vanno per il sottile e sono molto rigorosi. Eccezioni ci saranno, ma la riforma dev’essere in questo senso. Recuperare le funzioni socialmente positive e di controllo degli Ordini evitando che diventino organismi autoreferenziali. Non in tutte le professioni è possibile un preventivo. Gli avvocati ne sono l’esempio. Solo il tariffario imposto e il controllo dell’Ordine ti garantiscono.

  25. AM

    Condivido buona parte dei suggerimenti degli autori. In particolare mi soffermerei sull’immigrazione giustamente inserita nell’elenco. E’ stato un fenomeno non previsto dai nostri politici e comunque sottovalutato anche dai nostri economisti (anni ’70). Un fenomeno subito e mal gestito senza pensare che poteva diventare un’opportunità per la crescita invece che una calamità. In assenza di una politica attiva dell’immigrazione ci siamo limitati ad accogliere passivamente in gran parte chi è arrivato. La scelta inosmma è stata fatta da loro. Tenendo conto dell’immagine odierna dell’Italia nei paesi d’origine, il risultato è stato una selezione perversa. Si può dire che in Europa Italia e Grecia si sono prese la quota più scarsa di immigrazione di qualità e quella più alta di immigrazione-spazzatura.

  26. massimo allegretti

    Carissimo Professore, non ho letto tutto il suo libro ma mi sono informato e ho seguito i suoi vari interventi sui vari media a Sua disposizione. Io sono un macchinista ferroviere,, vivo una durissima realtà lavorativa da quando l’Europa e l’Italia, di conseguenza, hanno attivato le liberalizzazioni selvagge. Nelle sue proposte si evince sempre e comunque una mancata esperienza della verità e un economia vissuta e sperimentata solo sui libri. Sappia che in Italia, la liberalizzazione selvaggia e senza clausole sociali per i lavoratori,ha provocato uno spaventoso dumping sociale, creato enorme disoccupazione, aumentato a livelli disumani i carichi di lavoro, favorito la concorrenza sleale e l’abbassamento della qualità di tutti i servizi. Ci sono lavori che dopo i 60 anni non si possono più fare in salute e in sicurezza. La media dell’età di morte dei miei colleghi macchinisti è di 65 anni.Tutto questo per farle capire che lei, come tanti professionisti e giornalisti italiani, è molto teorico e non capisce la realtà di cui parla. Le sue proposte sono una fotocopia sbiadita di quelle della BCE… la stimo ma la prego di aprire gli occhi e di studiare meglio i fatti.

  27. SAVINO

    1. Drastico ridimensionamento delle istituzioni e dei loro costi 2. Ingresso nel mercato concorrenziale di tutti i servizi pubblici nazionali e locali 3. Abolizione di tutti gli ordini professionali e del valore legale della laurea 4. Introduzione nella Costituzione dei principi meritocratici nel lavoro, nell’accesso alla politica e alle cariche pubbliche elettive e non, del pareggio di bilancio, di forme di responsabilizzazione della classe dirigente, di tutela dei cittadini contro corruttele, di guarentigie per i consumatori e i risparmiatori 5. Imposizione fiscale integralmente su base patrimoniale 6. Abolizione della prescrizione nei procedimenti penali 7. Accorpamento delle forze dell’ordine in un solo corpo 8. Riduzione con accorpamenti di almeno il 70% del numero degli atenei 9. Flessibilità anche in uscita nel mercato del lavoro strettamente legata al merito, sia nel privato che nel pubblico 10. Drastici provvedimenti contro la frammentazione dei soggetti che si pongono tra domanda e offerta di lavoro, arrivando a 5-6 operatori nazionali competenti 11. Esubero, Cassa Integrazione e Mobilità anche per i dirigenti ed i manager pubblici. 12. Deistituzionalizzazione del sindacato e delle forme corporative (niente più Caf) 13. Blindatura legislativa contro ogni forma di trust, di cartelli di conflitti d’interesse 14. Drastica responsabilizzazione delle banche, delle assicurazioni e delle professioni liberali 15. Totale liberalizzazione (24 h su 24 e 365 giorni l’anno) delle aperture delle attività commerciali 16. Inasprimento misure di responsabilità per cariche pubbliche dirigenti e funzionari pubblici sui temi relativi alla tutela dell’ambiente e del territorio e della tutela del cittadino, dell’utente, del consumatore. 17. Riforma della legge elettorale in senso totalmente maggioritario e bipolare, con obbligo delle primarie negli schieramenti 18. Tolleranza zero verso forme di evasione fiscale, lavoro nero, criminalità, infiltrazione criminale di pezzi di istituzioni e politica 19. Investimenti nella scuola, nella ricerca, nella cultura, nei giovani(cui si può anticipare il diritto di voto), nell’ambiente, nel pluralismo nell’informazione, nell’incentivazione alle nuove idee 20. Eliminazione di ogni altra forma di spreco e privilegio.

