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RIFORMA ELETTORALE: IL MOMENTO È QUESTO

Obiettivo di una nuova legge elettorale dovrebbe essere quello di consentire agli elettori di scegliere i propri rappresentanti. Rispetto alle liste bloccate, il ritorno ai collegi uninominali, con doppio turno, sarebbe un netto miglioramento. Ma non basta. È necessario ridisegnare le circoscrizioni per aumentare la competizione. E forse è il momento giusto per vincere le ovvie resistenze dei partiti, per le difficoltà in cui tutti si dibattono. E i cittadini dovrebbero mobilitarsi per riappropriarsi del proprio diritto di scelta su parlamentari e governi.

La lista delle similitudini tra l’attuale crisi politica e quella dei primi anni Novanta è impressionante: scandali che investono i politici e diffuso malcontento dei cittadini; governi tecnici sotto l’egida del Presidente della Repubblica; crisi finanziaria (valutaria allora, del debito sovrano oggi); smottamenti elettorali che accompagnano o prefigurano la nascita di nuovi soggetti.

DAGLI ANNI NOVANTA A OGGI

Negli anni Novanta, tuttavia, ci fu anche un protagonismo della società civile che scaturì nei referendum elettorali, nell’introduzione dei collegi uninominali e in alcune innovazioni istituzionali di successo, come l’elezione diretta dei sindaci. Oggi, sembra essersi persa traccia di questa spinta a migliorare la qualità delle istituzioni – fatte salve più di un milione di firme raccolte per un referendum poi bocciato dalla Corte costituzionale.
È comprensibile. La crisi economica sposta gli interessi dei cittadini altrove. Ma è necessario che il dibattito pubblico torni a occuparsi di riforme istituzionali. L’andamento dello “spread” che minaccia quotidianamente l’economia italiana dipende molto dalla capacità di dotarci di un assetto politico-istituzionale efficiente e di rappresentanti politici competenti, veramente scelti dai cittadini, attraverso un processo che favorisca una reciproca assunzione di responsabilità.
La proposta di Angelino Alfano e Silvio Berlusconi di adattare all’Italia il sistema francese, composto di regime elettorale maggioritario a doppio turno e semipresidenzialismo, va nella direzione giusta. Fare il processo alle intenzioni dei promotori non serve. Si tratta di un bluff? È il caso di andare a vedere, anzi di rilanciare. Ecco due proposte precise.

