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SE UN PATROCINIO NON SI NEGA A NESSUNO

Dalla sagra strapaesana alle ricerche di mercato più improbabili: comuni, province e Regioni non lesinano denaro in sponsorizzazioni, patrocini e contributi. La normativa prevede la pubblicazione successiva della spesa sostenuta, ma non esiste una rilevazione nazionale del volume delle risorse erogate. E finora i tentativi di limitare le spese di rappresentanza hanno solo creato grandi polveroni. Eppure un totale divieto permetterebbe di risparmiare centinaia di milioni di euro. A quanti punti di pressione fiscale locale in meno potrebbero equivalere?

Negli ultimi mesi, di tagli alle spese si è parlato molto, ma fatto ben poco. La manovra-Monti ha operato prevalentemente sul lato delle entrate. Scelte connesse a riduzioni di spese improduttive se ne sono viste ben poche. Anche perché occorre, ovviamente, autonomia di giudizio e coscienza nel riconoscere come tali quelle dalle quali, molto spesso, derivano consensi e voti. E delle quali la politica non riesce a fare a meno. Nonostante la presenza di un governo “tecnico”.

IL FLUORILEGIO DEI CONTRIBUTI

Una recente inchiesta dell’Espresso, intitolata “Cento caste, uno spreco”, riporta un florilegio di decine e decine di esempi di contributi erogati da Regioni, province e comuni per le finalità più criticabili. (1) Soprattutto in tempi di grave crisi. L’articolo cita situazioni che agli operatori degli enti locali sono, purtroppo, ben note: dal contributo per la sagra strapaesana, all’erogazione finanziaria per ricerche di mercato o iniziative di comunicazione, dal sostegno al raduno, al finanziamento di eventi culturali improbabili, fino ai contributi a manifestazioni cittadine o da strapaese con bancarelle espositive e di vendita.
entità dei contributi è la più varia: dalle poche alle centinaia di migliaia di euro, spese senza alcun effettivo controllo non tanto del processo di spesa, quanto dell’utilità della stessa.
Unico “baluardo” per controllare questo fiume di denaro che gli enti territoriali continuano a spendere in lungo e in largo sarebbe l’articolo 12 della legge 241/1990, norma annoverabile tra le più inefficaci e inutili mai emanate dal legislatore, secondo la quale occorre pubblicare in via preventiva i criteri e le modalità per erogare i sussidi pubblici. Tuttavia, spessissimo tali criteri non risultano esistere o si limitano ad attribuire agli organi politici la piena discrezionalità nello scegliere se, a chi e per quale somma erogare i contributi: il che equivale all’assenza effettiva di qualsiasi criterio.
Nonostante la normativa preveda la pubblicazione successiva della spesa complessivamente sostenuta, non risulta esistere una rilevazione nazionale del volume delle risorse erogate per contributi. Insomma, nessuno è in grado di stabilire quanto gli enti territoriali (ma anche lo Stato) spendano in un anno a questo titolo.
In merito, legislatore e Corte dei conti hanno dimostrato di avere le idee estremamente confuse. L’articolo 6, commi 8 e 9, del decreto legge 78/2010, convertito in legge 122/2011, ha provato a mettere il naso sulla questione: la spesa per “relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza” è limitata al 20 per cento di quella sostenuta nell’anno 2009 per le medesime finalità e si vieta del tutto la spesa per sponsorizzazioni.
La norma è servita solo a creare un immenso polverone. Le sezioni regionali della Corte dei conti hanno dimostrato di avere concezioni diverse e inconciliabili del concetto di sponsorizzazione e di spese per relazioni pubbliche, creando con i loro pareri un inestricabile reticolo interpretativo che, alla fine, consente di effettuare in ogni caso le spese per contributi, visto che sostanzialmente per “sponsorizzazioni” pare debba intendersi il vero e proprio contratto privatistico, col quale, nei fatti, mai si regolano le erogazioni a fini di contributi.
Sfugge del tutto, dunque, un controllo generale sull’efficacia della norma che avrebbe voluto tagliare dell’80 per cento la spesa.
È possibile provare a stimare molto all’ingrosso il volume di spesa come emerge dalla seguente semplice tabella:

Anche rimanendo estremamente prudenti sulla media delle spese per contributi, si arriva facilmente a superare il miliardo di euro, la gran parte dei quali ricadente sul sistema degli enti locali e, in particolare, dei comuni. Probabilmente, la spesa globale per contributi relativi a iniziative come quelle esemplificare da L’Espresso è anche significativamente più ampia.

