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COSA FARE DELLE PENSIONI DI ANZIANITÀ

Come abbiamo messo in evidenza nella proposta di riforma pubblicata su questo sito, le pensioni di anzianità restano il grande nemico del sistema pensionistico. La riforma Dini ammetteva il pensionamento flessibile, ma assumeva il principio di corrispettività tra pensione e contributi versati. Gli interventi successivi hanno soffocato quella flessibilità, che invece va restituita al sistema. Si possono anticipare alla fase transitoria le regole previste a regime per il contributivo. Le pensioni di anzianità dovrebbero essere sottoposte a una correzione attuariale che dia conto della loro maggior durata rispetto alla pensione di vecchiaia.

Le pensioni di anzianità restano il “grande nemico” del sistema pensionistico. Vanno tuttavia contrastate con strumenti in grado di conciliarle con la flessibilità che occorre contestualmente restituire alle pensioni contributive.

I TENTATIVI DEGLI ANNI NOVANTA

In un frangente ancor più grave dell’attuale, nel 1992 un governo tecnico presieduto da Giuliano Amato realizzò un’incisiva riforma che aumentò di cinque anni l’età di vecchiaia, estese il calcolo della pensione all’intera vita lavorativa e limitò l’indicizzazione al mero recupero dell’inflazione. Invece, non osò intervenire sul tabù costituito dalle pensioni di anzianità.

Dopo i tentativi del primo governo Berlusconi, che ne determinarono la caduta, nel 1995 della questione fu incaricato un altro governo tecnico presieduto da Lamberto Dini. Evitando un nuovo attacco frontale alle pensioni di anzianità, Dini trovò la quadra con una riforma, organica e innovativa, che, da un lato, ammetteva il pensionamento flessibile sfumando la tradizionale distinzione fra vecchiaia e anzianità, mentre dall’altro assumeva il principio di corrispettività in base al quale la pensione deve restituire i contributi versati. La flessibilità non poneva fine al pensionamento precoce (sebbene ammesso solo dopo i 57 anni d’età). Anzi, lo consentiva a prescindere dall’anzianità contributiva. Tuttavia, la corrispettività ne sterilizzava il costo consentendo rate annue di pensione più basse in presenza di tempi di restituzione più lunghi.

GLI ERRORI DEGLI ANNI DUEMILA

Sfortunatamente, alla riforma “contributiva” furono concessi tempi biblici di attuazione, durante i quali le pensioni di anzianità sarebbero rimaste la spina nel fianco del sistema pensionistico italiano. Ciò spiega i provvedimenti di Berlusconi nel 2004 (scalone) e di Prodi nel 2007 (scalini). Entrambi ebbero l’imperdonabile torto di affrontare il problema transitorio delle pensioni di anzianità con strumenti permanenti, rivolti anche alle future pensioni contributive nonostante fossero con esse totalmente incompatibili. I requisiti anagrafico‑contributivi per l’accesso al pensionamento anticipato furono inaspriti al punto da soffocare quella flessibilità che tanta parte aveva avuto nel processo politico di approvazione della riforma Dini e che resta un connotato irrinunciabile del modello contributivo (oltre a essere utile al mercato del lavoro).

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I RIMEDI ANCORA POSSIBILI

Gli interventi richiesti dall’Europa sono un’occasione da non perdere per porre rimedio. In primo luogo, occorre ristabilire una fascia d’età sufficientemente ampia entro la quale ammettere al pensionamento i lavoratori “contributivi” (che hanno avviato, o avvieranno, il rapporto di lavoro dopo il 1° gennaio 1996). Non sarebbe utile ruotare all’indietro le lancette dell’orologio: piuttosto che da 57 a 65 anni come prevedeva la riforma Dini, l’odierna fascia potrebbe andare da 61 a 67 come in Svezia. In tal caso, sarebbe subito necessario un nuovo vettore di coefficienti di trasformazione. Inoltre, gli estremi (inferiore e superiore) della nuova fascia potrebbero essere agganciati all’evoluzione della longevità con criteri da stabilire dettagliatamente.

In secondo luogo, occorre anticipare alla fase transitoria le regole di accesso previste a regime. In particolare, occorre:

  • fissare a 67 anni l’età di vecchiaia per i lavoratori “retributivi” (che al 1° gennaio 1996 lavoravano da almeno 18 anni) e per quelli “misti” (che alla medesima data lavoravano da minor tempo);
  • consentire, agli uni e agli altri, di accedere alla pensione di anzianità (definita, ad esempio, da una contribuzione di almeno 37 anni) in età compresa fra 61 e 66 anni.

Il punto fondamentale è che l’intera pensione spettante agli uni e la parte retributiva della pensione spettante agli altri devono essere assoggettate a una correzione attuariale che dia conto della loro maggior durata rispetto alla pensione di vecchiaia.

Pragmaticamente, la correzione potrebbe fare riferimento ai coefficienti di trasformazione usati per il calcolo delle pensioni contributive, cioè consistere nella moltiplicazione per una frazione (inferiore all’unità) che porti al denominatore il coefficiente dei 67 anni e al numeratore quello dell’età di pensionamento prescelta.

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68 commenti

  1. Joe Kurtz

    In linea di principio la proposta del prof. Gronchi potrebbe apparire sensata. Ma oggi l’impegno che ci richiede l’Europa consiste nell’incremento dell’età media di pensionamento. Invece, se adottassimo la proposta Gronchi, ci presenteremmo in Europa con una controriforma delle pensioni che consentirebbe ad un lavoratore con trenta anni di anzianità di andare in pensione a 61 anni (mentre oggi deve aspettare i 65, cui si deve aggiungere la “finestra” di un anno, e dal 2013 l’adeguamento delle speranze di vita). Onestamente, non credo che una soluzione del genere sarebbe accolta con favore a Bruxelles… Per rendere accettabile la proposta Gronchi, ritengo che sarebbe indispensabile spostare il range di età per l’accesso al pensionamento tra 65 e 70 anni.

  2. MDT

    Sono molto daccordo con le articolate proposte del prof. Gronchi. Per quanto riguarda i lavoratori “contributivi” occorrerebbe però ristabilire, a fronte dell’introduzione di un intervallo flessibile di uscita dal mercato del lavoro, una piena equità attuariale che oggi (e sembra anche quando il sistema contributivo sarà a regime) non caratterizza il sistema (il tasso interno di rendimento è infatti inferiore ai tassi di interesse e, dunque, non vi è correspettività tra ciò che si versa in termini di contributi e ciò che si otterrà come prestazioni pensionistiche. Si veda anche indicatore NVPR). Per quanto riguarda le pensioni “retributive”, più che con l’innalzamento coattivo dell’età pensionabile, sono più daccordo con la proposta di E. Fornero di anticipare la piena introduzione del contributivo e dunque del pro-rata per i lavoratori del retributivo (lavoratori con più di 18 anni di contributi nel 1996).

  3. HK

    Milioni di persone, non solo in Italia, che, come lo scrivente, si affacciano verso l’età della pensione sono preoccupati. Il sistema pensionistico attuale prevede che vi sia una transizione brusca nel momento in cui si va in pensione. Fino alla settimana prima si lavora 40 ore o più, poi 0. Il reddito si riduce da un giorno all’altro del 20-40% (e più per gli autonomi). L’attuale sistema presume che il lavoratore abbia un reddito in crescita continua fino alla pensione e che la sua produttività non sia correlata (negativamente) con l’età, ma anzi aumenti sempre per la maggior “esperienza”. Tale presunzione è palesemente campata in aria. Mai nella storia dell’uomo si è mai ipotizzata una tale assurdità e scambiata la saggezza dell’esperienza con la produttività. L’idea di spostare oggi a 67 domani a 70 anni la pensione significa solo scaricare sulle imprese un costo di improduttività e danneggiare la parte finale della vita di persone che certo vivono più ma non sono le stesse che a 20 anni (guardatevi allo specchio se non ci credete!) Perché, invece non pensare ad un ingresso graduale nella pensione con una riduzione di orario e di reddito a partire dai 60 anni?

