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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Cari lettori, grazie per i vostri numerosi e utili commenti. Cerchiamo di condensare le nostre risposte alle vostre domande qui sotto.

Altre voci di spesa. Abbiamo su questo sito e altrove proposto tagli ben più consistenti di altre voci di spesa a partire dalla riduzione dei compensi dei parlamentari ed alla riduzione a un terzo del loro numero. Essendo le pensioni il 40 per cento della spesa corrente primaria, non si possono esentare le pensioni da qualsiasi riduzione senza imporre tagli che pregiudicherebbero l’offerta di servizi sanitari o il funzionamento della scuola.

Superamento delle pensioni di anzianità. Una carriera lavorativa iniziata in giovane età porta certamente ad aver pagato contributi per molti anni, il problema è che al momento in cui quei lavoratori che ora hanno accumulato 40 anni di anzianità contributiva la vita media era molto bassa. Si è registrato un aumento “spettacolare” della longevità negli ultimi 20 anni e chi è andato in pensione (o sta andando in pensione)  in questi anni godrà di un numero di prestazioni sostanzioso. Occorre tenere conto di tutte le possibili situazioni occupazionali: se da un lato è vero che a volte pur aver contribuito per molti anni la pensione di anzianità risulta comunque di un livello basso, in media le pensioni di anzianità sono molto più alte (quasi il triplo) delle pensioni di vecchiaia (il dato non è nostro ma della Ragioneria Generale dello Stato e quindi dato ufficiale). E’ ovvio che se gli aggiustamenti fossero stati fatti per tempo sarebbero ora più equi,  indolori e sarebbero stati spalmati su più generazioni. Ma nella situazione attuale stiamo scaricando sempre di più il costo su pochi lavoratori giovani che stanno anche subendo i colpi di un difficile accesso al mercato del lavoro (è questo il punto centrale del nostro intervento). La nostra proposta si accompagna necessariamente a uno strumento di lotta alla povertà, quali il reddito minimo garantito, che dovrebbe essere completamente slegato dai requisiti pensionistici e, soggetto alla prova dei mezzi (per stabilire se si ha diretto al trasferimento si sommano tutti i redditi e si tiene conto della situazione patrimoniale del potenziale beneficiario). Il reddito minimo garantito dovrebbe essere accessibile a qualunque età (risolvendo quindi il problema di chi perde il lavoro prima del raggiungimento dei requisiti pensionistici e ha scarse probabilità di essere nuovamente occupato). Date le condizioni di finanza pubblica, si potrebbe però cominciare proprio dalle generazioni coinvolte dal superamento delle pensioni di anzianità. In questo contesto si terrebbe ovviamente conto dell’insieme delle prestazioni godibili dallo stesso individuo. Per quanto ciascuna di queste possa essere di importo limitato, la loro somma potrebbe raggiungere importi elevati.

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I costi dello status quo. Chi sostiene che bisogna lasciare tutto com’è dovrebbe chiedersi: cosa succederà se non facciamo nulla come molti auspicano? Quanto durerà il famoso “patto sociale”?

Finestre. Anche a noi non piacciono. Non sono mai piaciute. Ma di fronte alla crisi del debito facilitano la programmazione delle spese: in questi casi c’è un problema di cassa e non solo di competenza.

Le tabelle. I calcoli sono volutamente semplici (non c’è nulla di male nell’essere semplici) per poter enfatizzare delle differenze palesi nei risultati – per una elaborazione più completa si veda il nostro precedente intervento del 2009.

La lotta all’evasione fatta seriamente è un obiettivo prioritario. Siamo d’accordo con quanto i lettori scrivono a riguardo. Bene rimarcare, da questo punto di vista, che il metodo contributivo riduce fortemente l’incentivo ad evadere perché in tal caso la prestazione risulterebbe più bassa.

Domanda di lavoro. Le imprese dovranno esse stesse rendere possibile la occupabilità di una forza lavoro più anziana, è una responsabilità di tutti: non è possibile che nei momenti di crisi le imprese scarichino sulla collettività il problema occupazionale attraverso i pensionamenti anticipati o prepensionamenti. I lavoratori più anziani possono peraltro essere di grande aiuto nell’inserimento lavorativo dei giovani, fornendo loro formazione. E, come sostenuto nel nostro articolo, la riduzione della spesa pensionistica porterebbe a ridurre le tasse sul lavoro, creando lavoro per i più giovani.