POTERE DI SCELTA AGLI ELETTORI

La prima è un sistema elettorale a doppio turno di collegio per l’elezione dei parlamentari con una soglia alta per l’accesso al secondo turno. A detta di molti, il bipolarismo della Seconda Repubblica ha sofferto di due mali principali: la rissosità di poli prigionieri delle estreme; la frammentazione di coalizioni governative che tentavano di conciliare l’inconciliabile. Il doppio turno favorirebbe l’emergere di un bipolarismo mite capace di ridurre entrambi. Gli studi empirici sui comuni con poco più e poco meno di 15mila abitanti, soglia alla quale il metodo per l’elezione del sindaco cambia repentinamente da turno unico a doppio turno, mostrano che il doppio turno riduce l’estremismo dell’offerta politica e favorisce la moderazione delle politiche di governo, riducendo per esempio la volatilità della pressione fiscale. (1) Lo scontro tra opzioni distinte, all’interno sia del centrodestra sia del centrosinistra, favorirebbe l’emergere di un bipolarismo basato su proposte di governo omogenee e in costante competizione tra loro.
Tuttavia, il principale obiettivo della nuova legge elettorale, anche alla luce degli scandali emersi in questi mesi, dovrebbe essere quello di consentire agli elettori di scegliere i propri rappresentanti. Rispetto alle liste bloccate della legge attuale, il ritorno ai collegi uninominali aumenterebbe di per sé il potere di scelta. Ma il diavolo si nasconde nei dettagli. Con il maggioritario, le segreterie dei partiti possono “nominare” un parlamentare con la stessa facilità delle liste bloccate: basta candidarlo in un collegio uninominale sicuro, il cui esito è prevedibile prima del voto. Il potere di scelta dei cittadini dipende in maniera decisiva dalla contestabilità dei collegi. Da questa semplice constatazione nasce una seconda proposta: disegnare i collegi uninominali per renderli “competitivi”, cioè dall’esito incerto. Ciò migliorerebbe la qualità della classe politica.
Gli studi empirici sui parlamentari eletti ai tempi del Mattarellum, infatti, mostrano come i candidati migliori – cioè più istruiti, con maggiori esperienze amministrative o successi professionali – venivano eletti nei collegi più competitivi, mentre i funzionari di partito, privi di altre esperienze amministrative, erano piazzati nei collegi sicuri. (2) La differenza si continua a percepire anche in Parlamento, poiché l’assenteismo parlamentare tra gli eletti nei collegi sicuri è ben del 56 per cento più alto rispetto agli eletti nei collegi competitivi, segno che lo stimolo degli elettori è cruciale. Insomma: oggi scopriamo di politici che ricevevano favori “a loro insaputa”, ma con i collegi sicuri (e le liste bloccate) molti venivano eletti “a loro insaputa”, senza sforzo né meriti, ma soprattutto senza possibilità di sanzione da parte degli elettori.
I paesi con una lunga tradizione di elezioni maggioritarie conoscono bene l’importanza della contestabilità dei collegi elettorali. Non a caso negli Stati Uniti esistono consulenti pagati a peso d’oro per aiutare repubblicani e democratici a ridisegnare i collegi in modo da ridurre la competizione e aumentare le loro chance elettorali. In Italia, si potrebbe provare a fare il contrario: disegnare i collegi per massimizzare la competizione elettorale, affidando il compito a una commissione indipendente. L’obiettivo, infatti, è tecnicamente fattibile e verificabile: si tratta di individuare un algoritmo matematico che, sulla base delle serie storiche dei risultati elettorali, renda i collegi il più possibile contestabili, bilanciando gli “zoccoli duri” di centrodestra e centrosinistra. (3)

PERCHÉ È IL MOMENTO GIUSTO

Sappiamo essere cinici e non sottovalutiamo i vincoli di fattibilità politica: proposte del genere non avranno mai l’appoggio dei politici chiamati a farle passare. Ma, altrettanto cinicamente, non sottovalutiamo l’eccezionalità della fase che stiamo vivendo.
Primo: gli smottamenti elettorali in corso mettono i partiti attuali dietro un velo di ignoranza su chi potrà avvantaggiarsi della nuova legge elettorale. Il Pdl ha avanzato una proposta (il doppio turno) che ha sempre visto come il fumo negli occhi. Anche Pier Ferdinando Casini, adesso che i rapporti di forza tra i partiti esistenti stanno franando, ha fatto una timida apertura in quella direzione. E il modello francese permetterebbe uno scambio tra due elementi che sono sempre stati, rispettivamente, una bandiera del centrosinistra (il doppio turno) e del centrodestra (il semipresidenzialismo).
Secondo: visto che il ridisegno dei collegi richiederebbe tempo e potrebbe non riguardare le prossime elezioni, la nostra proposta fornirebbe ai politici un’opzione per farsi belli agli occhi degli elettori senza subirne i costi nell’immediato.
Terzo (ma non di minore importanza): lo stimolo principale dovrebbe arrivare dall’opinione pubblica e dai mezzi di informazione. Nei primi anni Novanta la spinta della società civile portò ai referendum e alle riforme elettorali. È tempo di riprovarci. È intorno a obiettivi concreti, piuttosto che a generici sfoghi antipolitica, che i cittadini dovrebbero mobilitarsi per riappropriarsi del proprio diritto di scegliere governi e parlamentari. Solo così si potrà superare l’alibi di chi dice che non c’è tempo per fare riforme incisive. C’è sempre tempo per evitare il baratro, finché non ci saremo finiti dentro.