LE TASSE DEI COMUNI

Alcune considerazioni, allora, si impongono. Nel rapporto costi-benefici, occorrerebbe chiedersi quanto negativamente incida sulla comunità l’incremento di tasse regressive, che cioè colpiscono di più i redditi più bassi, come Iva e accise sulla benzina, rispetto all’eventuale diminuzione o eliminazione della spesa per contributi tipo sagra della pizza.
Sarebbe da tenere in altissima considerazione la possibilità di risparmiare centinaia di milioni di euro, se non miliardi, rinunciando del tutto anche se per un breve periodo, diciamo tre anni, a spese di questo genere, modificando le disposizioni dell’articolo 6, commi 8 e 9, della legge 122/2010 spiegando chiaramente il totale divieto di contributi e patrocini, oltre che di sponsorizzazioni, salvo che per eventi di rilevanza storica, culturale e internazionale paragonabili al Palio di Siena. Gli enti locali dovrebbero essere contestualmente obbligati a tracciare il risparmio forzoso di queste spese, investendo la media di quanto dedicato nei tre anni precedenti a tale titolo al rimborso dei prestiti accesi, così da ridurre effettivamente l’indebitamento. Obiettivo che dovrebbe essere primario e fondamentale.
I sindaci dei comuni saranno a breve chiamati a riattivarsi per introitare la nuova Imu anche sulla prima casa, con costi molto più alti per effetto della rivalutazione delle rendite catastali. Probabilmente, per ottenere effettivi benefici per le casse comunali dovranno alzare il livello medio di imposizione dello 0,4 per cento. Sarebbe opportuno chiedersi, in vista di manovre tributarie di questo genere, quanti punti di pressione fiscale locale potrebbero essere risparmiati col contenimento di costi per contributi di discutibilissima utilità che, pure, si continuano a spendere a profusione.

(1) L’Espresso n. 52/2011, pagina 38.

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MA L’ENTRATA È ANCORA REGOLAMENTATA

  1. ROBERTO BACENETTI

    Di questo articolo bisognerebbe fare un manifesto da sottoporre a qualsiasi amministratore che voglia aumentare le tasse!
    La pubblica amministrazione deve costare MENO.
    Siamo in un periodo di estrema difficoltà, le risorse devono essere spese MEGLIO ( non dico BENE perchè sarebbe troppo bello).
    Mi preoccupa che con l’introduzione dell’IMU l’andazzo peggiori.
    Io proporrei di vietare qualsiasi consulenza da parte della pubblica amministrazione, deve fare coi propri dipendenti; forse nelle assunzioni si cercherebbe la professionalità più che l’appartenenza

  2. Luca Buccellato

    Permettetemi di segnalarvi la delibera numero 7 del 21 marzo scorso emanata dalla Corte dei Conti – Sezione regionale di controllo della Toscana, con cui la stessa Corte ha reso nota la sua posizione in merito alle spese per sponsorizzazione, affermando che il divieto di cui all’art. 6, c. 9, della Legge 122/2010 si rivolge ai patrocini che comportino spese per l’ente locale, intendendo per tali il sostegno economico diretto (finanziario) o indiretto (riduzione del canone di concessione di un’area o un immobile, utilizzo gratuito di beni dell’amministrazione, presenza del logo del Comune sul manifesto di pubblicizzazione dell’iniziativa), da parte del soggetto pubblico (patrocinante) che sostiene l’attività condotta dal soggetto privato o pubblico realizzatore, conferendo in tal modo una sorta di “investitura d’interesse pubblico” all’iniziativa proposta. A parte la presenza del logo del Comune sui manifesti (che non capisco quale onere, anche indiretto, possa comportare), per il resto condivido la posizione della sezione toscana e nel mio comune l’abbiamo fin da subito rispettata. Luca Buccellato – Assessore al bilancio del Comune di Monsummano Terme (PT)

