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QUANDO IL POLITICO CINGUETTA

In modo goffo e prudente, i politici degli Stati Uniti sono stati i primi a usare Twitter per comunicare con elettori e opinione pubblica. Da qualche mese anche gli italiani: circa metà dei nostri deputati ha un account di Twitter, ma le modalità sono simili a quelle dei colleghi americani. Il profilo tipico del deputato utilizzatore è: di centro o centrosinistra, giovane, uomo. L’adozione del mezzo da parte della politica è dunque in una fase iniziale, in cui i meccanismi d’uso non sono ancora consolidati e l’apprendimento è in corso.

 

La diffusione di Twitter non interessa solo il sistema dei mezzi di comunicazione, propriamente detto. Ha un grande potenziale anche nel mondo della comunicazione politica. E anche qui si può già formulare un primo giudizio. Nel caso di Twitter politici, imprese e organizzazioni devono gestire un ambiente comunicativo in cui diventa necessaria la risposta immediata a una diffusione virale di informazioni o di un’inchiesta che li riguardi. Anche per il minor ruolo delle gerarchie interne, questo ambiente ci sembra capace di rendere più responsabili i vari soggetti nei confronti di elettori, consumatori e altri stakeholders.
 
UN CONTATTO DIRETTO
 
Il 4 dicembre 2011, il sindaco di Bari Michele Emiliano, invitato all’incontro tra Mario Monti e le parti sociali sulla manovra finanziaria, tramite cinguettii continui ha informato in tempo reale i propri seguaci su quale sarebbe stato il contenuto del provvedimento del governo. I seguaci di Emiliano hanno ritwittato le informazioni ai propri follower e così via, cosicché ben prima della conferenza stampa ufficiale si sapeva già molto sul cosiddetto decreto “salva Italia”. Anche troppo: la prossima volta Monti potrebbe pensare bene di ritirare i cellulari dei propri interlocutori, come a scuola. Il secondo caso riguarda la morte di Oscar Luigi Scalfaro, avvenuta domenica 29 gennaio: la notizia si è diffusa su Twitter almeno due ore prima rispetto ai lanci di agenzia e alla pubblicazione sui siti internet tradizionali.
Chiunque abbia un interesse personale o istituzionale alla comunicazione può trovare conveniente l’utilizzo di Twitter, sia esso un’azienda, un ente pubblico o un uomo politico. La capacità di comunicazione immediata mette in contatto diretto leader e strati bassi dell’organizzazione, erodendo il ruolo degli apparati nei partiti e del middle management nelle aziende. Ma la possibilità di feedback immediato, insieme con l’incontrollabilità e l’imprevedibilità che caratterizza i social media, richiede ai leader nuove capacità. Infatti, se una risposta sbagliata o uno scivolone viene ritwittato immediatamente in modo virale, può derivarne una rapida perdita di consenso e di credibilità.
I politici sono dunque quasi obbligati ad adottarlo, ma secondo una ricerca la maggior parte dei membri del Congresso Usa utilizzano Twitter per rimandare agli annunci fatti sui propri siti, quindi in un modo goffo e prudente. (1)
 
COME LO USANO I POLITICI
 
Se ci focalizziamo sui politici, anche l’adozione medesima di Twitter ha un carattere esponenziale. Un recente studio sui membri del Congresso americano mostra come la velocità di adozione di Twitter dipenda positivamente dal successo di chi l’ha adottato in passato, così come si può evincere dal numero medio di seguaci per cinguettio (“follower per tweet”). A questo proposito è interessante notare come l’aspetto globale conviva qui con l’aspetto locale: per un dato membro del Congresso la velocità di adozione di Twitter è significativamente più sensibile al successo, in termini di seguaci, ottenuto dai membri del congresso che provengono dallo stesso stato: un meccanismo di concorrenza imitativa?

E in Italia? Abbiamo raccolto in maniera sistematica dati sull’utilizzo di Twitter da parte dei deputati italiani. Rispetto al Congresso Usa, nel nostro parlamento la penetrazione è minore perché, al 9 di febbraio 2012, solo 304 dei 629 deputati hanno un account Twitter, ma il processo di diffusione risulta relativamente simile.
Si veda il grafico sottostante: il picco di iscrizioni è avvenuto nel novembre 2011, con 35 iscritti. A ruota segue dicembre 2011, con 32 iscritti. In ottobre si erano iscritti in 18. Facendo i conti, nell’ultimo trimestre 2011 si sono iscritti quasi un terzo (per l’esattezza il 28 per cento) dei parlamentari che sono membri di Twitter. Molti deputati hanno dunque seguito l’onda della diffusione e della visibilità del social media, come indicato dal grafico precedente.
Nei partiti di centro la penetrazione è maggiore, anche superiore al 60%, con l’UDC che ha un’anzianità media nettamente inferiore agli altri perché il grosso delle adozioni sono più recenti. Nei due partiti maggiori la penetrazione è più bassa, ma i deputati del PD fanno un uso intenso del mezzo con quasi un tweet al giorno per ogni deputato attivo (livello simile a IDV e in parte a UDC). Per quanto riguarda il numero di follower il primato dell’UDC è influenzato dal numero ridotto dei deputati e dal forte peso relativo del leader. Nel caso del PD invece i 2028 follower medi sembrano influenzati dall’intensa attività di cinguettio.

