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IMPRESE: LA CONTA DEI VIVI E DEI MORTI

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Il grafico qui sotto mostra i tassi di mortalità delle imprese in Italia prima e dopo la Grande Recessione. In particolare, guardiamo al rapporto tra il numero di imprese morte in un anno e la popolazione di imprese attive in quell’anno, espresso in percentuale. I dati provengono dalle cancellazioni dal registro dell’Inps. Normalmente durante le recessioni si ha un forte incremento della mortalità delle imprese seguito a ruota da un forte incremento della natalità. Sono questi processi di “distruzione creativa” che fanno sì che le recessioni accelerino la trasformazioni di una struttura produttiva rendendola più efficiente e competitiva. Purtroppo nel caso della recessione del 2008-9, l’incremento della mortalità non è stato seguito (a giudicare dai dati sull’iscrizione all’anagrafe ASIA delle imprese) dalla nascita di nuove imprese. Questo mancato rinnovo della struttura produttiva è ciò che rischia di rendere più lenta l’uscita dalla recessione. È uno dei motivi per cui le crisi finanziarie durano più a lungo: la stretta creditizia rende più difficile l’avvio di nuove attività, proprio quando i prezzi dei materiali e dei fattori produttivi sono più bassi, perchè chi ha idee imprenditoriali non ha la liquidità necessaria per metterle in atto. La recessione in corso rischia di avere le stesse caratteristiche.

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FREQUENZE E TV NELL’ERA DI MONTI

  1. stefano delbene

    “è uno dei motivi per cui le crisi finanziarie durano più a lungo: la stretta creditizia rende più difficile l’avvio di nuove attività, proprio quando i prezzi dei materiali e dei fattori produttivi sono più bassi, perchè chi ha idee imprenditoriali non ha la liquidità necessaria per metterle in atto. La recessione in corso rischia di avere le stesse caratteristiche”. Quindi bisogna attuare politiche espansive della domanda…. cioè l’esatto contrario di ciò che sta facendo l’attuale governo (e suggerisce di fare Wyplosz nel suo articolo). O forse ho capito male?

  2. Piero

    L’ autore dice che il tasso di mortalità tra il 2008/2009 è aumentato, ma dal grafico è diminuito. Inoltre se le imprese cancellate sono uguali alle imprese nate il tasso cambia lo stesso, sarebbe stato meglio utilizzare la differenza tra le morte e le nate e rapportarle ad un dato fisso.

  3. pietro

    Sinceramente mi sembra più logico che un espansione forzata dei consumi comporti perlomeno nel primo momento una riduzione dei risparmi, e di conseguenza una riduzione del credito, a meno di non illudersi nella salvifiche proprietà dei dificit pubblici di cui stiamo pagando adesso le reali conseguenze negative.

  4. BOLLI PASQUALE

    Un imprenditore che avvia,oggi,un’attività economica è convinto che sarà un vivo tra morti,purtroppo,è sbagliato,perchè è solo illusione:sarà un morto tra morti.La desolante situazione economica-finanziaria del nostro paese unitamente ad una gestione della politica disastrosa,egoistica e spesso corrotta non consente la sopravvivenza.Dopo una breve gestione dell’attività,ti accorgi che l’entusiasmo per la nuova avventura è scomparso e subentra l’amarezza nel vederti circondato.Non c’è scampo! Si dovranno fare i conti con banche,Inps,Inail,commercialisti,consulenti del lavoro,avvocati,imposte locali e nazionali,agenti accertatori e riscuotitori del fisco e con un mercato in completo stallo per mancanza di risorse.Ne consegue:costi non gestibili, risultato economico in rosso e mancanza di liquidità.Per sopravvivere e sperare,spesso è necessario vendersi la casa di proprietà visto che le banche,con tutti i loro problemi e per salvare la pelle,non possono finanziarti I politici possono interessarsi delle imprese? Non credo proprio,perchè anche loro, per mancanza del concetto del bene comune,rischiano la pelle.Con questo scenario mortalità e natalità aziendali possono pareggiare?

  5. Marco Mancini

    Mah, l’indice indicato mi sembra molto semplicistico, se si desiderasse metterlo in relazione con il “mancato rinnovo della struttura produttiva” (che é la tesi dell’articolo), non entrando nel merito delle attività delle aziende considerate, come invece, a mio modesto avviso, sarebbe opportuno. Dai dati in mio possesso, una elevata percentuale della aziende attive italiane sono strutture puramente “finanziarie”, ovvero non possiedono caratteristiche strettamente produttive oppure esistono in quanto afferenti ad altre aziende. Escludendo questo tipo di società, l’indice sarebbe molto piu’ volatile e “conservativo”, pur condividendo e arrivando alle stesse conclusioni dell’autore.

  6. Piero

    Fino al 30 aprie abbiamo con il ragguaglio annuo piu’ del doppio dei fallimenti dichiarati nel 2011, nella maggior parte dei casi dovuti al credit crunch, il debito pubblico e’ arrivato alla soglia psicologica di due milioni di euro, quanti danni l’attuale politica monetaria dell’accoppata Monti Merkel deve anora fare? Oggi l’accoppiata dice che adesso si concentrera’ sulla crescita senza allentare la politica monetaria e con politiche di bilancio rigorose, intende dire con la spending rewiew? Ricordiamoci che il taglio delle spese improduttive non e’ una manovra per la crescita ma bensì una manovra che ogni politico deve fare perché la spesa pubblica e’ finanziata con le tasche dei cittadini, quindi non ci propini Monti l’ennesima favola.

  7. Giuseppe

    Il periodo 2004 / 2009 a memoria un momento non perturbato ,abbastanza tranquillo La quiete prima della tempesta.

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