  4. ClaudioBarbarito

    La politica istruita da tecnici di indubbia capacità fanno,sul sistema pensionistico, valutazioni assolutamente asettiche e lontane dalla reltà occupazionale del paese. Non si tiene assolutamente conto :
    a) della precarietà dei rapporti di lavoro che colpisce in particolare i giovani , ma anche i cinquantenni che spesso si trovano disoccupati con pochissime possibilità di ricollocazione
    b) della qualità del lavoro che non può assimilare mansioni operative manuali pesanti ad attività di concetto
    c) della gestione INPS che ha pubblicato bilanci e proiezioni assolutamente positive dopo la riforma Dini nel senso della sostenibilità delle erogazioni
    Alla luce di queste confuse valutazioni ho l’impressione che la modifica delle pensioni sia una bandierina da mettere nei programmi di governo priva dei necessari approfondimenti . E comunque vale come al solito la regola italiana : chi ha avuto ha avuto..

  5. AG

    Concordo con gli obiettivi, ma penso che sarebbe molto più semplice e corretto passare al contributivo per tutti da subito. Si potrebbe anche eliminare il complicato metodo del pro quota trasformando gli importi maturati sul retributivo ad oggi nel valore equivalente di montante contributivo (applicando all’inverso i coefficienti di conversione). Una volta passati al contributivo per tutti penalizzazioni e incentivi sono già incorporati nel sistema in vigore. Purtroppo questi incentivi/penalizzazioni incidono solo sul lavoratore e non anche sull’impresa da cui dipende. E’ necessario che il sistema degli incentivi incoraggi anche le imprese a mantenere al lavoro i potenziali pensionandi. Un possibile incentivo potrebbe essere il dimezzamento dei contributi, sia per l’azienda che per il lavoratore. Il montante crescerebbe di meno e così la pensione, ma l’effetto dovrebbe essere compensato dallo stipendio netto più alto per alcuni anni e dall’applicazione di un coefficiente di conversione più alto per effetto del rinvio del pensionamento.

  6. Vincesko

    Tutto giusto, per le pensioni siamo disallineati rispetto alla media OCSE (non per la spesa sociale complessiva, però), ma bisognerebbe tener conto anche dell’altro fattore che ci differenzia dal resto d’Europa (tranne la Grecia): l’assenza di ammortizzatori sociali universali (richiesti anche dalla lettera della BCE!). Oggi, ci sono centinaia di migliaia di lavoratori over 50 e decine di migliaia di pensionandi (di vecchiaia o di anzianità) disoccupati o comunque inattivi: che ne facciamo di loro? Va bene la riforma, ma che sia complessiva ed affronti anche il problema di un limite all’importo dell’assegno pensionistico. I risparmi rivenienti dalla riforma delle pensioni di anzianità devono servire a finanziare, appunto, il reddito di cittadinanza universale ed il tasso di sostituzione pensionistico per i lavoratori precari.

  7. giuseppe agozzino

    Perchè non fare così:
    2012 somma 97 (60+37)
    2013 somma 98 (61+37) 2014 somma 99
    (62+37)
    2015 somma 100 (63 + 37) ?

  8. Gazzoli Guido

    davvero uno scritto lugimirante, che però non tiene conto di un “piccolo” problema : che in questi ultimi anni lo Stato ha utilizzato la CIGS come un cassonetto dei rifiuti delle incapacità imprenditoriali ( e continua a farlo). Ergo, si mandano i lavoratori in CIGS per raggiungere i requisiti, poi , come il gioco delle 3 tavolette gli si cambiano prima le finestre (dal 2008 son cambiate 2 volte ) e poi ecco la grande idea di abolire le pensioni di anzianità e mandarle alle calende greche.

  9. Claudio

    E’ chiaro a tutti quelli che lavorano che allungando l’età pensionabile a 67/70 si lasciano le persone per almeno 10 anni senza pensione e senza alcuno stipendio : le aziende private tendono a liberarsi del personale che abbia superato i 50 anni d’età.  Inoltre essendo le pensioni calcolate con il metodo contributivo sarebbe giusto concedere la scelta tra il vitalizio e la restituzione del capitale rivalutato : perchè non lo si fa ? Perchè si peggiorano continuamente solo le condizioni di chi deve andare ancora in pensione ? Se il sistema non è in grado di sostenere le pensioni retributive di chi già le percepisce che si intervenga anche su quelle o ci sono diritti acquisiti di diversa natura ? cordiali saluti

  10. Paolo

    Non dimentichiamoci che ci sono lavoratori che hanno iniziato a 15 anni e a 55 (orrore…) potrebbero oggi andare in pensione… A questi cosa diciamo? Che dovranno pagare altri 6 o non so quanti anni di contributi, senza trarne alcun beneficio, per poi avere una pensione da fame? E se fossero come tanti disoccupati in attesa di pensione o si stessero pagando i contributi volontari? Certo è giusto considerare per quanti anni un pensionato sarà a carico dello stato ma forse anche gli anni di contributi che ha pagato andrebbero tenuti in considerazione, o no? Io suggerirei per equità quota 100 per tutti entro il 2015 partendo da 97 nel 2012, per chi ha almeno 40 anni di contributi senza età minima … Altrimenti molti diventeranno clochard…

  11. ClaudioT

    Queste elucubrazioni basate sulla teoria sono estremamente preoccupanti; Nessuno (o perlomeno pochissimi) dice come si conciliano con gli scenari di mobilità agevolata adottati dalle aziende per evitare licenziamenti con questi ventilati èprolungamenti della vita lavorativa. Coloro che hanno accettato la mobilità lo hanno fatto avendo come punto di riferimento una data di maturazione ben precisa; data questa che i magnifici discorsi di questi giorni mettono ripetutamente in discussione spostandola teoricamente anche di anni. Ci si rende conto che se si sposta la data di maturazione oltre il termine di scadenza delle mobilità in atto, si corre il rischio che molti non possano più raggiungerla o possano raggiungerla dopo anni di mancati versamenti/introiti e con un ventilato decurtamento dell’importo. Vi dispiacerebbe farcire le dotte elucubrazioni con l’indicazione che qualunque sia la modifica che si apporterà essa debba essere accompagnata da clausole di salvaguardia per coloro che già sono in ballo?

  12. camel

    Ritengo ottima la proposta di Giuseppe Agozzino.

  13. Carlo

    Si fa presto a parlare di eliminare le pensioni di anzianità, vorrei vedervi dopo avere versato 40 anni di contributi, sentirsi dire “devi lavorare fino a 67 anni”. Non sono abbastanza 40 anni di lavoro? Non è abbabstanza regalare il 41° anno allo stato? E’ una vergogna che dopo 40 anni, anzi 41, di lavoro con contributi versati non vogliano darci la pensione, mentre i politici si prendono il vitalizio dopo 5 anni! Cari giornalisti, è vero che anche voi andate ancora con i 35 anni di contributi? E’ per questo che non parlate mai delle pensioni dei politici?

  14. nereo semolini

    L’attuale sistema prevede il calcolo della pensione su un massimo di 40 anni di contributi, per cui, solo con il posticipo della decorrenza, già ne vengono regalati all’Ente dai 13 ai 19 mesi. Anche come ipotizzato riducendo la percentuale alla metà, è impensabile obbligare un lavoratore a versare anni di contributi oltre i 40 solo in favore dell’Ente liquidatore, senza trarne nessun beneficio.E’ indispensabile modificare tale norma.

