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LA VALUTAZIONE AL TEMPO DEL GOVERNO TECNICO

La nuova legge di contabilità prevede una delega al governo per diffondere pratiche di valutazione degli investimenti pubblici. L’obiettivo è dare maggiore efficacia alla spesa in conto capitale. Il governo Monti, però, non ha varato nei tempi prescritti i decreti attuativi che avrebbero consentito l’effettivo avvio di nuove procedure di valutazione e del processo di riqualificazione delle strutture dovrebbero svolgerle. Possibile che sia proprio un esecutivo tecnico a ritardare uno dei più significativi provvedimenti ad alto contenuto innovativo?

Nel dicembre 2011, il governo Monti, da poco insediato, ha approvato il decreto legislativo 228/2011 sulla valutazione degli investimenti relativi a opere pubbliche. Il decreto, predisposto dal precedente governo, aveva avuto una lunga e travagliata gestazione, con la implicita e sotterranea opposizione delle amministrazioni che avrebbero dovuto applicare la nuova normativa.

COSA DICE IL DECRETO

La norma ha reso obbligatoria l’attività di valutazione da parte dei ministeri per le opere finanziate a valere sulle risorse iscritte negli stati di previsione dei ministeri stessi ovvero oggetto di trasferimento da parte degli stessi a favore di soggetti attuatori, pubblici o privati, in forza di specifica delega.
Oltre a un’analisi preventiva dei fabbisogni infrastrutturali, il decreto prevede una valutazione ex ante e una valutazione ex post delle singole opere. La prima include l’elaborazione degli studi di fattibilità e suggerisce di fatto l’applicazione di un’analisi costi-benefici o di metodologie affini. La valutazione ex post è una novità assoluta nel panorama italiano e si pone l’obiettivo di “misurare i risultati e l’impatto di opere pubbliche collaudate ed entrate in funzione, nonché l’economicità e l’efficienza della loro realizzazione” (articolo 6).
La valutazione deve essere condotta da “organismi indipendenti di valutazione” che vengono identificati negli Nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici già operanti presso i ministeri. Per garantirne l’indipendenza e la professionalità, i Nuclei dovrebbero essere potenziati e riformati attraverso modifiche del regolamento che prevede i criteri di designazione e di modalità di selezione dei componenti. Sebbene l’indipendenza dei Nuclei all’interno dei ministeri sia forse da considerarsi poco realistica, appare ammirevole la volontà di riformare organismi che raramente hanno svolto un’attività diretta di valutazione ex ante ed ex post mediante l’uso di tecniche predefinite e omogenee.

TEMPI NON RISPETTATI

Uno degli aspetti più interessanti del decreto riguarda comunque la procedura attuativa e la tempistica.
I ministeri devono preparare delle linee guida per la valutazione degli investimenti di settore, che sono poi trasmesse al Cipe per la relativa presa d’atto e in seguito pubblicate sui siti istituzionali delle amministrazioni.
Prima di tutto ciò, però, è previsto un altro passaggio: entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 6 febbraio 2012, “al fine di garantire la predisposizione da parte dei ministeri di linee guida standardizzate, il presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze, definisce, con proprio decreto, un modello di riferimento per la redazione da parte dei ministeri delle linee guida” (articolo 8). Dalla pubblicazione del Dpcm, i ministeri dispongono poi di altri novanta giorni per adottare le proprie linee guida.
Il governo si è quindi assunto il compito di fornire alle amministrazioni un “modello di riferimento”, ossia un insieme di indicazioni metodologiche approfondite che permettano di costruire linee guida standardizzate di settore partendo da una base metodologica comune affidabile e in linea con i metodi di valutazione adottati a livello internazionale.
Il problema è che a distanza di cinque mesi dall’approvazione del decreto legislativo e di quasi quattro mesi dalla sua pubblicazione, non risulta ancora predisposto alcun provvedimento amministrativo che contenga il “modello di riferimento”. Pertanto, l’intera procedura è ferma e in particolare è bloccata la predisposizione delle linee guida da parte dei ministeri.
Il ritardo stupisce e suscita interrogativi inquietanti. Ma ancor più ci si chiede in quale modo vengono valutati e selezionati gli interventi infrastrutturali che si ritengono oggi urgenti e rilevanti in quella che è stata definita una “agenda per la crescita sostenibile”.
Il vero cambio di rotta che un esecutivo “tecnico” dovrebbe assicurare rispetto a un governo “non-tecnico” consiste nel varare iniziative sottoposte a una stringente valutazione degli effetti degli investimenti e quindi della loro efficacia. Come si può sostenere che il patto di stabilità va allentato per permettere di non includere gli investimenti pubblici, se questi non vengono selezionati con metodi rigorosi e affidabili, riconosciuti come validi a livello internazionale?
Attualmente, gli interventi approvati dal Cipe non prevedono alcuna valutazione economica in senso stretto. C’è pertanto il rischio di finanziare un maggior numero di iniziative (o di accelerare la spesa di investimenti) che, una volta realizzate, possono rivelarsi poco efficaci e a volte inutili, come purtroppo è già accaduto in passato. E in un contesto di questo tipo sembra del tutto inutile invocare un incremento della spesa infrastrutturale per favorire la crescita.
Altrettanto si può dire della riprogrammazione dei fondi strutturali, per quanto riguarda la spesa per infrastrutture. Nel Piano di azione coesione (stralcio di aggiornamento n. 2) sono compresi numerosi interventi nel settore ferroviario di competenza di Rete ferroviaria italiana. Non risulta però che l’utilità sociale di queste opere sia stata dimostrata con una metodologia standardizzata e replicabile da valutatori indipendenti. Al contrario, è significativo che le prime valutazioni sulla linea Napoli-Bari sviluppate da valutatori indipendenti abbiano dato risultati deludenti e ben distanti da quelli raggiunti ufficialmente dallo studio di fattibilità presentato da Rfi. Un governo tecnico dovrebbe considerare essenziale disporre di valutazioni indipendenti, confezionate in forma omogenea e standardizzata, che dimostrino la profittabilità sociale dei progetti da avviare. Non solo in questo modo si avrebbero effetti positivi sulla crescita, ma si potrebbero contrattare eventuali modalità di applicazione di una qualche golden rule con Bruxelles da posizioni di forza.