(1) Si veda: Bordignon M., Nannicini T. e Tabellini G. (2012), “Moderating Political Extremism: Single Round vs. Runoff Elections under Plurality Rule“.
(2) Si veda: Galasso V. e Nannicini T. (2011), “Competing on Good Politicians“, American Political Science Review, 105(1), 79-99.
(3) Una proposta per molti aspetti simile è stata avanzata per gli Usa dal celebre politologo Morris Fiorina. Si veda: Fiorina M.P. (con Abrams S.J. e Pope J.C.), “Culture War? The Myth of a Polarized America“, Longman, 2004.

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TERREMOTO ED EFFETTO TELETHON

39 commenti

  1. Savino

    E’ importante conoscere prima del voto la formazione delle coalizioni. Il doppio turno rafforzato anche dalle primarie interne agli schieramenti va bene. Occorre, poi, che il sistema sia bipartitico più che bipolare e che ciò si formi non attraverso l’egemonia del partito più grande della coalizione, ma attraverso il compattamento dei poli fino a farli diventare partiti. Ci vorrebbe infine, ma forse è più rilevante di tutto, una sorta di conventio ad excludendum nei confronti delle formazioni politiche di centro e dei non allineati.

    • La redazione

      Il vantaggio del doppio turno è proprio che i meccanismi di aggiustamento di cui parla in riferimento al sistema partitico non devono essere operati ex ante o a tavolino, ma possono essere il risultato della competizione (interna ed esterna) tra forze politiche distinte sotto l’ombrello del maggioritario a doppio turno.

  2. Oscar

    Ottima proposta, sono pronto, come tanti altri, a firmarla. Saluti.

    • La redazione

      Grazie! Ha interpretato lo spirito della proposta, ma purtroppo lavoce.info è l’unico strumento che abbiamo per lanciarla.

  3. Francesco Capraro

    Come ebbi già a dire tempo fa su questi lidi, il maggioritario a doppio turno “bloccato” è – a mio avviso, s’intende – il modo migliore per arginare lo strapotere contrattuale dei partiti minoritari. Perché ingegnarsi in soluzioni macchinose e poco chiare, alimentando sospetti e diffidenze da parte dell’elettore medio, quando si potrebbe ricorrere ad un sistema che dà ampia prova di validità?

    • La redazione

      Condividiamo: sistema chiaro (anche per gli elettori) e collaudato.

  4. carlo g. lorenzetti settimanni

    Pienamente condivisibili la vostra analisi e le vostre proposte. L’ideale sarebbe riuscire ad approvare contestualmente sia la nuova legge elettorale ( sistema maggioritario a doppio turno e ridisegno delle circoscrizioni ), sia la riforma costituzionale per l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Anche se per ora il dibattito innescato dalla proposta Berlusconi-Alfano ha trascurato questo punto, una innovazione di tal genere richiede però che siano rivisti poteri e funzioni sia del presidente della Repubblica che del presidente del Consiglio e riscritte tutte le norme che si riferiscono alla nomina di quest’ultimo e all’investitura del Parlamento. Il passaggio da un sistema parlamentare puro come quello italiano ad un sistema semipresidenziale come quello francese implica infatti un ridisegno dell’impianto originario della nostra costituzione e la ricerca di nuovi equilibri e bilanciamenti tra le diverse istituzioni di vertice dello Stato. La cosa non è impossibile e non mancano studi e precedenti, ma si tratta certo di un lavoro impegnativo per il quale non so quanto siano preparati gli attuali partiti.

    • La redazione

      Ha ragione: la riforma della forma di governo (proprio perché tocca vari aspetti interconnessi) è più impegnativa della semplice riforma elettorale. Ma, come dice, la cosa non è del tutto impossibile, a patto che esistano la volontà politica e il senso dell’emergenza.

  5. Alessio Calcagno

    Bersani, anche se sospettoso, deve accettare la proposta di Berlusconi. E’ la “chiave di svolta” per salvare l’Italia.

    • La redazione

      Condividiamo: i bluff (se tali sono) vanno visti e, a volte, rilanciati.

  6. Carlo Turco

    La proposta mi solleva non poche perplessità con riferimento alla questione del disegno dei collegi elettorali. L’esperienza degli USA, purtroppo, dimostra che proprio attraverso le modifiche al disegno dei collegi il partito che si guadagna la maggioranza cerca di modificare i collegi a proprio vantaggio. Temo che l’idea di delegare il compito a una “commissione indipendente”, che proceda in base a un algoritmo “obiettivo” sia, da una parte, utopistica (chi la nomina la “commissione indipendente”?) ma, dall’altra parte, anche un po’ “tecnocratica”. Il disegno dei collegi, credo, deve rispecchiare in qualche modo una certa omogeneità di interessi, tradizioni, esperienze dei territori. Collegi “sicuri”? E’ possibile (anche se la storia elettorale del paese mi sembra dimostrare che alla fin fine la “sicurezza” dei collegi è piuttosto relativa). Ma da un certo punto di vista, proprio nei “collegi sicuri” i partiti contrapposti dovranno essere più attenti alle proprie scelte – in un sistema elettorale uninominale – e, quindi, maggiormente competitivi. Di certo, poi, il passaggio a semipresidenziale richiede riassetto costituzionale notevole.

    • La redazione

      Veda la risposta precedente sulle recenti esperienze di “redistricting” negli Stati Uniti.

  7. Giacomo

    Sinceramente il sistema elettorale al doppio turno mi sembra un artificio. La realtà è che la frammentazione partitica risponde ad una grande eterogeneità – culturale, politica e territoriale – del paese. Fare finta che questa non esista ed imporre soluzioni maggioritarie non credo abbia molto senso. Del resto, basta vedere come funzionano i partiti “maggioritari” à la PD: mettere queste differenze in un unico partito porta a correnti, faide interne, “imbarazzi”. Che poi alcune di queste differenze siano artificialmente create da un sistema che favorisce e retribuisce la frammentazione non vuol dire che dobbiamo dare il governo a chi raccoglie il 30% dei consensi. Consentire agli elettori di scegliere i rappresentanti vuol dire dargli un proporzionale, e non penso debba essere compito di un sistema elettorale “garantire la governabilità” o “favorire la moderazione delle proposte di governo”. Se non siamo un paese di moderati, ma di scalmanati o di faciloni pronti ad acclamare il sultano, non sarà una legge elettorale a “salvarci”.

    • La redazione

      Il sistema a doppio turno non vuole mettere la “camicia di forza” a un sistema partitico frammentato. L’eterogeneità delle preferenze viene rispettata (al primo turno), ma nello stesso tempo viene incalanata verso una dialettica funzionale tra opzioni politiche che devono a un certo punto ambire a mostrare una qualche vocazione maggioritaria.

  8. carlo

    Mi spiace, non mi fido. Il sistema a doppio turno va benissimo dovrebbero approvarlo domani e, peraltro basta una legge ordinaria, modificare l’assetto istituzionale concentrando i poteri, no. In ogni caso, prima di modificare l’assetto istituzionale devono essere varate una seria legge sul conflitto di interessi e una vera (non finta) riforma del sistema dell’informazione che lo renda più indipendente e più libero di come è ora. Stiamo attenti a non prendere l’ennesima turlupinatura.

    • La redazione

      Veda risposta precedente sui rapporti tra doppio turno e semipresidenzialismo.