  28. SAVINO

    Bisogna tornare ad una visione umanista, a mettere al centro l’uomo nelle sue varie sfaccettature (cittadino, lavoratore, utente consumatore, risparmiatore, investitore, studente ecc.). E bisogna mettere al centro il lavoro (tornare a produrre cose che si toccano con mano), i giovani (quelli che lo sono per anagrafe e non quelli che si sentono tali) e lo spirito di sacrificio (quello che manca a chi “si sente giovane”). Da buoni umanisti bisogna fare ampi investimenti nel sapere e nella ricerca. La nostra democrazia deve essere diretta e non filtrata. Chi adempie tutti i suoi doveri deve essere valorizzato e deve poter far valere senza mediazioni tutti i suoi diritti. La legalità, l’uguaglianza sostanziale ed il merito sono le stelle polari. Il sistema presidenziale, bipolare, monocamerale, federalista in senso europeo le linee guida istituzionali. La libertà è quella di conoscere ed essere informati ed è limitata dalle istanze altrui. Torni la Politica. Non si può ambire a cariche pubbliche se non si è adeguati al ruolo. Nessuno si deve sentire più furbo e più uguale degli altri. Dobbiamo fare un gran bagno di umiltà e rapportarci con le altre realtà occidentale.

  29. Andrea

    Apprezzo le proposte e condivido gli interventi che qualificano le iniziative come “teoriche” e distanti dalla realtà. Trovo tuttavia che la verità in un caso come questo sia una ed una sola: per riformare è necessario trovare un compromesso tra teoria e pratica. Il nostro paese è un rebus senza senso. Ovunque si mettano le mani si crea malcontento civile. La frase di Kennedy è l’unica applicabile: tutti dobbiamo essere pronti a soffrire. Io sono disposto a farlo solo se tutti lo vorrano fare e se le proposte saranno serie e con prospettiva. Se cominciamo a coltivare il nostro orto non ne usciamo più. Le lamentele non sono accette, altrimenti, semplicemente, continueremo a soffrire noi e lo faranno anche i figli dei nostri figli.

  30. Emanuele Montresor

    Leggendo i commenti chiedo: qualcuno può spiegarmi le ragioni di questa avversione per gli ordini professionali? Mio malgrado sono un iscritto a un albo e vi assicuro che molti colleghi lo considerano un peso e una scocciatura. Versiamo ogni anno un balzello per essere controllati in tutto quello che facciamo. Basta un comportamento anche insignificante o una segnalazione di un cliente e ci ritroviamo sotto procedimento disciplinare, le nostre parcelle (qualora contestate dai clienti) vengono analizzate con la lente d’ingrandimento e ci fanno le pulci su ogni singola voce perché sulla parcella non vi sia nessun dubbio, ci costringono a seguire convegni per un continuo e costante aggiornamento professionale con il sistema dei crediti formativi. Insomma, l’albo -e l’ordine in particolare- sono creati per garantire i cittadini e controllare puntigliosamente gli iscritti. Probabilmente non è un sistema perfetto e non tutti gli ordini funzionano allo stesso modo… ma vedere gli ordini paragonati ad un privilegio o una casta è ridicolo. Se veramente qualcuno pensa che sia il classico “cane non morde cane” dovreste farvi un giro a sentire i colleghi. Gli ordini mordono, eccome.