  15. Angelo

    Non si uccidono così anche i cavalli? Propongo questa: 33×55+44-67x(100-25)/23×2+36/56×55-70+67-33+40X(100-1). Meglio di camel e Agozzino! Dietro i numeri ci sono uomini, non bestie.

  16. Joe Kurtz

    La proposta del prof. Gronchi prevederebbe una forte limitazione (37 anni di anzianità) per chi volesse accedere al pensionamento anticipato nel sistema retributivo e misto. Tuttavia, come è noto, la riforma Dini prevede la possibilità di optare per il sistema contributivo per chi è nel sistema misto. Se tale possibilità fosse confermata (e l’articolo non dice nulla in proposito) sarebbe quindi possibile andare in pensione, già nei prossimi anni, con l’esercizio dell’opzione, a 61 anni di età e soli 5 anni di anzianità contributiva. Ma state scherzando? Come si può prospettare una situazione simile, di fronte all’impegno forte che ci chiede l’UE sull’innalzamento dell’età di pensionamento?

  17. albertp

    Ma lo sapete o no che vogliono rimandare la pensione a chi ha lavorato quarant’anni…lo sapete o no che le baby pensioni sono finite da un pezzo? Lo capite o no che  la pensione (come la liquidazione ) non ce la vogliono più dare ? E allora di che stiamo parlando? Diamo a chi ha lavorato ciò che gli spetta!

  18. luigi

    La quota 100 potrebbe essere ragionevole (60 anni di età e 40 anni di contributi..per esempio) ma anche 59 anni di età e 41 di contributi etc. Ciò nonostante mi sembra davvero demagogigo prendersela sempre con chi versa lavorando e sputando sangue per un quarantennio. Perchè non ce la prendiamo piuttosto con le pensioni di vecchiaia o con quelle regalate agli statali a 35 anni di contributi? Perché non abbiamo il coraggio di dire che ben 430.000 pensionati sono baby-pensionati dell’INPDAP? Quest’ultimi sono oggi 60enni, bene…richiamiamoli al lavoro! Perchè se un baby pensionato 60enne non può essere richiamato al lavoro, mi dite allora per quale motivo dovrei chiedere ad un lavoratore con 40 anni di fatica alle spalle di continuare ancora a lavorare per qualche anno?

  19. Maurizio Marinelli

    In merito alle pensioni di anzianità sarebbe necessario almeno non generalizzare e distinguere chi ha un lavoro da chi non lo ha più e sancire – come sempre avvenuto in passato – che, per coloro che si trovano già costretti a versare i “contributi volontari” all’INPS per raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento (annualmente pari a ben il 33% del totale della retribuzione lorda percepita negli ultimi 12 mesi di lavoro), valessero le norme pensionistiche vigenti alla data di ottenimento dell’autorizzazione formale da parte dell’INPS alla prosecuzione volontaria della contribuzione (nel mio caso, per esempio, risalente ad aprile 2009). Mi permetto, anche a nome di molti altri, di richiamare l’attenzione su questa delicatissima ma evidentemente trascurata problematica che tocca tanti lavoratori ormai senza occupazione ma comunque “contribuenti”, che vedrebbero tra l’altro violato un diritto loro formalmente riconosciuto dall’INPS con il rilascio della citata “autorizzazione” avente data certa (trattasi dei cosiddetti “diritti quesiti”.) Maurizio Marinelli

  20. Demetrio Marinò

    Vorrei formulare la seguente osservazione: Preso atto che qualcosa bisognerà fare come si fa ad affermare che si dovrà passare di colpo al sistema contributivo per coloro che nel 96 avevano più di anni 18 di contributi e che oggi sono vicini alla pensione magari dopo anni 38 39 o 40 anni di lavoro? Queste persone non avranno certo la possibilità di farsi una pensione integrativa e quindi vedranno decurtare il loro assegno pensionistico in modo considerevole senza la possibilità,poichè onn c’era l’esigenza, di aver acceso una eventuale pensione integrativa. Tengo inoltre a precisare che queste persone che a differenza dei parlamentari, dei militari, dei politici e di altre categorie protette, i cui appartenenti sono andati in pensione anticipatamente, sono quelli che hanno retto il sistema e pagato le pensioni delle generazioni passate. Cordiali Saluti Demetrio Marinò

  21. Bocci

    Credo che sia veramente disdicevole il tentativo di azzerare le pensioni di anzianita’, io che lavoro gia’ da 30 anni (con contributi regolarmente versati) e ne ho 50 di eta’ secondo l’ipotesi di cui si parla, dovrei andare in pensione a 67 anni con ” 47 ANNI DI LAVORO”, penso che questo sia assurdo, credo che 40 anni piu’ uno sia un traguardo piu’ che ragionevole. Inoltre credo che i contributi di 40 anni di lavoro, con una pensione erogata a 61/62 anni coprano ampiamente un traguardo presunto di aspettativa di vita media che potrebbe arrivare ad 80 anni. Perche’ non iniziamo dalla casta, taglio dei previlegi, dai vitalizi, dai bollini rossi (cioe’ anni di contributi regalati 1 su 5 a tanti previlegiati).

  22. tomix

    La vera riforma da fare sono le pensioni di reversibilità che sono in continuo aumento e il loro costo è destinato a salire nel tempo. Le pensioni di anzianità non vanno eliminate e non va aumentato l’età pensionabile.I giovani precari quando potranno inserirsi nel mondo del lavoro?

  23. Claudio L

    Invece di discutere delle pensioni di anzianità di oggi perchè non ci preoccupiamo delle pensioni che non ci saranno di domani? Lo scippo ai danni delle future generazioni fatto negli anni novanta è una ferita che va santa se si vuole la pace intergenerazionale. Una soluzione semplice: ripristinare il sistema retributivo per tutti con le pensioni di vecchiaia (67 anni va bene per certi lavori, per altri particolarmente pesanti e usuranti più bassa) e concedere la possibilità di uscire prima con opzione al sistema contributivo per quote o anzianità, tenendo in dovuta considerazione che chi ha lavorato 40 anni deve vedersi riconoscere coefficenti più pesanti.

  24. Luigi De Romanis

    Come da quasi tutti i commenti emerge, il principale punto critico è quello di non considerare coloro che sono già disoccupati o che sono in mobilità o in Cigs solo per raggiungere la pensione: Tutti soggetti che dovrebbero essere esclusi da qualunque riforma in materia, se non si vuole che rimangano per diversi anni senza alcuna forma di reddito.  In secondo luogo non è ammissibile che si penalizzino i pensionandi sotto due aspetti: la riduzione della pensione per uscita anticipata e la soglia minima di 62 anni di età: o l’una o l’altra. Se si applica la riduzione della pensione devono restare gli scali attuali. In caso di ampliamento dei gradini, NO a scaloni (tipo 62 anni subito) né uno scalino per ogni anno, altrimenti chi rimane escluso il primo anno lo sarà per tutti i successivi. Per questo non si possono neppure prevedere i 61 anni dall’1.1.12 altrimenti lo scalino dei 60 sarebbe durato solo un anno e chi era fuori dai 59 nel 2010, anche di un solo mese, non avrebbe nemmeno un trimestre in più per recuperare i mesi mancanti. Al più si potrebbero solo ridurre i prossimi scalini da due anni ad un anno e mezzo ciascuno, come il precedente dei 59 anni, ma in questo caso senza penalizzazioni, anche perché la BCE non ci chiede due cose insieme. Infine, beninteso, questa non può essere la proposta del centrosinistra ma il punto di caduta finale altrimenti, partendo già da qui da qui chissà dove si andrebbe a parare.