  9. Marco S.

    A pochi mesi dal voto può avere senso una modifica del sistema elettorale, ed in linea di massima come tanti sono favorevole al doppio turno. Non si dovrebbero sottovalutare tutti i problemi di disegno e di dimensione dei collegi, sui quali non ho opinioni affrettate. Pannella qualche giorno fa ha fatto notare che una forte riduzione del numero di parlamentari comporterebbe la riduzione del numero dei collegi e quindi amplia la dimensione della rappresentanza. Ovviamente non ne aveva parlato nessuno. Forse non è necessariamente un male. Per chi esprime un voto di opinione può non cambiare molto se il collegio è di 80.000 o 160.000 abitanti. Ma il rapporto tra eletti ed elettori viene modificato, e questo può rendere più aspra la lotta politica in ciascun collegio. Con tutti questi temi sul tappeto trovo molto strano che una forza politica proponga di cambiare la forma di governo, ciò che ovviamente richiede una modifica costituzionale notevole. L’idea di uno “scambio” tra i due magggiori partiti in materia costituzionale non mi tranquillizza affatto. È proprio quando l’ingegneria costituzionale è fondata su una concezione mercantile della democrazia che ci si preoccupa.

    • La redazione

      L’ampiezza dei collegi uninominali (se ci sarà la volontà politica di reintrodurli) è ovviamente importante e da prendere in considerazione, ma tenga anche presente che la riduzione dei parlamentari di cui si parla è tutt’altro che “forte”.

  10. Bruno Dente

    Mi spiace ma la proposta non mi convince più. La logica del doppio turno e del bipolarismo come forma di moderazione (la competizione per l’elettore mediano) funziona se è possibile ipotizzare che le preferenze dei cittadini si dispongono su un inico asse: destra/sinistra, mercato/stato, eccetera. La nascita di un asse ortogonale di moderati versus radicali ha cambiato le regole del gioco. Da questo punto di vista la dinamica dell’elettorato di Parma nel quale si sono saldati grillini, verdi e pidiellini mostra che la bipolarizzazione non è la soluzione per i tempi moderni. Mi pare occorra al contrario ragionare, soprattutto oggi in Italia, su una logica di grande coalizione rispetto alla quale l’accentuazione dei caratteri bipolari del sistema elettorale può essere molto dannosa. In altre parole quello che era vero per il passato non necessariamente è vero per il futuro.

  11. Bruno Dente

    Mi spiace ma la proposta non mi convince più. La logica del doppio turno e del bipolarismo come forma di moderazione (la competizione per l’elettore mediano) funziona se è possibile ipotizzare che le preferenze dei cittadini si dispongono su un inico asse: destra/sinistra, mercato/stato, eccetera. La nascita di un asse ortogonale di moderati versus radicali ha cambiato le regole del gioco. Da questo punto di vista la dinamica dell’elettorato di Parma nel quale si sono saldati grillini, verdi e pidiellini mostra che la bipolarizzazione non è la soluzione per i tempi moderni. Mi pare occorra al contrario ragionare, soprattutto oggi in Italia, su una logica di grande coalizione rispetto alla quale l’accentuazione dei caratteri bipolari del sistema elettorale può essere molto dannosa. In altre parole quello che era vero per il passato non necessariamente è vero per il futuro.

    • La redazione

      La grande coalizione può essere una risposta utile in tempi eccezionali, ma non può essere l’equilibrio fisiologico di un sistema politico, che ha tutto da guadagnare da una sana competizione tra opzioni alternative (non necessariamente soltanto due).

  12. franco l.

    La proposta di gerrymandering (modifiche dei collegi in modo da influenzare il risultato elettorale) può avere buone intenzioni, come quelle rappresente dagli autori, ma può anche essere un’arma in mano a chi voglia precostituire maggioranze parlamentari ovvero evitarne la formazione. Una volta che si è aperta la strada a “espedienti” (absit iniuria verbis) è poi difficile controllarne l’utilizzo “pro domo sua” da parte di chi detiene il governo. Dopo l’esperienza fallimentare di quattro sisteme elettorali in 18 anni (solo Israele è riuscita a fare di peggio, penso che si possa pensare di tornare all’antico, ovvero al sistema vigente fino al 1992 con qualche piccola correzione. Ad esempio per la camera i 32 collegi all’epoca previsti potrebbere essere rimodellati scorporando quelli più popolosi (Milano – Pavia, Roma-Latina. Frosinone-Viterbo e qualche altro che eleggeva più di 30 deputati), lasciando inalterati gli altri prevedendo l’utilizzo dei rssti solo su base circoscrizionale alle liste che ottengano quozienti in almeno due colegi. si avrebbe in tal modo un sistema proporzionale con preferenza (unica) con una soglia di sbarramento (di fatto) superiore al 3%. Per il Senato il ritorno all’antico sarebbe ancora più facile. Il sistema elettorale vigente fino al 1992 prevedeva infatti collegi uninominali, anche se poi imponeva un ridicolo quorum del 65% per l’elezione diretta nel collegio. Si potrebbe abolire il quorum di collegio assegnando il seggio al candidato che ottiene più voti in assoluto. Considerato che i collegi già individuati sono di numero inferiore rispetto ai seggi senatoriali (315) il resto verrebbe assegnato proporzionalmente su base regionale scorporando i voti fgià utilizzati per l’elezione diretta di collegio oppure si potrebbe utilizzare l’elezione in doppio turno (con gli sbarramenti porevisti dalla legge elettorale francese) per l’elezione dell’intero Senato. In tal caso andrebbero rivisti i collegi.

    • La redazione

      Sono ipotesi percorribili. Ma ribadiamo il punto che la proposta di collegi uninominali competitivi è perfettamente percorribile, se c’è la volontà politica di farla partire. Dopodiché, vivrebbe di vita propria: l’indipendenza della commissione chiamata a disegnare i collegi e (soprattutto) la possibilità da parte di cittadini e comunità scientifica di controllarne e validarne i risultati, fornirebbe ampie garanzie. Molti stati degli Stati Uniti hanno affidato l’ultima ondata di “redistricting” a commissioni indipendenti, con ottimi risultati (si veda l’esempio della California).

  13. R. Z.

    Magari dico una bestialita’ e dimostro solo la mia colossale ignoranza in materia ma siamo in democrazia, alla fin dei conti siamo stati capaci di affidare il Governo a gente come….. lasciamo perdere… DUnque, mi va bene il doppio turno e la possibilita’ di scelta da parte dell’ elettore ho molte perplessita’ sul semipresidenzialisno. A meno che non mi garantiate una riforma seria in materia di confllitto d’ interessi e fedina penale pulita di candidati alle politiche.

    • La redazione

      Le due proposte sono scindibili e in effetti il nostro articolo voleva sottolineare soprattutto i meriti del doppio turno. Ma il sistema semipresidenziale alla francese consente ampiamente l’innesto di opportuni contrappesi ai poteri presidenziali.

  14. Carlo Turco

    Visto che si parla di tempi non brevissimi – e anche in risposta all’assurda affermazione che non sta al sistema elettorale assicurare la governabilità (come se non stesse alla legge e/o alla magistratura promuovere comportamenti onesti da parte dei cittadini) – perché non provare il sistema cosiddetto “australiano” (ma in effetti in espansione in diversi paesi), in base al quale l’elettore nei collegi uninominali è chiamato a votare il candidato da lui preferito e un “second best”? Si eliminerebbe necessità e oneri del doppio turno, si promuoverebbe maggiore consapevolezza nell’uso del voto. Una proposta bipartisan è già giacente in Senato e si tratterebbe di rilanciarla.