  31. Massimiliano

    Ho letto i 10 punti e sono d’accordo su alcuni, non su tutti. Non sono iscritto ad un ordine, ma credo che più che abolirli occorrerebbe riformarli, con tariffari minimi e massimi da applicare alle prestazioni, riducendo gli adempimenti amministrativi per gli iscritti. Sulle pensioni credo che 40 di lavoro bastino. E’ inutile tenere impiegate in lavori usuranti fino a 65 anni persone che non hanno nè stimoli nè forza per continuare, meglio lasciare spazio ai giovani, magari con disincentivi monetari (non esagerati) per chi lascia prima. Bene applicare il contributivo a tutti da domani mattina. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, abbiamo visto i danni che ha portato la riforma Biagi: più che un salario minimo, occorrerebbe introdurre contratti a durata minima di un anno (che senso ha assumere una persona per 15 ore o giorni, come succede oggi), in modo da non ingessare troppo le aziende ma garantire anche ai lavoratori un minimo di certezze. E poi abolire i COCOCO e COCOPRO, sono tutti contratti capestro, se uno è dipendente lo è punto e basta, altrimenti si apre la partita IVA e lavora con chi vuole. Già solo questo impedirebbe abusi nei confronti dei più giovani.

  32. Luigi Sandon

    Sinceramente non riesco a capire questa fissazione, specialmente a sinistra, sull’abbassamento dell’età per votare. L’Italia ha già un grosso problema di selezione della classe politica. Abbassare l’età degli elettori non pare assolutamente una buona idea per migliorare la situazione. Anzi, forse sarebbe ora di tornare ad incrementare l’età per il voto. Oppure introdurre sulle schede elettorali dei “quiz” di dieci-venti domande di cultura generale e sulla situazione politico-economica corrente. Le schede senza un punteggio sufficiente sono dichiarate nulle. E questo avrebbe il vantaggio di funzionare anche per chi i sedici hanni li ha passati da un pezzo.

  33. Carlo Borgnis

    Gent.mi Professori, prima di tutto grazie molte per l’opportunità offerta sabato scorso al pubblico Torinese presso la Cavallerizza di poter conoscere il vostro lavoro, approfittando anche della vostra presenza. Il 24 agosto, la Gran Bretagna ha firmato un accordo fiscale ispirato a Rubik. I contribuenti britannici con conti in Svizzera dovranno dichiarare i loro averi al fisco inglese o accettare un’imposta sui redditi e utili da capitali che oscillerà tra il 27% e il 48%. I proventi saranno versati alle autorità britanniche. Con la Germania, l’accordo è stato concluso il 10 agosto. L’imposta sugli utili sarà del 26,375%, praticamente identica a quella prevista per gli averi depositati nello stato tedesco. Grazie all’imposta liberatoria, la Germania dovrebbe incassare un miliardo di euro l’anno. In più, riceverà una decina di miliardi a titolo di risarcimento per i casi di evasione fiscale del passato. Il 19 Agosto la brava giornalista Isabella Buffacchi del Sole 24 Ore ha scritto sul merito l’ articolo Con un accordo “alla tedesca” l’Italia incasserebbe 9 miliardi. Ritenete che il modello Rubik possa essere una riforma a costo zero anche per l’Italia? Vi ringrazio.

  34. Ezio Bertoglio

    Ho fiducia in Monti e nel suo staff e per comprendere meglio il valore delle misure anticrisi vorrei chiederle perché si è scelta l’opzione di bloccare gli aumenti delle pensioni ( o degli stipendi di carriera statali) o il bonus di solidarietà per gli statali anziché aumentare per lo stesso valore l’IRPEF. Se fosse stato aumentato l’IRPEF il risultato sarebbe stato garantito e più equo, suddiviso su più persone e su più fasce contributive. E’ vero l’IRPEF colpisce i soliti NOTI, ma così è peggio perché si infierisce per genere. Fare pagare per categorie ( oggi il pubblico) implicherebbe una rotazione, magari nel 2012 i taxisti.. poi .. Non mi sembra una misura strutturale. Bloccare gli aumenti o chiedere solidarietà sfugge inoltre alle numerose statistiche ( It, Eu media) del carico fiscale. Questi dati sono una forma di garanzia per tutti in quanto il perimetro fiscale è sotto continuo scrutinio. Sinceramente avrei preferito pagare anche qualcosa di più in IRPEF ma mantenere la mia modesta perequazione in pensione o lo scatto di anzianità. W IRPEF è alla fine il meglio a disposizione. Cosa ne pensa?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén