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BILANCE DEI PAGAMENTI: L’EUROSISTEMA NON BASTA

Gli squilibri nelle bilance dei pagamenti di parte corrente dei paesi europei non sono stati un problema finché i mercati finanziari hanno ritenuto che l’appartenenza stessa all’area euro garantisse la solvibilità degli stati membri. Tutto è cambiato con la crisi finanziaria. Gli interventi della Bce hanno riportato la calma, ma la possibilità di ricorrere all’Eurosistema ora sembra esaurita. Nel lungo termine la sopravvivenza dell’euro dipende dal superamento degli squilibri strutturali e dunque dalla riduzione del divario di competitività accumulato con Germania e Olanda.

Da quando è stato introdotto l’euro, gli squilibri nelle bilance dei pagamenti di parte corrente dei principali paesi si sono vistosamente ampliati. Vi sono paesi strutturalmente in surplus (Germania, Olanda, Austria, Finlandia) e altri strutturalmente in deficit (Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia).

I CONTI TARGET 2

L’evoluzione dei saldi aggregati delle partite correnti è stata la seguente (miliardi di dollari, dati Ocse):

Anche se l’area euro nel suo complesso è grossomodo in pareggio (per le partite correnti), squilibri così ampi e crescenti tra paesi dell’Unione monetaria pongono ovviamente il problema della sostenibilità del sistema.
Prima dell’euro, ciascun paese poteva accumulare disavanzi di parte corrente senza perdere riserve valutarie solo se riusciva ad attirare sufficienti capitali dall’estero: il “vincolo estero” dipendeva dal giudizio dei mercati internazionali sull’affidabilità del paese. Con l’introduzione dell’euro pareva che il vincolo fosse superato; i mercati finanziari ritenevano che l’appartenenza stessa all’area euro garantisse la piena solvibilità di ciascun stato membro dell’Ume e i paesi in disavanzo hanno potuto finanziare facilmente, con afflussi di capitale dall’estero (dall’interno o dall’esterno dell’Ume) l’impressionante crescita dei loro disavanzi correnti: da 32 miliardi di dollari nel 2002 a 351 miliardi nel 2008.
La situazione è radicalmente cambiata a seguito della grande crisi finanziaria del 2008 che ha fatto rinascere nei mercati finanziari la percezione dell’esistenza di un “rischio paese” anche nell’ambito dell’Ume, sia per l’esplosione dei disavanzi di parte corrente di alcuni paesi (ad esempio, tra il 2002 e il 2008 il disavanzo della Spagna è passato da 22 a 153 miliardi di dollari, quello della Grecia da 9 a 51) sia per il rapidissimo incremento del debito pubblico. V’è una stretta relazione tra finanza pubblica e bilancia dei pagamenti: il venir meno della fiducia sul debito pubblico genera un deflusso di capitali che rende più difficile finanziare il disavanzo corrente.
A partire dal 2008 la Banca centrale europea ha iniziato a intervenire massicciamente, acquistando titoli del debito pubblico ed erogando finanziamenti al settore bancario. Di questi interventi non si trova quasi traccia nel bilancio della Bce, che a fine 2010 riportava all’attivo solo 18 miliardi di titoli di stato. Questo perché gli interventi decisi dalla Bce vengono attuati, su sue istruzioni e per suo conto, dalle banche centrali dei vari paesi che assieme alla Bce formano l’Eurosistema.
La banca centrale di un paese che, per conto della Bce, acquisti titoli di stato o eroghi credito alle banche crea, al passivo, base monetaria che può essere usata per finanziare il disavanzo della bilancia dei pagamenti. Se, ad esempio, una banca italiana deve effettuare un pagamento a favore di una banca tedesca viene addebitato il conto della prima presso la Banca d’Italia e accreditato il conto della seconda presso la Bundesbank. In contropartita la Banca d’Italia registra un debito Target 2 verso l’Eurosistema e la Bundesbank un credito. Queste transazioni avvengono attraverso il sistema di pagamenti intra-europei denominato appunto Target 2. (1) Tramite i conti Target 2 dunque i paesi dell’Ume in surplus finanziano i disavanzi di bilancia dei pagamenti dei paesi in deficit.