  25. mauro volpi

    Per tutti coloro che hanno lavorato e che vedevano la pensione di anzianità alle porte (ho 61 anni e 36 anni di lavoro) si prevede una sorte poco piacevole. Rimedi: via i privilegi delle pensioni d’oro ma non si devono dimenticare le pensioni baby degli anni 70 – 80, i prepensionamenti per amianto, per molti mai visto, ma che facevano felici chi ne godeva, ma anche le aziende che risparmiavano contraendo le maestranze; per tutti costoro perchè devono essere mantenuti i diritti acquisiti mentre oggi si rischia di perdere quelli in essere e su cui contavo come molti?

  26. Daniele

    Tra tutti i commenti, tutti condivisibili, trovo azzeccato in maniera perfetta quello di Angelo: la terribile verità che dovrebbe essere chiara per tutti noi, destinatari di una terribile ingiustizia, è che questi signori: politici, imprenditori e giornalisti non vogliono considerare minimamente che dietro a tutte queste formule, esistono le esistenze di persone, con le loro aspettative, i loro desideri. Non gliene importa nulla, anche perchè il diritto di pensione di anzianità è caratteristico dei lavoratori precoci e non di chi ha fatto ingresso nel mondo del lavoro a partire dai 24-25 anni. E’ a tutti gli effetti un metodo classista di vedere la problematica.

  27. Paolo

    Premettendo che quanto stò affermando non è un motivo di parte, ma tutto quello che è stato fatto sulle pensioni o che sarà fatto non sarà mai una riforma seria.
    1) l’unico tentativo è di far cassa;
    2) prima di mettere mano alle pensioni di anzianità e di vecchiaia bisogna fare ordine negli istituti previdenziali ( auto blu, priviegi dei dirigenti ecc. ecc. )
    3)dire seriamente che il fonod AGO dei dipendenti (INPS ) è sempre stato attivo ed è stato fatto collassare dall’inglobamento delle altre casse previdenziali in deficit da almeno 40 anni e che hanno distribuito ad impiegati dello stato e altre categorie privielgiate ( erano serbatoi di voti della DC, del PSI e del PCI…) le famose baby pensioni e/o pensioni dagli importi fuori mercato
    4)dividere assistenza dalla previdenza perchè la previdenza è in attivo
    5) coinvolgere le aziende che vogliono eseguire licenziamenti collettivi a dotarsi di un fondo privato assicurativo (pagato da loro!) per gestirsi gli esuberi ossia pagando di tasca loro gli anni di pensionamento anticipato ai lavoratori senza che le aziende stesse scarichino su “pantalone” alias fiscalità generale i costi delle loro esigenze organizzitive…

  28. Roberto C.

    Non è la prima volta che, in materia di pensioni di anzianità, contesto gli articolisti de “LaVoce.info” . Si continua a trascurare il fattore umano: non si può mantenere in catena di montaggio un operaio per 50 anni. E’ possibile “limare” il sistema ma non si può ammazzare la gente. Perchè non tenete conto dei precoci? e dei lavori usuranti? e della necessaria flessibilità in uscita? Lo sapete che le aziende cacciano gli anziani a suon di quattrini? Ho 47 anni, ho iniziato a lavorare in fabbrica a 17, se vorrò mantenere degnamente la famiglia sarò costretto a lavorare fino a 67 anni: totale 50 anni !!!!! Ho fatto un conto: tutti i soldi che ho versato e che verserò all’INPS, se rivalutati, alla fine costituiranno un gruzzoletto di circa un milione di euro: chiedo troppo se pretendo di riaverne almeno 25.000 all’anno per vent’anni? Non mi sebra di rubare niente a nessuno, anzi, ne avanza per pagare il debito pubblico!

  29. Luigi De Romanis

    Non si può non condividere l’affermazione secondo cui, nell’ottica di un patto fra generazioni, si chieda ai padri di lavorare un po’ di più a vantaggio dell’occupazione o delle future pensioni dei giovani. Va però considerata la situazione di coloro che coloro che sono già disoccupati o che sono in mobilità o in Cigs in vista del raggiungimento della pensione di anzianità: tutti questi soggetti che dovrebbero essere esclusi da qualunque riforma in materia, se non si vuole che rimangano senza alcuna forma di reddito
    Se si prevedesse un nuovo scalone dal 2012 si colpirebbe una seconda volta le classi di età più danneggiate dalla riforma Maroni: quelle del 1952/1953. Non è corretto prevedere l’eventuale innalzamento ai 61 anni dall’1.1.12 altrimenti lo scalino dei 60 sarebbe durato solo un anno e chi era fuori dai 59 anni nel 2010 non avrebbe neppure un trimestre in più per recuperare i mesi mancanti. Né si può prevedere l’incremento della soglia minima di un anno per ogni anno, altrimenti chi rimane escluso il primo anno, anche di un solo mese, lo sarà per tutti i successivi.
    Nella logica del raggiungimento di quota 100 nel 2015 sarebbe meno traumatico, semmai, incrementare ogni quota di un punto ogni anno ma lasciando fissati gli incrementi dell’età anagrafica alla scadenza di ogni biennio. Ciò nel modo che segue:
    1. anno 2012 quota 97 età anagrafica 60 anni
    2. anno 2013 quota 98 età anagrafica 61 anni
    3. anno 2014 quota 99 età anagrafica 61 anni
    4. anno 2015 quota 100 età anagrafica 62 anni
    Potrebbe, infine anche essere perseguito l’obiettivo dell’uniformità di calcolo sulla base deel sistema contributivo per tutti ma anche questo in una logica di gradualità.

  30. Massimo V.

    Vorrei portare all’attenzione la distonia fra la facilità delle Aziende all’utilizzo della Mobilità con la richiesta delle stesse (Confindustria) per l’eliminazione delle Pensioni di Anzianità. Cosa sarà dei lavoratori licenziati tramite la procedura di Mobilità o che versano la volontaria? Molte Aziende hanno “convinto” i dipendenti over 50 prossimi ai 40 anni di contributi (ritenuti anziani) di lasciare il lavoro ricorrendo alla Mobilità d’accordo con i sindacati per aprire ai giovani e tutelare gli uscenti (aggancio pensione in 2-3 anni), pena soluzioni diverse per affrontare la crisi. A questi sono già state applicate retroattivamente le nuove regole pensionistiche. Adesso verranno richieste misure ulteriori? Qui si tratta di mettere in seria difficoltà lavoratori disoccupati, per cui spero in una nota di attenzione da parte del Governo per un periodo di transizione almeno per chi è disoccupato che fra ricerca di contratti a termine (dopo i 50 anni le risposte sono 0), volontaria con la liquidazione o procedura di Mobilità, maturerebbero i requisiti dei 40 anni a cui aggiungere la finestra mobile di 13-15 mesi senza reddito! Ciò è noto alla UE!

  31. Massimo V.

    Adottare il contributivo per tutti potrà essere una cosa equa nella misura che tutti partano con questo modello. Non mi sembra corretto ed equo cambiare le regole a chi è prossimo ai 40 anni. Non c’è più tempo per prevedere una pensione integrativa a compensazione! Mi auguro che il Pro-Rata permetta di entrare nel regime contributivo solo per gli anni a venire in modo da limitare le riduzioni! Chi è partito con il contributivo ha avuto tutto il tempo a tutelarsi mentre chi ha pianificato la sua vita con certi riferimenti ora rimane eccessivamente ed ingiustamente penalizzato.