Per analizzare meglio l’adozione e l’uso di twitter abbiamo provato a incrociare questi dati con le caratteristiche personali dei deputati stimando una serie di regressioni in cui le variabili dipendenti sono l’adozione di Twitter, il numero di follower, e il numero di tweets.  L’adozione cresce al calare dell’età. Per ogni anno in meno di età anagrafica la probabilità di utilizzare il mezzo cresce di quasi l’1%. Twitter si conferma poi un mezzo prevalentemente maschile: stimiamo una probabilità minore da parte delle donne di circa il 16% (a differenza di quanto sembra accadere con Facebook).  Il risultato può essere influenzato anche dalla disomogeneità per genere della composizione del parlamento. Relativamente ai partiti, la Lega appare la più refrattaria al nuovo mezzo (i deputati leghisti hanno una probabilità di adozione più bassa del 15%), mentre l’appartenenza all’UDC alza  in modo statisticamente significativo sia l’adozione che il numero di tweet.

I risultati più interessanti sono forse quelli negativi. A differenza di quanto ci si potrebbe aspettare il fatto di essere almeno laureati non è correlato in modo significativo con l’adozione e l’uso di Twitter. E lo stesso accade per condizioni lavorative elevate (abbiamo testato per avvocati, giornalisti, professori universitari e imprenditori). Anzi: per i parlamentari  avvocati c’è un ritardo di adozione statisticamente significativo. La loro anzianità sul mezzo è di 126 giorni inferiore alla media (significativo al 95%).
Infine il parametro più consolidato nelle analisi internazionali, cioè il numero di follower per ogni tweet, non ha rapporti significativi con nessuna delle variabili di controllo, a riprova che l’adozione del mezzo da parte della politica è ancora in una fase iniziale, dove i meccanismi d’uso non sono ancora consolidati e l’apprendimento è ancora in corso.

(1) Feng Chi e Nathan Yang [2011]. “Twitter Adoption in Congress” Review of Network Economics 10(1). Disponibile qui: http://mpra.ub.uni-muenchen.de/27170/1/twitteradoption_071110.pdf

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LA RISPOSTA DEGLI AUTORI

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LA SCELTA GIUSTA PER BOLOGNA

  1. Giuseppe

    Probabilmente gli Autori non considerano il fattore tempo. Chi svolge attività importanti e molto impegnative, come avvocati, giornalisti , professori universitari, imprenditori e altri ancora, avendo poco tempo libero a disposizione, preferisce utilizzarlo diversamente piuttosto che cinguettare on line. La affermazione della propria indidualità avviene mediante un’intensa e apprezzata attività lavorativa. E il PC e la rete sono visti come strumenti del loro intenso lavoro. Quindi Twitter, Facebook e tutto il mondo dei blog o microblog, rischia di diventare punto di incontro per masse di mediocri che hanno molto tempo libero da riempire. Come ho avuto modo di sperimentare, con le dovute inevitabili eccezioni.

  2. Fabrizio

    Premetto che l’argomento è a mio parere molto interessante, soprattutto per quanto riguarda l’analisi finale. In alcuni casi, non concordo però con l’interpretazione. Esempio: è interessante sapere che PD e IDV sono significative (al 10%!) per la terza regressione quando nessuno dei due partiti ha un coefficiente significativo sull’uso di twitter?. E’interessante sapere che l’anzianità media degli avvocati è inferiore alla media, quando la stessa professione non è significativa per nessuna delle tre regressioni?Si potrebbero aggiungere altre variabili: presenza su altri social media (e.g Facebook), anzianità parlamentare, posizione all’interno del Partito(quadro, membro della segreteria), provenienza geografica.

  3. SAVINO

    Non voglio neanche immaginare che cosa sarà l’Italia del dopo-Monti. Calato lo spread, messa in salvo la situazione per il rotto della cuffia, ciclicamente fra 6-8 anni ci sarà di nuovo bisogno di un Governo tecnico. I politici italiani sono solo dei perdigiorno, che si mettono a giocare con twitter e facebook neanche se fossero dei ragazzini, anzichè approfondire con delle letture dei grandi classici del pensiero e dell’economia, al fine di trovare, ragionando, una soluzione per uscire da questa palude.

  4. Osvaldo Forzini

    Sono piuttosto d’accordo col commento del sig. Giuseppe. Aggiungo che – se non sbaglio – i messaggi Twitter hanno uno spazio massimo di 140 caratteri. Tempo fa ho letto su un giornale cattolico che l’uso dei tweet nel loro ambito aveva il pregio che “abituava ad andare al cuore delle cose”, la sintesi insomma, evita le parole inutili… (avvisate i preti che la piantino con l’omelia, che spreco di parole e concetti!.. stringere, riassumere..) Beh, chiamamola sintesi: io ritengo essere tra i non più moltissimi “capaci” di fare un ragionamento “complesso” così come è complesso il mondo, e con 140 caratteri di solito non riesco ad esaurire nemmeno le premesse.. se questo è il nuovo modo di ragionare, preferisco quello remoto. In genere mi sono insufficienti anche i 1200 caratteri che mi concede La Voce 🙂 grazie. ps – altro “baco” del modo di funzionare del web è la “rapidità” direi compulsiva con cui si risponde: poche righe, ma “subito”. Ah, com’è sano lasciare passare una mezz’ora almeno..

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