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16 commenti

  1. Piero Atzori

    Devo ammettere che la proposta Boeri-Brugiavini è razionale, anche se troppo severa per chi va via con 62 anni. Lo ammetto, mio malgrado, perché essendo nato in marzo del 1952, sarò tra i più penalizzati. Tuttavia devo evidenziare che gli autori mirano solo ad un’equità tra generazioni. Un’equità verticale sacrosanta. Sta all’attuale governo perseguire anche la necessaria, indispensabile equità orizzontale, ossia sta al Governo ridurre le situazioni di privilegio dovute a emolumenti assurdi, quali, ad esempio, quelli dei parlamentari, europei e nazionali, e dei consiglieri regionali. Capisco che tale riduzione la si farà in seconda battuta, per ovvie ragioni strategiche, ma l’importante e che la si faccia al massimo il giorno appresso aver operato la stretta sulle nostre povere pensioni. Povere, in quanto poveri sono gli stipendi sulla base dei quali si calcolano, in relazione a quelli europei. Mi pare poi quanto mai necessario un contributo di solidarietà esteso a tutte le prestazioni passate per ridurre le sperequazioni.

  2. Paolo Rizzoli

    Carissimi Boeri e Brugiavini, mica ve la siete cavata con queste risposte… Non avete risposto a nulla e avete glissato le ragioni dei lettori. Sull’In inps attivo e con patrimonio di 45 miliardi con sistema Previdenziale sostenibile, non c’è ragione che tenga. Sul 33% di contributi rispetto al 19% dei Tedeschi o al 16% come i Francesi, non c’è ragione che tenga. Sulla divisione fra Previdenza dall’assistenza, non c’è proprio ragione che tenga! Sui comparti in passivo (Dirigenti,Autonomi,Coltivatori,Telefonici,Elettrici,Clero), mantenuti dai dipendenti e parasubordinati, non c’è ragione che tenga. Su chi ha cominciato a 14 anni a lavorare e versare volete far versare 52 anni di contributi? Su chi lavora in nero per tutta la vita e non ha mai versato contributi a 65 anni richiederà a gratis una Pensione sociale di 450 €, zitti! Sul Sistema Contributivo che fa il contrario del Retributivo, ovvero darà molto di meno di quanto si è versato,zitti! Di come alzare l’età al pensionamento insieme all’introduzione immediata del contributivo , abbia a far valere in qualche modo un beneficio sui giovani,zitti! Se le regole sono valide per tutti (Giovani & Padri) non capisco come le condizioni dei figli saranno più favorevoli… anche i Padri peggioreranno le loro condizioni.

  3. antonio

    Parto dall’assioma non dimostrabile che io, 57 enne ho una aspettativa molto alta (secondo me stanno raggiungendo età elevate le persone nate negli anni venti e trenta, è tutto da dimostrare che noi nati negli anni 50 avremo la stessa fortuna) ma non sarebbe comunque giusta una gradualità nell’ innalzamento del limite minimo di contribuzione? Questo è già passato in pochi anni da 35 a 41 e tre mesi, ora si vorrebbe cancellarlo del tutto. Penso che qualunque lavoro (e non solo quello di un operaio e una maestra d’ asilo) possa essere usurante se fatto per 41 anni, e chi come me, ha iniziato a venti anni dovrebbe aspettare i 63 anni per una pensione decurtata, cioè lavorare 43 anni ed essere pure gravemente penalizzato. Ritengo, comunque giusto, penalizzare le pensioni, ma di tutti, non solo delle persone della mia età, e solo per la quota eccedente 5 o 6 volte l’ assegno minimo ,che potrebbe essere la quota dell’ agiatezza. Quando si smette di lavorare il tetto massimo di una pensione (giornalista,magistrato,deputato), non dovrebbe superare i 4000 euro, allora si che ci sarebbero le risorse per i giovani, ma non costringete i lavoratori a usurarsi per 43 e passa anni.

  4. FERDINANDO PICCINI

    Finalmente vedo che viene presa in considerazione che “le imprese dovranno rendere possibile l’occupabilità” ai 60enni “Come renderla possibile? Per esempio se non lo facessero penalizzando loro con un contributo aggiuntivo di penalizzazione ed allegando alla domanda di pensione presentata dal lavoratore la lettera giustificativa del recesso al lavoro ( volontaria del lavoratore,che avrebbe una riduzione , o di dimissioni per volontà del datore di lavoro.) In questo caso i 40 anni di contribuzione debbono valere per il pensionamento immediato. In caso contrario come si vive senza stipendio e senza pensione?

  5. Olcese Giobatta

    Non sono molto d’accordo sulle pensioni di anzianita. dopo 40 anni di lavoro scusate con la nuova legge 41 e 7 mesi non sono queste a pesare . che colpa ha una persona che ha iniziato presto forse era meglio non fare niente uno inizia a 20 anni e sognava di andare a 55 con 35 anni cambiata una legge gli diciamo 60 grazie a tutti gli economisti . nel frattempo facciamo andare a 53 anni per la crisi dell’editoria le banche con gli scivoli, l’industria per prepensionamenti. Ma con 40 anni di vesranenti non ti lasciano andare.