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LA FAVOLA DEL DELEVERAGING

  1. ALBERTO VERGANI

    A Virno il merito di avere sollevato una questione molto importante e delicata. Quanto egli descrive mostra con chiarezza quale sia lo storico (ormai) nodo della valutazione in Italia e con quanta fatica si cerchi di recuperare un ritardo che rischia di diventare cronico e – in quanto tale – irrrecuperabile. In quanto Associazione Italiana di Valutazione, della quale sono attualmente Presidente, è da anni che cerchiamo di fare in modo che quanto scritto in tema di valutazione nelle leggi si traduca in pratica ma la fatica della attuazione è più culturale e politica che tecnico-metodologica. Una “sponda” con La Voce è importante anche per questo: non demordiamo e incalziamo le istituzioni: come si vede, purtroppo, da questo punto di vista, “tecnico” (governo) e “politico” (governo) non fa differenza, anche perché – questa – è una differenza tutta finta e che non c’è.

  2. umberto carneglia

    Concordo pienamente con l’autore, ed aggiungo che il problema s’inquadra in quello più vasto del risanamento della spesa e della finanza pubblica centrale e periferica. Su questo tema – cruciale per il risanamento e l’uscita dalla crisi – il governo è in forte ritardo, anche se ora se ne sta occupando in base ai più recenti annunci e provvedimenti. Il punto critico dell’economia italiana sta proprio nella cattiva gestione del gigantesco settore pubblico centrale e periferico. Ristrutturazioni, privatizzazioni, nuove regole e procedure di attuazione e controllo, potrebbero, anche nell’immediato oltre che nel medio periodo, generare enormi economie e risorse da utilizzare per la riduzione del debito e la crescita. Il tempo perso costa molto caro; speriamo che i nuovi provvedimenti annunciati riescano a recuperarlo ameno in parte.

  3. Paolo Rigamonti

    Il Dlgs 228/2011 commentato da Virno discende dall’art. 30 della Legge 196/2009, che dispone la “introduzione della valutazione nella fase di pianificazione delle opere al fine di consentire procedure di confronto e selezione dei progetti e definizione delle priorità”. Eccellente. Purtroppo, prosegue: “in coerenza, per quanto riguarda le infrastrutture strategiche, con i criteri adottati nella definizione del programma” di cui alla Legge Obiettivo. Il Decreto conferma che per le infrastrutture strategiche il Documento pluriennale di pianificazione che ogni Ministero deve redigere “è costituito dal programma” di cui alla Legge Obiettivo. Quindi non ci sarà nessuna valutazione comparativa.Per quanto riguarda le risorse, il Decreto prevede che “le amministrazioni pubbliche interessate provvedono (…) con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”, in quanto “dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Evidentemente non si vede nelle pratiche di valutazione una possibile fonte di risparmi o maggiori efficienze superiori ai costi delle valutazioni stesse.

  4. silvio pancheri

    l’11 luglio 2012 il Governo presenta un emendamento al suo decreto legge 83/2012 in fase di conversione e propone la chiusura immediata del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici. La commissione finanze respinge l’emendamento. Ecco la proposta del Governo (art 67 quinquies, comma 5 e 8) respinta in commissione: 5. – Il Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, istituito dall’articolo 3, comma 5 del decreto legislativo 5 dicembre 1997, n. 430 è soppresso. 8. – Tutti gli incarichi e i contratti relativi al personale e ai componenti del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, cessano entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3 del presente articolo. Il processo di riqualificazione delle strutture auspicato da Virno per ora non si vede.

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