UNA CALMA APPARENTE

Nei quattro anni 2007-2010 solo circa la metà del surplus corrente della Germania è stato compensato da deflussi netti di capitale da parte dell’economia (privati, imprese, banche); vi è stato quindi un aumento delle “riserve” tedesche sull’estero, interamente sotto forma di accumulo di crediti Target 2 della Bundesbank verso l’Eurosistema.
La Bce non rende pubblici i saldi “Target 2” delle singole banche centrali perché considera che crediti e debiti si compensino. I dati devono quindi essere desunti dai bilanci delle singole banche centrali. Sino al 2008, sintanto che era facile per tutti i paesi finanziarsi sul mercato dei capitali, i saldi dei conti Target 2 erano rimasti assai modesti e ignorati. Da allora vi è stata invece una vera “esplosione” , arrivando alla situazione seguente (ottobre 2011, ultimo dato di cui dispongo):

Tramite l’Eurosistema i paesi strutturalmente in surplus hanno finanziato i disavanzi di bilancia dei pagamenti dei paesi in deficit per importi ben superiori ai 500 miliardi (teorici) dell’Efsf, e questi finanziamenti sono aggiuntivi ai prestiti erogati dagli stati tramite l’Efsf. (2)
Se la bilancia dei pagamenti dell’Ume nel suo complesso fosse in pareggio e l’Eurosistema (Bce più banche centrali nazionali) si astenesse da interventi sul mercato dei cambi (in realtà sinora abbastanza rari e poco rilevanti), si potrebbe pensare che i disavanzi di bilancia dei pagamenti dei paesi in deficit potrebbero essere agevolmente finanziati dai paesi in surplus erogando credito ai primi tramite i conti Target 2.
La possibilità di compensare surplus e disavanzi di bilancia dei pagamenti all’interno dell’area euro ha tuttavia dei limiti, che dipendono dalla Bce. In realtà non esiste alcun limite massimo all’accumulo di crediti Target 2, mentre l’accumulo di debiti Target 2 è limitato dal credito complessivo che la Bce eroga a favore dei paesi in disavanzo, mediante acquisti di titoli di stato o concessione di crediti alle banche. Del credito a tre anni concesso dall’Eurosistema a dicembre 2011 e febbraio 2012 hanno beneficiato in misura prevalente le banche dei paesi con maggiori difficoltà a finanziare il disavanzo della loro bilancia dei pagamenti (Irlanda, Grecia, Portogallo, Spagna, la stessa Italia) ed è probabile quindi che i saldi in dare e avere dei conti Target 2 siano ulteriormente cresciuti negli ultimi mesi. Ciò ha dato respiro ai paesi in disavanzo strutturale consentendo loro di “tirare” sui paesi strutturalmente in surplus. Le tensioni sui mercati finanziari si sono pertanto allentate e si ha l’impressione che la crisi dell’euro sia superata, vista anche la conclusione della vicenda greca. Ma sino a quando potrà durare la calma apparente?
La Bce ha recentemente dichiarato che l’Eurosistema non effettuerà più acquisti rilevanti di titoli di stato; appare anche improbabile che venga ulteriormente ampliato il credito complessivo al sistema bancario, dopo le due recenti operazioni per circa mille miliardi, vista anche la crescente opposizione da parte della Bundesbank a un’ulteriore espansione della base monetaria che potrebbe generare spinte inflazionistiche. Sono state mosse anche critiche alla riduzione degli standard dei collaterali richiesti dalla Bce alle banche dei paesi in difficoltà. Si può dire dunque che, per quanto concerne il possibile contributo dell’Eurosistema al finanziamento delle bilancia dei pagamenti dei paesi in difficoltà, si sia già “raschiato il fondo del barile”.
Ora che la possibilità di ricorrere all’Eurosistema sembra esaurita, sino a quando paesi strutturalmente in disavanzo della bilancia dei pagamenti di parte corrente riusciranno a finanziarli con afflussi di capitali dall’estero? Si noti anche che, poiché i crediti erogati da canali pubblici (Eurosistema, Esfs, Fmi) sono considerati privilegiati rispetto ai crediti “privati” (come si è visto anche nel recente default della Grecia), un paese che abbia fatto largo ricorso ai primi avrà maggiori difficoltà ad attrarre capitali privati dall’estero.
Italia ha un disavanzo corrente pari al 3 per cento del Pil. Il disavanzo corrente della Francia (2,2 per cento del Pil) tende ad ampliarsi, mentre quelli di Grecia (5,5 per cento del Pil) e Spagna (3,2 per cento) tendono a ridursi per la contrazione della domanda interna. Politiche restrittive della domanda potranno certo ridurre in qualche misura i disavanzi di parte corrente, per qualche tempo, ma se non viene ridotto il gap di competitività accumulato nei confronti della Germania (e dell’Olanda) gli squilibri strutturali non verranno superati. È da questo che dipende la sopravvivenza dell’euro nel lungo termine. Il tempo a disposizione per l’aggiustamento potrebbe essere anche poco, data l’enorme volatilità dei capitali, soprattutto bancari.

(1) Una buona descrizione del sistema Target 2 si trova nell’Annual Report 2010 della Bundesbank.