  6. UMBERTO

    Vorrei suggerire di porre la massima attenzione affinchè la riforma pensioni che il governo Monti si accinge a varare, non diventi un olocausto sociale. In particolare per quei lavoratori che sono tra i 53-55 anni, si trovano già in cassa integrazionene e/o mobilità, o addirittura sono dipendenti di aziende in procedura concorsuale. Lavoratori che per età anagrafica e mercato del lavoro non sono più riciclabili. Già la legge 122/10, all’art.12 per la prima volta non tutelava chi già era in difficoltà occupazionale, introducendo una discriminazione mostruosa, in quanto proteggeva solo un ridottissimo numero di lavoratori in mobilità. Spero non solo, che sia cassata quella norma, ma anche, che la nuova contenga quei principi di tutela ed equità che dovrebbero essere alla base dell’azione del nuovo governo. Grazie Umberto M. cassintegrato, a breve in mobilità.

  7. anma

    In base alle stime i dati possono variare anche significativamente. Come ordine di grandezza segnalo, come elemento di ulteriore approfondimento, che ad una “ricchezza pensionistica lorda” di circa 300.000 euro da voi calcolata si confrontano contributi pensionistici rivalutati (peraltro non generosamente) di circa 600.000 euro. Al netto della componente assicurativa (infortuni, ecc. ecc.) il sistema previdenziale è, ad oggi, in attivo per lo stato. Il problema è quindi assistenziale e non previdenziale. E’ giusto continuare a lasciare l’assistenza a carico dell’inps?

  8. antonio

    Ho 57 anni e 37 di contributi, il lavoro che faccio è fonte di enorme stress e per me usurante,e, vedo sempre piu’ allontanarsi la data del pensionamento , si aprirà la mia finestra , secondo quando si prospetta, fra 5/6 anni con 42/43 anni di contributi , avendo questo bel regalino;dopo una vita di duro lavoro di pendolare mi toccherà una decurtazione enorme, tutta la mia pensione calcolata con il contributivo, cio’ per un povero stipendio medio di 1500 euro potrebbe significare anche un 30% in meno sul calcolo della pensione, cioè fare la fame. E’ questo il giusto patto generazionale? A me pare una rapina, alla mia età non posso piu’ crearmi una pensione integrativa e questo passaggio in toto al contributivo mi sembra inaccettabile. Diverso ed equo sarebbe il contributivo pro rata, a partire dal 2012,ma ancora piu’ giusto e sostenibile sarebbe lasciare in pace i prossimi pensionandi. La vera e più equa riforma che può generare risorse per i giovani e le donne è una riforma fiscale che rimoduli le fasce di tassazione Irpef, troppo semplificate dai precedenti governi imponendo una maggiore pressione per i redditi elevati.

  9. liliana palermo

    Perchè non vi esprimete sul problema fondamentale della divisione tra previdenza e assistenza? La seconda deve gravare su tutti, non solo sull’inps…

  10. Ermes Zanoli

    Mi dispiace, ma il commento di risposta non mi convince, Vi chiedo: ricordate la scala mobile “anomala” (recuperava l’inflazione) tolta per il bene comune e la solidarietà dove è andata a finire? Poi vi ricordate il fiscal-drag? non se ne parla più dov’è andato a finire? E noi pagheremo come sempre. Spero in Dante.

  11. Luigi De Romanis

    Oltre al tagilo delle pensioni, “altre voci di spesa” sarebbero state ipotizzate per incentivare la crescita ? Ebbene iniziamo da quelle. Ad esempio:
    • tassare adeguatamente i capitali scudati • lotta dura all’evasione fiscale e contributiva
    • dimezzamento dei parlamentari
    • abolizione dei vitalizi dei parlamentari
    • eliminare le province
    • taglio delle spese militari
    • tassazione sui grandi patrimoni.

    Si è detto che verso i capitali scudati c’è un patto da rispettare sull’anonimato e sulla sanatoria tombale…meglio non rispettare il patto con i futuri pensionati! Ricomincia la favola del patto fra generazioni.  Si vuole innescare la solita guerra fra poveri: i padri contro i figli;  anche un po’ cinica come scusa !Se la vita media è aumentata, come i polli di Trilussa, cosa dire ad un prossimo pensionato affetto da malattia oncologica o ad un handicappato grave o a chi è già disoccupato per un esodo incentivato, in vista della pensione? Ecco la risposta: c’è l’indennità di disoccupazione per tutti ! Ma noi non vogliamo l’elemosina, vogliamo la nostra pensione promessa e già modificata tre volte in 15 anni ! E neppure si abolirebbero le finestre. Ma questa proposta l’ha scritta l’avv. Ghedini ?