  3. Raffaele Grillo

    L’analisi puntuale ripotata non tiene pero’ conto di un’altra rilevante voce a carico del sistema pubblico, tipica in caso di patrocinio: le esenzioni. Si tratta annualmente di mancati incassi per imposte di pubblicita’ o altri agreement consentiti a coloro che potevano fregiarsi del patrocinio.

  4. michela valentini

    Il settore del turismo è, alcune volte, più avanti di altri. Sì perché ha ragione Olivieri, si spende tanto in feste, sagre e eventi. E normalmente queste voci vengono giustificate proprio in nome del turista. A parte il fatto che la gran parte di queste occasioni producono solo fenomeni di escursionismo (ovvero NON generano pernottamenti) credo che il problema sia capirne l’efficacia. Ed è qui che il turismo è più avanti, perché esistono Amministrazioni che in questo settore hanno sviluppato metodologie avanzate di monitoraggio e verifica dei risultati. Su questa base sanno dire No, se l’evento da sostenere non rende un bel niente; sanno dire Sì se viene dimostrato il suo impatto (economico, sociale e anche ambientale). Il bello è che non ci possono essere i “Ni” (cioè “non posso escluderti, ma ti dò poco”). Ed i “Ni” moltiplicati per tutti i comuni italiani diventa un’immensità di euro senza risultato utile. La valutazione dei risultati non è pratica molto diffusa, ma credo si debba imparare da chi sa selezionare. Eliminare è più facile e non stimola a fare meglio, sapere scegliere diffonde la cultura del risultato e comprova che può esistere l’efficienza delle Amministrazioni.

  5. marco

    Il governo dovrebbe risolvere a mio giudizio tre guai nazionali; risolti quelli l’Italia rinascerebbe e si potrebbero abbassare le tasse requilibrarle verso i ceti medio bassi e migliorare i servizi. Parlo dell’evasione fiscale, della corruzione e della spesa pubblica; molti dei nostri amministratori, uno volta eletti, spendono e spandono per accontentare le lobby e gli interessi di partito e di amici, oltre che per incompetenza; è uno schifo! Dovrebbe essere l’opposto, dovrebbero essere i comuni a cercare sponsor per coprire i costi degli eventi! Segnalo che un altro scandalo è quello dei rimborsi elettorali ai partiti e dei fondi all’editoria- Il isistem giusto è quello utilizzato dalla voce.info- se volete che continui ad esistere fatemi un’offerta…..

  6. Andrea S.

    Sostengo questa cosa da tempo, ma parlando con persone che hanno ricoperto ruoli amministrativi in paesi medio piccoli mi dicono che si ucciderebbe l’attività culturale del paese. Mi sembra che la questione di fondo sia stabilire cosa si intenda per cultura. La sagra della rana fritta è cultura? Il lancio dell’uovo è cultura? Forse per qualcuno che ama vestirsi di verde si.

  7. roberto

    Lavoro in un ente locale e spesso assitiamo all’attribuzione di incarichi per attività di studio e/o consulenza che gridano vendetta, mortificano le professionalità interne che hanno spesso già svolto l’attività di studio propedeutica alla realizzazione di un progetto, troppo spesso puntale arriva dall’alto l’indicazione di procedere con trattativa diretta all’assegnazione di questo o quell’incarico senza uno straccio di indagine di mercato o di verifica della sua utilità, le società di consulenza amiche dell’assessore di turno volteggiano e si susseguono ad ogni cambio di amministrazione. purtroppo gli obblighi sulla trasparenza dei dati sono ancora troppo fumosi, occorre pubblicare dati immediatamente comprensibili circa contenuti, finalità e costi degli incarichi assegnati a soggetti terzi, in maniera che per gli amministratori e i dirigenti sia difficile nascondersi dietro l’attuale diffusa opacità

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