  32. alma galli

    Vorrei spezzare una lancia a favore di chi ha versato, o sta per farlo, 40 anni ( 40+1 ! ) di contributi e che ora rischia di vedersi sfumata la possibilità di accedere al pensionamento o di essere penalizzato sul piano economico. Queste persone, molto spesso, sono entrate nel mondo del lavoro in giovane età (15, 16, 17 anni ) per scelte, a volte, inconsapevoli o per problematiche sociali, culturali ed economiche indipendenti dalla loro volontà. Non dimentichiamoci che, con il loro lavoro, magari alienante e usurante, non solo hanno contribuito a pagare le pensioni e l’assistenza sanitaria delle generazioni passate, ma hanno anche pagato quei servizi che non hanno mai utilizzato quali : scuole, università etc etc. Scuole e università che hanno formato quegli economisti che ora, sulla base di calcoli matematici, giocano con le loro vite. Non credo abbiamo il diritto di farlo. I privilegi legati alle pensioni sono altri e lo sappiamo tutti. Queste persone non possono essere messe sullo stesso piano di chi, per 5 anni ( un tempo 2) ha scaldato i banchi di Montecitorio. 41 anni di contributi valgono ben altro!

  33. Francesco

    Condivido in pieno lo scritto del sigl Luigi De Romanis. Se riforma delle pensioni di anzianità va fatta, bisogna anche qui applicare il principio di equità bandiera di questo atteso nuovo Governo. Coloro che sono nati 1952, a pochi mesi dalla maturazione del diritto alla pensione, se eventuali correzioni decorressero già dal 2012 , rischiano di vedere allungare senza controllo il loro anno di uscita. Questo tra l’altro determirebbe una forte diseguaglianza con i nati, pochi mesi prima, del 1951 ai quali sono assicurati i vecchi diritti. Sarebbe un ulteriore penalizzazione per quesra classe anagrafica entrata nel mondo del lavoro nel 1973/1974 , quando per andare in pensione occorrevano 35 anni di contributi ( molto meno per altre fortunate categorie ), che ha visto nei vari interventi spostare più volte in avanti la maturazione del diritto (Dini, scalone Maroni,finestre 6/12/13 mesi).

  34. Vincenzo Rocco

    Buona sera, condivisibile il ragionamento; però mi permetta di manifestare tutta la mia preoccupazione frutto della mia situazione personale. Nato nel 1960, all’età di 16 anni al lavoro (studi serali per il diploma e poi università); ora dopo 40 anni di contributi (ok devo aspettare i 57 anni ), non è giusto che io possa accedre alla pensione di anzianità? Fino a quando dovrei lavorare? Fino a 60 e rotti anni? (non vi pare un poco troppo ?) Grazie per l’eventuale chiarimento e per aver accolto lo sfogo. V.R.

  35. Claudio L

    E’ difficile vero scontentare i pensionandi di oggi quando quelli di domani sono già stati fregati e scippati del loro futuro? Grazie a Lavoce.info per l’impegno con cui fa cassa di risonanza al dogmatismo non proprio austero del salvi oggi fregati domani. E’ esilarante vedere con quanto impegno vi mettete a cercare formuline magiche per salvaguardare chi va in pensione oggi e come accettate di buon grado, ineluttabilmente, il disastro che attende le nuove generazioni, in maggioranza quelli nati dagli anni 70 in su.

  36. mirco luminasi

    Come ho potuto vedere dai commenti che mi hanno preceduto, la dominante è lo scontento naturale e ineluttabile, io alle condizioni attuali andrei in pensione fra 10 anni circa, quindi riesco ad essere più obiettivo di altri, suppongo. Propongo di lasciare comunque uscire i lavoratori che hanno fatto i 40 con rare eccezioni sugli usuranti, poi, visto che il tfr è calcolato sui 40 , lo stato me li deve comunque dare subito al compimento del 40°, poichè io mi sono creato delle aspettative ineludibili ed inviolabili nell’immediato, infine il vero patto generazionale potrebbe essere messo in campo facendo rendere forzosamente a tutti i pensionati una parte del loro reddito che sfora oltre una certa cifra in proporzione uguale a quella che di hanno in anno col nuovo sistema verrà scippata a noi pensionati futuri e fare fronte comune noi e loro come se fossimo un unico battaglione di lavoratori pronti si a questo punto in maniera solidale e non contrapposta com’è in effetti adesso, a qualsiasi battaglia etica-sociale e politica con cui i governi dovrebbero comunque fare i conti. Dopo di che dovremo passare ad una fase successiva per amore dei nostri figli salario minimo garantito per tutti.

  37. angelo moroni

    Si dice usare il bastone E la carota e viene dall’antica usanza di spronare gli asini mettendogli una carota davanti al muso. Come si faceva: si saliva sull’asino e si utilizzava un bastone al quale era appesa la carota. Una specie di canna da pesca che aveva la carota al posto dell’esca. L’asino, vedendo la carota davanti a sè era spronato a camminare, ma ovviamente non la raggiungeva mai, perchè questa era tenuta in mano da chi gli stava sulla schiena. Una sola riflessione… se si costringono i vecchi a rimanere al lavoro fino alla morte, come si fa ad avere posti di lavoro liberi per le nuove generazioni? Io ho a casa un figlio di 22 anni che non trova lavoro, speravo di potere andare in pensione il 2013, in tempo per permettergli di avere il mio posto ma se mi costringono ad andare avanti altri 6 anni, questo ragazzo quando inizia a lavorare? E’ cosi che il governo Monti pensa ai giovani? a me sembra che pensi solo a mettere le solite mani in tasca a soliti asini.

  38. P. Atzori

    Dalle notizie apparse oggi, apprendo che non basterà neppure la quota 103 con 62,5 anni di età (che io raggiungerò nel 2014, ad agosto), se non con forte penalizzazione. Il mio cassetto del registro personale (sono insegnante) lo si vuole trasformare nella mia urna funeraria! (darò quindi indicazioni di farmi cremare).

  39. paolo

    Ho 56 anni di età e 39 anni di contribuzione, sarei dovuto andare in pensione ad ottobre 2012 con 40anni versati e 57 di età. Mi è stata spostata la finestra a gennaio 2014, con queste nuove modifiche quando potrò andare in pensione? Premetto che sono in cig a zero ore da agosto 2010 e quasi sicuramente la ditta per cui lavoravo non aprirà più. Terminata la mobilità che scatterà a maggio prossimo io come resterò? Senza lavoro, senza sussidio e senza pensione? Questa cosa può sembrare equa????

  40. sulmoni rosaria

    Volevo solo ricordare che per la nostra pensione paghiamo il 33 per cento se vi sembrano pochi? In Germania il prelievo x la pensione é minore vengono lasciati piu soldi in busta.Cosi oltre a pagare di piu andiamo piu tardi .io sono in mobilita`36 anni di contributi 55 anni detà. Cosa faccio dopo vado sotto i ponti ? Perchè é stato tollerato che politici artigiani dirigenti ecc ecc .abbiano una trattenuta previdenziale piu bassa e di molto dalla nostra? E prendano pensioni decisamente piu alte? Siamo trattati come dei somari abbiamo sempre pagato e adesso anche la beffa?