(2) Sul rapporto tra crediti Target 2 e finanziamento dei disavanzi di bilancia dei pagamenti si vedano i contributi di vari economisti tedeschi: H.W. Sinn e T. Wollmershaeuser “Target Loans, Current Account Balances and Capital Flows: the ECB’s Rescue Facility”, NBER Working Paper n° 17626, novembre 2011. M.J.M. Neumann “The Refinancing of Banks Drives Target Debt”, CESifo Forum, gennaio 2012. M. Brendel e C. Pauly “ECB’s Balance Sheet Contains Massive Risks”, www.spiegel.de 24/5/2011.

 

 

 

 

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10 commenti

  1. Piero

    I Piigs tra cui l’Italia, hanno 500 miliardi di debiti con la Bundesbank. E nel 2014/2015/2016 scadranno gli LTRO triennali, non saremo in grado di restituirli (avremo almeno 2200 mld di debito pubblico finanziato di nascosto dalle banche nazionali). Quindi : fra 2/3 anni o la Germania accetta gli Eurobond, oppure noi falliamo ed usciamo dall’euro, e lei ci perde 500 miliardi di crediti passati più la possibilità di esportare in marchi verso la nuova svalutata lira.

  2. Mario D

    Reputo non corretta l’interpretazione alla Sinn dei saldi del Target 2. E’ certamente più corretta l’interpretazione che ne da Weidmann (presidente della BuBA): il sistema T2 registra solo il flusso della moneta da un paese dell’Eurosistema all’altro (Banca commerciale X -> Banca centrale X -> Banca centrale Y -> Banca commerciale Y) e non rappresenta posizioni debitorie. Infatti se il compito di far circolare la moneta fosse stato affidato direttamente alla BCE, invece che al sistema delle banche centrali, queste posizioni passive delle varie banche centrali verso la BuBa non esisterebbero mentre permarrebbe il flusso di moneta verso la Germania. Il fatto che i saldi T2 riflettano i disavanzi commerciali dipende dalla crisi ha segmentato il mercato del credito interbancario, infatti le banche commerciali dei paesi in crisi non ricevono prestiti dalle altre banche commerciali. Prima della crisi se un paese effettuava un’importazione (peggioramento della bilancia commerciale) poteva effettuare il pagamento del fornitore tramite una banca commerciale (flusso T2 negativo), quest’ultima poteva finanziarsi tramite un credito (movimenti di capitale) con altra banca commerciale europea. (flusso T2 positivo) assicurando l’assenza di grossi squilibri nelle registrazioni T2, lasciando intatti gli squilibri della bilancia commerciale. Con la crisi le banche dei paesi in difficoltà non ricevono più prestiti e per evitarne il collasso la BCE ha erogato prestiti a loro favore. Il sistema T2 registra quindi un solo flusso a senso unico verso la Germania alimentato dalla credito della BCE. Per questo Weidmann sostiene che non esistono crediti T2 ma solo crediti della BCE verso le banche commerciali. Affermare l’esistenza di crediti T2 potrebbe dare l’idea che una banca centrale dovrebbe prima o poi saldare (in oro o in valuta) i suoi debiti con la BuBa, ma questo trasformerebbe l’Unione monetaria in un sistema a cambi fissi. Cosa succede se un paese esce dall’Euro? La posizione T2 resta a carico della BuBa? Weidmann chiarisce che in questo caso si tratterebbe di una perdita dalla BCE e non della BuBa da dividere fra i partecipanti all’Eurosistema. Quali sono allora i rischi per la Germania? La Germania rischia solo in caso (molto improbabile) di dissoluzione dell’area euro in quanto si troverebbe in mano banconote e crediti denominati in una valuta che non esiste più.

  3. Daniele Fox

    L’articolo coglie nel segno. La crisi dell’Eurozona e’ stata ed e’ essenzialmente una crisi di bilancia dei pagamenti, che si e’ manifestata sul mercato dei titoli di stato, con un crollo dei prezzi e conseguente esplosione degli spread, solo perche’ in presenza della moneta unica era impossibile che si traducesse in una svalutazione dei tassi di cambio nominali. Pertanto, e sempre in assenza di stabili meccanismi di trasferimento delle risorse tipici fiscalita’ generale, l’aggiustamento puo’ passare solo per una marcata contrazione della domanda nei paesi in deficit (periferia) e una contestuale espansione della domanda, con associata maggiore inflazione, nei paesi in surplus (core). Un percorso stretto dunque, e ancora piu’ difficile per l’Italia il cui deficit di parte corrente e’ in larga misura dovuto al costo dell’energia (petrolio) e dunque difficilmente comprimibile nel breve periodo. Su questi problemi sarebbe il caso che si concentrasse l’attenzione dei policy makers invece che sull’imposizione forzata di ulteriori arbitrari target di finanza pubblica, stile fiscal compact.