    • La redazione

      Anche il sistema australiano è una proposta interessante, che merita considerazione. La differenza è che il doppio turno permette all’elettore un “voto sincero” al primo turno e un “voto strategico” (anche alla luce dei risultati) al secondo turno. Il sistema australiano obbliga l’elettore a mischiare le due considerazioni dietro a un velo d’ignoranza. Si tratterebbe in ogni caso di una proposta abbinabile con la nostra idea di collegi uninominali competitivi.

  15. Piero Borla

    Australiano e irlandese suonano forse un po’ esotici. Può apparire più accessibile se si dice che a Londra, da vent’anni, si elegge il sindaco con il voto trasferibile (o alternativo che sia). Se funziona in una città di parecchi milioni di abitanti, può andar bene anche in collegi di poche centinaia di migliaia di elettori. La semplicità del sistema è intuitiva se solo si osserva il modello di scheda che viene utilizzato (vedi per esempio Atti Senato n° 2312, pag 30)

    • La redazione

      Veda la risposta precedente sul sistema australiano (che ha indubbi pregi, anche se comporta un’interazione più complessa e meno trasparente tra voto sincero e voto strategico da parte dell’elettore).

  16. Piero Borla

    Se passa la proposta attribuibile a Violante, con metà dei parlamentari eletti in collegi uninominali e metà in circoscrizioni a liste bloccate, ciò significa avere 250 collegi per la Camera e 125 per il Senato. Collegi da 240.000 abitanti nel primo caso, da mezzo milione nel secondo : decisamente parecchio. Collegi eterogenei e competitivi può essere una buona idea, ma, tenuto conto delle dimensioni, anche privi di una storia e di una identità comune. Quindi collegi nei quali può essere agevole paracadutare dall’alto un candidato a tutti sconosciuto ed esente da reazioni di rigetto. Siamo da capo, avremo deputati e senatori non espressione dei territori, ma selezionati dal centro. Volendo percorrere questa strada, occorrono contromisure serie. Per esempio possibilità di primarie organizzate o facilitate dalle istituzioni; in alternativa obbligo di un numero elevato di sottoscrizioni provenienti da comuni diversi ed autenticate da notai e funzionari di carriera.

    • La redazione

      Le primarie (se ben gestite e aperte) possono essere un ulteriore elemento che aumenta la competizione politica e quindi la qualità. A patto che non diventino preda dell’elettorato intenso e più politicizzato, a scapito del voto d’opinione. Col doppio turno, il primo round è una sorta di primaria aperta a tutti. L’ampiezza (geografica) dei collegi è senz’altro un elemento da prendere in considerazione, ma esiste un trade-off tra controllo degli elettori sugli eletti e localismo: non sempre piccolo è bello, anche in materia elettorale.

  17. Andrea C.

    Il problema di un sistema elettorale è noto. esso deve rappresentare una via di mezzo tra rappresentatività (proporzionale) e governabilità (maggioritario). Però attenzione, solo la rappresentatività è (o può essere) un principio democratico. Pertanto, anche quando viene scelto un sistema maggioritario, esso non potrebbe mai essere quale quello inglese per es., poichè potrebbe andare a ledere il principio di rappresentatività (e tutela delle minoranze). A mio modo di vedere un ottimo sistema maggioritario sarebbe davvero quello australiano anche se a differenza di Carlo Turco io sapevo che l’elettore in realtà non sceglieva solo il secondo migliore, ma dava una classifica a tutti i candidati. Altrimenti un sistema proporzionale con sbarramento al 4-5% secco (senza le c.d. liste collegate) potrebbe allo stesso modo prevedere una minore frammentazione del sistema politico. Esso però dovrebbe essere collegato al divieto di formare gruppi parlamenti con finanziamenti pubblici se non quelli rappresentativi della volontà popolare.

    • La redazione

      Non esiste il sistema elettorale perfetto. E soprattutto gli effetti del sistema elettorale dipendono dal contesto in cui si cala. Il diavolo, infatti, si nasconde nei dettagli. Le proposte di cui parla potrebbero avere effetti senz’altro positivi (soprattutto se paragonate al Porcellum) ma molto dipenderebbe da come verrebbero disegnate in concreto, a partire dall’utile accorgimento regolamentare di cui parla.