  41. gianp2

    Dati approssimativi sulla spesa pensionistica annuale ci dicono che essa ammonterebbe a circa 160 miliardi di euro. Dato approssimativo anche perché dentro c’è di tutto. Servirebbero dati disaggregati. Invito la Voce se non l’ha già fatto, con l’usuale approccio scientifico a recuperarli. I contributi previdenziali dei lavoratori in servizio coprirebbero oggi una quota attorno al 90% dell’ammontare. Quindi sono i lavoratori in servizio che “pagano” le pensioni ai loro colleghi in quiescenza. Questi in parte cospicua hanno usufruito di condizioni di assoluto privilegio rispetto a chi uscirà negli anni avvenire (baby pensionati, politici, categorie privilegiate, ferrovieri, mondo agricolo e via elencando). Ora si chiede a chi è al lavoro di fare sa crifici in qualche caso pesantissimi per continuare a pagare privilegi (chiamiamoli così) in essere. Puà essere che un intervento sulle pensioni future sia ineludibile. Tuttavia proprio per renderlo maggiormente accettabile in termini di equità è indispensabile la solidarietà di chi già gode della pensione. Un piccolo conto: il risparmio dell’un per cento sul monte pensioni annuo garantirebbe circa 1,6 miliardi di euro annui. Naturalmente il carico dovrebbe essere progressivo escludendo le pensioni più basse. Esempio su una pensione di 1500 euro lasciare 15 euro al mese non è sicuramente un sacrificio insostenibile. Ciò consentirebbe di conservare un regime di uscite più accettabile. Possibile non ci si renda conto che un sistema come il nostro che si regge sulla solidarietà intergenerazionale debba vedere questa solidarietà esercitata nei due sensi. C’è il problema dei cosiddetti diritti acquisiti. Interessante disputa giuridica. E’, penso, del tutto evidente che tali diritti non sussistono né possono sussistere quando la loro soddisfazione è subordinata all’esistenza di risorse idonee. Saluti

  42. Guerriero

    Purtroppo, la musica cambierà soltanto per noi cittadini di fascia media e povera. I musicisti sono sempre gli stessi, con i soliti conflitti d’interesse e per giunta ultra sessantenni. Questi soggetti, hanno sempre fatto gli interessi delle banche con gran profitto personale. Stanno incassando pensioni di migliaia di €, cosa gli importa dei comuni mortali che dovranno lavorare 46 anni per ottenere pensioni da fame. Continuano ad intervenire sui diritti acquisiti, ma i propri non li mettono in discussione. Questo è un Governo di comodo, gli fanno mettere la faccia e poi vorrebbero mandarlo a casa per prenderne il posto. 20 anni di politica sbagliata sia da destra sia da sinistra e nessuno di loro paga ed inoltre vogliono ritornare indietro.

  43. Claudio

    Come considerare coloro che sono già disoccupati o che sono in mobilità o in Cigs e/o stanno pagando volantariamente i contributi per accedere ai 40 di contribuzione ?…. e proprio in quella situazione per ristrutturazioni agevolate dalla loro prossimità alla pensione! Dovrebbero lavorare altri 5/7 anni ? e chi assume un’ultra 55?….e se nessuno li assume come possono fare ad arrivare al nuovo limite , avendo poi già versato contributi per 40 anni ! Ragionare in generale e utile ma poi occorre valutare le specifiche realtà….. a meno di non creare ulteriore insostenibilità! Il bene di tutti non può passare creando disperazioni ad altri ! Consideriamo che Questi si trovano in questa sgradevole situazione proprio perchè le ristrutturazioni pon Se a costoro togliamo la possibilità di accedere ai 40 anni con finestra come pensiamo che questi possano vivere?

  44. tiziano

    Il sistema pensionistico italiano non ha bisogno di riforme. E’ chiaro che questo sistema che si appresta a varare il governo Monti ,non c’e’ nulla di nuovo sotto il sole ,a pagare sara’ sempre la classe operaia. Se il nostro sistema pensionistico gode di ottma salute come dimostrato ampiamente, Si devono vergognare, i soldi li vadano a prendere dove sono, Monti se fa questo e’ come tutti gli altri, che lavori fino a cent’anni.

  45. antonio

    Da parte di molti si vuole intervenire ancora pesantemente sulle pensioni, ma all’ estero neanche il neo vincitore delle elezioni in Spagna (centro destra) vuole farlo, Da noi per raggiungere il pareggio di bilancio e rilanciare l’occupazione giovanile con sgravi contributivi basterebbe fare una unica grande riforma: rimodulare le aliquote irpef in modo piu’ equo con maggiore pressione per i redditi alti, cosi’ tra lavoratori dipendenti, pensionati , imprenditori e operatori finanziari paghi di piu’ chi ha di piu’, naturalmente aumentando i controlli sulla tracciabilità dei contanti per ridurre l’ evasione fiscale .I maggiori introiti permetterebbero di non penalizzare i diritti acquisiti da chi ha versato, lavorando onestamente, 38-40 anni di contribuzione e ha già visto, negli anni, aumentare significativamente la soglia dell’età pensionabile, rendendo cosi’ il sistema INPS sostenibile, non obblighiamo un sessantenne con 40 anni di lavoro a rimanere a lavorare anche se non ce la fa piu’ (anche fare l’infermiere o il cassiere in banca o alla posta puo’ essere usurante).

  46. mirco

    Tutto il dibattito sulle pensioni parte dal fatto che si vuole convincere la popolazione del seguente concetto: la pensione è un salario differito ciò che metti da parte pagando i contributi mentre lavori lo vai a incassare dal momento in cui sei in pensione sotto forma di rendita attarverso l’assegno mensile . Perchè questo ragionamento apparentemente corretto ci frega tutti? perche innanzi tutto determinare l’età della pensione è rubare dei soldi più tardi si è costretti ad andare piu versi mentre la morte si avvicina e incassi meno assegni. ma il vero problema è un altro, tra inflazione e robe varie non esiste un sistema contributivo che possa mai dare un assegno che permetta un sostentamento degno in base ai contributi versati. Bisognerebbe che come in ogni famiglia succede che quando l’anziano ha bisogno si interviene con il reddito di tutta la famiglia e non solo tenendo conto della pensione dell’anziano, che a livello nazionale,si faccia uguale ovvero che i fondi dei vari enti speriamo unificati in uno, vengano anche finanziati con una aliquota di fiscalità generale. Ad ogni modo un professore economista come garante della giustizia pensionistica non è affidabile.

  47. Elio

    Fermo restando che dopo 40 anni di contributi versati e di conseguenza lavorati uno abbia il diritto di andare in pensione senza sentirsi ladro. Io a 16 anni sono andato via di casa e ho cominciato a lavorare in fabbrica e a studiare alle serali mentre i miei coetanei studiavano. Chi lo manda un uomo a 67 anni a lavorare a 20 metri di altezza? Altro che lotta alle morti sul lavoro!

  48. flo.

    Spero solo che la sinistra dia battaglia su queste pensioni perchè la gente è veramente esasperata nel vedere che a pagare sono sempre gli stessi! E’ una vergogna! Loro si beccano con 5 anni di attività parlamentare 3000 euro al mese e noi con 40 anni non abbiamo diritto alla pensione? Ma stiano attenti che la misura è colma e la gente è stufa dei loro schifosi privilegi! In Francia, in Germania e in Inghilterra con la stessa anzianità i loro pari prendono dai 750 ai 900 euro! Sono circa ventimila a godere di tutto ciò in Italia, non sono così pochi come vogliono farci credere ed è tanto che stramangiano! Lasciassero in pace i lavoratori che stanno arrivando al traguardo perchè non potranno accettare supinamente altri soprusi.