  4. Piero

    Finalmente un articolo che ha centrato il problema, le soluzioni: 1) politica monetaria espansiva con strumenti non convenzionali ( monetizzazione di almeno il 50% dei debiti pubblici area euro in dieci anni), provochera’ una svalutazione competitiva nei confronti dei paesi extra euro, di cui si avvantaggeranno tutti i paesi euro, in modo tale da eliminare gli squilibri della bilancia dei pagamenti; l’inflazione diminuirà risorse per politiche interne redistributiva. 2) eurobond in sostituzione dei bond nazionali con politiche per le infrastrutture comuni da finanziare con futuri eurobond, pareggio costituzionali del bilancio. 3) uscita dell’Italia dall’euro, o ritorno alla lira o utilizzo del dollaro come moneta legale.

  5. Piero

    Finalmente un articolo che ha centrato il problema, le soluzioni:
    1) politica monetaria espansiva con strumenti non convenzionali ( monetizzazione di almeno il 50% dei debiti pubblici area euro in dieci anni), provochera’ una svalutazione competitiva nei confronti dei paesi extra euro, di cui si avvantaggeranno tutti i paesi euro, in modo tale da eliminare gli squilibri della bilancia dei pagamenti; l’inflazione diminuirà risorse per politiche interne redistributiva.
    2) eurobond in sostituzione dei bond nazionali con politiche per le infrastrutture comuni da finanziare con futuri eurobond, pareggio costituzionali del bilancio.
    3) uscita dell’Italia dall’euro, o ritorno alla lira o utilizzo del dollaro come moneta legale.

  6. Piero

    La Camusso ha ragione, dispiace dirlo, ma oggi Monti deve scegliere se deve salvare l’Italia o gli Italiani. I recenti casi di suicidi devono fare riflettere se seguire la strada tedesca oppure iniziare una strada che deve essere concordata tra i paesi meno virtuosi dell’Europa, piu’ volte abbiamo ribadito una politica monetaria espansiva. Monti aveva garantito che non vi sarebbe stata un’altra manovra, sicuramente i suoi conti sono sbagliati e quindi gia’ oggi si parla di nuove stangate.

  7. Ricardo_D

    L’articolo è chiaro e evidenzia il ‘come’ l’euro è andato in crisi e perchè. Anche qualche commento è utilissimo per capire (i punti di vista sul) la contabilizzazione dei debiti e crediti delle banche commerciali e del ruolo di banche centrali e BCE. Ora però mi/vi pongo alcuni quesiti.
    – Da più parti sento auspicare una riforma del ruolo della BCE per liberarle le mani e renderla più simile alla Fed statunitense. Servirebbe a ridurre i problemi strutturali oppure sarebbe come dare qualche strumento in più a un vigile del fuoco impegnato a spegnere un incendio enorme? Potrebbe per assurdo peggiorare le cose (i.e. sottostimare gli effetti di lungo periodo)?
    – Una riduzione consistente del debito (nel caso dell’italia) servirebbe a qualcosa fintanto che non c’è quel recupero di competitività che serve a livellare i disequilibri all’interno della zona euro?
    – Come è possibile che questo tipo di rischio non sia stato calcolato o comunque previsto in fase di costituzione dell’euro? Polemiche a parte mi sembra evidente che la chiave di volta stia nel ‘recupero di competitività’ che però ahimé rimane una scatola con pochi contenuti e spesso confusi. grazie

  8. Roberto C

    I saldi Target 2 sono una manifestazione “contabile” (tesi di Weidman) appunto sino a che l’Eurosistema è come ora ma nel caso di uscita di un paese cosa succederebbe? Ipotizziamo uscita della Grecia, che succederebbe ai debiti che hanno le banche commerciali greche verso BCE (via Banca Centrale Greca)? Verosimilmente non onorati, in tutto o in parte. In questo caso le perdite subite da BCE verrebbero ripartite pro-quota sui vari paesi aderenti. Questo però vuol anche dire che nel caso la Germania stessa avesse intenzione di uscire dall’Euro i crediti delle banche commerciali (via BuBa) subirebbero (come minimo) una significativa svalutazione il che rende il costo “immediato” di una simile decisione per la Germania molto alto (gli altri costi indiretti sarebbero più elevati ma meno quantificabili nell’immediato). Questo rende molto più vincolata la Germania, stante le attuali considerazioni, alla tenuta dell’Euro. Da qui le posizioni molto critiche di Sinn ai saldi T2 e alla sua proposta di una compensazione periodica (stile FED regionali).

  9. nicola mario ippoliti

    Le analisi sono corrette: l’euro è stato un affare solo per la Germania and company. Solo che adesso se si vuole uscire dalla situazione in cui si sono incartati i nostri politici europei, la Germania deve cambiare politica: aumentare la domanda interna per ridurre il suo surplus commerciale ed apertura all’esterno dei servizi.

  10. Druckvorstufe

    Gli squilibri nelle bilance dei pagamenti di parte corrente dei paesi europei non sono stati un problema finché i mercati finanziari ..

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