  18. Filippo Crescentini

    La legge elettorale è urgente e si può fare subito. Niente chiacchiere inutili e strumentali sul semi-presidenzialismo, che vorrebbe dire cambiare alla radice l’assetto costituzionale e che avrebbe, inoltre, il difetto di cui ha parlato Napolitano. Per quanto riguarda la legge elettorale, che cosa ne pensate, oggettivamente, guardando al merito, della proposta del PD, che vuole il 70% dei deputati eletti con il sistema maggioritario di collegio a doppio turno, il 28% con il proporzionale e il 2% per diritto di tribuna?

  19. Mario Padovani

    In realtà uno degli stati più competitivi del mondo, la Svizzera, ha un modello in cui l’esecutivo è composto da 7 ministri i quali vengono riparti in modo preciso tra i partiti, prescindendo dal reale peso nelle elezioni. Questo sistema va avanti da 50 anni e mi sembra che i risultati non siano male.In Italia servirebbe solo gente onesta, l’indirizzo politico lo da il parlamento e l’esecutivo agisce verso l’efficienza…

  20. carlo giammarco

    Il diavolo sta nei dettagli: pensate alla ineleggibilità a regioni e camere dei sindaci in carica, un dettaglio che ha vanificato ogni tentativo di rinnovamento.

  21. Francesco Zucchini

    Gli autori citando il proprio articolo su APSR (tutta la mia invidia..) scrivono:” Gli studi empirici sui parlamentari eletti ai tempi del Mattarellum, infatti, mostrano come i candidati migliori – cioè più istruiti, con maggiori esperienze amministrative o successi professionali – venivano eletti nei collegi più competitivi, mentre i funzionari di partito, privi di altre esperienze amministrative, erano piazzati nei collegi sicuri. (2) La differenza si continua a percepire anche in Parlamento, poiché l’assenteismo parlamentare tra gli eletti nei collegi sicuri è ben del 56 per cento più alto rispetto agli eletti nei collegi competitivi, segno che lo stimolo degli elettori è cruciale.” Tutto questo è necessariamente qualità ?. Sono professionisti (avvocati, medici etc),quindi istruiti “formalmente” e ricchi, eletti prevalentemente nelle zone “competitive” (leggi sud-italia), backbenchers costretti dai capigruppi parlamentari a stare in aula per le votazioni , che molto spesso, come d’altra parte accade per i loro omologhi statunitensi, coltivano interessi di collegio facendo politica clientelare e di patronage. Di qualità, certo, perchè gli autori non amano i funzionari di partito..

  22. andrea

    Non mi è chiaro in che senso un collegio è “contestabile”. Mi sembra di capire che andrebbero ridisegnati in modo tale da equilibrare quei collegi in cui storicamente un certo partito/coalizione è sempre/più spesso vincitore in modo da rendere competitiva l’elezione.Ok l’idea è buona ma penso che vada bene a “bocce ferme”: in un momento come questo che c’è una forza nuova (Grillo) che potrebbe entrare in competizione e altre che escono (PdL?TerzoPolo?) come ridisegniamo le mappe? E inoltre, dopo quanto tempo bisogna ridisegnare i collegi per ridare competitività alla tornata elettorale? Chi lo decide? Chi lo esegue? Sarà un tempo prefissato o sarà valutato di volta in volta?

  23. Andrea C.

    Un altro modo per evitare la frammentazione potrebbe essere di mettere un numero massimo di liste che possono formare una coalizione (es. 4) inserendo altresì una soglia di sbarramento interna. Ovvero se una lista anche dentro una coalizione non supera il 3% tale lista non avrà rappresentanti ma non potrà nemmeno far concorrere i propri voti per il calcolo della cifra elettorale della coalizione

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