  49. Raffaele Innato

    E’ la solita musica! A tavolino si decide per chi fatica per oltre 40 anni, tra contributi versati, e non versati da ditte pellegrine. Dall’età di 10 anni ho sempre lavorato in estate per aiutare la famiglia. D’inverno andavo a scuola. Ho fatto diversi lavori dal garzone al tecnico, in Italia e all’estero in fabbriche pericolose e inquinanti. Oggi a 61 anni mi trovo in mobilità, e se non fosse per la finestra starei a godermi la pensione dopo aver versato contributi per oltre 900.000 euro. Invece no, perchè ci sono i grandi economisti che fanno le pulci agli altri, ma non si toccano minimamente il loro portafoglio (Dini, Amato…). C’è una corruzione dilagante, evasione, elusione, furberie, privilegi politici e sperpero di danaro pagato da NOI. Niente! Il tema è sempre quello, le pensioni. Patrimoniale? No grazie, altrimenti la pagherebbero i ricchi che ci fanno le pulci. Non possiamo continuare a dire queste cose.

  50. AG

    Sono molto colpito dalle reazioni ad dir poco furiose al’ipotesi di andare oltre i 40 anni di contributi. Credo sia indispensabile maggiore chiarezza e comunicazione. Credo anche indispensabile: – lavorare sulla flessibilità usando l’incentivo automatico incorporato nel sistema contributivo senza cercare altri marchingegni complicati e incomprensibili; – incentivare anche i datori di lavoro a tenere al lavoro i lavoratori che altrimenti andrebbero in pensione; – introdurre altre flessibilità del tipo mezza pensione-mezzo lavoro

  51. enrico

    Per quanto riguarda l’eventuale passaggio al sistema di calcolo contributivo può realizzarsi solo a fronte di una revisione delle pensioni dei parlamentari e dei vitalizi dei consiglieri regionali di tutte le regioni, inoltre dopo un contributo di solidarietà da parte dei pensionati di fondi speciali tutti per uno dipendendi banca d’italia che sono già in pensione con un calcolo dell’assegno sulla media degli ultimi tre anni oppure dell’ultimo anno alcuni senza tetto come i dirigenti telecom, insomma tutti quelli che attualmente percepiscono una pensione calcolata con il retributivo e non hanno versato i contributi a sostenerla. Per le pensioni d’anzianità occorre considerare i lasvoratori attualmente in mobilità per accordi sindacali di accompagnamento alla pensione che già attualmente sono penalizzati dalla finestra flessibile circa 35.000 e che non hanno possibilità di rientrare in produzione.

  52. LUCIANO GALBIATI

    Solo chi è tanto abbiente da poter rinunciare alla pensione pubblica può pensare che abolire l’istituto dell’anzianità sia opportuno ed accettabile. Due semplici considerazioni. In primo luogo le aziende oggi vedono nei cinquantenni solo un costo da ridurre al più presto attraverso la sostituzione con giovani (e più convenienti) lavoratori “flessibili” (in Italia le tipologie di contratto atipico sono pressochè infinite). In secondo luogo il 95% delle mansioni lavorative esistenti non può essere svolta in modo efficiente, performante e sicuro oltre i 60 anni (figuriamoci a 67). Chiamiamo le cose con il loro nome; fare cassa sullla pelle di lavoratori con 40 anni (e molto spesso di più) di contribuzione è macelleria sociale.

  53. graziano degan

    Nell’ipotesi di estensione del sistema contributivo pro rata a tutti i lavoratori dal 1-1-2012 cosa cambia per chi ha la pensione attualmente calcolata con il sistema misto? Ringraziando per l’attenzione porgo distinti saluti

  54. marcodellomo

    Nella discussione di questi giorni, che mi interessa non soltanto in linea teorica, costituendo il sottoscritto oggetto della riforma (60 anni maggio 2012 e 40 anni di contributi alla stessa data). Rimango meravigliato dalla scarsa attenzione a quelle che si possono chiamare aspettative individuali. Ritengo che diritti acquisiti non sussistano neppure per i pensionati, ma un minimo di attenzione: non conoscere la propria sorte pensionistica a 6 mesi di distanza dal traguardo! Un altro aspetto sconvolgente è il concentrare i sacrifici soltanto su una fascia ristretta di nati (dal 1952 al 1960 circa) mentre ogni buona riforma, specialmente se fatta da un governo che non cerca futuri consensi, deve distribuire i sacrifici sulla platea pià ampia possibile, compresi i pensionati, titolari di trattamenti assolutamente non comparabili con quelli liquidati oggi ed in futuro. Il contributivo ha un massimale; siamo sicuri che il mio datore di lavoro (Stato) esenterà parte del mio stipendio dalla contribuzione o si ripeterà lo “scherzo” giocato con il TFS, divenuto TFR ma con contribuzione sul dipendente, come prima, e differimento di 4 anni nel pagamento?

  55. nella toscano

    Penso che portare la pensione di anzianità a 61.66 anni con 37 anni di contributi equivale a toglierla di mezzo. Mi domando che senso ha, visto che normalmente si dovrebbe andare a 67 anni. Non so davvero, questa storia delle pensioni di anzianità forse andrebbe stabilita in maniera diversa per non farla diventare una beffa .. non so se sbaglio, ma credo che le riforme per sanare i nostri guai dovrebbero andare in altre direzioni, invece da noi la prima cosa che si fa si aumenta l’età pensionabile, di questo passo penso che fra non molto dovremo stabilire una connessione con l’aldilà.

  56. Mauro Boetto

    Vi suugerisco una soluzione equa e che troverebbe tutti i soggetti,partiri e forze sociali, d’accordo.
    Primo. Passaggio da retributivo a contributivo.
    Secondo. Se l’anzianita lavorativa uguale a 40 anni pensione = 80% Se l’anzianita lavorativa uguale a 41 anni pensione = 80% + 1% Se l’anzianita lavorativa uguale a 42 anni pensione = 80% + 2% Se l’anzianita lavorativa uguale a 43 anni pensione = 80% + 3% Se l’anzianita lavorativa inferiore a 40 anni Se età = a 60 anni pensione 80% – 5% Se età = a 61 anni pensione 80% – 4% Se età = a 62 anni pensione 80% – 3% Se età = a 63 anni pensione 80% – 2% Se età = a 64 anni pensione 80% – 1% Se età = a 65 anni pensione 80% Se età = a 66 anni pensione 80% + 1% Se età = a 67 anni pensione 80% + 2% Se età = a 68 anni pensione 80% + 3% Se età = a 69 anni pensione 80% + 4% L’80% e un dato di base da valutare.

  57. Andrea Chiari

    Una domanda semplice. Se vige un sistema per cui la mia pensione è superiore a quanto ho versato negli anni di lavoro, capisco che un ente previdenziale è indispensabile per governare il sistema ma se alla fine della giostra io avrò incassato solo quanto avrò versato (sistema contributivo), perchè mai non potrei gestirmi io, da solo, privatamente, i miei risparmi per la pensione? Qual è il valore aggiunto del carrozzone statale?

  58. Guerriero

    Negli stati membri della Comunità Europea, lavorano più di 40 anni? Dalle notizie che girano, un lavoratore potrà andare a riposo dai 63 ai 70 anni e per giunta sarà castigato se uscirà a 63. Porto l’esempio del mio caso: a 63 anni avrò lavorato 46 anni e 7 mesi, questo Vi pare giusto ed equo? Il Senato per dare un segnale, ha cambiato le modalità di calcolo del vitalizio, il quale e in corso di definizione. Sembra una bella notizia, ma è una presa in giro, perchè andrà in vigore dalla prossima legislatura e solo per i nuovi politici. Faccio un’ultima considerazione, questi tecnici stilano previsioni come se tutti i lavoratori vivessero fino agli ottantanni ed oltre, però non tengono conto che molti muoiono assai prima e qualcuno alla pensione non ci arriva (in ogni caso anche la reversibilità destinata alla moglie e decurtata del 40%). Come si può bene capire, la pensione è regolata sulle probabilità di vita, capisco che deve svolgere un servizio sociale ed è soggetta ad interventi periodici, ma ha tutto c’è un limite. Sarebbe anche opportuno, mettere un tetto sulle pensioni: il parametro di riferimento potrebbe essere quello di un medico ospedaliero, il quale svolge un’attività professionale con alti rischi.