  12. antonio migliorini

    Le ambiguità dell’attuale dibattito visto da un lavoratore dipendente: 1) se si tratta di reditribuire i benefici pensionistici allora non dovrebbe esserci risparmio per lo Stato. Se c’è, significa che stiamo ancora penalizzando questi lavoratori: se serve lo si faccia, ma lasciamo stare termini come privilegiati, etc. 2) Andare in pensione dopo o lavorare di più? Non conosco imprenditori che vogliano dipendenti con oltre 60 anni (per la verità anche sopra i 50), e le grandi aziende continuano a incentivare gli esodi. Conclusione: il capitale si rifiuta di prendere atto che la vita media è aumentata. Senza la riscrittura di un grande patto sociale, come fu quello dell 8 ora 100 anni fa, diversamente stiamo per creare una gigantesca area di inoccupazione nella parte finale della vita lavorativa, con pochi contributi e pensioni finali basse. Mi pare una follia. 3) Il sistema retributivo è una parziale ricompensa per uno stipendio lordo iper tassato e che non lascia spazio a vere contribuzioni per pensioni/assicurazioni integrative: non è giusto intervenire solo su questo aspetto verso chi sopporta quasi tutto il carico della fiscalità generale.

  13. Roberto

    Cari amici, il tema delle pensioni non può e non deve essere relegato al mero calcolo algebrico o a formule standard. Le donne e gli uomini che lavorano in ambiti diversi non possono andare in pensione con gli stessi parametri. Immaginate un artigiano, che sia esso murature, idraulico, carpentiere, o un operaio che lavora su turni avvicendati, che espletano lavori disagiati, esposti a sollecitazioni di ogni genere che devono andare in pensione come un lavoratore impiegato di banca, delle poste, dello stato. E’ impensabile. Il sistema pensionistico, prima che incardinato sui soli costi, deve implementarsi delle variabili che conteplino il percorso lavorativo dei futuri beneficiari. Solo in questo modo, lo stato republicano, può garantire giustizia economico sociale (chi andrà in pensione con il contributivo subirà un taglio della pensione rispetto allo stipendio di circa il 40% ). Diversamente operando, e quindi basandoci solo sulla “cassa”, ci troveremmo ad essere governati dai numeri e non più dai bisogni della popolazione. Con affetto e stima, Roberto

  14. Luigi Di Costanzo

    Leggo il vostro sito da un po’ di tempo e dall’arrivo del governo Monti mi sono immaginato che il nuovo ministro Elsa Fornero vorrà rimettere in movimento la discussione sulla flessibilità dell’età di pensione. Appartengo alla larga schiera di coloro che nel corso della vita lavorativa hanno cambiato attività, prima dipendente e poi autonomo. Rientro nel c.d. sistema misto (7 anni dipendente + 22 autonomo). Pochini per una pensione decente. Ma se si decidesse di “premiare” coloro che andranno in pensione dopo i 65 anni (tipo modello danimarca, Uk ed altri, con incentivi per ogni anno di rinvio) si potrebbe consentire a chi come me ha prospettive di pensione molto magre, di rinviarla secondo equi principi di demografia. Potrei avere il vostro autorevole parere? Grazie, Luigi

  15. Giuseppe Maghenzani

    Cosa c’è dentro una pensione di ‘anzianità’ di un artigiano o di una partita IVA? Ecco il conto, assai diverso da quello che appare sulle più auterevoli testate: – l tfr, la mobilità e la cassa integrazione che non ci sono stati – l’assegno di disoccupazione che non c’è stato – le ferie pagate che non ci sono state; – l’ospedale, la maternità e la malattia che non ci sono mai state perché -in caso qualcuno non lo sapesse- la partita IVA, uomo o donna che sia può solo aprire o chiudere, mai stare in stand by o, peggio, partorire. Ecco perché gli artigiani pagano una aliquota più bassa. Tutti noi paghiamo poi ‘contributi’ e non ‘premi’, dizione significativa: Il premio copre il 100% della prestazione , il ”contributo’ solo una percentuale . Vale a dire che è lo Stato a dirci che, come paga la Cassa Integrazione di Termini alla Fiat., paga la pensione in quanto welfare, non computabile sulla base del mero versato. Detto queso, d’accordissimo sulla necessaria sostenibilità. Ma smettiamola con la storia dell’età: se a 70 anni basteranno 40 anni di contributi per godere di una pensione X, a 60 anni con gli stessi contributi si dovrebbe godere di pensione Y con una % in meno. O no?

  16. Testoni Rosalina

    Vorrei chiedere una informazione: nel sistema retributivo, la differenza tra la pensione ricevuta e i contributi versati da chi è pagata? Dall’Inps o dalle casse dello stato, cioè da tutti noi contribuenti? Perché dite che le pensioni pesano per il 40% sul bilancio dello stato? Grazie, attendo una spiegazione. Tanti saluti

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