  59. Adriano

    Vorrei ricordare a chi pensa e mette in atto riforme che spostano a 61 62 o 67 l’età del pensionamento, che il riferimento non deve essere il dipendente del pubblico impiego che è totalmente garantito del mantenimento del posto di lavoro, ma tutti i lavoratori di aziende private che vengono licenziati o messi in condizione di uscire dal mercato del lavoro (ricordo che ricollocarsi è molto molto difficile!!). La mia proposta è quella indicata nell’oggetto: molto semplice, le aziende non possono licenziare dopo i 50 anni o devono ‘accompagnare’ il lavoratore all’età pensionabile (incentivi seri). Grazie e saluti a tutti.

  60. lucio

    Io ho fatto versamenti volontari per raggiungere i 40 anni di contributi nel 2011 (la finestra si apre nel 2012). Che ci provino a non pagarmi la pensione. Il diritto acquisito non si tocca!

  61. Federico Salari

    Egr. Sig. Gronchi, lei dice : “Alcuni commenti riguardano i lavoratori in mobilità prossimi alla pensione e i lavori usuranti per i quali si dovrebbero studiare soluzioni opportune.” A me i commenti relativi ai lavoratori in mobilità sembrano moltissimi, non “alcuni”. Quanto alle soluzioni, c’è poco da studiare: o si rispettano per questi lavoratori le età vigenti al momento dell’uscita forzata dal mondo del lavoro ( senza contare le modifiche successive, come ad. es. l’odiosa finestra tremontiana), oppure si fa soltanto l’ennesima ingiustizia a danno dei più deboli. E’ ora di mettersi in testa che lo Stato non può legiferare a suo piacimento sulle pensioni, perchè queste, in parte, direi in larga parte quando si arrivano ad assommare 35 anni di contribuzione, si fondano su contributi dei lavoratori aventi specifica destinazione, che vanno restituiti ai lavoratori, maggiorati di interessi, nel momento del bisogno, quale è sicuramente il momento in cui si perde il lavoro. Lo Stato non ha titolo a disciplinare con aumenti dell’età pensionabile la quota di pensione riveniente dai contributi versati. Vuole annullare il premio del retributivo? Lo faccia, ma restituisca il resto.

  62. nerea

    In questo paese non c’è coesione sociale e non c’è un partito di opposizione. In questo modo è facile mettere tutti contro tutti e arricchirsi alle spalle dei lavoratori. Non capisco come si possa solo pensare di togliere il diritto alla pensione a chi ha versato 40 anni di contributi, raccontando la favola di favorire i giovani. Come se la colpa della loro precarietà fosse dei lavoratori! Ma sveglia! I giovani si favoriscono lasciando loro la possibilità di accedere ai posti di lavoro, non tenendo in servizio dei vecchi demotivati e stanchi.

  63. paolo

    Mi occupo di pensioni nell’ambito delle forze dell’ordine e delle forze armate. In questo settore di circa 500.000 addetti vi sono una serie di privilegi che nessun ricercatore ha mai esaminato che comportano una spesa previdenziale enorme solo per citarne alcuni: contributi figurativi per 5 anni o più se si fa servizio al “confine” o in altre fattispecie, sei scatti ( pari al 15%) aggiuntivi sull’ultimo stipendio, promozione alla qualifica superiore per i dirigenti dal ultimo giorno di lavoro, possibiiltà di andare in pensione a 53 anni o anche meno dato che almeno 5 anni vengono regalati, il collocamento in ausiliaria che permemette di rivalutare la pensione come lo stipendio ecc. ecc.. Sarebbe interessante sapere quanto ci costano tutte queste norme di privilegio che si sono stratificate negli anni e che comportano un vero e proprio incentivo alla pensione infatti in pensione il poliziotto o carabiniere o finaziere o militare ecc. prende il 110% di quanto predeva in servizio.

  64. luca bianchi

    Ma la separazione tra assistenza e previdenza con la prima a carico della fiscalità generale? L’accorpamento di inpdap ed inps? Se poi chi lavora 40 anni da quando ne ha 15 o 16 e poi magari per qualche anno i bravi datori di lavoro li hanno retribuiti a nero? Sono davvero 40 gli anni? E poi i sindacati… La facciano finita di crearsi nuovi posti di lavoro ad hoc (fondi pensione) invece di chiedere gli aumenti di stipendio. La gente alla fine si arrabbierà e prenderà a calci nel sedere quelli che si sono fatti università, master etc. ed hanno creduto anche di lavorare (quando invece si sono divertiti..garantito!!). Un caro saluto.

  65. franzini rosangela

    Sto seguendo Brunetta/Cofferati su Servizio Pubblico: pensioni di anzianità ai privilegiati? I privilegiati sono quelli che per necessità hanno cominciato a lavorare a 14 anni in una fabbrica? Ma lui e quelli come lui cosa sono allora? L’unico che sino ad ora ha detto chiaramente che i 40 anni sono già superati dai 41 e tre mesi di finestra è stato Cofferati, 41 anni e tre mesi passati sotto il naso di sindacalisti consezienti e silenziosi. Vorrei precisare a Grochi che nel ’92 le pensioni di anzianità sono state già modificate passando dai 35 ai 40 anni di contributi.

  66. Luca

    Buona sera, entro direttamente nel merito con una domanda che mi affligge da diverso tempo. Non riesco a comprendere come mai da tutto il mondo della “controinformazione” e non solo ci sia un elogio quando si parla dell’innalzamento dell’età pensionabile. Non riesco a capire come mai si prendano sempre in considerazione come punto fondamentale gli anni fisici di una persona e non gli anni che la stessa ha lavorato. Quando una persona ha lavorato 35 anni e versato contributi per il mantenimento della sua pensione di sopravvivenza di altri 35 anni, mi sembra che facendo due conti della serva si arrivi a 90 anni di età. E quanto si può vivere ancora?

  67. piero g

    E così è arrivata la “maggior equità” Per me maschio nato nel 1952 significa dirmi: “hai iniziato a lavorare troppo presto – a 21 anni – potevi goderti la vita ancora per tre anni prima di iniziare! Ora sei già vecchio ma non sei nato nel 1951 (saresti già in pensione!) e quindi datti da fare fino al novembre 2015. Se ti godevi la giovinezza saresti andato in pensione solo un anno più tardi rispetto al tuo ancora lontano pensionamento”. E per le donne nate dal 1953 in avanti l’equità rispetto alle nate nel 52 ha dell’incredibile! PIERO G

  68. Ozel Giuseppe

    Per parificare i contributi da autonomo 1976 a lavoratore dipendente l’inps mi chiede per 9 mesi, 5100 €. Il mio ex capo del personale mi garantisce che per i contributi si versano (azienda e dipendente) circa 500-600 €, pertanto i conti tornano (ricordo che per quei mesi io ho versato). Dopo 40 anni è giusto dire che ho versato circa 250.000€ ?Se li mettevo nel TFR con rendimento 3% quanto avrei ora di capitale? L’aspettativa di vita per l’uomo è di 79 anni. Lo stato cosa deve integrare per un assegno di 1100-1200 € di pensione? Cosa c’è di sbagliato su tutto questo? Mi chiedo i miei soldi sono stati usati per l’assistenza di quelli che non hanno mai pagato? Non mi sembra giusto.

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